Nel primo trimestre del 2013 la crescita economica cinese protrarrà la sua contenuta risalita anche grazie alla politica pro-crescita del governo e a un lento recupero dell'economia mondiale.
La crescita economica cinese nel terzo quarto del 2012 ha rallentato la sua corsa al 7.4%; un dato tra i più bassi registrati dal secondo quarto del 2009, in concomitanza con il rallentamento dell’economia mondiale.
Stando ai dati resi noti dal SIC, State Information Center, il PIL cinese crescerà dell'8% annuo nei primi tre mesi dell’anno in corso, sulla scia del positivo slancio osservato nell'ultimo periodo del 2012.
Nel primo trimestre dunque la crescita economica del Dragone proseguirà la sua risalita, grazie soprattutto alla politica pro-crescita del governo e a un lento recupero dell'economia mondiale.
Secondo il rapporto, gli investimenti nelle proprietà patrimoniali avranno un rialzo del 21% annuo nel primo quarto, con le costruzioni di infrastrutture che sono stimate ricevere il 20% in più dei fondi rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Guardando alle note dolenti, la produzione lenta unita alle crescenti difficoltà incontrate dalle aziende del manifatturiero comporteranno un incremento del 22% del settore stesso, con quasi 3 punti percentuali in meno del tasso di crescita dello stesso periodo dello scorso anno.
L'indice dei prezzi dei consumatori è stimato dover crescere del 2.6% mentre l'indice dei prezzi dei produttori si abbasserà dell'1.7 annuo, in ripresa dalla decrescita dell'1.9 registrata lo scorso dicembre.
giovedì 28 febbraio 2013
martedì 26 febbraio 2013
Internet crea 10 milioni di posti di lavoro
Le opportunità offerte dalla rete affascinano giorno dopo giorno sempre più il popolo cinese. Con oltre 500 milioni di utenti Internet la Cina è al primo posto nel mondo in questo mercato. E il Governo nel frattempo combatte l’anonimato sul web.
Partiamo da un dato. Secondo un recente rapporto del ministero cinese delle Risorse Umane e della Sicurezza Sociale, le start-up del boom di Internet hanno creato 10 milioni di posti di lavoro.
Considerando il fatto che con 563 milioni di utenti, il Dragone risulta essere al primo posto mondiale, questi nuovi posti di lavoro sono serviti al Paese per contrastare la crisi che ha colpito il settore della manifattura di fascia bassa, dove molti cittadini hanno dovuto scegliere di emigrare verso altri paesi del Sud-Est asiatico con più basso costo del lavoro.
Un aspetto interessante è dunque la rapidità con cui i cinesi, specie la fascia compresa tra i 18-30 anni, si stanno avvalendo delle opportunità offerte dalla rivoluzione telematica e come siano riusciti ad aumentare la produttività.
La Cina, infine, ha recentemente adottato un regolamento che impone a tutti gli utenti cinesi della Rete di registrarsi su Internet solamente fornendo le proprie generalità reali. Un vero e proprio “giro di vite” contro l’anonimato a tutela della sicurezza nazionale.
Partiamo da un dato. Secondo un recente rapporto del ministero cinese delle Risorse Umane e della Sicurezza Sociale, le start-up del boom di Internet hanno creato 10 milioni di posti di lavoro.
Considerando il fatto che con 563 milioni di utenti, il Dragone risulta essere al primo posto mondiale, questi nuovi posti di lavoro sono serviti al Paese per contrastare la crisi che ha colpito il settore della manifattura di fascia bassa, dove molti cittadini hanno dovuto scegliere di emigrare verso altri paesi del Sud-Est asiatico con più basso costo del lavoro.
Un aspetto interessante è dunque la rapidità con cui i cinesi, specie la fascia compresa tra i 18-30 anni, si stanno avvalendo delle opportunità offerte dalla rivoluzione telematica e come siano riusciti ad aumentare la produttività.
La Cina, infine, ha recentemente adottato un regolamento che impone a tutti gli utenti cinesi della Rete di registrarsi su Internet solamente fornendo le proprie generalità reali. Un vero e proprio “giro di vite” contro l’anonimato a tutela della sicurezza nazionale.
mercoledì 20 febbraio 2013
Foxconn ferma le assunzioni
La Apple ha ultimamente perso terreno nella competizione con il Galaxy di Samsung e il conseguente calo di ordini per l’iPhone5 ha costretto la Foxconn a congelare le assunzioni in Cina.
