Le principali notizie e informazioni di natura economica, finanziaria, giuridica e politica relative alla Cina

venerdì 29 aprile 2011

Censimento Cina 2010: una popolazione di anziani e maschi

Pubblicato il sesto censimento della Repubblica Popolare Cinese che ha coinvolto 400 milioni di famiglie in tutto il Paese.

La popolazione cinese è cresciuta dal 2000 al 2010 ad un ritmo del 5,84%, attestandosi a 1 miliardo e 370 milioni di persone, e rimanendo così il Paese più popoloso al mondo. Si tratta, però, di una nazione che sta invecchiando rapidamente a causa anche della legge del figlio unico ancora in vigore: il tasso di fertilità, infatti, è sceso allo 0,57%, mentre gli anziani sono aumentati del 13,3% ed i giovani sotto i 14 anni sono il 16,6% della popolazione. Ciò crea un problema a livello pensionistico, in quanto il sistema nazionale è inefficiente e non omogeneo in tutto il territorio, con forti disuguaglianze per chi vive in città ed in campagna.
La legge del figlio unico influisce anche sul sesso dominante dei cinesi: molte famiglie, infatti, si adoperano perché il figlio sia maschio, con il risultato che oggi nel Dragone gli uomini sono il 51,3% della popolazione, ovvero 34 milioni in più rispetto alle donne.
Altro dato interessante emerso dal censimento riguarda la distribuzione degli abitanti: il 49,7% della popolazione (665,57 milioni di individui) vive nelle città, poiché ci sono più opportunità di lavoro. Tale tendenza ha causato un aumento del tasso di urbanizzazione che è salito del 13,46% rispetto al 2000. Le migrazioni nel Paese asiatico sono, comunque, un fenomeno di massa, dato che secondo i dati pubblicati, circa 221,4 milioni di persone si sono spostate in questi ultimi dieci anni.
I cinesi nel 2010 risultano essere maggiormente istruiti: gli universitari sono raddoppiati e il tasso di analfabetismo è sceso al 4,08% rispetto al 6,72% del 2000.
A questo quadro fornito dal sesto censimento nazionale, è doveroso aggiungere le statistiche riguardanti le condizioni economiche della popolazione: a crescere, grazie allo sviluppo economico della Repubblica Popolare, sono anche i ricchi (che dispongono di un patrimonio superiore ai 10 milioni di dollari), cresciuti del 9,7% solo nell’ultimo anno arrivando ad essere 970 mila, mentre i super ricchi (con oltre 15 milioni di dollari) sono aumentati dal 2010 del 9%, arrivando a 60 mila. 

giovedì 28 aprile 2011

I cinesi sempre più attratti dall’Occidente

Mentre la Cina è meta prediletta degli investimenti stranieri, gli abitanti del Dragone sono interessati alle tendenze e allo stile di vita dell’Occidente, in particolare nel turismo, nella moda e nel lusso.

In diversi ambiti quali il turismo, la moda e lo stile di vita, gli abitanti del Dragone sono attratti dal mondo occidentale, complice anche la maggior capacità di spesa di cui sempre più cinesi beneficiano grazie al boom economico del Paese asiatico.
L’Europa resta la meta prediletta dello shopping: Francia, Italia e Gran Bretagna sono le destinazioni più gettonate. Nei primi mesi del 2010 gli acquisti cinesi in Italia sono stati pari a 270 milioni di euro, mentre nei primi due mesi del 2011 la spesa è raddoppiata con acquisti nella moda e nel lusso pari a 869 euro a persona. Le città italiane che hanno maggiormente assistito a questa nuova ondata di clienti facoltosi sono Firenze e Venezia, dove i cinesi hanno superato i russi, ma buone performance si registrano anche a Roma e Milano.
Nel turismo, l’Italia resta la meta più ambita, non solo per lo shopping, dove vanno forte anche gli outlet, ma anche per le città d’arte più conosciute e lungo i nuovi itinerari del vino. Tuttavia, le potenzialità offerte dai portafogli dei cinesi benestanti non sono poi così sfruttate nel nostro Paese: i collegamenti diretti con la Repubblica Popolare rimangono ancora scarsi, nonostante dal prossimo giugno partiranno quattro nuovi voli diretti Roma-Pechino, e la politica dei visti necessita di una certa semplificazione.
L’ambiente occidentale, comunque, ha scatenato un nuovo fenomeno emergente: secondo una recente indagine della Bain&Company, il 50% dei cinesi facoltosi pensa di lasciare il proprio Paese per andare a vivere in una nazione occidentale; il 10% degli uomini più ricchi l’ha già fatto e un altro 10% ha inoltrato la domanda all’ufficio immigrazione. Molti di questi cercano nuove aree dove investire, altri sono attirati dall’ambiente più salutare di alcuni Paesi, altri ancora per sfuggire alle tasse cinesi e c’è anche chi scappa da una condanna di corruzione. Al momento gli Stati Uniti rimangono la destinazione ideale, ma con l’aumento vertiginoso dei milionari nel Dragone si può pensare che tale tendenza potrà riguardare anche la vecchia Europa.

