Le principali notizie e informazioni di natura economica, finanziaria, giuridica e politica relative alla Cina

giovedì 30 dicembre 2010

Novità in azienda: salario minimo aumentato e niente inglese

Le autorità cinesi stanno introducendo in questi giorni alcune novità che interessano da vicino le aziende straniere in loco: a Pechino il salario minimo aumneterà di oltre il 20% mentre verranno previste nuove sanzioni per chi userà la lingua inglese.

Per il 2011 la competitività in Cina si prevede piuttosto elevata, a causa di alcune misure intraprese dal governo centrale in questo periodo di fine anno.
La prima di queste è l’aumento del salario minimo, tendenza che ha caratterizzato il mondo lavorativo del Paese negli ultimi mesi. Dopo l’innalzamento di sei mesi fa, infatti, a Pechino dal primo gennaio prossimo il salario aumenterà del 21% (200 yuan) passando così a 1.160 yuan mensili (175 dollari) e la paga oraria dovrà superare i 6,7 yuan. Tale novità interesserà circa 3 milioni di lavoratori cinesi. Accanto a Pechino, altri sono i centri interessati da questo orientamento: sono stati annunciato aumenti nella Provincia del Guangdong e anche ad Hong Kong, dove dal primo maggio 2011 verrà introdotto il salario minimo a 28 dollari locali l’ora.
L’aumento salariale è stato deciso al fine di ridurre gli squilibri sociali della Cina, stimolare i consumi e rafforzare la domanda interna; l’effetto di ciò potrà comportare, inoltre, la crescita competitiva delle aree produttive ma anche l’intensificarsi delle spinte inflazionistiche.
Altra novità riguarda invece la visibilità delle aziende straniere nel Paese asiatico: una direttiva dell’Amministrazione generale della stampa vieta ora su giornali, riviste, libri e siti web cinesi l’utilizzo di parole inglesi. Ciò significa che anche alcuni marchi internazionali e acronimi saranno interessati dal divieto. Le aziende che non rispetteranno la normativa verranno sanzionate duramente anche se si potranno usare eccezionalmente alcune parole seguite da traduzione o da una spiegazione in cinese. La censura probabilmente creerà non pochi problemi logistici legati alla pubblicità e al brand, che dovranno essere aggirati con espedienti quali l’utilizzo di marchi specifici per il mercato cinese.

mercoledì 29 dicembre 2010

Via libera ai voli privati nei cieli della Cina

Il mese scorso le autorità cinesi hanno deciso di aprire gradualmente lo spazio aereo del Paese anche ai voli a bassa quota, aprendo così un mercato per l’aviazione privata ed il business ad essa connesso.
Una circolare congiunta del Consiglio di Stato e della Commissione Militare Centrale ha dato il via ai decolli dei voli privati, come quelli di business jet ed elicotteri. Se fino ad oggi, infatti, i voli a bassa quota erano controllati militarmente e le autorizzazioni richiedevano tempistiche piuttosto lunghe, ora si potrà sorvolare il cielo cinese e con permessi ottenuti nel giro di poche ore.
Questa apertura permetterà, nei prossimi anni, di sviluppare nuove opportunità per i costruttori di elicotteri, jet privati e aeromobili d’affari che rappresentano l’offerta dell’aviazione privata. Attualmente, il settore detiene un tasso annuale pari al 30% ma si stima una forte crescita nei prossimi dieci anni, grazie anche ai Paesi emergenti come la Cina, dove i voli di questo tipo sono ridotti. La domanda, però, esiste ed è rappresentata dalla fascia di popolazione di ceto alto che, pur essendo una minoranza, conta milioni di individui. I ricchi cinesi amano ostentare e il jet è da sempre uno degli status symbol per eccellenza.
Tra l’altro, lo sviluppo di questo settore farebbe la fortuna anche di tutte quelle aziende costruttrici di piste d’atterraggio per elicotteri, le compagnie di resort e le imprese di campi da golf, quest’ultime due strettamente connesse con il mondo del lusso e dell’agio moderno. Inoltre, potrebbero migliorarsi anche i servizi di soccorso via elicottero, che in Cina non sono particolarmente efficienti.

martedì 28 dicembre 2010

La medicina tradizionale cinese per lo sviluppo della cosmesi straniera

Uno dei settori con buone prospettive in Cina per le aziende italiane è quello della cosmesi, che integrandosi con le tradizionali tecniche locali può svilupparsi con successo.