Il calo di ordini per l'iPhone5 di Apple ha costretto Foxconn, colosso dell'elettronica taiwanese e grande produttrice di componenti elettronici nel mondo, a congelare le assunzioni in Cina. È quanto riferisce oggi il Financial Times che aggiunge che si tratta della prima pausa nelle assunzioni a livello nazionale dal 2009.
Foxconn, dopo essere stata sulle prime pagine dei giornali per scontri e strani casi di suicidi all’interno dei propri stabilimenti, lavora per diverse aziende oltre Apple.
"Al momento in nessuno degli impianti in Cina sono previsti piani di assunzione", ha dichiarato un portavoce della società.
Sempre secondo il giornale economico-finanziario del Regno Unito, le agenzie di collocamento hanno sospeso le assunzioni per le linee di produzione di iPhone e iPad a Shenzen, dove lavorano 200.000 dipendenti così come nel secondo impianto per grandezza a Zhengzhou, dove viene prodotto solo lo smartphone di Apple. Nuovi posti di lavoro congelati anche a Taiyuan (79.000 dipendenti) dove vengono prodotti parti di iPhone e a Chengdu dove si assembla l'iPad.
La scorsa settimana l’azienda aveva nel frattempo deciso di concedere ai suoi operai un libero voto per eleggere i rappresentanti sindacali.
Il calo di ordini per l'iPhone5 di Apple ha costretto Foxconn, colosso dell'elettronica taiwanese e grande produttrice di componenti elettronici nel mondo, a congelare le assunzioni in Cina. È quanto riferisce oggi il Financial Times che aggiunge che si tratta della prima pausa nelle assunzioni a livello nazionale dal 2009.
Foxconn, dopo essere stata sulle prime pagine dei giornali per scontri e strani casi di suicidi all’interno dei propri stabilimenti, lavora per diverse aziende oltre Apple.
"Al momento in nessuno degli impianti in Cina sono previsti piani di assunzione", ha dichiarato un portavoce della società.
Sempre secondo il giornale economico-finanziario del Regno Unito, le agenzie di collocamento hanno sospeso le assunzioni per le linee di produzione di iPhone e iPad a Shenzen, dove lavorano 200.000 dipendenti così come nel secondo impianto per grandezza a Zhengzhou, dove viene prodotto solo lo smartphone di Apple. Nuovi posti di lavoro congelati anche a Taiyuan (79.000 dipendenti) dove vengono prodotti parti di iPhone e a Chengdu dove si assembla l'iPad.
La scorsa settimana l’azienda aveva nel frattempo deciso di concedere ai suoi operai un libero voto per eleggere i rappresentanti sindacali.
lunedì 18 febbraio 2013
Google attacca ancora Pechino
Dopo il New York Times e il Washington Post, Eric Schmidt, presidente di Google, ha nuovamente accusato la Cina per l’uso improprio di Internet. Washington intanto potenzia il Commando anti hacker.
Che ci fossero problemi tra Google e la Cina non è una novità. I rapporti però si stanno ulteriormente deteriorando.
Dopo il New York Times e il Washington Post, Eric Schmidt, presidente di Google, ha infatti nuovamente accusato il Dragone per l’uso improprio di Internet, contestando al Paese di essere l'hacker "più sofisticato e prolifico" attivo sul web.
“In un mondo sempre più digitale la volontà del governo cinese e delle sue aziende statali di ricorrere al crimine cibernetico è destinata a portargli vantaggi politici ed economici”, sostengono in un libro Schmidt e Jared Cohen, titolare del centro studi «Google Ideas», ipotizzando che Pechino possa riuscire a “dividere Internet” creando di fatto un’area digitale alternativa a quella che si origina dagli Stati Uniti e riuscendo in un’attività illecita volta a scoprire inchieste e articoli critici verso la Cina.
Washington non resta a guardare e attraverso il ministro della Difesa, Leon Panetta, negli ultimi giorni ha ordinato di portare da 900 a 4900 i dipendenti del «Cyber Command» guidato ora da Keith Alexander. L’obiettivo degli Usa è ora quello di difendersi dal rischio di devastanti blitz e al contempo di braccare gli avversari in questa nuova guerra cibernetica.
Che ci fossero problemi tra Google e la Cina non è una novità. I rapporti però si stanno ulteriormente deteriorando.
