Le principali notizie e informazioni di natura economica, finanziaria, giuridica e politica relative alla Cina

venerdì 30 dicembre 2011

Indebitamento delle amministrazioni locali

Oltre una decina di amministrazioni locali cinesi stanno ritardando i pagamenti degli interessi sui prestiti: situazione finanziaria critica

La situazione finanziaria delle amministrazioni locali cinesi sembra entrata in una fase di crisi da qualche tempo: molte sono le società controllate dai governi locali che hanno stanno ritardando i pagamenti degli interessi sui prestiti erogati dagli istituti di credito. Se ad ottobre 2011 a chiedere la proroga concessa dalla China Banking Regulatory Commission erano solo determinate agenzie finanziarie controllate da amministrazioni locali, ora sono sempre più le società maggiormente indebitate. Secondo le stime, infatti, una decina tra queste stanno posticipando i pagamenti per un valore complessivo di circa 3,6 miliardi di euro.
Nell’ottobre scorso erano state varate alcune manovre per venire incontro alle amministrazioni su questo fronte: era, dunque, stato avviato un progetto pilota che permetteva ai governi locali di finanziare il rispettivo debito pubblico, contrariamente a quanto previsto dalla riforma del 1994, che voleva centralizzare i conti degli enti locali. Ciò è stato possibile anche grazie alla creazione delle LIC (Local Invetsment Companies) nel 2008, agenzie semipubbliche che offrono come garanzia la terra di proprietà dello Stato in cambio di prestiti per realizzare infrastrutture, opere pubbliche e immobili.
A causa di questa complessità organizzativa, risulta difficile quantificare esattamente a quanti ammonti il debito pubblico delle amministrazioni locali: secondo i dati dell’Ufficio Nazionale dei Revisori dei Conti, il 25% del debito scadrà entro la fine del 2011, il 17% entro il 2012 e l’11% alla fine del 2013. Tuttavia, Standard & Poor’s fornisce un dato più allarmante in merito: nel 2009 risulta raddoppiato l’indebitamento delle società locali cinesi, a fronte, però, di un aumento delle entrate fiscali di solo il 20%.

giovedì 29 dicembre 2011

Riforma dell’Iva sui servizi

Nel 2012 verrà avviato un programma pilota per la modifica del sistema delle imposte indirette in Cina, che riguarderà l’erogazione di servizi.

La Repubblica Popolare ha deciso di migliorare il sistema di riscossione delle imposte, incentivando lo sviluppo delle modern service industries. Lo State Council, infatti, avvierà, a partire dal nuovo anno, un programma pilota che permetterà l’applicazione dell’Iva alle prestazioni di servizi. Attualmente, infatti, il regima Iva è applicato solo alla vendita di beni con un’aliquota del 17%, mentre per i servizi vige il sistema della Business Tax (BT), con un’aliquota del 5%. Tale meccanismo, però, risulta svantaggioso per le imprese perché incide notevolmente sui margini.
L’obiettivo del governo centrale ora è quello di estendere l’Iva a livello nazionale entro due anni. In fase inziale le categorie coinvolte saranno quelle dedicate alla ricerca e sviluppo, consulenza tecnica, trasporti, logistica, contabilità, consulenza fiscale e legale. La normativa, inoltre, si applicherà anche tra le consociate dei gruppi multinazionali. Il programma verrà reso operativo innanzitutto a Shanghai nell’ambito delle pilot industries e dei trasporti, dove accanto alle aliquote Iva del 17% e del 123% si aggiungeranno due nuove aliquote dell’11% e del 6%.
Le conseguenze per le industrie dei servizi saranno decisamente vantaggiose, anche per le prestazioni dall’estero. Nell’acquisto di servizi, infatti, si verificherà una importante riduzione dei costi e per le società significherà l’eliminazione dal costo del venduto della percentuale fiscale della BT.

mercoledì 28 dicembre 2011

Gruppo Italiano Vini punta su Cina e Russia

Il GIV si prepara per affermare i marchi italiani all’estero, dove le opportunità sono numerose; in particolare, punta ora su Cina e Russia.

Il Gruppo Italiano Vini punta sempre più sui nuovi mercati, dato che la produzione mondiale per la prima volta risulta inferiore ai consumi e l’Italia contribuisce solo ad un terzo del fatturato. Le opportunità sono, quindi, molteplici e l’affermazione all’estero risulta una delle possibilità per contrastare la crisi in patria. Dopo USA, Germania, Canada, Gran Bretagna, Paesi Scandinavi e Benelux, il Giv sta organizzando l’ingresso in Cina e Russia, i due Paesi al momento più appetibili.
Nella Repubblica Popolare il Gruppo ha aperto una società a Shanghai per poter seguire in modo diretto lo sviluppo dei vini, in particolare quelli di alta qualità. La necessità di avere un contatto diretto con i distributori e con la realtà dei consumi è dettata dalle difficoltà distributive che tutt’oggi permangono nel Dragone e che ostacolano le opportunità del settore. Attualmente in Cina dominano i vini francesi, ma le potenzialità dei marchi italiani sono notevoli, motivo per cui l’organizzazione commerciale è fondamentale.
Per quanto riguarda la Russia, invece, non è ancora prevista una società di distribuzione, perché il processo di penetrazione è ancora in fase di studio. Nonostante le problematiche che riguardano il mercato russo, però, si è registrata una buona crescita del settore grazie a molti bravi importatori locali.
Grazie all’ingresso nei nuovi mercati, si è potuto aumentare il fatturato Giv capogruppo di 15 milioni di euro rispetto al 2010, con una crescita del 6%. Il 2011 è stato un anno positivo, segnato anche dal lancio sul mercato internazionale del marchio Cavicchioli e del rilancio di Bolla negli Usa. Per il 2012, si prevedono difficoltà legate all’aumento del costo delle uve, elemento che obbligherà gli operatori a ricaricare i prezzi delle bottiglie del 15-20% anche all’estero.

martedì 27 dicembre 2011

La popolazione cittadina supera quella di campagna

Con 700 milioni di abitanti delle aree urbane, la Repubblica Popolare ora conta più individui nelle città che nella campagna: il sorpasso è storico.

La Cina ha ufficialmente compiuto un passo storico: gli abitanti delle città oggi sono più numerosi di quelli della campagna, con quote rispettivamente di 700 e 600 milioni di individui. Si tratta di un cambiamento profondo, dato che per millenni solo l’1% della popolazione cinese poteva vivere nelle aree urbane, ed è un lampante simbolo della rapida crescita economica del Paese.
Le conseguenze di questo sviluppo urbano a livello demografico senza precedenti sono molteplici e coinvolgono la sfera economica, sociale e politica del Paese. Dal punto di vista economico, infatti, l’aumento della popolazione cittadina implica maggiore domanda di beni e servizi ed esigenze più complesse da soddisfare. Le persone sono più facilmente raggiungibili, soprattutto parlando dei media, ma gli stimoli che esse ricevono sono maggiori e, di conseguenza, diventano consumatori più difficili da gestire e conquistare.
Socialmente parlando, si sta già assistendo alle prime dinamiche: vivere e lavorare nelle megalopoli ad alta densità favorisce la collettività, anche in occasione di manifestazioni e proteste, come nel caso degli scioperi dei lavoratori degli ultimi anni. Nello stesso momento, anche fenomeni come la criminalità e disordini di ordine pubblico aumentano.
Infine, la politica dovrà ora cambiare necessariamente, in quanto la gestione di una grande fetta della popolazione urbana è molto più critica. I problemi amministrativi raddoppiano e in Cina ci si trova ad affrontare un elemento nuovo: oggi che i trasferimenti da campagna e città sono definitivi, gli individui che si spostano perdono il terreno nel luoghi di origine. Se prima, infatti, molti tornavano a casa in tempi di crisi o perché lavoravano solo per la stagione, ora chi perde il lavoro si trova disoccupato in una città in cui non riesce a mantenersi.
Resta da capire se i numeri appena forniti sono effettivamente reali. In Cina, infatti, è difficile capire che cosa si intenda per città: molti agglomerati che contano centinaia di migliaia di persone sono definiti “campagna”; inoltre, quei milioni di contadini che si trasferiscono per qualche mese nelle aree urbane non sono considerati “cittadini, ma “popolazione fluttuante”.

venerdì 23 dicembre 2011

Cina, prima al mondo per i brevetti

La Repubblica Popolare risulta essere uno dei paesi più innovativi al mondo, dove i brevetti registrati sono in forte crescita e le società raggiungono i primi posti delle classifiche mondiali.

Negli ultimi anni, sono molti i primati della Repubblica Popolare che la consacrano ancor di più come seconda economia mondiale. Ora, secondo i dati di Thomson Reuters, l’Impero di Mezzo è leader anche nell’innovazione, avendo conquistato il primo posto al mondo per numero di brevetti registrati in patria, seguita da Stati Uniti e Giappone. Nell’ultimo lustro, i brevetti in Cina hanno conosciuto una crescita pari al 16,7%, passando dai 171.000 del 2006 ai 314.000 del 2010, numeri con cui si prevede che nel 2015 saranno circa 500.000 le nuove invenzioni.
Oltre ai brevetti, un altro segnale di grande innovazione è quello delle società cinesi che, secondo i dati della WIPO (World Intellectual Property office), si collocano ai primi posti delle classifiche mondiali. Nel campo delle telecomunicazioni, ad esempio, nel 2010 la cinese ZTE Corp si posizionava seconda a livello globale, mentre la Huawei Technologies era quarta.
A contribuire al successo sono la semplicità per le pratiche sulla tutela della proprietà intellettuale e i numerosi incentivi messi in campo dal governo centrale per la creazione di centri di ricerca e sviluppo. Inoltre, sono aumentate le cause legali intraprese dalle aziende cinesi per le dispute tecnologiche con imprese globali. Grazie a questo sistema vantaggioso, le società locali sono in grado di evolversi per arrivare a essere produttrici di brand internazionali e di prodotti di qualità sempre più apprezzati. L’obiettivo del Dragone è quello di convertire la dicitura “Made in China”, con tutti i suoi significati, in un più rinomato “Designed in China”.

giovedì 22 dicembre 2011

Boom dell’interscambio di prodotti elettrici tra Cina e Italia

Il settore dei prodotti elettrici è una delle voci più attive nelle importazioni italiane dalla Cina, con una crescita dell’11,3% rispetto al 2010.

L’interscambio di prodotti elettrici tra Italia e Cina, quest’anno, ha conosciuto una buona crescita: l’import italiano è salito del 14,4% rispetto al 2010, mentre l’export è aumentato del 12%. Sul totale delle importazioni di merci del settore nel Belpaese, il 17,3% sono prodotti Made in China e nel 2011 gli apparecchi elettrici dal Dragone hanno visto una crescita dell’11,3% rispetto all’anno scorso, confermando il ruolo di leader del Paese asiatico nelle esportazioni del comparto in Italia.
La maggior parte degli interscambi tra i due Paesi si concentrano nel Nord italiano, con ai primi posti le regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. L’interscambio tra Lombardia e Cina si è attestato quest’anno a 580 milioni di euro, con una quota di importazioni dalla Repubblica Popolare del 15,7%. Milano, in particolare, è il principale centro delle attività import/export con la Cina, assorbendo il 53% delle esportazioni di prodotti elettrici e il 63% delle esportazioni, per un valore di interscambio pari a 315 milioni di euro. Seguono le città di Sondrio (con una crescita del 158,3%), Lodi (+54,8%) e Como (+49,7%).

mercoledì 21 dicembre 2011

Stefanel e Superga si sviluppano in Cina

Stefanel e Superga sono protagonisti di simili accordi di distribuzione per la capillarizzazione dei rispettivi marchi in Cina e l’apertura di nuovi negozi monomarca.