mercoledì 27 aprile 2011

La metalmeccanica italiana si espande in terra cinese

Sempre più numerose grandi aziende italiane del settore dell’ingegneria meccanica approdano in Cina con impianti di alta tecnologia per esportare il proprio know how in collaborazione con i colossi locali.

Le competenze italiane nella metalmeccanica sono molto richieste in Cina, dove invece si trovano capacità produttive e finanziamenti che in Italia spesso mancano. Numerosi sono gli esempi di nomi illustri del Made in Italy che si stanno espandendo nella Repubblica Popolare, che spaziano dalla produzione di acciaio, alla costruzione di impianti e alle progettazioni meccaniche in diversi campi.
Uno fra tutti è il caso del Gruppo Marcegaglia, che ha recentemente inaugurato il suo primo impianto nel Dragone a Yangzhou, Jiangsu, dove ha realizzato il più grande investimento industriale italiano degli ultimi dieci anni. L’impianto, che copre circa 714 mila mq e avrà 500 addetti, produrrà a pieno regime 200 mila tonnellate di saldati, 100 mila trafilati a freddo, 70 mila inox e 30 mila tubi di refrigerazione per l’industria dell’automotive, della meccanica di precisione, dell’energia e dell’idraulica. La produzione, comunque, sarà destinata interamente all’estero: il 60% alla Cina e il restante 40% ai mercati dell’Estremo Oriente. La scelta del Gruppo Marcegaglia è dettata dal fatto che la Repubblica Popolare produce oggi 700 milioni di tonnellate di acciaio (pari al 47% della produzione mondiale); inoltre, il Sistema Paese è particolarmente favorevole, in quanto le autorità locali hanno supportato l’ingresso della società nel mercato locale.
Nella costruzione di impianti si segnala Merloni Progetti, società di ingegneria del Gruppo Merloni, che realizzerà per il gruppo cinese Haier, primo produttore mondiale di elettrodomestici, sette impianti per il recupero dei frigoriferi. Inoltre, verranno costruiti anche due impianti per il trattamento ed il riciclo degli accumulatori al piombo. La Cina, infatti, si sta adeguando per la questione dello smaltimento rifiuti e gli italiani sono conosciuti per la loro capacità di riciclaggio.
Infine, nell’ambito della progettazione meccanica portuale, è stata resa nota la collaborazione biennale tra Officine Meccaniche Galileo, costruttore di gru, con la cinese Sany Port Machinery, gruppo per la costruzione e vendita di macchine industriali, movimentazione container, autobetoniere, compattatori e gru. L’accordo prevede l’utilizzo del know how dell’azienda padovana per la costruzione di gru da banchina.

martedì 26 aprile 2011

L’Italia promuove la collaborazione finanziaria con la Cina

L’interesse reciproco tra Italia e Cina si rafforza in questo periodo di crisi internazionale: per il nostro Paese, il Dragone rappresenta la rinascita e per la Repubblica Popolare, l’Italia è la chiave strategica sul fronte delle fluttuazioni dei rating nella crisi europea.