La cosmesi è uno dei settori che nei prossimi anni potrebbe attrarre molte imprese straniere in Cina. L’Italia in questo campo si è affacciata al mercato cinese già 20 anni fa e ora sembra esserci il clima giusto per poter cogliere opportunità di un certo peso. In Cina, infatti, cresce sempre più tra i consumatori la domanda di marchi e prodotti stranieri, in particolar modo quelli occidentali, per ciò che riguarda la moda e la cura della persona. I dermocosmetici Made in Italy, inoltre, sono riconosciuti come prodotti di alta qualità e sono molto richiesti dai consumatori cinesi con redditi medio-alti e con stili di consumo “globali”.
Tuttavia, l’ingresso nel Paese asiatico comporta ancora non poche difficoltà. In primo luogo, si registrano problematiche legate alle elevate barriere all’entrata che implicano un iter complesso per la registrazione del prodotto, la licenza di importazione, l’etichettatura e l’ analisi degli adempimenti e dei costi. A ciò si deve aggiungere il forte clima competitivo in un mercato in cui la medicina tradizionale applicata alla cosmesi sta registrando nuovi consensi tra la popolazione. Ciò, però, può essere anche uno spunto per adattarsi ai consumi locali unendo innovazione e tradizione attraverso l’utilizzo degli estratti chimici della medicina tradizionale cinese e integrandoli ai prodotti moderni.
Per accedere al mercato cinese ed avere contatti con importatori, distributori e buyer, un evento molto importante è quello della Cosmoprof di Shanghai, manifestazione appartenente agli eventi di Cosmoprof Worldwide ed espansione della Cosmoprof Asia (dal 9 all’11 novembre 2011), dedicati al settore dell'estetica, della bellezza e cosmesi.

venerdì 24 dicembre 2010

Obiettivo 2011: ridurre l'export e aumentare l'import

Per il 2011 uno degli obiettivi della Repubblica Popolare Cinese sarà quello di riassorbire il surpuls commerciale e riassestare la bilancia commerciale facendo calare le esportazioni ed aumentando le importazioni verso il Paese.

Lo squilibrio della bilancia commerciale cinese è stato nei mesi scorsi una delle principali preoccupazioni delle autorità cinesi e sarà tra le sfide più rilevanti anche per il prossimo anno. Il surpuls ha raggiunto livelli record nelle ultime settimane, ma si è tuttavia ridimensionato a causa della crisi scendendo del 3,9%, e dovrebbe arrivare entro la fine del 2010 a quota 190 miliardi di dollari. L'interscambio del Dragone con il resto del mondo è comunque cresciuto del 36% anno su anno fino a 2,68 trilioni di dollari e dovrebbe arrivare a 2,9 trilioni a fine anno.
Per poter proseguire nel riassorbimento dell'avanzo di bilancia commerciale la Cina prevede per il 2011, così come dichiarato più volte dal governo centrale, una riduzione delle esportazioni dal 30% al 10% e ad un aumento delle importazioni, anche se finora non sono state date ulteriori informazioni circa gli ambiti produttivi interessati da questa scelta. Una misura tale permetterebbe, inoltre, di riequilibrare le scorte di alcuni prodotti alimentari; come annunciato dal ministro del Commercio Cinese Chen Deming, la Cina deve aumentare, infatti, la disponibilità di carni, zucchero, cereali e cotone i cui raccolti sono minacciati anche dalla rapida urbanizzazione.
Se, comunque, la decisione riguardante l'import cinese dovesse concretizzarsi, ciò significherebbe che la Repubblica Popolare sarà nei prossimi anni un crescente mercato di destinazione per molti atri settori.

giovedì 23 dicembre 2010

Nuovi accordi commerciali in seguito ai colloqui annuali tra Cina e Unione Europea

In seguito agli annuali colloqui commerciali tra Cina e Ue sono state siglate nuove intese in ambito tecnologico e si sono discusse le recenti problematiche legate alle terre rare ed al protezionismo.