Dopo il New York Times e il Washington Post, Eric Schmidt, presidente di Google, ha infatti nuovamente accusato il Dragone per l’uso improprio di Internet, contestando al Paese di essere l'hacker "più sofisticato e prolifico" attivo sul web.
“In un mondo sempre più digitale la volontà del governo cinese e delle sue aziende statali di ricorrere al crimine cibernetico è destinata a portargli vantaggi politici ed economici”, sostengono in un libro Schmidt e Jared Cohen, titolare del centro studi «Google Ideas», ipotizzando che Pechino possa riuscire a “dividere Internet” creando di fatto un’area digitale alternativa a quella che si origina dagli Stati Uniti e riuscendo in un’attività illecita volta a scoprire inchieste e articoli critici verso la Cina.
Washington non resta a guardare e attraverso il ministro della Difesa, Leon Panetta, negli ultimi giorni ha ordinato di portare da 900 a 4900 i dipendenti del «Cyber Command» guidato ora da Keith Alexander. L’obiettivo degli Usa è ora quello di difendersi dal rischio di devastanti blitz e al contempo di braccare gli avversari in questa nuova guerra cibernetica.
venerdì 15 febbraio 2013
Qoros, sfida cinese all’Europa
In principio furono i giapponesi, poi i coreani e ora tocca ai cinesi. La Qoros Auto Co punta tutto sulla qualità. Il marchio, nato nel 2007 da una joint venture tra la Chery e la Israel Corporation, sta allestendo una sede produttiva dalla capacità iniziale di 150.000 unità l'anno, ma progettata per raggiungere in futuro le 450.000.
Una nuova berlina compatta. È questo il primo prodotto che la casa produttrice Qoros Auto Co ha mostrato in anteprima al Salone dell’Auto di Monaco di Baviera.
È giunta dunque l’ora dell’imprenditoria cinese in tema di macchine, sulla scia dei brillanti successi conseguiti da giapponesi e coreani.
Già ridefinita come la “cinese all’europea”, la Qoros Auto Co, sigla depositata nel 2007 e nata da un’intesa paritaria tra la casa cinese e la Israel Corporation, si pone dunque l’obiettivo di far ricredere gli scettici, puntando sulla qualità. Di sede a Shanghai, con lo stabilimento produttivo di Changshu che potrà contare su una capacità produttiva di 150.000 veicoli l’anno, incrementabile fino a 450.000, il 50% del suo capitale è in mano alla Chery mentre il restante alla Israel Corporation. Lo scorso anno i dipendenti erano 300, mentre ad oggi sono più di un migliaio.
Il nuovo marchio ha scelto il confronto diretto con pubblico e operatori in uno degli scenari europei più prestigiosi, il prossimo Salone di Ginevra, dove presenterà ufficialmente la nuova 3 Sedan, affiancata da due concept, la wagon 3 Estate e la suv 3 Cross Hybrid, modelli di taglia media che rappresentano l’avanguardia della diffusione in Cina e nel Vecchio Continente a partire dalla fine di quest’anno. L’approdo in Italia probabilmente è previsto per il 2015.
Una nuova berlina compatta. È questo il primo prodotto che la casa produttrice Qoros Auto Co ha mostrato in anteprima al Salone dell’Auto di Monaco di Baviera.
È giunta dunque l’ora dell’imprenditoria cinese in tema di macchine, sulla scia dei brillanti successi conseguiti da giapponesi e coreani.
Già ridefinita come la “cinese all’europea”, la Qoros Auto Co, sigla depositata nel 2007 e nata da un’intesa paritaria tra la casa cinese e la Israel Corporation, si pone dunque l’obiettivo di far ricredere gli scettici, puntando sulla qualità. Di sede a Shanghai, con lo stabilimento produttivo di Changshu che potrà contare su una capacità produttiva di 150.000 veicoli l’anno, incrementabile fino a 450.000, il 50% del suo capitale è in mano alla Chery mentre il restante alla Israel Corporation. Lo scorso anno i dipendenti erano 300, mentre ad oggi sono più di un migliaio.
Il nuovo marchio ha scelto il confronto diretto con pubblico e operatori in uno degli scenari europei più prestigiosi, il prossimo Salone di Ginevra, dove presenterà ufficialmente la nuova 3 Sedan, affiancata da due concept, la wagon 3 Estate e la suv 3 Cross Hybrid, modelli di taglia media che rappresentano l’avanguardia della diffusione in Cina e nel Vecchio Continente a partire dalla fine di quest’anno. L’approdo in Italia probabilmente è previsto per il 2015.
martedì 12 febbraio 2013
Rischio crisi subprime per la Cina?