Finora si è parlato di industrie di abbigliamento italiane in Cina quasi esclusivamente per i marchi di lusso. In realtà, anche le aziende di fascia media riescono a trovare terreno fertile nel Paese asiatico.
Tra queste, si può citare Stefanel, il brand di Ponte di Piave, finora presente nel Dragone con quattro punti vendita monomarca a Shanghai. Ora la casa italiana ha deciso di sviluppare il marchio affidandosi ad un partner locale di fiducia per la distribuzione; si tratta di Carnival International, società cinese del fashion retail con il quale Stefanel ha stipulato un accordo esclusivo di 5 anni. Carnival ha dapprima acquisito i negozi di Shanghai e ora si prepara ad un piano che prevede la distribuzione di abbigliamento e accessori del marchio italiano e l’apertura di 50 nuovi punti vendita sia in Cina che a Taiwan. Le prime inaugurazioni avverranno già nel 2012 e saranno a Pechino, Shenyang e Chengdu.
Altro celebre marchio italiano da segnalare è Superga, per le scarpe sportive. Il brand, infatti, verrà distribuito in Cina e a Hong Kong grazie all’accordo di tre anni stipulato tra BasicNet ed Electric Sekki, società di Hong Kong per lo sviluppo di firme straniere in Asia. L’accordo prevede l’apertura di 30 negozi monomarca per i primi tre anni e 140 nel successivo triennio, sia di proprietà che in franchising. L’obiettivo è di raggiungere un fatturato di 14 milioni di dollari entro la prima scadenza contrattuale.
I casi di Stefanel e di Superga confermano che le opportunità nel settore dell’abbigliamento si possono avere anche per chi non opera necessariamente nel luxury, ma è comunque simbolo di stile e qualità italiani, valori sempre più apprezzati dai clienti cinesi.

martedì 20 dicembre 2011

Cina sempre più leader nelle rinnovabili

Dopo aver conquistato il primo posto nella classifica degli investimenti nelle energie rinnovabili, la Cina raddoppia l’obiettivo solare al 2015 e collabora con Enel per la cattura di CO2.

Secondo l’ultimo rapporto della Ernst & Young “Renewable Energy Country Attractiveness Indices”, la Cina è ufficialmente la prima nazione mondiale per investimenti in energia rinnovabile, nonostante abbia comunque registrato un calo rispetto al passato e inizi a subire l’eccesso di offerta di turbine. L’indagine rivela, per altro, che il settore a livello mondiale sta registrando una forte crescita ed interesse soprattutto tra le economie emergenti, a differenza dei Paesi sviluppati, dove la riduzione degli incentivi governativi e il limitato acceso al capitale hanno ridotto gli investimenti.
La Repubblica Popolare, negli ultimi mesi, ha aumentato notevolmente l’installazione di impianti fotovoltaici e i progetti sono ampliamente finanziati da Pechino, che offre tariffe vantaggiose ai quelli che si concluderanno entro il 31 dicembre prossimo. Il primato mondiale, inoltre, ha provocato un nuovo “raddoppio solare”, il secondo del 2011 dopo quello avvenuto in seguito al dramma nucleare del vicino Giappone. La NEA, infatti, ha pubblicato il piano nazionale per lo sviluppo del settore delle energie rinnovabili per il periodo 2011-2015, in cui stabilisce un obiettivo di 15 GW di capacità solare installata per una produzione di 20.000 TWh annuali e 100 GW di capacità eolica per energia elettrica annua pari a 190.000 TWh.
Tali dati configurano il Dragone come un ottimo partner per le aziende del settore. L’italiana Enel, infatti, ha appena concluso un confronto scientifico con i rappresentanti del ministero della Scienza e Tecnologia cinese e di istituti di ricerca e Università della Cina per la creazione di un impianto CCS nella centrale termoelettrica di Tongchuan, nello Shaanxi. Si tratta di un sistema di cattura dell’anidride carbonica che verrà riutilizzata per estrarre petrolio in un pozzo vicino. Enel in questo tipo di progettazione è all’avanguardia e ha già realizzato un impianto pilota bella Centrale Federico II di Brindisi.

lunedì 19 dicembre 2011

Benelli, un marchio italo-cinese

L’azienda Benelli rappresenta uno dei migliori esempi di come la forza congiunta di italiani e cinesi possa dare buoni frutti e ora prepara la produzione della Due 756 in Cina.

Benelli è una storica casa di motocicli italiana che qualche anno fa ha rischiato il fallimento, ma è stata salvata nel 2005 dalla Qianjiang Group, che ne ha risollevato le sorti. Nonostante le preoccupazioni dei dipendenti e dell’opinione pubblica al tempo, l’azienda non si è convertita al made in China dei peggiori stereotipi, ma è riuscita a diventare un eccellente caso di cooperazione italocinese. La società cinese, infatti, ha mantenuto a Pesaro la produzione e il gruppo ingegneristico, conservando quindi la qualità e l’esperienza italiana; la nuova forza asiatica, invece, si è tradotta in maggiore efficienza e organizzazione. Grazie ala nuova amministrazione, Benelli è ripartita presto con successo, riproponendo sul mercato vecchi modelli rivisti (come il Tornado) e nuovi motocicli.
Oggi l’azienda prova a fare una nuovo passo in avanti, decidendo di produrre la Due 756, un prototipo risalente al 2006 che, però, non fu mai realizzato. Qianjiang vuole rivedere il modello e farlo produrre nel Dragone per distribuirlo prima nel mercato cinese e poi in Europa e nel resto del mondo. Si tratta di una sfida interessante, visto che la 756 era stata progettata per il mercato italiano, mentre in Asia privilegiano le piccole cilindrate. Non si sa ancora, quindi, se la moto verrà riadattata per i consumatori locali o se Benelli sperimenterà una nova strategia distributiva.

venerdì 16 dicembre 2011

Inaugurato il quinto volo settimanale Roma-Pechino

Visto il successo dei collegamenti diretti tra Roma e Pechino nei primi sei mesi, Alitalia ha inaugurato il quinto volo settimanale tra i due Paesi.

Nonostante il rallentamento economico della Cina, il Paese asiatico rappresenta ancora un insieme di opportunità imperdibili per le nostre imprese. Per sostenere e incentivare i rapporti commerciali, ma non solo, tra Italia e Dragone, Alitalia prosegue nel rafforzamento dei collegamenti diretti tra i due Paesi. I primi sei mesi di voli tra Roma e Pechino hanno avuto un ottimo riscontro, tanto che dal 1 ottobre scorso è partito anche il quinto volo settimanale che collega le due città.
L’inaugurazione del passaggio per la Cina è stata fatta la scorsa settimana presso l’Ambasciata d’Italia a Pechino, alla presenza di partner commerciali di Alitalia e di alcuni rappresentanti della comunità italiana di Pechino. I collegamenti arrivano in un momento in cui il numero di visti concessi a cittadini cinesi per l’Italia è aumentato fortemente e sempre più turisti, studenti e imprenditori cinesi sfruttano i voli diretti per l’Italia.
Per la compagnia di bandiera italiana si tratta di un passo importante, che le permetterà di riconquistare i clienti e il mercato. L’obiettivo futuro di Alitalia è quello di poter garantire collegamenti giornalieri tra Pechino e Roma e inaugurare voli anche con altre città del Dragone.

giovedì 15 dicembre 2011

Rallentamento economico della Cina: quale impatto sulle imprese italiane?

Il lieve calo dell’economia cinese registrato negli ultimi tre trimestri potrebbe avere, nei prossimi mesi, delle conseguenze sull’export italiano, i cui operatori, però, al momento non sembrano preoccuparsi.

Negli ultimi anni la sorprendente crescita cinese ha attirato numerose imprese italiane alla ricerca di nuovi sbocchi, soprattutto nei quattro settori tipici del Made in Italy. Le potenzialità ancora enormi della Repubblica Popolare, tuttavia, devono fare i conti, oggi, con un rallentamento dell’economia nazionale, dovuta in parte a politiche sbagliate e in parte alla crisi internazionale.
Alcuni operatori italiani, parlando al Sole 24 Ore, dichiarano di avvertire un calo dei rendimenti in terra asiatica e iniziano a chiedersi se nel prossimo futuro l’impatto sull’export tricolore sarà negativo. Il comparto delle macchine utensili, ad esempio, ha perso lo 0,4% nei primi 8 mesi dell’anno, ma il Dragone rappresenta ancora il 12,8% della produzione totale. Nel caso del legno arredo, settore che ha puntato la maggior parte delle risorse sulla Cina, registra nel Paese asiatico l’8% dell’export. Il mercato cinese vale attualmente circa 60 milioni di euro e reggerà grazie al fatto che l’arredamento si può proporre ad una fascia medio-alta di clienti. Anche nella moda non si vedono gravi conseguenze per il momento, e l’unico cambiamento potrebbe esserci per i marchi che si rivolgono alle fasce medie.
In sostanza, l’opinione generale è che chi è già presente e consolidato sul territorio cinese, non avrà ripercussioni in seguito al rallentamento economico, ma anzi potrà beneficiare la corrente debolezza dell’euro, che favorisce in qualche modo le esportazioni. Le difficoltà potrebbero esserci, invece, per chi ancora non è approdato in Cina e per chi stava pianificando un ingresso nella Repubblica Popolare. In ogni caso, la maggior parte degli investitori è convinta che, data la precaria e debole situazione italiana, orientarsi verso i nuovi mercati sia l’unica scelta per sopravvivere.

mercoledì 14 dicembre 2011

China International Import Expo

Dal 29 al 31 marzo 2012 Kunshan ospiterà la fiera internazionale CIE 2012, dedicata alle opportunità di introduzione di prodotti stranieri in Cina.

L’Associazione Italia Commercio Estero ha programmato una business mission per la partecipazione alla fiera di Kunshan, vicino a Shanghai, dedicata all’import cinese dall’estero. La manifestazione si terrà dal 29 al 31 marzo 2012 e il supporto di AICE prevede l’accompagnamento di una delegazione di aziende, oltre all’organizzazione di negoziati e alla facilitazioni sui costi di allestimento e partecipazione all’evento. Durante la missione interverrà anche l’associazione di promozione sociale Asian Studies Group, specializzata sull’Asia orientale e sull’internazionalizzazione di imprese B2B, che fornirà alle aziende partecipanti sostegno negli incontri, nell’introduzione ai contatti, nella comunicazione e mediazione in lingua e un servizio di studio della fattibilità commerciale sui contatti avviati.
I settori su cui si focalizzerà la fiera sono fondamentalmente quattro: macchinari tecnologici e attrezzature; Information Technology; tecnologie verdi, nuovi materiali e prodotti high-tech; prodotti di consumo di marca.
La scelta dell’area di Kunshan è dettata dal fatto che si tratta di una delle zone urbane più grandi al mondo, comprendente Shanghai, Suzhou, Wuxi, Ningbo e Nanjingis, con un Pil pari al 20% di quello nazionale. Se la Cina si è configurata come il secondo mercato per importazioni al mondo, con una quota di import pari a 1.394,83 miliardi di dollari nel 2010, la sola regione di Kunshan rappresenta oltre il 40% dell’import cinese. Per le aziende italiane coinvolte si tratta di un evento importante per poter avviare e potenziare il commercio di prodotti nell’area.

martedì 13 dicembre 2011

Dagong abbassa il rating dell’Italia

Dagong ha declassato il debito pubblico italiano portandolo a “BBB” con outlook negativo. E’ l’unica agenzia di rating che posiziona l’Italia sotto il voto “A”.