Non si è dibattuto solo di debito pubblico europeo ai colloqui annuali tra Cina e Ue, tema per cui la Cina si è dichiarata preoccupata: sono state siglate, infatti, alcune importanti intese commerciali che potranno rafforzare la cooperazione tra il Dragone e il Vecchio Continente. All’incontro, tenutosi a Pechino, hanno partecipato il ministro del commercio cinese Chen Deming, il vice premier Wang Qishan, il commissario della Ue Karel De Gucht e il vice presidente della Commissione Europea Joaquin Almunia.
In ambito tecnologico si è raggiunto un accordo per intensificare gli scambi di prodotti tra le due potenze economiche e si sono, inoltre, messe in discussione le restrizioni sull’esportazione di prodotti high-tech verso la Cina attuate dall’Europa.
Altro tema di dibattito è stata la questione del protezionismo messo in pratica dalla Repubblica Popolare Cinese, in particolare per ciò che riguarda le terre rare. L’Europa, infatti, auspica ad un’apertura del Paese asiatico alle aziende europee e a questo proposito la Cina ha garantito prezzi inferiori di acquisto per i consumatori europei e ha dichiarato che non interromperà il rifornimento dei metalli, di cui detiene il 60% delle riserve mondiali.
Il Dragone ha, inoltre, richiesto, che gli venga riconosciuto lo status di economia di mercato e preme per liberarsi dalle accuse di dumping mosse dagli USA per sospetto di violazione delle regole in seno al WTO. Al momento, solo i dazi doganali imposti dall’Unione Europea sui prodotti in ferro e acciaio provenienti dalla Cina sono stati definiti illegali dalla WTO, mentre per quanto riguarda le misure restrittive statunitense sui pneumatici cinesi il Paese asiatico dovrà attendere ancora.
Grazie a questi colloqui la cooperazione tra Cina ed Unione Europea potrebbe conoscere nei prossimi mesi una graduale apertura che favorirebbe le imprese che operano nel Paese asiatico e che non verrebbero così totalmente limitate dalla politica prudenziale e protezionistica attuata dalla Repubblica Popolare.

mercoledì 22 dicembre 2010

La solida economia cinese e la crisi dell'euro

Pechino conquista la fiducia delle agenzie di rating internazionale e vede innalzare l'indice di debito sovrano prima da Moody's e poi da S&P. Il Paese però teme la crisi globale e offre il suo sostegno all'eurozona.

L'economia cinese sembra più solida che mai in questi mesi di instabilità internazionale. Se la maggior parte dei Paesi europei vede minacciare dalle agenzie internazionali i propri rating, altre nazioni, invece, vengono "premiate".
Il rating sul debito sovrano della Repubblica Popolare Cinese, infatti, è migliorato secondo due dei principali istituti: Moody's e Standard&Poor's. Moody's è stata la prima ad intervenire nel novembre scorso, innalzando il rating cinese da A1 a AA3 a fronte della stabilità economica e delle rosee aspettative di crescita della Cina. S&P, invece, ha provveduto a modificare l'indice nelle scorse settimane, portandolo da A+ a AA-, e motivando la decisione con il basso livello di indebitamento del Paese asiatico (al 23% del PIL), la forte posizione patrimoniale e le buone prospettive di crescita. A sostenere la mossa, inoltre, è stata la capacità del governo di Pechino di reagire alle minacce alla sabilità finanziaria e le cospicue riserve di valuta straniera di cui dispone la Repubblica Popolare.
La stabilità economica della Cina si rivela fondamentale nella attuale crisi europea; il ministro del Commercio cinese, Chen Deming, ha recentemente dichiarato, in occasione degli annuali colloqui commerciali con i vertici dell'Unione Europea, che il Dragone è preoccupato per come l'eurozona gestirà la crisi ed i rischi sul debito sovrano. La Repubblica Popolare, quindi, ha deciso di sostenere l'euro, appoggiando le misure adottate dalla Ue e dal Fmi per la stabilità dei mercati finanziari. Una crisi estesa a tutti i Paesi europei potrebbe, infatti, ripercuotersi anche sulla Cina, la quale ha investito in euro gran parte delle sue riserve valutarie. In alcuni casi, come la Grecia, il Paese asiatico ha inoltre proposto un concreto aiuto alle nazioni colpite duramente dalla crisi.
Nei prossimi mesi il Dragone proseguirà con una politica monetaria prudente, ma anche con una politica fiscale attiva che affermi il ruolo rilevante del Paese a livello globale: un ulteriore segnale che la Cina sta diventando uno mercato solido per gli investimenti internazionali e meno rischioso di molti altri Paesi occidentali.

martedì 21 dicembre 2010

Turismo invernale in Cina

In Cina si sta sviluppando negli ultimi anni il turismo invernale con buone potenzialità nell’attività sciistica; molte imprese europee stanno già inaugurando impianti e strutture nelle aree montane del Paese sfruttando la fiera “Alpitec China” come vetrina internazionale.