Si rafforza la collaborazione tra Italia e Cina sul piano economico e finanziario. Il Ministro Tremonti, infatti, sostiene il programma di collaborazione internazionale con la Scuola centrale del partito, dove nelle scorse settimane ha tenuto una lezione di politica monetaria internazionale. In particolare, il Ministro italiano ha parlato del ruolo di difesa dell’euro della Bce e del nuovo Fondo continentale che sostiene i paesi in difficoltà e che potrebbe portare a costituire un eurobond, un Titolo del Tesoro europeo.
Ciò su cui preme l’Italia è sull’eventuale coordinazione tra le tre monete che dominano oggi lo scenario internazionale: euro, dollaro e yuan. Tale partnership eviterebbe, secondo Tremonti, la speculazione finanziaria che ha influito sulla crisi in Nord Africa e che rischia di ripercuotersi anche in Asia a causa delle forti disuguaglianze, perpetrate tra l’altro dalla diffusione di internet. Per questo motivo, Italia, Cina e Usa si riuniranno a Venezia il prossimo ottobre per discutere della possibilità di collaborazione e di strategie tra le tre realtà.

venerdì 22 aprile 2011

Partnership tra emergenti: Brasile e Cina

Brasile e Cina hanno rafforzato la collaborazione politica e gli scambi commerciali. I rapporti tra i due giganti emergenti, intensificatisi a partire dal 2009, hanno ricevuto una spinta in seguito all’incontro ufficiale nella Grande Sala del Popolo di Pechino, tra il presidente cinese Hu Jintao e la presidente Rousseff, per la prima volta in visita in Cina.

In tale occasione i due capi di stato hanno firmato otto accordi di cooperazione che coinvolgono diversi settori quali la difesa, la tecnologia e lo sport, annunciando, inoltre, la firma di 13 accordi economici che comprendono, tra gli altri, l’acquisto da parte cinese di trentacinque velivoli commerciali della Embraer, per il valore totale di 1,4 miliardi di dollari. La presidente Rousseff ha auspicato che i rapporti tra i due Paesi facciano un salto di qualità anche se ha evitato il tema scottante delle valute. Non mancano i malcontenti per questa partnership, in particolare da parte delle aziende manifatturiere brasiliane che vedono nella svalutazione dello yuan, un fattore di minaccia alla loro competitività.
La Cina è diventata il principale partner commerciale del Brasile e gli scambi commerciali, nel 2010, hanno raggiunto il valore di 56 miliardi di dollari. I prodotti oggetto delle esportazioni sono i semi di soia e il minerale di ferro ma si prevede che aumenterà anche la domanda di mais e agrumi freschi. Il Ministro dell’Agricoltura Brasiliano, Wagner Rossi, ha inoltre dichiarato che la Cina ha aperto il proprio mercato alle importazioni di carne proveniente dal Brasile: sono infatti stati stipulati accordi di fornitura con 50 aziende di allevamento e trasformazione di carne di pollo brasiliane e cinque aziende esportatrici di carne bovina oltre a tre aziende già operanti nel gigante asiatico. "La decisione è stata approvata a livello tecnico e sarà formalmente annunciata nelle prossime settimane", ha anticipato il ministro Rossi. La Cina, che rappresenta il maggiore produttore e consumatore mondiale di carne di maiale, ha anche autorizzato, per la prima volta, le importazioni di carne di suino dal Brasile. Secondo dati ufficiali,  il Brasile ha esportato carne per un valore di 11,3 miliardi di dollari nel 2010. "Il Brasile è il principale produttore mondiale di carni bovine e il secondo di pollo; abbiamo alcuni dei più grandi esportatori di carne del mondo, JBS e Marfrig Brasil Foods", ha detto il ministro Rossi.
Dall’altro lato, la Cina, che è il maggiore investitore in Brasile, si è dimostrata molto interessata a investire nelle opere di miglioramento e risanamento infrastrutturale, nel settore dei trasporti e delle comunicazioni brasiliane. "La partnership strategica tra Cina e Brasile è diventato un esempio per la cooperazione tra paesi emergenti", ha dichiarato il presidente cinese Hu Jintao.

martedì 19 aprile 2011

Le contraddizioni dell’economia cinese

La scorsa settimana la Cina ha aumentato, per la quarta volta nel 2011, le riserve monetarie delle banche: Pechino tenta così di frenare l’inflazione per scongiurare il rischio di un crollo dell’economia.