L’agenzia di rating cinese ha declassato il debito pubblico del nostro Paese, portandolo da “A-“ a “BBB” con outlook sempre negativo. Lla decisione di Dagong è motivato dal fatto che l’Italia si trova in una fase di recessione che difficilmente riuscirà a superare nel medio termine. Secondo la società cinese, infatti, il governo Monti non basterà a risollevare le sorti del Belpaese: gli obiettivi di austerity e di taglio del deficit che l’esecutivo si è fissato per il 2011 sono troppo ambiziosi e la situazione politica italiana rimane ancora instabile e vulnerabile. Inoltre, secondo il Dragone l’Italia dipende troppo dalla Banca centrale europea per l’acquisto dei bond, il cui rendimento aumenterà a causa della crisi economica e finanziaria.
Il quadro negativo che dipinge l’agenzia cinese sfavorisce non poco il nostro Paese: gli investitori asiatici, che finora si sono sempre mostrati interessati alle opportunità dello Stivale, sono ora sfiduciati e temono i rischi derivanti dalla crisi del debito italiano. Tuttavia, il giudizio di Dagong è da considerare con cautela: si tratta di un ente nato nel 2010 come alternativa a Moody’s, Fitch e S&P, ma il cui controllo è ancora ignoto. Dagong si definisce una società privata, controllata solo da due soci, di cui uno sembra appartenga alla leadership cinese. Finora l’agenzia ha saputo intuire l’andamento di alcuni Paesi in almeno un’occasione, come nel caso del declassamento del debito americano, ma è anche stata accusata da accademici e quotidiani cinesi di oscurare le criticità di alcune società e compagni di investimento della Repubblica Popolare.

lunedì 12 dicembre 2011

Criticità del sistema economico e sociale cinese

La diminuzione del tasso di crescita contro l’aumento dell’inflazione e della moneta circolante rendono la Cina un Paese verso cui guardare con maggiore attenzione e spirito critico.

Con l’avvicinarsi del nuovo anno si comincino a fare i primi bilanci anche in campo economico e molte sono le notizie relative alla Cina, che quest’anno ha avuto un ritmo altalenante e sembra far preoccupare economisti ed investitori. Negli ultimi giorni i dati sul Dragone, infatti, mettono il Paese asiatico in una luce non particolarmente positiva: l’indice Pmi è sceso sotto i 50 punti manifestando una probabile contrazione della produzione industriale, mentre la crescita economica si è attestata al 9,1%, in calo rispetto ai mesi precedenti.
Tuttavia, a preoccupare maggiormente non sono tanto i dati relativi alla crescita, quanto la gestione del sistema finanziario e l’equilibrio sociale del Paese. La Repubblica Popolare ha un eccesso di moneta circolante: circa 10.500 miliardi di dollari, il doppio del Pil nazionale, che ha provocato una bolla nel settore immobiliare e delle commodity. Di pari passo si è assistito, nel corso del 2011, ad un tasso di inflazione in continua ascesa fino ad arrivare al picco del 6,5% contro il 4% prefissato. Squilibrato risulta, inoltre, il peso delle singole voci di investimenti: le infrastrutture pesano il 50% del Pil, mentre i consumi domestici rappresentano solo il 35%. Le aziende pubbliche sono ancora troppo privilegiate dallo Stato rispetto a quelle private, così che il 70% dei profitti derivano dalle prime. Risulta necessaria, quindi, una riforma strutturale del sistema finanziario cinese, che dovrebbe garantire alle imprese private maggior accesso al capitale degli istituti di credito. Ad oggi, però, non si colgono segnali in questo senso e la mossa di Pechino di ridurre la riserva obbligatoria delle banche allo 0,5% non farà alto che aumentare il denaro in circolazione.
Nel frattempo, comunque, il Dragone, prosegue nel suo impegno di salvataggio dell’Occidente: la Banca centrale cinese ha annunciato la possibilità di creare due fondi per investire in Europa e negli Stati Uniti. Lo strumento finanziario sarà affidato alla Safe e avrà una dotazione inziale di 300 miliardi di dollari: Il fondo per gli Usa si chiamerà Hua Mei e quello per l’Europa Hua Pu.

mercoledì 7 dicembre 2011

La nuova legge sulle Ong e la disabilità in Cina

La nuova legge all’esame del governo del Guangdong sulla registrazione delle Organizzazioni non governative riaccende il dibattito sulla situazione dei disabili in Cina.

Il governo del Guandong sta esaminando una nuova legge sulle Ong, che dovrebbe entrare in vigore il prossimo 1° luglio. Si riapre il dibattito sui portatori di handicap e sulla loro condizione nella società cinese: secondo alcuni, la nuova legge rappresenta un passo avanti non tanto nel campo della registrazione delle Ong, quanto nella visione che la Cina riserva ai portatori di handicap, categoria relegata ai margini del sistema sociale. Per motivi di natura culturale e politica, infatti, la società cinese ha sempre avuto una sorta di repulsione nei confronti dei i disabili che non di rado venivano tenuti chiusi in casa e discriminati. “La Cina ha sempre avuto un atteggiamento molto difficile nei confronti della malattia. Ma in questi ultimi tempi qualcosa sta cambiando: nei mesi scorsi, ad esempio, abbiamo organizzato una cena di gala per raccogliere fondi a favore dei nostri assistiti. E, per la prima volta, è stato un gruppo di cinesi a fornirci quello che ci serviva. Di solito sono gli stranieri a fare la parte principale”, ha di recente dichiararto un dipendente impiegato presso una casa famiglia per disabili a Guangzhou.
Nel dettaglio, secondo la bozza, la provincia più ricca del Dragone si prepara a eliminare la figura del “patrono governativo”, obbligatoria per tutte le Ong intenzionate a registrarsi e quindi a operare nel territorio cinese: spesso si tratta di un controllore del governo che, limitandone l’operato sociale e quindi la possibilità di contribuire a un’adeguata integrazione dei disabili nel contesto sociale, costituisce il maggiore ostacolo per le Ong.

martedì 6 dicembre 2011

Cina, la collaborazione con Marche e Umbria

La scorsa settimana, tra il 27 e il 30 novembre, alcuni imprenditori marchigiani e umbri hanno visitato Changsha e a Dalian, nell’ambito della missione economica delle due regioni in Cina.

Nell'ottobre dello scorso anno, i premier di Italia e Cina avevano stabilito di aumentare l'interscambio commerciale bilaterale e, in particolare, di portarlo a quota 80 miliardi di USD entro il 2015. Al fine di portare a compimento tale obiettivo, i due Paesi hanno cominciato ad avviare sempre più collaborazioni economico-commerciali, a livello provinciale-regionale: in quest’ambito, la collaborazione tra la Regione Marche e la Regione Umbria e le due città cinesi di Changsha (capoluogo della provincia dello Hunan) e  Dalian (nella provincia del Liaoning), assume un ruolo molto significativo.
Nel corso dell’intervista rilasciata congiuntamente ai media cinesi e a quelli italiani, in seguito alla visita nel capoluogo dello Hunan e nella città di Dalian, Gian Mario Spacca, presidente della Regione Marche, e Luigi Rossetti, direttore dell’area Internazionalizzazione della Regione Umbria, hanno manifestato il loro apprezzamento relativamente alla collaborazione economico-commerciale avviata con le due città. Circa le caratteristiche di tale cooperazione, Spacca ha dichiarato che con la provincia dello Hunan la collaborazione riguarda prevalentemente il settore meccanico e coinvolgerà la Fiat, mentre a Changsha è previsto un rapporto di cooperazione fra Zoomlion e CIFA Italia e, infine, con Dalian la cooperazione riguarderà le aziende operanti nel settore della moda.
Il presidente Spacca ha poi invitato le Pmi a prendere parte sempre più numerose ai progetti di collaborazione con il Dragone; citando la crisi del debito europeo che sta minacciando l'Italia, ha affermato che proprio in ragione di tale situazione le piccole e medie imprese italiane devono cogliere le opportunità offerte dalla Cina, facendo però attenzione all'aspetto qualitativo della collaborazione con il colosso asiatico, per poter garantire, appunto, la qualità e i risultati ed evitarne un’espansione eccessiva a livello quantitativo.

lunedì 5 dicembre 2011

Florentia Village: una Little Italy a Pechino

Tra Pechino e la città costiera di Tianjin è arrivato il “Florentia Village”, Little Italy per i cinesi appassionati di moda italiana.

I cinesi appassionati del made in Italy possono finalmente evitare costosi viaggi in Europa per acquistare il meglio del fashion italiano e “made in Europe”, perché tra Pechino e la città costiera di Tianjin, nella cosiddetta “zona di sviluppo industriale” di Wuqing, quest’anno è stato costruito il “Florentia Village”, una Little Italy con una superficie complessiva di 60mila mq e una cittadella dello shopping di 45mila mq, piena dei simboli che evocano il Belpaese, come la ricostruzione dei vicoli di una Firenze rinascimentale, il Gran Canale affollato dalle gondole e che scorre sotto il ponte del Rialto e anche un Colosseo. Nel “villaggio” - oltre ai capi d’abbigliamento firmati Versace, Armani, Prada, Gucci, Burberry e tutto il meglio del fashion “made in Europe” - si possono trovare ristoranti internazionali, mostre ed eventi in stile europeo. Sono tra le 10mila e le 25mila le visite che il Florentia Village registra ogni giorno.
La struttura è stata inaugurata lo scorso luglio, dopo l’annuncio della sua costruzione, arrivato solo a gennaio dalla società italiana RDM Gruppo Fingen, attiva nel settore della moda e in quello immobiliare. La società intende investire un milione di dollari per la costruzione di cinque outlet in stile italiano in diverse città cinesi: si chiameranno tutti Florentia Village e contribuiranno ad “accrescere il mercato dell’outlet in Cina”, come ha dichiarato Ivano Poma, amministratore delegato del gruppo RMD Asia Ltd. Anche il progetto è italiano, infatti è stato realizzato dal gruppo Hydea, società italiana operante nei settori dell’ingegneria, dell’architettura e dell’ambiente.

giovedì 1 dicembre 2011

Cina, secondo mercato per Ferrari

Ferrari si rafforza nel periodo di crisi e aumenta le vendite all’estero, con la Cina come secondo mercato di riferimento.

Ferrari batte ogni record nei primi mesi del 2011: ricavi per 1.650 milioni, una crescita del 18,9% rispetto allo stesso periodo del 2010 e 5.165 vetture consegnate (con un trend del +12,35). Nonostante la crisi economica, quindi, il marchio di auto di lusso italiano ha conosciuto un’ascesa incredibile, grazie soprattutto all’aumento della domanda in molti Paesi esteri. Se gli USA si confermano il primo mercato di destinazione (compresi Canada e Sudamerica) con un +14,5% e 1.436 vetture consegnate, al secondo posto si trova, invece, la Cina (Taiwan e Hong Kong inclusi) con 542 auto vendute. I risultati sembrano confermare ancora una volta l’appetibilità del Dragone per quanto riguarda il settore luxury e in particolare i prodotti Made in Italy, fattore in continua ascesa nella Repubblica Popolare.
Ferrari è riuscita a conquistare i clienti di tutto il mondo grazie anche alla diversificazione delle sue attività: lo sfruttamento del canale web, tramite il negozio online e i social network, permette al marchio di avvicinarsi alle nuove generazioni e alle persone più esigenti. Meriti, comunque, vanno anche alla scelta di aumentare del 5% gli investimenti in ricerca e sviluppo e nei servizi ai dipendenti, elementi che rendono Ferrari un’azienda affidabile e in continuo rinnovamento.
Oltre al mercato cinese, inoltre, è in crescita anche il Medio Oriente, con un aumento degli acquisti di vetture del 23% rispetto allo scorso anno.

mercoledì 30 novembre 2011

La Cina entra nel mercato dei vaccini

Grazie alle regole più severe e ai numerosi controlli imposti dal governo nel settore farmaceutico, la Cina potrà vendere, nel giro di due anni, vaccini a costi ridotti.