Secondo lo studio Feeding the Dragon: Why China’s Credit System Looks Vulnerable, pubblicato dalla società di gestione americana GMO, infatti, il pericolo di una bolla creditizia e immobiliare in Cina sarebbe quanto mai reale.
La società di gestione americana GMO, attraverso lo studio Feeding the Dragon: Why China’s Credit System Looks Vulnerable, ha lanciato l’allarme: la possibilità di una nuova crisi subprime, come quella del 2007 negli Usa, è molto vicina per il Dragone.
Per ora si tratta solo di una voce, ma l’ammontare del debito presente nel sistema economico cinese sta continuando ad aumentare toccando livelli record. Secondo il report, il controvalore totale dei debiti contratti dalle 3.895 compagnie non finanziarie cinesi oggetto di indagine ha toccato ormai quota 1.700 miliardi di dollari, mentre tra il 2007 e il 2008 questo valore si attestava sui 600 miliardi.
Stando ai dati diffusi dall’istituto centrale cinese, lo scorso anno le banche cinesi hanno accordato nuovi prestiti per 1.300 miliardi di dollari con una crescita pari al 10% rispetto all’anno precedente. Questo boom ha provocato un altrettanto boom di investimenti che ha compensato il calo delle esportazioni e allo stesso tempo ha alimentato una bolla immobiliare sempre più difficile da tenere sotto controllo.
Una delle principali preoccupazioni, infatti, deriva dall’intreccio tra debiti e fortune di questo settore, i cui asset fungono molto spesso da garanzia per i prestiti stessi. In sostanza, se il mercato immobiliare virerà al ribasso, è opinione dello studio della società americana che anche i governi locali potrebbero andare incontro a una potenziale contrazione della liquidità.
La società di gestione americana GMO, attraverso lo studio Feeding the Dragon: Why China’s Credit System Looks Vulnerable, ha lanciato l’allarme: la possibilità di una nuova crisi subprime, come quella del 2007 negli Usa, è molto vicina per il Dragone.
Per ora si tratta solo di una voce, ma l’ammontare del debito presente nel sistema economico cinese sta continuando ad aumentare toccando livelli record. Secondo il report, il controvalore totale dei debiti contratti dalle 3.895 compagnie non finanziarie cinesi oggetto di indagine ha toccato ormai quota 1.700 miliardi di dollari, mentre tra il 2007 e il 2008 questo valore si attestava sui 600 miliardi.
Stando ai dati diffusi dall’istituto centrale cinese, lo scorso anno le banche cinesi hanno accordato nuovi prestiti per 1.300 miliardi di dollari con una crescita pari al 10% rispetto all’anno precedente. Questo boom ha provocato un altrettanto boom di investimenti che ha compensato il calo delle esportazioni e allo stesso tempo ha alimentato una bolla immobiliare sempre più difficile da tenere sotto controllo.
Una delle principali preoccupazioni, infatti, deriva dall’intreccio tra debiti e fortune di questo settore, i cui asset fungono molto spesso da garanzia per i prestiti stessi. In sostanza, se il mercato immobiliare virerà al ribasso, è opinione dello studio della società americana che anche i governi locali potrebbero andare incontro a una potenziale contrazione della liquidità.
venerdì 8 febbraio 2013
Pechino si muove contro lo smog
La Cina ha deciso di introdurre standard più rigidi per i combustibili usati per le autovetture, al fine di ridurre le emissioni, che saranno pienamente operativi a partire però dal 2017.
Attraverso un comunicato diffuso dal Consiglio di Stato si legge che: "A seguito del forte incremento di autovetture di proprietà, le emissioni delle macchine stanno avendo un crescente impatto sull'inquinamento atmosferico”.
Le autorità hanno quindi stabilito che la quantità di zolfo presente nella benzina e nel diesel non debba superare le 10 parti per milione (ppm) entro il 2017, rispetto agli attuali 50 ppm. Se però la capitale ha già iniziato ad applicare le nuove norme, diverso è il discorso per le altre città che dovranno seguire quanto deciso dalle autorità solamente a partire dalla fine del 2017.