L’economia cinese potrebbe arrivare al collasso entro un paio d’anni a causa di diversi fattori compresenti: i contrasti fra gli investimenti a breve e medio termine, il surriscaldamento della bolla immobiliare, l’aumento dell’inflazione e il congelamento del prezzo dello yuan.
Nouriel Roubini, professore di Economia alla Stern School of Business dell'università di New York, sostiene che “l’economia della Cina si sta surriscaldando. Nel tempo, gli iper-investimenti che Pechino sta autorizzando si dimostreranno deflazionari sia all’interno che all’estero. Prima o poi gli investimenti fissi non potranno essere aumentati, probabilmente nel 2013, e questo condannerà il Paese a una veloce marcia indietro”. Roubini, inoltre, ricorda che nel 2008-2009 i leader comunisti hanno reagito aumentando dal 42 al 47 % del Pil il valore degli investimenti fissi garantiti dallo Stato per far fronte al crollo, dall’11 al 5%, delle esportazioni: questo ha evitato la recessione del gigante asiatico, tuttavia tale escamotage non può essere utilizzato a lungo, in quanto “nessuna nazione è in grado di investire la metà del proprio Pil in nuovi stock di capitali senza dover poi subire l’iper-produzione, soprattutto nel campo delle infrastrutture e in quello immobiliare”.
La politica monetaria cinese - nonostante provvedimenti quali l’aumento, in più riprese, delle riserve monetarie obbligatorie per le banche e gli aumenti dei tassi di interesse per i finanziamenti, studiati per diminuire i prestiti per i finanziamenti - sembra non essere in grado di frenare l’inflazione. Alcuni esperti ritengono che la rapida crescita economica combinata alla grave inflazione che caratterizzano il Dragone potrebbero danneggiare il ceto medio cinese che, a fronte di un reddito che cresce con lentezza, vede ridursi il proprio potere d’acquisto: il rischio è l’aggravarsi del già noto divario tra una ristretta minoranza di ricchi e centinaia di milioni di persone sempre più povere. A tutto questo si aggiungono le insidie dell’aumento combinato dei prezzi del mattone e dei prestiti bancari, gli stessi fattori che hanno portato al crollo dei sistemi finanziari di Islanda e Irlanda. Il rischio è che un vuoto repentino di domanda provochi un crollo improvviso dei prezzi e l’innescarsi della classica reazione a catena provocata dallo scoppio di bolle speculative: i costruttori indebitati non riuscirebbero più a onorare il pagamento degli interessi e le banche sarebbero costrette a rivalersi sulle società insolventi che verrebbero così spinte verso il fallimento.
Secondo il prof. Rubini “Pechino ha bisogno di privatizzare le proprie imprese statali e di tassare in maniera maggiore i profitti degli investitori se non vuole crollare […] le contraddizioni dell’economia cinese sono enormi, e non bastano trucchetti finanziari o monetari per frenare il disastro previsto”.

venerdì 15 aprile 2011

Arriva a Shanghai l’industria del divertimento targata Disney

La Cina inaugura il suo primo parco divertimenti disneyano: sarà realizzato a Shanghai e verrà aperto nel 2015. Si tratta del terzo parco a tema americano, dopo quelli di Hong Kong e di Tokyo.

Il marchio americano Infotainment si prepara a conquistare il grande mercato cinese, a cui offrirà il terzo parco divertimenti targato Disney del continente asiatico. E’ stata, infatti, inaugurata la scorsa settimana la posa della prima pietra del parco Disney di Shanghai, la cui apertura ufficiale è prevista per il 2015. Il progetto, annunciato ancora dal comune di Shanghai nel 2009, è frutto di una joint venture tra la Walt Disney Company, socio di minoranza con una quota del 43%, e la società cinese statale Shanghai Shendi Group, e vedrà la realizzazione di un parco a tema a Pudong, la zona di Shanghai oltre il fiume. L’investimento iniziale è di circa 3,7 miliardi di dollari cui seguiranno altri finanziamenti per le varie strutture.
Per la Repubblica Popolare Cinese si tratta del primo parco divertimenti in patria (gli altri due asiatici sono a Hong Kong e Tokyo); le attrazioni, comunque, saranno adattate al pubblico locale, in quanto i celebri personaggi disneyani indosseranno costumi cinesi e saranno pensati per il pubblico del Dragone. Nonostante il flop del parco di Hong Kong, che ha subito una dura contrazione tra il 2008 e il 2010, le potenzialità del mercato per l’industria del divertimento sono enormi: secondo le stime, Disneyland Shanghai attirerà circa 7 milioni di visitatori. Il nuovo parco, infatti, non andrà a sostituire quello di Hong Kong ma sarà destinato a servire un bacino di utenti che non ha le possibilità economiche per recarsi nell’ex colonia britannica, o comunque ha difficoltà a transitarvi. Intanto, il concorrente di Hong Kong si prepara alla sua prima espansione, che sarà realizzata entro il 2013.
Con questa nuova apertura sembra, quindi, che la Cina si preparai ad aprirsi al consumismo occidentale e certamente questa scelta creerà nuovi ed interessanti flussi turistici interni.