Nonostante gli scandali che hanno riguardato il settore farmaceutico cinese negli ultimi anni, la Repubblica Popolare si prepara ad entrare nel mercato dei vaccini a costi ridotti. Il Paese asiatico ha dimostrato di poter essere al pari degli standard internazionali, tanto che lo scorso marzo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che l’Autorità per la sicurezza dei farmaci di Pechino è conforme ai requisiti internazionali. Questo riconoscimento permetterà ora di sottoporre i singoli vaccini all’organizzazione entro due anni per venderli successivamente alle Nazioni Unite e alla Gavi raggiungendo le popolazioni più povere. Il primo vaccino potrebbe essere quello contro l’encefalite giapponese, malattia che può condurre anche al decesso.
Già nel 2009 una ditta farmaceutica cinese fu in grado di sviluppare, dopo solo 87 giorni, il primo vaccino contro la febbre suina. Oggi in Cina esistono 30 aziende che producono circa un miliardo di dosi annuali, un record mondiale. Il merito di questi successi è dovuto anche alle misure intraprese dal governo per aumentare i controlli e le sanzioni in caso di irregolarità. L’Oms, comunque, continuerà a verificare la sicurezza dei vaccini.

martedì 29 novembre 2011

Il CIC investirà nelle infrastrutture di Europa e USA

La Cina investirà capitale in Europa e negli Stati Uniti già dal prossimo anno: il CIC è interessato alle infrastrutture occidentali mentre il governo di Pechino comprerà asset di Paesi europei.

In un editoriale del Financial Times, il presidente di China Investment Corporation Lou Jiwei ha annunciato che il Fondo Sovrano cinese, che dispone oggi di riserve per oltre 400 miliardi di dollari, investirà nelle infrastrutture europee e statunitensi. Obiettivo degli investitori cinesi, infatti, è quello di diversificare il più possibile: se prima le operazioni all’estero li coinvolgevano solo in qualità di fornitori, oggi desiderano partecipare attivamente ai progetti e al loro sviluppo.
Il CIC è una realtà basata su principi commerciali ed economici ed è slegata dai piani governativi, motivo per cui non ne segue le dinamiche politiche; tuttavia, gli investimenti che ricerca sono necessariamente ad alta redditività e a rischi contenuti. Per questo, al momento risultano esclusi dai piani di investimento del Dragone i Paesi europei fortemente indebitati. La prima destinazione degli investimenti del Fondo sarà il Regno Unito, dove il CIC collaborerà con i gestori di fondi o investendo direttamente nel settore delle infrastrutture.
Il governo di Pechino, nel frattempo, ha dichiarato di essere interessato ad acquistare asset europei e già dall’anno prossimo invierà una delegazione di investitori cinesi in Europa per comprare aziende europee, promuovendo così il commercio e gli investimenti bilaterali. Il ministro del Commercio cinese Cheng Deming, però, chiarisce che l’Europa deve compiere alcuni passi, tra cui eliminare gli ostacoli normativi per l’entrata di capitale cinese e fronteggiare la crisi del debito. In cambio, la Repubblica Popolare aprirà alle imprese europee, soprattutto in campo finanziario.

lunedì 28 novembre 2011

Costa Crociere in Cina con una WFOE

Costa Crociere S.p.A. sarà la prima compagnia di crociera a costituire una WFOE in Cina, un traguardo ottenuto grazie al sostegno delle autorità locali.

Costa Crociere S.p.A. è uno dei migliori esempi di successo attuali in Cina ottenuto grazie alla cooperazione con le autorità locali, oltre che rappresentare un segnale positivo per il turismo crocieristico dell’area. La società, infatti, sarà la prima compagnia di crociere a costituire una WFOE (wholly foreign owned enterprise) in Cina, che avrà sede a Shanghai.
Il traguardo raggiunto è stato possibile grazie ad un percorso nel Paese asiatico cominciato nel 2006, quando Costa Crociere, anche in quel caso, fu la prima azienda internazionale del settore ad entrare nel mercato cinese e iniziò a sostenere lo sviluppo dell’industria crocieristica in qualità di first mover nel Dragone. In questi anni il marchio si è promosso ed ha ottenuto fiducia e credibilità, diventando tra i più popolari nel campo del turismo: i passeggeri cinesi che hanno viaggiato sulle navi italiane fino ad oggi sono stati 170.000. Il merito dei successi della società va dato agli investimenti in innovazione, relativamente ai servizi e agli itinerari offerti, e alla cooperazione con il Ministero dei Trasporti e la Municipalità di Shanghai; difatti una spinta decisiva è stata l’estensione alle compagnie di crociera della legislazione relativa alle WFOE nel settore dello shipping.
Con la costituzione della WFOE, Costa Crociere offrirà servizi finanziari e commerciali alle agenzie di viaggi cinesi, tra cui attività di marketing, emissione di biglietti e incassi in valuta locale, e punterà ad aumentare la domanda di mercato. Ci sarà, quindi, più spazio per la promozione dei viaggi in crociera, grazie anche alla nuova nave che verrà posizionata in Cina già nel 2012, Costa Victoria.

venerdì 25 novembre 2011

Tensioni sociali in Cina

In Cina si respira un’aria di tensione negli ultimi mesi: gli operai protestano nuovamente, mentre i ricchi emigrano all’estero per sfuggire ad una situazione incerta e preoccupante.

Anche la Cina sta vivendo un momento difficile dal punto di vista sociale, riflesso anche di un’economia altalenante e sottoposta ai rischi della situazione internazionale. Nel Sud del Paese, e in particolare a Shenzhen, Dongguan e Foshan, si registrano nuove ondate di scioperi da parte degli operai di fabbriche dell’industria manifatturiera. Sono per lo più di lavoratori impiegati in aziende taiwanesi o di Hong Kong che protestano contro i recenti tagli salariali che prevedono la cancellazione degli straordinari. Si tratta di una misura presa da molte aziende del settore per compensare il calo degli ordini avvenuto in conseguenza della diminuzione della domanda occidentale. Altro motivo della protesta, inoltre, è la delocalizzazione di alcune produzioni in aree della Cina con costo della manodopera minore o in Vitenam.
A lamentare una situazione difficile non sono solo le classi più basse, ma anche i super ricchi della Repubblica Popolare. Secondo una recente ricerca della Hurun Report e della Banca di Cina, effettuata su 980 milionari (con oltre 1,17 miliardi di euro), il 46% dei super ricchi sarebbe pronto ad emigrare in Paesi come USA, Canada, Singapore, e Australia, mentre il 14% l’avrebbe già fatto. Il motivo principale è proprio l’insicurezza che si respira nel Dragone, dovuta alla situazione politica, alle nuove tensioni sociali, alla corruzione e all’inquinamento. Molti di loro, infatti, vorrebbero dare ai loro figli un’educazione qualitativamente migliore, che la Repubblica Popolare al momento non può offrire. Infine, un terzo degli intervistati emigra per investire il proprio capitale in un Paese più sicuro e molte economie occidentali si stanno attrezzando per poter accogliere adeguatamente i cinesi milionari.

giovedì 24 novembre 2011

Cina: vicino il libero scambio con Giappone e Corea

Pechino accelera i tempi per poter avviare già il prossimo anno un’area di libero scambio con il Giappone e la Corea del Sud e difendersi così dagli Stati Uniti.

Lo studio di fattibilità per una zona di libero scambio tra Cina, Giappone e Corea del Sud era già stato concordato nel gennaio 2010, ma ora sembra ci sia stata una certa spinta ad accelerare i tempi da parte del premier cinese, Wen Jiabao. Pechino, infatti, ha richiesto che gli studi congiunti dei tre governi vengano conclusi entro la fine dell’anno, in modo da poter avviare i negoziati per l’istituzione dell’area commerciale già il prossimo anno.
L’interesse per la conclusione dei lavori potrebbe essere stato provocato dal recente intervento degli Stati Uniti in Australia per intensificare il ruolo della potenza economica nella regione Asia-Pacifico e per creare un’area di libero scambio Transpacifico, senza aver interpellato la Cina. Tuttavia, gli USA hanno dichiarato di voler garantire la libertà di navigazione e degli scambi commerciali nel Mare del Sud della Cina e di voler rimanere neutrali rispetto alle dispute che coinvolgono il Dragone e i Paesi vicini.
Nonostante queste voci, comunque, Stati Uniti e Cina si sono confrontati più volte in occasione del sesto vertice dell’Asia orientale a Bali, confermando la reciproca intenzione di cooperare tra loro in modo costruttivo.

mercoledì 23 novembre 2011

Lavazza apre 15 coffee shop in Cina

Lavazza Espression si prepara all’espansione in Cina, dove ha recentemente inaugurato 15 nuovi coffee shop a Shanghai, Pechino e Guangzhou.

Lavazza Espression è il marchio lanciato da Lavazza nel 2007 per espandersi in tutto il mondo con un brand che riassumesse lo stile, il design e la qualità di un’azienda italiana. Dopo essere approdata all’estero nei luoghi di maggiore visibilità, come vie centrali, centro commerciali e aeroporti, oggi la catena arriva anche in Cina, dove ha recentemente inaugurato 15 coffee shop nelle zone principali di Shanghai, Pechino e Guangzhou. Lavazza Espression ha scelto come partner per il suo investimento nel Dragone la società Guangdong HongCheng Coffee Catering Investment, Area Developer esclusivo nel Paese asiatico per il brand italiano. L’obiettivo di Lavazza nella Repubblica Popolare è quello di espandere il marchio nei prossimi anni e fidelizzare, in particolare, i giovani consumatori, ovvero la fascia che maggiormente è attratta dalle abitudini occidentali. Nei prossimi cinque anni, inoltre, prevede di aprire altri 200 coffee shops in tutto il Paese.
Tra i motivi che hanno spinto verso questo successo dell’azienda, c’è una particolare attenzione per la continua innovazione di prodotto: in Cina i punti Lavazza Espression non offrono solo il classico caffè ma anche una gamma di bevande e piatti italiani; nei locali si trovano, inoltre, ricettari di caffè e un menu frutto dell’alta cucina italiana e internazionale. Gli ambienti sono estremamente curati e caratterizzati dal design creativo e moderno.
Oltre al mercato cinese, il marchio Espression aprirà locali in Russia, Bulgaria, Stati Uniti, Cile, Argentina e Brasile, grazie alle partnership e ai progetti in via di sviluppo in queste aree.

martedì 22 novembre 2011

Progetti europei per il Programma di Governance Ambientale

L’Unione Europea promuove la partecipazione al Programma di Governance Ambientale della Cina, invitando i partner europei locali a presentare progetti ecosostenibili a fronte di un finanziamento fino al 75%.

Nell’ambito della cooperazione tra Europa e Cina, un ruolo di prim’ordine è dato al settore ambientale, attualmente oggetto del Programma di Governance Ambientale (EGP) della Repubblica Popolare. Si tratta di un piano volto a promuovere il rispetto dell’ambiente nel Dragone, operando su più fronti: il coinvolgimento dell’opinione pubblica nelle questioni ambientali, anche attraverso la facilitazione della circolazione di informazioni e la presenza dei cittadini nelle decisioni chiave; la regolamentazione giuridica delle tematiche ambientali e l’incentivo ai privati per un maggior impegno nelle attività sostenibili. Tutto ciò si concretizzerà grazie a progetti di partnership a livello locale e iniziative ambientali a livello nazionale, che permetteranno il coinvolgimento di soggetti stranieri con progetti idonei agli obiettivi dichiarati.
L’Unione Europea promuove la partecipazione al programma EGP tramite la Delegazione UE in Cina, la quale mette a diposizione un budget pari a 11.250.000 euro per lo sviluppo di partnership che mettano in campo province, municipalità e altri enti locali. Potranno presentare i progetti tutti i soggetti presenti nel territorio cinese con i loro partner europei: persone giuridiche, ONG, università e programmi di ricerca, centri in collaborazione con autorità locali, studi legali e organizzazioni internazionali.
I progetti dovranno avere una durata massima di un anno e potranno ricevere un finanziamento tra 300.000 e 1.000.000 di euro, pari al 75% dei costi ammissibili. Il concept note dovrà essere presentato per una pre-selezione il 3 gennaio 2012 o il 14 maggio 2012.

lunedì 21 novembre 2011

Il vino pugliese si promuove in Cina

La Regione Puglia partecipa con 16 aziende locali del settore vitivinicolo alla prima edizione di World Wine Meetings Asia, in corso a Canton fino al 22 novembre.