Anche la Repubblica Popolare Cinese inizia ad aprirsi al turismo invernale, offrendo così enormi opportunità di business alle aziende internazionali del settore. E' solo dal 1996 che lo sci in Cina è uno sport di massa praticato da tutti e, grazie all’introduzione delle ferie lavorative nel 1999, il turismo e le attività sportive invernali sono diventate un’abitudine sempre più comune. Oggi in Cina lo sci appassiona soprattutto i giovani tra i 20 e i 40 anni. Tuttavia, l’attenzione delle autorità alla necessità di strutture adeguate in questo campo è stata finora carente. Solo negli ultimi anni le Amministrazioni provinciali e regionali hanno cominciato ad investire per attrarre nelle località montane i turisti anche nella stagione invernale.
Le aree di maggiore interesse per lo sviluppo del turismo invernale sono la Provincia Heilongjiang, nel nord-est del Paese, e la Regione Autonoma dello Xinjiang, nel nord-ovest. Nella prima area è stata recentemente inaugurata la prima stazione sciistica cinese: A Yabuli, 470 metri di altitudine, Club Med ha creato un vero e proprio villaggio invernale tra le montagne con 18 piste da sci. Entro il 2015 la zona potrebbe vedere nascere altri 4 villaggi, che secondo le stime verranno visitati da 200 mila turisti cinesi l’anno.
Nello Xinjiang, invece, il governo centrale ha stanziato per i prossimi anni 70 miliardi di euro per lo sviluppo economico e sono in corso numerose trattative commerciali che vedono protagoniste molte imprese dell’Europa centrale tra cui aziende dell’Alto Adige.
Per le imprese interessate al settore in Cina un appuntamento importante è quello della fiera internazionale “Ispo China/Alpitec China”, che si tiene ogni anno a Pechino e vede la consueta partecipazione di Fiere Bolzano. L’edizione 2011 si svolgerà dal 23 al 25 febbraio presso il China National Convention Center e avrà come tema le tecnologie, le infrastrutture e le attrezzature per lo sport invernale nella Repubblica Popolare. In contemporanea si terrà la Asia Pacific Snow Conference che verterà sul turismo e l’industria sciistica invernale.

lunedì 20 dicembre 2010

Eppure mi fidavo di te

Le attività in Cina erano iniziate a meraviglia; vendite “da paura”, così le definisce Andrea. Aveva conosciuto un cinese qualche anno fa in un locale durante un viaggio a Beijing e da lì si era deciso a mettere in pratica un’idea che lo stuzzicava da tempo: esportare nel nuovo El Dorado. Le cose in Italia non andavano bene e allora perché non provare? Perché non siglare un patto d’amicizia con quel giovane che, tuttavia, pareva avere grande esperienza e molte conoscenze nel settore? Presto fatto. Andrea torna a casa, si sposa, si compiace nel ricevere i ricavi del business cinese e quasi se ne dimentica. Due anni fa il primo campanello d’allarme, il mercato non tira più... poi la crisi... i numeri diventano sempre più bassi e sul bilancio d’azienda nuove voci in rosso. Il socio di Andrea, preoccupato, parte per Shenzen e si trova a constatare l’amara realtà. Non resta più nulla di quella “fonte dei miracoli”, Lan Bo ha aperto una sua fabbrica, produce i loro stessi prodotti, li ha studiati e brevettati: buona fattura, oltretutto. Terrorismo? No, precauzione. Ancora oggi, dopo anni che le aziende italiane vengono in Cina, storie come quelle di Andrea sono all’ordine del giorno e hanno tristi ripercussioni sugli affari di “casa nostra”.
Esaminando il caso possiamo identificare i principali errori che le PMI italiane si ostinano a commettere nella scelta d’internazionalizzazione.
Prima di tutto il motivo: Andrea sceglie la Cina per moda e come cura ai problemi sul mercato domestico, non c’è alcun disegno alle spalle. In secondo luogo la distribuzione, che costituisce spesso un nodo cruciale nello sviluppo del business in Cina e nel suo controllo. Fidarsi delle impressioni e delle parole non è mai una buona idea. Sempre meglio prestare estrema attenzione e verificare in tutto e per tutto le esperienze pregresse e il portfolio di clienti raggiungibili e potenziali del candidato distributore. Quando possibile, anzi, occuparsi personalmente di distribuire i propri prodotti, cosa che dà anche la possibilità di sviluppare sensibilità e conoscenze di mercato da sfruttare nell’espansione delle operazioni e nella definizione di una “strategia cinese”. Nel caso si opti per un agente, le cautele iniziano con la stipulazione del contratto. Particolare attenzione va prestata all’invenduto, che nelle mani del cinese può diventare base per plagi e vendite tramite altri canali più o meno discutibili che rischiano d compromettere il marchio aziendale. Mai dimenticare che la registrazione di un brevetto presso le autorità cinesi è l’unico appiglio di cui avvalersi nel caso si verifichino sospetti movimenti circa la produzione di prodotti simili, per non dire identici. Non ultimo il controllo: non bastano sporadiche visite in prima persona, o ancor peggio da parte di qualche parente o “persona fidata”, la Cina è sì una grande opportunità, ma anche un grandissimo rischio.