mercoledì 13 aprile 2011

Pechino: stretta conservatrice per mantenere la stabilità socio-politica

In reazione alle rivolte che hanno recentemente colpito il Nord Africa, Pechino chiude ogni possibilità di riforme democratiche e riafferma gli ideali conservatori per una più controllata “gestione sociale”. 

 In occasione del saluto all’Assemblea nazionale del popolo, Wu Bangguo presidente dell’Anp, ha attirato l’attenzione internazionale dopo aver elencato i “sette non” sulla politica cinese: la non adozione di valori occidentali; la non adozione di un sistema di più partiti che a rotazione tengano l’ufficio; la non pluralizzazione dei dogma guida dello Stato; la non divisione tripartita dei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario; la non adozione di una legislatura bicamerale; il rifiuto di un sistema federale e della privatizzazione.
I precedenti piani quinquennali della Cina erano, in genere, focalizzati sull’economia, mentre il Programma Quinquennale per lo Sviluppo Sociale ed Economico per il 2011-2015, divulgato dall’Anp a metà marzo, ribadisce con fermezza la centralità del Partito Comunista Cinese (Pcc) ed è prevalentemente focalizzato sulla necessità di imporre un maggior controllo sulla popolazione. Infatti, il Programma contiene lunghe sezioni relative al rafforzamento della sicurezza pubblica per far fronte a eventuali “incidenti di massa” analoghi a quelli che si sono verificati nel Magreb – visti come un ostacolo sulla strada della grande modernizzazione della nazione - e mantenere così la stabilità socio-politica interna. Il Programma espone i piani elaborati dalla leadership del Pcc per costruire in tutta la nazione un “sistema di risposta rapida” atto a prevenire gli episodi di emergenza che le “forze ostili anti-cinesi” potrebbero provocare. L’ “ossatura” di questo meccanismo, che si prevede sarà costituita per il 2015, comprenderà la polizia, funzionari della Polizia armata del popolo (Pap) e dell’Esercito di liberazione del popolo (Pla): il secondo dovrebbe essere integrato da esperti di sicurezza pubblica e professionisti, da uno staff a tempo pieno e a tempo parziale di strutture connesse alla sicurezza e da volontari (nella maggior parte dei distretti, un residente su 10 diventerebbe un “volontario sociale registrato”). L’impiego di volontari è già stato sperimentato in occasione delle Olimpiadi estive del 2008 e dell’Expo 2010 di Shanghai, quando le municipalità di Pechino e di Shanghai reclutarono oltre un milione di sorveglianti per mantenere l’ordine e il rispetto della legge.
Affinché la società cinese “sia piena da una parte di vigore, e dall’altra di armonia e stabilità” - come ha affermato il presidente Hu Jintao in occasione di un incontro del Politburo a febbraio - gli uffici per la gestione sociale stanno sorgendo nell’intera nazione: ci sarà almeno una di queste unità per ogni strada principale nelle grandi città, come pure per ognuna delle città e dei comuni rurali del Paese.
Inoltre, in considerazione e conseguentemente al ruolo che le ong hanno svolto nelle rivoluzioni colorate in Asia Centrale, Medio Oriente e Nord Africa, il Programma raccomanda anche che le “organizzazioni sociali”, le ong cinesi, siano poste sotto una più stretta sorveglianza del governo, soprattutto quelle che sembrano avere rapporti con Paesi occidentali. Alcuni dipartimenti del Pcc e del governo sono stati sollecitati a “istituire una serie di prassi e di criteri per le attività delle organizzazioni sociali, e per aumentare l’efficienza effettiva della supervisione del governo”.

lunedì 11 aprile 2011

Cina, aumenta ancora il prezzo del carburante

La Cina ha aumentato il prezzo al dettaglio del carburante, al fine di adeguarlo all’impennata del prezzo del greggio sul fronte internazionale e, per acquistare petrolio, è disposta a trattare con i ribelli libici.