La Regione Puglia prosegue nella creazione di importanti forme di cooperazione con la Cina, attraverso programmi di sviluppo e instaurazione di relazioni stabili con le principali istituzioni locali. Dopo aver avviato azioni nell’ambito della green economy, con il presidente Nichi Vendola in prima linea, e aver stipulato un accordo con la Provincia del Guangdong lo scorso giugno, oggi la Puglia si prepara ad affrontare il mercato vitivinicolo, in forte espansione nel Paese asiatico.
Il settore si rivela per il territorio pugliese particolarmente favorevole: la domanda cinese di prodotti agroalimentari provenienti dalla Regione italiana è cresciuta del 319,5% solo nel 2010 e del 1000% negli ultimi 3 anni, segnale della preferenza accordata dai cinesi per bevande e il cibo internazionali.
Per cogliere appieno le opportunità offerte dal Dragone, Sprint Puglia, sportello regionale per l’internazionalizzazione delle imprese, con il coordinamento del Servizio Internazionalizzazione, ha organizzato la partecipazione di 16 aziende pugliesi al World Wine Meetings Asia, in programma a Canton dal 19 al 22 novembre. Si tratta di una borsa d’affari ,programmata dalla Adhesion Asia, dedicata al settore vitivinicolo, che ospiterà 80 produttori provenienti dall’Europa e 100 importatori dal Guangdong, da Hong Kong, da Singapore, dalla Cina centrale e dal Sud-Est asiatico. L’iniziativa vuole, quindi, facilitare gli incontri tra operatori internazionali del vino e importatori sezionati, oltre a dare alle aziende estere una buona occasione per promuoversi in Cina.
La Regione Puglia, che ha aperto la Convention con una presentazione dei propri vini, si è posta come obiettivo l’accompagnamento delle 16 aziende partecipanti, offrendo loro assistenza tecnica nella creazione di contatti e nell’individuazione di forme di collaborazione con i buyer esteri. Inoltre, l’ente desidera sviluppare la conoscenza dei prodotti pugliesi nella Repubblica Popolare attraverso attività formative, commerciali, promozionale e di scouting.

venerdì 18 novembre 2011

Le aziende cinesi cercano risorse e competenze italiane

L’Italia piace ai cinesi per i suoi professionisti e il know-how di qualità: Huawei ha inaugurato un nuovo laboratorio nel milanese, dove lavoreranno centinaia di “cervelli” italiani.

In molti settori dell’industria le aziende cinesi puntano sull’Italia per la ricerca di collaborazioni scientifiche. Le multinazionali del Dragone, infatti, riconoscono le alte competenze di ingegneri, ricercatori e professionisti italiani e il forte know-how presente in alcune zone strategiche del Belpaese.
Giovedì scorso la conferma di questo fenomeno è arrivata dalla Huawei, importante realtà cinese per la produzione e commercializzazione di apparecchiature per le telecomunicazioni e leader nella ricerca e sviluppo. L’azienda ha spostato il centro di ricerca strategico sulle tecnologie microwave da Shenzhen a Milano e, grazie ad un investimento di 100 milioni di euro da qui al 2015, ne farà un hub di eccellenza globale nello sviluppo di tecnologie. La scelta della multinazionale è stata indotta dalle buone performance realizzate sin dall’arrivo in Italia: dal 2003 le sue quotazioni sulla piazza europea sono cresciute dall’1% al 16% e negli ultimi tre anni ha conseguito ottimi risultati grazie alle competenze eccellenti e al know-how locale. Tra i progetti futuri di Huawei nel nostro Paese ci sono la creazione di 100 nuovi posti di lavoro sin dal 2012 e il finanziamento di dottorati di ricerca orientati sulle necessità interne.
Altre realtà cinesi, comunque, hanno investito in Italia negli ultimi anni. Haier, colosso degli elettrodomestici, ha il centro europeo del design tra i poli di Varese e di Campodoro; la rivale Hisense ha traslocato il quartier generale da Torino a Milano e presto aprirà anche un centro ricerche. A Torino, invece, si concentrano i costruttori di automobili: Changan, Jac e, recentemente, Sokon holidng car che è interessata al territorio torinese per aprire una propria unità di ricerca e sviluppo.

giovedì 17 novembre 2011

Iniziative per il turismo internazionale in Cina

La Cina si apre al turismo internazionale, puntando su mete e servizi di alto livello e vacanze ecosostenibili.

Negli ultimi anni la Cina si sta affermando come meta turistica internazionale di alto livello, tanto che ora diverse sono le iniziative locali che spingono affinché vacanzieri da tutto il mondo scelgano una delle località del Dragone.
Tra le novità più recenti e accattivanti sta per essere promossa, a livello mondiale, l’isola tropicale di Hainan, nel golfo di Tonchino, dove la città di Sanya conta già numerose presenze turistiche grazie alla bellezza naturale del luogo e al clima favorevole. L’isola si rivolge soprattutto ad una clientela dedita al lusso, la quale può trovare catene alberghiere internazionali con servizi elevati, e si presta sia per il turismo per il tempo libero che per quello congressuale. Per far conoscere la meta alla clientela italiana, l’Ufficio Nazionale Turismo Cinese in Italia punterà sul web: il progetto prevede la formazione degli agenti di viaggi con workshop, educational, promo e corsi online. Per tutti, inoltre, sarà accessibile a breve il sito ufficiale completamente rinnovato turismocinese.it. con una sezione dedicata a “Hainan The tropical Island”.
All’inizio del nuovo anno, invece, la catena di alberghi ecofriendly europea NH Hotel aprirà la sua prima struttura nella Repubblica Popolare, a Chongqing, grazie ad una collaborazione con il gruppo cinese leader nel turismo in Cina HNA Hotel Group Ltd. Questo progetto apre le porte del Dragone ad un ulteriore branca del turismo, di particolare tendenza negli ultimi anni: la vacanza ecosostenibile.

mercoledì 16 novembre 2011

Export in calo, ma aumentano gli IDE

L’economia cinese risente della crisi occidentale, a causa della quale si riducono le esportazioni del Dragone mentre aumentano le importazioni.

La crisi che sta ancora assediando l’Europa si ripercuote anche in una delle economie più in crescita di questi anni, ovvero la Cina. Nella Repubblica Popolare, infatti, la debolezza del Vecchio Continente ha provocato un significativo calo delle esportazioni, dal momento che nel 2010 le merci europee hanno rappresentato circa un terzo della produzione cinese. Secondo i dati del Ministero del Commercio di pechino, nel mese di ottobre le esportazioni cinesi hanno toccato il loro livello più basso dal 2009, crescendo del 15,9%. Di pari passo, invece, aumentano le importazioni, in particolare dai tre principali partner commerciali del Dragone: USA con + 20,5%, Australia con + 36,7% e Unione Europea con +28,2%.
In conseguenza di questo trend si sta riducendo il surplus commerciale della Cina che nel mese scorso si è attestato a 17 miliardi di dollari, contro i 24,9 miliardi attesi. Secondo le previsioni, entro la fine del 2011 il surplus arriverà a 150 miliardi di dollari, con una diminuzione pari a 30 miliardi. Tale fenomeno va anche legato alle misure del governo centrale attuate per ristabilire l’equilibrio commerciale, aumentando proprio la voce dell’import.
Resistono alla crisi gli IDE in Cina, che nel periodo gennaio-ottobre 2001 hanno attirato flussi pari a 95 miliardi di dollari, con una crescita del 15,9% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. I settori dove si registra maggior incremento sono i servizi, con un aumento del 20,7%, e il manifatturiero cinese, con +11,7%.

martedì 15 novembre 2011

Importante dialogo tra Cina e USA

In apertura del vertice Apec i due presidenti dei giganti Cina e Stati Uniti hanno avviato un importante dialogo bilaterale.

In occasione dell’apertura dei lavori per il vertice Apec (Asia-Pacific Economic Cooperation) alle Hawaii, Barack Obama e Hu Jintao si sono incontrati per discutere alcune questioni fondamentali che riguardano I Paesi che rappresentano. Si tratta del nono appuntamento tra i due presidenti, ancora più importante viste le prossime elezioni americane e la riconferma della leadership cinese. Nel primo caso, infatti, la diplomazia statunitense sta cercando di mantenere buoni rapporti con la Repubblica Popolare, cercando di dissipare le incomprensioni passate. Le autorità cinesi, invece, osservano con una certa diffidenza i movimenti degli USA, che cercano di farsi strada in Asia anche avviando partnership con gli storici nemici de Dragone, quali Giappone, India e Vietnam.
In particolare, gli Stati Uniti insistono sulla questione della rivalutazione dello yuan: gli USA premono per un suo maggiore apprezzamento perché altrimenti le aziende americane vengono danneggiate, mentre la Cina ribadisce ancora una volta che le difficoltà americane (deficit commerciale e debolezza del mercato del lavoro) non sono causate dalla valuta cinese. Hu, inoltre, ha dichiarato che una delle priorità della Repubblica Popolare su questo fronte è quella di rinnovare il sistema di cambi, orientandosi verso un meccanismo più controllato, che guardi al mercato e che sia basato su un paniere di valute.
Obama e Jintao, infine, hanno parlato anche della questione Iran, fonte di preoccupazione per ciò che riguarda la politica nucleare. La necessità è quella di creare un fronte comune, assieme alla Russia, per muoversi con cautela ma in modo deciso nei confronti di Tehran. Tuttavia, Cina e Russia si sono dichiarate contrarie, diversamente dagli USA, all’applicazione di sanzioni severe.

lunedì 14 novembre 2011

La borsa di Shanghai apre alle aziende estere

Lo Shanghai Stock Exchange è pronto per l’internazionalizzazione del segmento azionario, tramite il quale si concederà agli emittenti esteri la vendita di titoli.

Una delle principali borse valori cinesi, lo Shanghai Stock Exchange, ha recentemente annunciato di voler permettere agli emittenti stranieri di vendere titoli azionari. Tale decisione garantirà ad un grande numero di investitori individuali di evitare i controlli diretti sul capitale a cui erano sottoposti finora e alle grandi compagnie di poter quotarsi in quello che è oggi il secondo mercato internazionale,.
L’iniziativa si rivelerà fruttuosa anche per la Repubblica Popolare, che così risulterà più appetibile agli occhi degli operatori esteri, mentre consentirà agli investitori cinesi di avere una maggiore varietà di società tra cui scegliere per accrescere il proprio portafoglio. Inoltre, Shanghai potrà, così, essere alla guida della finanza nazionale già a partire dal 2020.

venerdì 11 novembre 2011

Aprire una società commerciale in Cina

Con i costi elevati per l’apertura di un RO in Cina, sempre più investitori prediligono la società commerciale. Ecco alcuni dettagli per la costituzione di una FICE. 