A cura di Marta Caccamo

giovedì 16 dicembre 2010

In crescita gli IDE in Cina

Entro la fine del 2010 gli IDE in Cina potrebbero raggiungere quota 100 miliardi di dollari, confermando che l’economia locale è ancora attraente per gli investimenti stranieri.

I flussi di IDE nella Repubblica Popolare Cinese continuano a crescere e a registrare ottimi risultati. Nel 2010, escluso dicembre, gli investimenti stranieri sono giunti a quota 91,7 miliardi di dollari, registrando così un aumento del 18% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Solo nel mese di novembre gli IDE sono stati pari a 9,7 miliardi di dollari (+38% rispetto al 2009). Inoltre, entro la fine dell’anno si stima che si possano raggiungere i 100 miliardi di dollari, dimostrando come il flusso degli investimenti sia nettamente in salita negli ultimi anni.
Le quote maggiori si registrano nel settore terziario, dove si concentra il 44,9% degli IDE, con una crescita del 40,9% rispetto al 2009. Ciò sembra andare incontro al nuovo orientamento economico del Paese asiatico, che punterà nei prossimi cinque anni allo sviluppo dei consumi interni e alla riduzione delle esportazioni dall’estero.
Rimangono ancora molte perplessità comunque, soprattutto relativamente al rischio di speculazioni in settori come quello immobiliare e al tasso di inflazione che nelle ultime settimane sta registrando record negativi.
Tuttavia, il governo di Pechino continua ad assicurare che favorirà gli investimenti stranieri in Cina, introducendo maggiori controlli per garantire le attività economiche.

mercoledì 15 dicembre 2010

Anche voi festeggiate il Natale?

E anche quest’anno il Natale porta la gioia in Cina… se non ai bambini alle aziende manifatturiere sicuramente. La Rui’an Gift Industry Association registra un incremento del 14.5% nell’export rispetto alla stagione precedente; 29.2 % la crescita a Guangzhou; 30.2%, in valore, quella dell’export totale di giocattoli dalla Terra del Dragone.
Ma come si vive il Natale in Cina? Passeggio per il centro di Shanghai e mi giunge una domanda inaspettata : "Anche voi festeggiate il Natale?", rispondo imbarazzata al mio compagno cinese cercando di mascherare lo stupore davanti a un dubbio tanto ovvio, e aggiungo un “e voi?”- “Certo, a noi piacciono tutte le feste occidentali come Halloween, Natale...”. Gia’, certo, stupida io a non pensarci.
Questo è Natale in Cina, un’ennesima leva di marketing, un momento in cui i fidanzati si scambiano regalini sulla falsariga di S.Valentino e per i negozi locali appaiono nuove decorazioni accanto a quelle lasciate dall’anno prima. Babbo Natale se ne va difficilmente da case e negozi e spesso rimane, sino a Luglio, a guardare il Natale, la festa della famiglia (senza spingerci al significato religioso della festività), messo sullo stesso piano di qualsiasi altra importazione di un mondo lontano che vince nella promozione dei suoi prodotti, ma perde nel comunicare i propri valori.
“Il Natale fa tendenza in Cina”, ma siete sicuri di volerlo sfruttare?

A cura di Marta Caccamo

martedì 14 dicembre 2010

Potenzialità della Cina nella sicurezza in rete

Nel prossimo biennio la Cina si configura come uno dei principali mercati per la sicurezza in rete, superando in valore USA ed Europa messe assieme.