La Cina, la cui dipendenza dalle importazioni di greggio cresce di anno in anno, osserva con preoccupazione la situazione del Magreb ed è allarmata dall’aumento dei costi di importazione del petrolio.
All’inizio del 2009, in Cina entrò in vigore un meccanismo per la regolazione del costo del petrolio che permette alla Commissione per le riforme e lo sviluppo nazionale (NDRC) di intervenire quando il prezzo globale del greggio sale del 4% o più, per un periodo di 22 giorni lavorativi consecutivi. Tale soglia è stata superata, così l’NDRC, che aveva innalzato del 4,6% il prezzo di benzina e gasolio in febbraio, ora l’ha portato ad un incremento del 5,8%, tenendo conto di diversi fattori, quali il prezzo corrente e il livello di domanda e offerta. Inoltre, per aumentare la disponibilità di energia, la Cina ha comprato il primo carico di petrolio dai ribelli libici, attraverso la società multinazionale Vitol. La quantità di greggio venduto dai ribelli non potrà che essere di lieve entità, limitata dall’impossibilità di raccogliere scorte consistenti a causa dei ripetuti attacchi dell’esercito governativo contro i giacimenti in mano ai ribelli.
L’NRDC continua a monitorare anche i prezzi al consumo, soprattutto relativamente ai settori dell’alimentare e dell’energia: l’indice dei prezzi al consumo, principale strumento per la misurazione dell’inflazione, continua a salire da mesi. Il governo cinese offre sussidi per famiglie con un reddito basso, per i contadini, i tassisti e per tutti coloro che risultano penalizzati dall’aggiustamento dei prezzi.
Le grandi banche di investimento valutano con grande favore il recente nuovo aumento dei tassi di interesse e dicono che questo è il momento propizio per investire nel mercato azionario cinese. Il Credit Suisse Group AG prevede ora che la borsa di Hong Kong possa guadagnare il 28% in 12 mesi. Previsioni ottimiste arrivano anche da Goldman Sachs Group Inc., da Deutsche Bank e da altri istituti.
Alcuni esperti osservano che questo indica anche la convinzione che Pechino riuscirà a contenere la l’inflazione senza dovere arrestare la sua crescita economica, che nel 2011, secondo la Banca Mondiale, sarà del 9%.

venerdì 8 aprile 2011

La Cina limita le acquisizioni straniere

Una normativa del marzo scorso emanata dal Ministero del Commercio Cinese introduce forti limitazioni alle operazioni di multinazionali e fondi internazionali di alcuni settori strategici come i macchinari e l’agroalimentare.

Se, da un lato La Repubblica Popolare Cinese si sta espandendo a livello internazionale nei nuovi Paesi emergenti, dall’altro inizia a regolare l’accesso degli stranieri al proprio mercato. Il 5 marzo scorso, infatti, il Ministero del Commercio cinese ha introdotto una nuova norma che regola, di fatto, l’acquisizione di aziende cinesi da parte dei grandi Gruppi e multinazionali straniere. La legge, che dovrà essere poi integrata dai consueti regolamenti applicativi e che quindi ora lascia un certo margine di interpretazione, prevede la richiesta di una autorizzazione preventiva per le operazioni ritenute minacciose per la stabilità o sicurezza del Paese o che prevedono la cessione di tecnologie strategiche.
Nello specifico, i settori che sono coinvolti risultano essere: l’industria, l’energia, le telecomunicazioni, i trasporti, l’agricoltura e i macchinari, ambiti, questi ultimi, particolarmente gettonati dagli investimenti stranieri. Per i controlli dei singoli casi è, inoltre, prevista la costituzione di una apposita commissione composta da membri di vari Ministeri.
Non tutti i tipi di investimenti saranno oggetto di tale novità, ma solo quelli delle multinazionali e dei fondi internazionali che vedranno, quindi, innalzare i costi delle operazioni estere in Cina. Tra i primi casi che risultano aver visto applicare la legge in oggetto c’è la Coca-Cola, la cui acquisizione di un produttore locale di succhi di frutta è stata bloccata dal governo cinese.
Al momento, gli investitori italiani non sono eccessivamente colpiti dalla normativa, in quanto non ci sono Gruppi industriali che possano fare grandi acquisizioni nel Paese asiatico. Inoltre, per alcuni settori, come quello della meccanica, le attività imprenditoriali italiane e cinesi risultano essere complementari e quindi le operazioni tricolore non vengono ostacolate.