Dopo che negli ultimi anni il governo cinese ha introdotto diverse limitazioni ai RO delle imprese straniere, una valida alternativa per gli investitori è quella della FICE (Foreign Invested Commercial Enterprise), forma societaria che permette di: importare ed esportare, vendere al dettaglio e all’ingrosso, avviare un franchising, svolgere attività di controllo, post vendita e altri servizi sul suolo cinese. Inoltre, la FICE è un’organizzazione economica, grazie ai vantaggi fiscali di cui gode. Ha a disposizione due forme: la WFOE, società a totale partecipazione straniera, o la joint venture con un socio cinese.
La legislazione di riferimento è quella stabilita dalle Disposizioni Amministrative sugli Investimenti Esteri nel Settore Commerciale entrate in vigore nel 2004. Per poter avviare una società commerciale è necessario disporre di una buona base economica, avere una capacità operativa commerciale avanzata e una estesa rete di vendita internazionale. Per quanto riguarda il capitale minimo, i requisiti variano a seconda del settore industriale e su base regionale.
Il processo di costituzione di una FICE si sviluppa in tre fasi: pre-registrazione, registrazione e post-registrazione. Nella prima fase l’imprenditore straniero dovrà rivolgersi alla State Adminsitration for Ibndustry and commerce (SAIC), che verificherà l’accettabilità del nome societario. Ciò che è vincolante in questo caso è il nome cinese e non la sua traduzione, Nella seconda fase l’investitore dovrà fornire la licenza commerciale (o certificato di costituzione), il conto bancario e prove di affidabilità creditizia. Il certificato di approvazione verrà rilasciato dall’ufficio locale del Ministero del Commercio, dopodiché saranno necessari 30 giorni per la registrazione presso la Adminsitration of Industry and Commerce. In seguito alla registrazione e all’ottenimento della licenza commerciale, l’investitore dovrà effettuare altri registrazioni.

giovedì 10 novembre 2011

Rallenta l'inflazione in Cina

In ottobre l’inflazione ha registrato il dato più basso degli ultimi 5 mesi, confermando la progressiva diminuzione.

Il mese di ottobre è stato registrato un altro dato incoraggiante per l’inflazione cinese: il tasso è stato il più basso degli ultimi cinque mesi segnando un 5,5%, leggermente inferiore ad alcune previsioni. Ciò è perfettamente in linea con il progressivo calo verificatosi dopo il picco di luglio con il 6,5% ed è stato probabilmente agevolato dai guadagni ridimensionati nel settore alimentare. inoltre, le vendite al dettaglio sono salite del 17,2% in ottobre, un dato positivo ma più basso rispetto alle previsioni.
Alcuni dati mostrano il rallentamento della Repubblica Popolare Cinese: la produzione industriale ha avuto una crescita più debole con il 13,2% su base annuale, contro il 13,4% previsto.
I dati sull’inflazione hanno già avuto qualche effetto sui listini azionari: lo Shanghai Composite Index è cresciuto di 0,7 punti percentuali arrivando a 2.520,08 punti e l’interest rate è sceso di 1,25 punti base.
La diminuzione dell’inflazione, tuttavia, non è sufficiente per poter arrivare ad un taglio dei tassi di interesse. Nonostante ciò, il suo rallentamento potrebbe però permettere di attuare alcune politiche urgenti e necessarie, come l’allentamento della pressione fiscale e di misure monetarie che hanno ristretto il credito di molte compagnie.

mercoledì 9 novembre 2011

Cina primo mercato di esportazione per la meccanica italiana

Il settore della meccanica italiana trova in Cina un terreno molto fertile per l’export: la Repubblica Popolare apprezza la qualità e l’innovazione del Made in Italy.

Un altro settore del Made in Italy, quello della meccanica, vede nella Cina il mercato più importante per l’export: il Dragone assorbe il 14% delle esportazioni del settore italiano ed è meta preferita anche del maggior competitor del nostro paese: la Germania.
In particolare, il comparto più importante risulta essere quello della meccanica utensile, con un valore mondiale di 45 miliardi di euro di cui 16 miliardi della Cina, la cui crescita e del 47% su base annua. Nel 2010 il Paese asiatico è diventato anche il primo produttore mondiale per un valore di 10 miliardi di euro. L’Italia, quarto posto a livello globale con i suoi 3,9 miliardi di fatturato di cui 2,5 all’estero, ha venduto in Cina macchine utensili per 350 milioni di euro, con una crescita del 4,6%; tra le macchine più vendute ci sono quelle speciali ad alta performance come grandi torni a cinque assi, rettifiche, fresatrici-alesatrici, presse per la deformazione dei metalli, ma anche componenti quali mandarini e teste di lavorazione.
Interessanti i dati relativi, poi, ai macchinari per il tunnelling, di cui si ha un recente esempio di successo con l’azienda italiana SELI. L’azienda, infatti, ha firmato un accordo di fornitura da 28 milioni di dollari con la ditta di costruzioni cinese Gezhouba, sbaragliando i concorrenti americani e tedeschi. SELI fornirà una macchina per scavare gallerie, la TBM, che verrà prodotta presso la cinese HSP con design italiano. La consegna del primo macchinario avverrà entro 10 mesi, cui seguiranno altre 30 macchine simili da realizzarsi nel giro di 5 anni. La macchina verrà impiegata per scavare un tunnel in Etiopia che fa parte di un impianto idroelettrico commissionato a Gezhouba dal governo etiope.
In generale, comunque, il settore della meccanica italiana risulta essere forte in tutto il Far East; il solo continente asiatico copre il 60% della produzione mondiale.

martedì 8 novembre 2011

Cresce il mercato del retail online in Cina

Negli ultimi anni, grazie all’ampia espansione della popolazione di utenti Internet, il canale di vendita retail online ha assunto in Cina una rilevanza sempre maggiore.

Nel 2010, il valore totale delle transazioni al dettaglio online in Cina ha rappresentato circa il 3% delle vendite retail del paese e ha raggiunto un ammontare complessivo di circa 51 miliardi di euro, segnando una crescita di oltre il 75% rispetto al 2009.
L’incremento del mercato del retail online si deve alla massiccia espansione della popolazione di utenti Internet che ha caratterizzato la Cina negli ultimi anni: nel 2005 se ne contavano circa 111 milioni, a fine 2010 erano 485 (circa il 36,2% della popolazione del Dragone).
Nonostante sussistano ancora restrizioni all’accesso relativamente a numerosissimi siti web stranieri, il governo locale sta investendo molto nello sviluppo del settore dell’information technology ed è quindi molto probabile che la comunità di utenti Internet incrementi ulteriormente nei prossimi anni.
Il fenomeno del retail online riguarda, in primo luogo, i giovani: la fascia di età inferiore ai 30 anni  rappresenta circa il 70% del totale degli utenti. Gli articoli maggiormente acquistati mediante la rete, relativamente al 2010, sono soprattutto capi di abbigliamento, calzature e accessori; tra le preferenze anche libri, brani musicali, film e video. Inoltre, si riscontra che la maggior parte dei consumatori online cinesi appartengono ad una classe sociale medio-bassa e sono, pertanto, più attenti ai prezzi e disposti a spendere del tempo nella ricerca delle migliori occasioni online.
Le uniche note dolenti sono rappresentate dall’avversione dei “potenziali utenti” inibiti dal rischio di incorrere in acquisti di articoli contraffatti e dalla reputazione delle piattaforme di e-commerce: la ricerca di presupposti di base quali affidabilità e credibilità hanno portato il mercato del retail online in Cina al monopolio da parte di operatori prettamente domestici. Tuttavia, il settore offre indubbiamente molte opportunità anche agli operatori emergenti, a patto che dispongano di modelli di business innovativi.
Il Ministero del Commercio cinese prevede che anche i dati relativi al 2011 saranno molto positivi per il settore del retail online: il valore complessivo delle transazioni dovrebbe ammontare a 85 miliardi di euro, oltre il 4,5% delle vendite al dettaglio totali.

lunedì 7 novembre 2011

Forum Italia-Cina: ceramica e tecnologia in agenda

Innovazione tecnologica e materiali ceramici sono i due temi affrontati in occasione di recenti forum tra Italia e Cina, in cui si è ribadita l’importanza della cooperazione bilaterale.

Si sono svolti nelle ultime settimane due importanti forum nell’ambito della cooperazione Italia-Cina, in continuo rafforzamento in diversi ambiti.
Tra questi, il forum sui materiali ceramici, il primo mai realizzato tra i due Paesi, è stato realizzato grazie allo Shanghai Ceramics Insitute della China Academy of Science in collaborazione con l’Ufficio Scientifico e Tecnologico dell’Ambasciata Italiana. Si tratta di un evento volto all’individuazione di attività di ricerca, in ambito istituzionale, in un campo dalla tradizione molto forte in entrambe le realtà. Il progetto assume una rilevanza maggiore alla luce del fatto che l’industria della ceramica italiana sta puntando molto sui Paesi emergenti per risollevare il Made in Italy in seguito alla crisi. E’ importante ricordare, però, che la Cina è stata spesso accusata in questo settore di esportazioni illegali e di dumping, per le quali l’Unione Europea si è più volte pronunciata.
L’altro forum, aperto a Nanchino e concluso a Shanghai, è già al suo secondo appuntamento e riguarda l’innovazione tecnologica. L’evento ha di fatto rafforzato la cooperazione che si era già stabilita in occasione del primo incontro, puntando alla collaborazione attraverso progetti di ricerca scientifica e programmi di ricerca globale. In questo anni sono stati fatti molti passi in avanti tra i due Paesi creando tre Centri di Cooperazione in Italia (trasferimento tecnologico, design e de-governement), programmi di innovazione, di cooperazione industriale e ricerca scientifica.
Entrambi i forum rappresentano la volontà del nostro Sistema-Paese di voler affrontare la potenza cinese attraverso partnership strutturate in quelli che sono i settori chiave di entrambe le economie.

venerdì 4 novembre 2011

Preoccupazione per il manifatturiero cinese

Gli indici relativi al settore manifatturiero cinese per il mese di ottobre non registrano segnali positivi, offrendo un quadro economico indebolito e a rischio.

Nel mese di ottobre gli indici relativi al manifatturiero cinese fanno intravedere un rallentamento dell’economia cinese, in linea con i dati registrati anche nel terzo trimestre 2011.
Il Purchasing Managers Index della China Federation of Logistic and Purchasing è sceso dal 51,2 di settembre al 50,4, poco sopra la soglia del 50, che separa la fase di contrazione da quella di espansione. Anche il Pmi della Hong Kong Shanghai Bank, pur registrando un trend positivo, non dipinge un quadro ottimista: per ottobre, l’indicatore Hsbc è cresciuto dal 49,9 al 51.
Nonostante il Pmi sia considerato un indice poco affidabile per molti analisti, in quanto basato sulla produzione industriale, la domanda domestica, le scorte, l’occupazione, gli ordini e il commercio estero, è comunque evidente che questi dati delineino un’economia cinese in un equilibrio precario, minacciata dalla politica monetaria restrittiva, dalla crisi dell’immobiliare, dalla contrazione della domanda mondiale che pesa sull’export cinese.

giovedì 3 novembre 2011

L’industria automobilistica cinese arriva a Torino

Cresce l’interesse delle case automobilistiche cinesi per il tessuto produttivo piemontese: dopo Jac e Chang’an arriva a Torino la Baic per avviare progetti di collaborazione con le aziende italiane di alto livello.
 