Grazie alla privatizzazione commerciale e allo sviluppo economico, il Dragone potrebbe essere nei prossimi due anni il principale mercato per la Network Security, ovvero la tecnologia per la sicurezza dei dati in internet, gli accessi on-line e la gestione delle reti. La Cina si prospetta interessante soprattutto per l’impegno delle autorità nel controllo delle informazioni trasmesse in rete, elemento che richiede quindi uno sviluppo veloce del settore ed una applicazione massiccia della relativa tecnologia. Inoltre, sono già numerosi gli ingegneri cinesi specializzandi, dottorandi o ricercatori che si stanno formando in questo ambito nelle università ed imprese giapponesi, note per la loro eccellenza nella ricerca e sviluppo di IT.
Ad avere già individuato e colto le opportunità del settore è la Symantec, nota multinazionale nella Network Security che è in procinto di aprire una serie di uffici in Cina a Wuhan, Urumqui, Xi’an, Shenyang, Jinan e Fuzhou proponendosi con un elevato profilo e sfruttando le guanxi locali.
Visto lo sviluppo avviato del mercato giapponese ma anche di quello coreano, le imprese europee del settore che operano già nel continente asiatico e che volessero penetrare in Cina hanno la possibilità di sfruttare la loro notorietà nelle aree limitrofe, offrendo così una garanzia ulteriore ai clienti cinesi.

lunedì 13 dicembre 2010

Nuovo record dell’export cinese

Le esportazioni cinesi registrano una nuova impennata nel mese di novembre 2010, facendo però riassorbire il surplus commerciale a fronte di un incremento delle importazioni. Tuttavia, gli analisti americani giudicano preoccupante la situazione economica del Dragone.

Secondo il rapporto pubblicato dalle autorità doganali cinesi lo scorso venerdì, i nuovi dati della bilancia commerciale cinese dimostrano che l’economia del Dragone è ancora forte. Nel mese di novembre 2010 si sono registrati valori elevati delle esportazioni, che hanno avuto un picco del +34,9%, e delle importazioni, che sono aumentate del 37,7%. Con tali risultati le esportazioni si attestano così a 153,3 miliardi di dollari, un record assoluto, ed il surplus commerciale si è ridimensionato a 22 miliardi di dollari (in ottobre era salito a 27,15 miliardi).
Tutto ciò sembra preparare l’economia cinese ad una robusta risposta alla crisi globale; inoltre, le autorità dichiarano che il Paese potrebbe essere pronto ad un eventuale apprezzamento dello yuan, con beneficio degli Usa che da tempo premono in questa direzione. Tuttavia, Goldman Sacks rimane scettico dinnanzi ai dati della bilancia commerciale cinese e avverte che una lievitazione dell’export potrebbe costringere il governo ad adottare nuove misure per contrastare l’inflazione, con effetti negativi sulla congiuntura economica.
Molti, infatti, sono gli analisti che oggi guardano alla Cina con preoccupazione. La riduzione della domanda globale, verificatesi con la crisi economica, potrebbe avere gravi ricadute sul settore manifatturiero cinese con un conseguente rischio per gli investitori internazionali di materie prime. Inoltre, tutti gli indicatori di prospettiva dell'andamento economico cinese prospettano un indebolimento della crescita economica. Gli economisti consigliano, quindi, prudenza negli investimenti nelle emerging e commodities.

venerdì 10 dicembre 2010

Gli studenti cinesi sono i più preparati

Secondo l’indagine Pisa 2009 realizzata dall’Ocse, la Cina si posiziona al primo posto per livello di preparazione degli studenti di Shanghai.

