In seguito agli annuali colloqui commerciali tra Cina e Ue sono state siglate nuove intese in ambito tecnologico e si sono discusse le recenti problematiche legate alle terre rare ed al protezionismo.
Non si è dibattuto solo di debito pubblico europeo ai colloqui annuali tra Cina e Ue, tema per cui la Cina si è dichiarata preoccupata: sono state siglate, infatti, alcune importanti intese commerciali che potranno rafforzare la cooperazione tra il Dragone e il Vecchio Continente. All’incontro, tenutosi a Pechino, hanno partecipato il ministro del commercio cinese Chen Deming, il vice premier Wang Qishan, il commissario della Ue Karel De Gucht e il vice presidente della Commissione Europea Joaquin Almunia.
In ambito tecnologico si è raggiunto un accordo per intensificare gli scambi di prodotti tra le due potenze economiche e si sono, inoltre, messe in discussione le restrizioni sull’esportazione di prodotti high-tech verso la Cina attuate dall’Europa.
Altro tema di dibattito è stata la questione del protezionismo messo in pratica dalla Repubblica Popolare Cinese, in particolare per ciò che riguarda le terre rare. L’Europa, infatti, auspica ad un’apertura del Paese asiatico alle aziende europee e a questo proposito la Cina ha garantito prezzi inferiori di acquisto per i consumatori europei e ha dichiarato che non interromperà il rifornimento dei metalli, di cui detiene il 60% delle riserve mondiali.
Il Dragone ha, inoltre, richiesto, che gli venga riconosciuto lo status di economia di mercato e preme per liberarsi dalle accuse di dumping mosse dagli USA per sospetto di violazione delle regole in seno al WTO. Al momento, solo i dazi doganali imposti dall’Unione Europea sui prodotti in ferro e acciaio provenienti dalla Cina sono stati definiti illegali dalla WTO, mentre per quanto riguarda le misure restrittive statunitense sui pneumatici cinesi il Paese asiatico dovrà attendere ancora.
Grazie a questi colloqui la cooperazione tra Cina ed Unione Europea potrebbe conoscere nei prossimi mesi una graduale apertura che favorirebbe le imprese che operano nel Paese asiatico e che non verrebbero così totalmente limitate dalla politica prudenziale e protezionistica attuata dalla Repubblica Popolare.
Non si è dibattuto solo di debito pubblico europeo ai colloqui annuali tra Cina e Ue, tema per cui la Cina si è dichiarata preoccupata: sono state siglate, infatti, alcune importanti intese commerciali che potranno rafforzare la cooperazione tra il Dragone e il Vecchio Continente. All’incontro, tenutosi a Pechino, hanno partecipato il ministro del commercio cinese Chen Deming, il vice premier Wang Qishan, il commissario della Ue Karel De Gucht e il vice presidente della Commissione Europea Joaquin Almunia.
In ambito tecnologico si è raggiunto un accordo per intensificare gli scambi di prodotti tra le due potenze economiche e si sono, inoltre, messe in discussione le restrizioni sull’esportazione di prodotti high-tech verso la Cina attuate dall’Europa.
Altro tema di dibattito è stata la questione del protezionismo messo in pratica dalla Repubblica Popolare Cinese, in particolare per ciò che riguarda le terre rare. L’Europa, infatti, auspica ad un’apertura del Paese asiatico alle aziende europee e a questo proposito la Cina ha garantito prezzi inferiori di acquisto per i consumatori europei e ha dichiarato che non interromperà il rifornimento dei metalli, di cui detiene il 60% delle riserve mondiali.
Il Dragone ha, inoltre, richiesto, che gli venga riconosciuto lo status di economia di mercato e preme per liberarsi dalle accuse di dumping mosse dagli USA per sospetto di violazione delle regole in seno al WTO. Al momento, solo i dazi doganali imposti dall’Unione Europea sui prodotti in ferro e acciaio provenienti dalla Cina sono stati definiti illegali dalla WTO, mentre per quanto riguarda le misure restrittive statunitense sui pneumatici cinesi il Paese asiatico dovrà attendere ancora.
Grazie a questi colloqui la cooperazione tra Cina ed Unione Europea potrebbe conoscere nei prossimi mesi una graduale apertura che favorirebbe le imprese che operano nel Paese asiatico e che non verrebbero così totalmente limitate dalla politica prudenziale e protezionistica attuata dalla Repubblica Popolare.
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