 
L’auto cinese continua la sua crescita inesorabile, evidente anche con le acquisizioni effettuate da alcuni gruppi del settore cinese di marchi occidentali. Recentemente, infatti, la Youngman e Pang Da hanno acquistato la Saab, appartenente alla Swedish Automobile (ex Spyker). Si tratta di uno dei segnali di rafforzamento dell’automotive in un Paese dove le vetture sono sempre più numerose: nel 2010 le vendite di auto sul mercato cinese sono infatti aumentate del 32%.
Per quanto riguarda l’Italia, il Dragone è molto interessato all’area produttiva di Torino, attratti dal know how di alto livello sia nel design che nella progettazione. Nel corso di questi anni le più grandi industrie automobilistiche cinesi hanno avviato rapporti con la città italiana, puntando ora a trasformarli in una relazione più stabile. Cinque anni fa la cinese Jac fondò un centro ricerche presso il politecnico torinese, seguita poi da Chang’an, già partner di Ford e Suzuki.
In questi giorni, invece, è arrivata la Baic, azienda da un milione e mezzo di vendite annuali e collaborazioni con Hyundai e Daimler, che recentemente ha avviato un proprio marchio. A Torino la Baic ha inaugurato una base, ospite del Centro estero per l’internazionalizzazione nell’ambito del progetto “From a Concept to car”, nell’ambito del quale per un anno un gruppo di ingegneri cinesi valuterà in loco le opportunità di collaborazione con aziende piemontesi per l’eventuale creazione di un centro tecnologico. Infine, a metà novembre arriverà anche la Sokon, azienda produttrice di veicoli commerciali interessata ad espandersi nel comparto delle auto.

mercoledì 2 novembre 2011

Si potenziano i rapporti sino-italiani nel turismo

Diversi accordi e iniziative avviate quest’anno sono volte a facilitare i flussi turistici tra Italia e Cina, confermando le potenzialità del settore per entrambi i Paesi.

Il turismo è uno dei settori che negli ultimi anni offre ottime opportunità per i rapporti di business tra Cina e Italia; il nostro Paese rappresenta una grande attrattiva per i turisti cinesi, grazie ai suoi prodotti, allo stile di vita, al cibo, ai paesaggi e alla cultura. I flussi di visitatori dal Dragone è in costante crescita, ma è vero anche il contrario: sempre più italiani, per affari o per piacere si recano nella Repubblica Popolare. Alla luce di ciò, numerosi sono gli accordi e le iniziative volte a potenziare questo settore.
Lo scorso 17 ottobre, si è svolta la Quarta Riunione della Commissione parlamentare di collaborazione Italia-Cina, costituita con l’Accordo di collaborazione parlamentare del 2001. In occasione di questi incontri si discute dei temi di maggior interesse comune e nei lavori di quest’anno, oltre ai rapporti commerciali ed economici, sono stati presentati il progetto Marco Polo e le prospettive negli scambi studenteschi e interscambi culturali.
In agosto, inoltre, è partita la tournee italiana di Enit “Italy comes to you”, alla quale è stata legata una manifestazione volta a promuovere l’Italia nella provincia di Zhejiang. L’iniziativa consiste nel dedicare un intero mese al nostro Paese presso il governo locale, organizzando presso l’albergo 5 stelle extra lusso Dragone Hotel di Hangzhou una serie di mostre, sfilate, conferenze e incontri di cucina.
Infine, arriva dall’Unione Europea un sostegno burocratico decisamente incentivante: lo scorso 24 ottobre, infatti, il vicepresidente della Commissione Ue, Antonio Tajani, e il ministro cinese del turismo Shao Qiwei hanno firmato un accordo Ue-Cina per facilitare la cooperazione sui visti a scopo turistico. L’intesa prevede la creazione di centri Ue ad hoc nei Bric e l’incentivo della traduzione dei moduli per ottenere il visto Schengen.

lunedì 31 ottobre 2011

In Cina aumenta la domanda di pasta italiana

Cresce la domanda di pasta italiana in Cina: negli ultimi dieci anni le esportazioni sono aumentate più di cinque volte.

Nonostante le numerose difficoltà del settore agroalimentare italiano in Cina, dovuto principalmente ai costi elevati e alla scarsa promozione, aumentano le esportazioni di pasta nel Paese asiatico. Secondo un’indagine della Coldiretti, tra il 2000 e il 2010 l’export del prodotto verso il Dragone è cresciuto del 414% e nei primi sei mesi del 2011 è salito del 30% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. La domanda di pasta nella Repubblica Popolare ha avuto un incremento del 61%, dato che condivide anche con altre nazioni emergenti: la Russia con +53,9%, l’India con + 36% e l’Arabia Saudita con addirittura +135,6%.
L’Italia rimane il primo produttore al mondo di pasta, con 3.247 milioni di tonnellate prodotte, simbolo intramontabile del Made in Italy alimentare. Tuttavia, in occasione del “World Pasta Day” , si sollevano alcune preoccupazioni: dal momento che non è ancora obbligatorio indicare l’etichetta di origine, si stima che oltre il 40% del grano duro utilizzato dalle industrie italiane produttrici provenga dall’estero, con un conseguente calo del raccolto nel nostro territorio: quest’anno, infatti, dovrebbe ammontare a 3,6 milioni di tonnellate, il 6% in meno dello scorso anno.

venerdì 28 ottobre 2011

Commitment tra Italia e Cina nella moda

Le camere di commercio della moda italiana e cinese rinnovano lo storico impegno di alleanza siglato lo scorso marzo.

La camera italiana della moda e la China Fashion Association hanno rinnovato, in occasione del Sino-Italian fashion forum di Pechino conclusosi ieri, una collaborazione strategica. L’alleanza prevede la realizzazione dei punti chiave individuati nel protocollo firmato tra i due Paesi lo scorso marzo e che vedrà compiere il primo passo nel marzo 2012. In primavera, infatti, le aziende italiane del settore parteciperanno alla fiera dii Pechino “Chic 2012” e verrà inoltre realizzata una sfilata di moda di marchi prêt-à-porter italiano.
L’accordo, in sostanza, permette la collaborazione tra due Paesi molto attivi nel settore del fashion: da un lato, l’Italia con la sua importante tradizione tessile e l’alta qualità e dall’altro, la Cina con la forte produzione. Per le imprese ci sarà il supporto del Ministero del Commercio con l’estero e della Camera che mette a disposizione il fondo sino-italiano Mandarin.
Tra gli obiettivi della Cina, oltre alla presenza di marchi locali in Italia, ci sarà innanzitutto il riequilibrio commerciale: il nostro Paese, infatti, con 700mila addetti, 70mila imprese e 62 miliardi di fatturato, ha esportato verso il Dragone 6,7 miliardi e importato 862 milioni con un saldo di oltre 5,8 miliardi. Molti sono, poi, i problemi che la Repubblica Popolare deve risolvere nel comparto: il rispetto delle normative, l’aumento del costo del lavoro del 20% che ha provocato la delocalizzazione cinese in Vietnam, e il rischio del credito immobiliare in province come lo Zhejiang, patria del tessile.

giovedì 27 ottobre 2011

L’acquisizione in Cina

L’acquisizione in Cina è un’operazione che permette numerosi vantaggi ma risulta in alcuni aspetti ancora complessa richiedendo tempo e investimenti.

Tra i canali d’ingresso più interessanti che gli imprenditori hanno a disposizione per entrare in Cina, si sta facendo sempre più strada lo strumento delle acquisizioni. Con le riforme economiche e la forte crescita del Paese asiatico, infatti, le operazioni di acquisizione hanno subito una certa accelerazione e in molti casi sono preferite alle greenfield per i vantaggi che offrono. Esse permettono di evitare iter burocratici eccessivamente lunghi e garantiscono un’analisi del mercato più celere e specifica. A ciò va aggiunto che la giurisdizione cinese che riguarda le acquisizioni si sta adeguando al mercato moderno, abbandonando la complessità e la confusione che la caratterizzava fino a qualche tempo fa.
Tuttavia, alcuni aspetti del mondo imprenditoriale cinese rendono questa scelta ancora difficile per molti gruppi occidentali; tra le problematiche riscontrate vi sono: valutazioni elevate, difficoltà gestionale del management locale e l’età giovane degli imprenditori cinesi. Per ovviare a queste criticità risulta necessario conoscere a fondo il mercato locale e tutti i processi e le normative riguardanti questo tipo di operazioni, conoscenze che si stabiliscono nel lungo periodo.
Esistono alcune realtà italiane di successo in questo campo che possono offrire una valido esempio. Biesse, azienda pesarese produttrice di macchinari per la lavorazione del legno, ha recentemente acquisito il 70% di Centre Gain Group, gruppo cinese attivo nel settore da 25 anni. L’azienda italiana è stata per anni sul territorio cinese solo attraverso una filiale commerciale che le permetteva buoni risultati ma non proporzionali alla crescita del mercato locale, dove il boom edilizio ha permesso di raggiungere numeri da record. Dopo anni di impegno da parte delle proprie risorse sul campo nella creazione di relazioni con fornitori e concorrenti, Biesse è riuscita a ottenere credibilità. Ora l’azienda continuerà ad essere guidata da uno dei soci co-fondatori e con l’acquisizione ha ricavato un terreno a Dong Guan, nel Guangdong, importante area industriale.

mercoledì 26 ottobre 2011

Collaborazione nel vitivinicolo tra Italia e Cina

Enoteca Italiana ha firmato un accordo di collaborazione strategica per aprire 100 enoteche italiane in Cina.

Il settore vitivinicolo è particolarmente complesso in Cina, dal momento che la cultura enologica si sta sviluppando solo negli ultimi anni. Per l’Italia, inoltre, il mercato cinese è ancora più difficile in quanto i prezzi elevati e la scarsa conoscenza dei consumatori non permettono al vino Made in Italy di attecchire. Tuttavia, le prospettive sono positive e vedono una crescita del consumo di vino rosso in Cina del 36,4% entro il 2012 e del 38% per i vini bianchi.
Per sfruttare le opportunità e sostenere il comparto vitivinicolo nel Dragone, quindi, è stato fatto un piccolo passo in avanti: il 22 ottobre scorso Enoteca Italiana (Ente nazionale Vini) ha firmato con la Beijing Zhengyuan Youshi, società leader di distribuzione del vino italiano, un accordo di collaborazione strategica che prevede la realizzazione di 100 enoteche italiane. Il progetto riguarderà le principali città della Repubblica Popolare e vedrà l’inaugurazione delle prime 10 enoteche entro il 2011. Con la diffusione di questa catena, si potranno avvicinare i consumatori all’eccellenza italiana e trasmetterne la cultura enologica. Le enoteche daranno una forte spinta al vino Made in Italy, proponendo solo vino italiano e dotandosi dei migliori sommelier.

martedì 25 ottobre 2011

La Cina investe sullo sviluppo africano

In occasione del forum internazionale sullo sviluppo dell'Africa, si è discusso dell’influsso degli investimenti cinesi sul futuro economico dell'Africa.

Al forum internazionale sullo sviluppo dell'Africa, promosso dalla fondazione Banco di Sicilia, con la collaborazione dell'European house Ambrosetti, si è discusso del ruolo che la Cina esercita sull’economia africana.
Clive Tasker, amministratore delegato dell’istituto bancario sudafricano Standard Bank (il più grande di tutta l'Africa) - acquisito, per il 20% nel 2007, dalla più grande banca commerciale cinese (Icbc), con un investimento di 5,5 miliardi di dollari -  ha dichiarato che il Dragone investiva in Africa prima che anche gli investitori americani ed europei si interessassero a tale mercato e secondo modalità differenti: “La strategia di investimento cinese, concentrata soprattutto sul settore delle commodities, è sicuramente caratterizzata dalla non ingerenza negli affari interni del Paese, o anche dei singoli settori di business. Sono più flessibili e non pongono condizioni. Ma c'è di più. Hanno una diversa concezione del rischio. Sono investitori di lungo termine e non cercano veloci ritorni”.
Dal 2002 al 2010 il tasso di crescita del commercio tra Cina e Africa è cresciuto mediamente del 33% l'anno; lo scorso anno l'export verso la Cina ha raggiunto i 66,9 miliardi di dollari - concentrati prevalentemente nel settore commodities energetiche e minerarie - e l'import è stato di 59,8 miliardi. Secondo Tasker il legame commerciale presente tra il Sudafrica, e l'intero continente africano, e Pechino è destinato a rafforzarsi ultieriormente.
Jacob Kolster, direttore per il Nordafrica dell'African development Bank, ritiene che l’elemento a favore del colosso asiatico consista nella disponibilità di liquidità: “La Cina ha un grande vantaggio: dispone di molta liquidità, anche perché è un investitore statale, all'opposto dell'India. Certo, i risultati delle sue opere infrastrutturali alcune volte non sono stati all'altezza delle aspettative, ma comunque per i Governi di diversi Paesi africani, dove la carenza di infrastrutture è il maggiore ostacolo allo sviluppo, si è trattato di un elemento positivo”. Mentre l’errore più grave commesso dall’Occidente, sempre secondo Kolster, è stato quello di aver sottovalutato le grandi potenzialità racchiuse nel continente africano e di averlo sempre considerato come “un recipiente di aiuti, non un luogo dove si può avere un ritorno commerciale per gli investimenti”.

lunedì 24 ottobre 2011

Infrastrutture ed energia le parole chiave della nuova Cina

La Cina è un enorme cantiere in continuo sviluppo, con 130 grandi progetti in corso, in particolare nei settori delle infrastrutture e dell’energia.