Il continente asiatico ha ottenuto grandi risultati nell’ultima indagine Pisa (Programme for International Student Assessment) 2009, studio che viene svolto ogni tre anni relativamente alla preparazione scolastica dei ragazzi di quindici anni nei Paesi membri dell’Ocse e nelle economie in rilievo dal punto di vista internazionale. Al primo posto si colloca la Cina con Shanghai, seguita dalla Corea in seconda posizione e Hong Kong e Singapore rispettivamente in quarta e quinta posizione.
Gli studenti cinesi hanno realizzato ottime performance tanto nelle aree umanistiche (comprensione del testo) quanto in quelle scientifiche (matematica e scienze), con un divario relativamente basso tra chi è preparato e chi studia poco. Inoltre, si è rivelato che, avendo Shanghai un Pil pro capite inferiore alla media degli altri Paesi dell’indagine, il livello socio-economico non incide significativamente sulla preparazione scolastica. Contrariamente, infatti, le medie più elevate si registrano tra le classi meno abbienti.
L’eccellenza cinese è probabilmente frutto anche dalla mentalità che vige tra i giovani, i quali vengono educati a studiare duramente sin dalla scuola primaria per arrivare ad avere un livello di istruzione superiore.
Il risultato è conferma anche degli investimenti nel settore dell’istruzione degli ultimi anni: l’accesso all’università è stato reso più agevole alla maggior parte degli studenti, grazie anche alla riforma universitaria del 1998 del presidente di allora, Jiang Zemin. Inoltre, nei mesi scorsi è stato approvato il Piano nazionale di riforma e sviluppo dell’istruzione 2012-2020, secondo il quale le autorità cinesi provvederanno a modernizzare il settore dell’istruzione. L’obiettivo è quello di estendere a tutti l'istruzione obbligatoria ottenendo una percentuale di iscrizione pari al 90% nelle scuole medie-superiori e del 40% nelle Università, raddoppiando inoltre il numero di persone con un alto livello di istruzione. Tutto ciò si concretizzerà grazie ad un aumento dei fondi destinati al settore, che dovrà essere pari al 4% del Pil nazionale.
Il livello di preparazione dei ragazzi cinesi avrà positive ripercussioni anche nel mondo del lavoro. La Cina si troverà ad avere un enorme bacino di risorse umane, che sarà interessante soprattutto per le realtà imprenditoriali straniere alla ricerca di personale qualificato.

giovedì 9 dicembre 2010

La Cina apre le porte a Internet

Secondo un’indagine entro il 2020 la Cina supererà sia gli Stati Uniti che il Giappone nella sfida all’innovazione. Il governo di Pechino, storicamente protezionistico, sta trattando con il colosso Google per continuare con l’innovazione digitale del Paese.

La Cina ha le carte in regola per diventare il leader mondiale nell’innovazione digitale e ci sono i presupposti affinché si imponga anche come potenza informatica. La seconda potenza economica mondiale è il futuro dello sviluppo di internet e ciò è evidente se si considera il crescente sviluppo del Paese e il numero di utenti. Questo processo favorirà la nascita di nuove e stimolanti opportunità di business a cui Google non vuole rinunciare. Il colosso informatico americano ha come obiettivo primario di accrescere il proprio business in un processo che vede coinvolta la più grande comunità di utenti della rete. Per poter operare in Cina, Google ha dovuto attenersi delle misure altamente restrittive riguardanti il divieto, imposto dal governo centrale, di diffondere informazioni legate, ad esempio, all’attuale questione tibetana o ai fatti di Tienanmen per citarne alcune. Il governo centrale ha addirittura revocato la licenza a Google nel mese di marzo, concedendola nuovamente a condizione che inserisse sulla home page un link con un servizio alternativo fornito da un società con sede a Hong Kong. Nonostante le difficoltà di collaborazione a causa del controllo centrale sui servizi offerti e il ridimensionamento dell’area search per rispettare la politica protezionistica del Paese, la Cina offre delle grandi opportunità di business che non vanno sottovalutate.

martedì 7 dicembre 2010

La guerra valutaria tra Cina e Usa

Sebbene possa creare effetti inflattivi in altri Paesi, gli Stati Uniti sono decisi a mantenere l’attuale politica monetaria e la Cina dichiara che consentirà l’apprezzamento dello yuan secondo “i propri tempi”.