Dopo la foschia tossica del mese scorso che ha riguardato Pechino e il nord Paese, qualcosa dunque si muove, visto anche il crescente malcontento della popolazione e persino dei media di Stato. L'inquinamento viene attribuito alle emissioni di carbone bruciato nelle centrali elettriche, ma anche ai fumi provenienti da strade sempre più trafficate. Si stima che oggi in Cina circolino 240 milioni di vetture.
Attraverso un comunicato diffuso dal Consiglio di Stato si legge che: "A seguito del forte incremento di autovetture di proprietà, le emissioni delle macchine stanno avendo un crescente impatto sull'inquinamento atmosferico”.
Le autorità hanno quindi stabilito che la quantità di zolfo presente nella benzina e nel diesel non debba superare le 10 parti per milione (ppm) entro il 2017, rispetto agli attuali 50 ppm. Se però la capitale ha già iniziato ad applicare le nuove norme, diverso è il discorso per le altre città che dovranno seguire quanto deciso dalle autorità solamente a partire dalla fine del 2017.
Dopo la foschia tossica del mese scorso che ha riguardato Pechino e il nord Paese, qualcosa dunque si muove, visto anche il crescente malcontento della popolazione e persino dei media di Stato. L'inquinamento viene attribuito alle emissioni di carbone bruciato nelle centrali elettriche, ma anche ai fumi provenienti da strade sempre più trafficate. Si stima che oggi in Cina circolino 240 milioni di vetture.
mercoledì 6 febbraio 2013
Il Politburo e i cambiamenti nel mondo del lavoro
Se anche gli operai meno pagati al mondo cominciano a percepire qualcosa di più, se gli americani scappano e se la forza lavoro inizia a sentire il peso della politica del figlio unico è logico che si debbano prendere delle decisioni di programmazione economica. Questo è quello che sta succedendo in Cina.
Il nuovo Politburo guidato da Xi Jinping e Li Kequiang si insedierà tra meno di un mese e con loro arriveranno anche le nuove decisioni di programmazione economica a cui sono appesi gli enormi flussi di denaro del Paese.
La stabilizzazione della crescita è l’obiettivo finale verso il quale la Cina è indirizzata. Il trend è quanto mai definito: produrre meno per produrre meglio.
Tra il 2011 e il 2012, gli stipendi si sono alzati del 25%: gli operai cinesi non sono più così economici e gli stessi americani, per ammissione stessa di Barack Obama, hanno iniziato ad abbandonare la Cina per fare ritorno in patria. Il numero di lavoratori cinesi conta oggi 930 milioni di persone; nel 2025 questa cifra declinerà al ritmo di 10 milioni all’anno con un aumento esponenziale degli anziani.
Servono dei cambiamenti. I primi interventi riguarderanno certamente gli investimenti nelle zone rurali (secondo i dati sul reddito pro capite pubblicati a gennaio 2013, i residenti delle aree urbane vivono in media con 36.469 yuan all’anno, quasi il doppio degli abitanti delle zone rurali, che arrivano a 16.476 yuan) e nel settore energetico. Il nuovo Politburo partirà da qui per cambiare il mondo del lavoro cinese.
Il nuovo Politburo guidato da Xi Jinping e Li Kequiang si insedierà tra meno di un mese e con loro arriveranno anche le nuove decisioni di programmazione economica a cui sono appesi gli enormi flussi di denaro del Paese.
La stabilizzazione della crescita è l’obiettivo finale verso il quale la Cina è indirizzata. Il trend è quanto mai definito: produrre meno per produrre meglio.
Tra il 2011 e il 2012, gli stipendi si sono alzati del 25%: gli operai cinesi non sono più così economici e gli stessi americani, per ammissione stessa di Barack Obama, hanno iniziato ad abbandonare la Cina per fare ritorno in patria. Il numero di lavoratori cinesi conta oggi 930 milioni di persone; nel 2025 questa cifra declinerà al ritmo di 10 milioni all’anno con un aumento esponenziale degli anziani.
Servono dei cambiamenti. I primi interventi riguarderanno certamente gli investimenti nelle zone rurali (secondo i dati sul reddito pro capite pubblicati a gennaio 2013, i residenti delle aree urbane vivono in media con 36.469 yuan all’anno, quasi il doppio degli abitanti delle zone rurali, che arrivano a 16.476 yuan) e nel settore energetico. Il nuovo Politburo partirà da qui per cambiare il mondo del lavoro cinese.
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