Come già preannunciato nel piano quinquennale 2011-2015, la Cina si presta ad un periodo di grandi opere, alcune delle quali sono già in fase di ultimazione. In cantiere, attualmente, ci sono ben 130 progetti, per un valore di 1.700 miliardi di dollari. Due sono le priorità che il Paese asiatico si è prefissato: soddisfare la domanda di energia e sviluppare le infrastrutture nazionali, entrambi con un occhio alla produzione ad alto valore aggiunto e all’innovazione tecnologica.
Nel primo caso, la Repubblica Popolare si trova a dover far fronte ad una richiesta energetica sempre maggiore, alla quale è doveroso rispondere anche in modo sostenibile. Nel piano economico sono previsti impianti idroelettrici, nucleari ed eolici e nuovi giacimenti petroliferi. Per incentivare lo sfruttamento di fonti rinnovabili, la Cina ha stanziato 315 miliardi di dollari che sosterranno un’economia nazionale low carbon, a basse emissioni, attenta all’ambiente e al clima. Proprio in questi giorni, tra l’altro, il Dragone ospita nella città di Dalian il “Low Carbon Earth summit 2011”, evento che attira ricercatori, imprese e istituzioni mondiali per discutere delle energie rinnovabili e della sostenibilità. La Repubblica Popolare dimostra così ancora una volta l’impegno verso la green economy, sul cui fronte è all’avanguardia grazie ad investimenti in ricerca e innovazione pari a 50 miliardi di dollari l’anno. Nel campo delle rinnovabili, inoltre, la Cina possiede il parco eolico più grande del mondo, a Jiuquan, nel Gansu, con 5.160 MW che nel 2020 diventeranno 20 GW.
Nell’ambito delle infrastrutture l’urgenza non è minore e il Paese ha infatti stanziato la maggior parte delle risorse nella costruzione di ferrovie, autostrade, porti e aeroporti che possano garantire un elevato tasso di sviluppo. Numerose sono anche in questo caso i progetti da record: il canale Nord-Sud per portare acqua dal fiume Yangtze (la più grande opera pubblica in costruzione); la linea ferroviaria a lievitazione magnetica Shanghai-Hangzhou di 200 km; i futuri cantieri navali più grandi al mondo che nasceranno a Changxing; il più grande porto al mondo di Tianjin; il più grande porto al mondo dedicato ai container di Yangshan.

giovedì 20 ottobre 2011

China Southern Airlines, primo operatore cinese per l’A380

La compagnia aerea cinese China Southern Airlines ha ricevuto dal CEO di Airbus il primo A380, e ora punta a diventare tra le aziende leader per il settore a livello internazionale.

In occasione di una speciale cerimonia a Tolosa, Tom Enders, Presidente e CEO di Airbus, ha ufficialmente consegnato alla China Southern Airlines il primo dei cinque Airbus A380 ordinati dalla compagnia cinese. Ora, l’azienda è diventata così il primo operatore cinese, e il settimo a livello mondiale, di uno degli aeromobili più eco-efficienti al mondo, che recentemente si è ulteriormente rinnovato negli standard e nel confort, migliorandone la redditività.
Per China Southern Airlines si apre una nuova fase di sviluppo che la porterà ad accrescere la competitività e, nel lungo periodo, a diventare una delle compagnie aeree leader nel mondo. Con il nuovo A380 l’azienda potrà offrire ai propri clienti un servizio di alta qualità, potendo disporre di un aeromobile più spazioso, più avanzato e dal confort internazionale.
Inizialmente, l’Airbus verrà utilizzato per le rotte nazionali, collegando le maggiori città cinesi quali Pechino, Shanghai e Guangzhou; successivamente l’A380 verrà impiegato anche nelle rotte internazionali.

mercoledì 19 ottobre 2011

Architetti stranieri per costruire la Cina

Nel giro di 50 anni la Cina avrà il 76% del proprio territorio urbanizzato; numerosi i progetti in cantiere e le opportunità nei settori dell’edilizia e del design che richiedono soprattutto professionisti occidentali.

È la Repubblica Popolare, attualmente, uno dei Paesi più attraenti per gli architetti e le società di costruzione internazionali: se oggi il Dragone investe molto nelle costruzioni (l’anno scorso ha speso 1000 miliardi di dollari per vari progetti), nei prossimi 50 anni si prevede che il 76% dl suo territorio sarà urbanizzato.
Molti professionisti del settore hanno già colto l’opportunità cinese: sono numerosi gli studi di architetti stranieri a Pechino e Shanghai, aperti al fine di capitalizzare la crescita del mercato edilizio. Chi è riuscito ad aprire un ufficio in loco ha visto raddoppiare gli utili nel giro di pochi anni. Alcune grandi opere del Paese asiatico, infatti, sono state realizzate da architetti occidentali, come il quartier generale di China Central Television di Pechino e la Guangzhou Opera House di Zaha Hadid. Le opportunità di business non ci sono solo nelle grandi metropoli, ma anche nelle città di secondo e terzo livello dove il fenomeno dell’urbanizzazione è in rapida evoluzione.
Nonostante l’appetibilità del mercato, permangono alcune difficoltà. In primis, la necessità delle società di costruzioni di doversi adattare alle esigenze del luogo: le tendenze e gli standard sono ancora molto differenti rispetto al design occidentale, così come i processi di costruzione, la progettazione e la qualità. Inoltre, le tempistiche sono decisamente ridotte rispetto a quelle occidentali: in Cina si costruisce nel giro di pochi mesi, invece che anni.
La presenza di architetti stranieri, assieme al maggiore tolleranza per le sperimentazioni, ha inevitabilmente modificato i paesaggi, rendendo le città cinesi più simili a quelle europee e statunitensi. Se da un lato, ciò rappresenta un modo per aprirsi alla globalizzazione, dall’altro è fonte di numerose critiche da parte di chi non ama lo stravolgimento dei concept orientali.

martedì 18 ottobre 2011

Nel terzo trimestre l’economia cinese cala

Secondo i dati relativi al terzo trimestre 2011, la Cina registra una crescita del 9,1% rispetto allo stesso periodo del 2010, contro il 9,3% previsto.

Nel periodo luglio-settembre 2011 la Cina ha registrato il peggior risultato economico dal 2009. Il trimestre in analisi, infatti, ha visto una crescita pari al 9,1% rispetto allo stesso trimestre del 2010; il ritmo appare rallentato rispetto a quanto previsto dalle stime ufficiali che prevedevano invece un aumento del 9,3%.
Con la pubblicazione di questi dati si sono già verificate le prime conseguenze: le borse di Shanghai e l’MSCI Asia Pacific Index hanno subito perdite tra l’1,2% e il 2%. Le piazze finanziare sono già sotto pressione da tempo a causa dell’incertezza sulla politica monetaria cinese e delle tensioni economiche. L’inflazione continua a salire provocando enormi rincari sul costo della vita, che in settembre ha avuto un picco del 6%. Il fenomeno inflattivo, poi, trascina con sé altri problemi, come la crisi del credito, particolarmente diffusa tra le Pmi di Wenzhou, dove gli imprenditori si sono affidati al “grey landing” per ottenere finanziamenti facili. Ulteriori rischi che corre il Dragone al momento sono il calo delle esportazioni e il rallentamento del settore immobiliare, in cui i prezzi delle proprietà cinesi hanno visto un nuovo aumento del 32% medio in settembre.

lunedì 17 ottobre 2011

Hong Kong a caccia di luxury brand italiani

Per risollevarsi dalle continue discese, l’Hong Kong Exchange punta alle quotazioni sul listino dei marchi italiani di lusso, soprattutto nel settore dell’abbigliamento.

Nonostante il calo generalizzato delle borse asiatiche, la piazza di Hong Kong è alla ricerca di nuove quotazioni, preferibilmente di marchi italiani del lusso. Durante l’estate si è assistito alle adesioni di Prada, Samsonite e altre matricole, le cui quotazioni sul listino della Hong Kong Exchange permettono una facilitazione all’espansione in Asia, grazie alla minor complessità burocratica e ad un miglior accesso al mercato asiatico. Prada, ad esempio, ha da tempo in corso una strategia commerciale rivolta al continente asiatico, e in particolare in Cina, che ha portato l’azienda ad avere, quest’anno, il 40% del business proveniente dall’Asia, percentuale che potrebbe salire al 50% nel 2012. Le vendite del brand di moda nella Cina continentale, Hong Kong e Macao sono state di 223 milioni di euro nel primo semestre, con una crescita del 38%, pari al 20% dei ricavi. le previsioni, inoltre, parlano della possibilità di raddoppiare, se non triplicare, le vendite nei prossimi 2-3 anni.
Tra le altre aziende a cui la borsa di Hong Kong sarebbe interessata ci sarebbe un altro marchio di abbigliamento: Versace, al quale si aggiungono nomi come Cavalli e Dolce & Gabbana. Oltre alla moda, interessanti sarebbero, poi, le quotazioni di Ducati e Ferrari.
Tuttavia, l’arricchimento del listino della Hong Kong Exchange porterebbe, dall’altra parte, all’impoverimento di Piazza Affari, già in notevole difficoltà sul fronte dei capitali.

venerdì 14 ottobre 2011

Nuova tassa sulle terre rare

Le aziende operative nel settore delle terre rare in Cina dovranno pagare una nuova tassa decisa dal governo centrale per ridurre l’estrazione dei metalli e il conseguente inquinamento.

Il governo di Pechino ha introdotto una nuova tassa sulle terre rare: le aziende del settore dovranno così pagare tra il 5% e il 10% dei loro profitti al fisco cinese. Si tratta dell’ennesima misura intrapresa dalla Repubblica Popolare per equilibrare il comparto delle Ree, metalli piuttosto rari ma utili in molte industrie a livello globale.
Il Dragone ha recentemente intrapreso una linea dura nei confronti dell’estrazione di terre rare, soprattutto verso il mercato illegale, in quanto si tratta di elementi tossici e quindi molto dannosi per l’ambiente. Il settore, inoltre, è particolarmente complesso, dato che, oltre alla difficoltà e alla pericolosità dell’estrazione, il vantaggio redditivo di un’azienda si verifica solo nel momento in cui riesce ad estrarre enormi quantitativi di Ree, ovvero grandi percentuali per tonnellata. A ciò si deve aggiungere la difficoltà nel reperire personale esperto o con una formazione adatta al comparto: figure quali esperti minerari e chimici che abbiano dimestichezza con le terre rare sono poche nel mondo e per la maggior parte di nazionalità cinese o russa.
Attualmente la Cina detiene il monopolio di Ree, grazie ai numerosi siti di cui dispone e agli investimenti nella formazione di personale che ha effettuato negli ultimi decenni. Tuttavia, a causa della conseguente scarsa disponibilità dei metalli in questione, nuovi siti estrattivi verranno resi operativi nel giro di due anni: Lynas in Australia, Moolycorp negli USA, Stans Energy in Asia.