Lo scorso 5 dicembre, durante il programma televisivo CBS “60 Minuti”, Ben Bernanke, presidente della Federal Reserve (Fed) Usa, è intervenuto criticando la politica cinese, relativamente alla decisione di mantenere sottostimato lo yuan. Mentre Ma Delun, vicegovernatore della Banca del popolo di Cina (Bpc), in novembre, aveva dichiarato che la decisione della Fed di comprare titoli di Stato, per sostenere il fragile recupero dell’economia Usa “può creare rischi addizionali all’equilibrio dell’economia globale, può causare pressione sui mercati emergenti per adeguarsi alla bilancia internazionale dei pagamenti e anche favorire la creazione di bolle inflazionistiche”.
Bernanke, sempre in occasione dell’intervista alla CBS, ha indirettamente risposto: “Tenere la valuta cinese troppo bassa è negativo per l’economia Usa, perché danneggia il nostro commercio. E’ male anche per le altre economie emergenti”.
Sebbene il ruolo di grande potenza economica, che ora è proprio anche della Cina, richieda che il Dragone adatti la propria valuta alle leggi di mercato, Pechino la mantiene sottostimata, al fine di favorire le esportazioni, a scapito dell’industria degli altri Paesi. La Cina promette dal 1993 che consentirà la piena convertibilità dello yuan, ma ribadisce che questo avverrà in modo graduale. Considerata tale ostinazione, la nuova politica della Fed è considerata da molti esperti come un provvedimento strategico, un modo per costringere la Cina a rivedere la sua decisione: per evitare l’inflazione “importata” dagli Usa e scongiurare l’insorgere di proteste di piazza, la Cina dovrebbe ridurre la propria crescita economica - ipotesi che però non rientra certo nei progetti di Pechino – oppure, in alternativa, rivalutare lo yuan.

lunedì 6 dicembre 2010

Una risposta da 300 milioni di $

300 milioni di $ entro la fine dell’anno, 750 stimati entro la fine del 2012 : questi i numeri del mercato dei video online in Cina.
Eh sì perché, pur senza Facebook e Youtube, qui aldilà della Grande Muraglia non ce la si passa affatto male in termini di download e video sharing. Il sito più famoso, “Ku6”, è già quotato, mentre i degni cugini, “TuDou” e “Youku”, si stanno preparando a un’imminente IPO. La loro crescita, finanziata finora dai venture capitalists, ha infatti richiesto round di fundraising giunti a valori nell’ordine degli oltre 100 milioni di $ (135 per il primo, 160 per il secondo).
265 milioni di utenti guardano filmini online e intorno ai 40 milioni affermano di considerare la rete il naturale sostituto alla televisione, nonché il più democratico, anche se questa è da ritenersi una considerazione personale maturata dopo un anno di Cina.
Partendo da questi presupposti le valutazioni sono alle stelle e l’acquisizione dei suddetti “out of limits” per chiunque. Il guadagno è, tuttavia, ancora un’incognita. Questo spiega il perché quotarsi ora: gli investitori sono stanchi di aspettare e le alternative scarseggiano.
Internet e la Cina – dietro il più arduo quesito che la Sfinge abbia mai potuto porre si cela un potenziale sconfinato in termine di potere e profitti. Vedremo chi riuscirà a risolverlo.

A cura di Marta Caccamo

mercoledì 1 dicembre 2010

In Cina due nuove tasse per le imprese straniere

A partire dalla settimana in corso le autorità cinesi inizieranno a riscuotere due nuove tasse presso le aziende straniere presenti nel Paese al fine di uniformare il trattamento con quello riservato alle imprese locali.

Il Consiglio di Stato cinese ha annunciato alla fine di novembre l’applicazione di nuove tasse ai soggetti stranieri che investono in Cina. Si tratta di una misura presa, da un lato per rafforzare l’economia del Paese, che inizia così a configurarsi come un mercato sviluppato e non più come territorio a basso costo, e dall’altro per creare un sistema non discriminatorio per imprese estere e locali.
Le due nuove imposte consistono in una tassa sulle costruzioni ed un contributo all’istruzione e comporteranno l’aumento del 10% delle spese per gli investitori stranieri.
Secondo Ding Yang, economista del Centro di R&S del Consiglio di Stato, ciò non renderà la Cina meno appetibile, in quanto la grandezza del mercato, le risorse e la crescita economica continuano e continueranno ad attirare investimenti stranieri. Da gennaio ad ottobre 2010, infatti, gli IDE in Cina sono cresciuti del 16% rispetto al 2009 e il mese di ottobre 2010 è stato il quindicesimo mese consecutivo in cui gli IDE hanno registrato una crescita positiva.
Secondo quanto riportato dal China Daily, anche la Camera di Commercio Europea, tramite un sondaggio del giugno scorso, ha riportato che il 70% delle aziende affiliate ritiene di poter posizionare la Cina tra le prime tre destinazioni di investimenti nei prossimi 5 anni. Il giro d’affari in Asia, in effetti, è raddoppiato nell’anno in corso e la Cina ha sempre mantenuto il ruolo di leader nel mercato asiatico.