mercoledì 6 aprile 2011

In Cina i controlli alimentari bloccano il 50% dei produttori caseari

I caseifici cinesi sono stati sottoposti ad un severo controllo da parte delle autorità, con il risultato che metà hanno dovuto fermare l’attività definitivamente perché non a norma e le importazioni alimentari sono destinate ad aumentare.

La Sicurezza alimentare in Cina sembra essere un tema sempre più sentito: dallo scandalo del latte contaminato nel 2008, infatti, sono state imposte norme e controlli più severi sulla qualità alimentare dei prodotti al fine di consolidare il settore eliminando le piccole imprese e quelle non regolari.
I produttori lattiero-caseari, in particolare, sono ora obbligati a dotarsi di un macchinario che rilevi la presenza di additivi. Recentemente, inoltre, l’Amministrazione Generale per il Controllo Qualità ha fatto fermare metà dei caseifici nazionali in seguito ad un controllo a tappeto: su 1.176 aziende, 426 non hanno ottenuto il rinnovo della licenza e sono state costrette alla chiusura definitiva, mentre 107 potranno riprendere l’attività quando miglioreranno gli standard di produzione e la qualità dei prodotti. In sostanza, solo il 55% cento dei produttori è risultato a norma. I dati variano, comunque, da zona a zona: la situazione peggiore si è registrata nella Provincia dello Yunnan, dove solo il 30% ha ottenuto il rinnovo, nello Zhejiang invece la percentuale è del 50% e a Pechino 25 produttori su 35 sono risultati in regola.
Nonostante l’irrigidimento da parte delle autorità, comunque, il latte in polvere adulterato è ancora distribuito nei supermercati in Cina e le conseguenze a livello commerciale sono state la crescita delle importazioni alimentari, soprattutto del latte per bambini: nel 2008, l’import pesava per il 40% e nel 2010 è arrivato al 50%. Altri comparto del settore alimentare assieme a quello caseario che ha perso la fiducia dei consumatori è quello dell’allevamento di maiali, in cui sono stati denunciati alcuni produttori dello Hennan che utilizzano farmaci stimolanti nell’alimentazione dei suini.
Fino a che la sicurezza non verrà garantita totalmente, quindi, le importazioni dall’estero nell’agroalimentare saranno prevalenti, con conseguente crisi per i produttori locali.

martedì 5 aprile 2011

Come i cinesi percepiscono l’Unione Europea

Uno studio inglese rivela quali sono le reali percezioni dei cinesi nei confronti della Ue e degli europei: molti i pregiudizi negativi e la scarsa conoscenza delle dinamiche politiche del Vecchio Continente.

La China Policy Institute dell’Università di Nottingham ha recentemente realizzato un progetto denominato ChineseviewsofEU (Disaggregating Chinese perceptions of the EU and the implications for the EU’s China policy) volto allo studio della percezione che i cinesi hanno dell’UE. L’indagine si pone come obiettivo la possibilità di migliorare i rapporti tra i due partner commerciali potenziando le istituzioni europee nell’ambito economico, politico, culturale ed educativo. Lo studio è stato condotto analizzando campioni eterogenei di segmenti cinesi tra cui: grande pubblico, ufficiali governativi, intellettuali, uomini d’affari, operatori dei media, attivisti di ONG. In seguito, i risultati dell’indagine sono stati resi noti in occasione di una conferenza internazionale tenutasi a Londra nel febbraio scorso.
Ciò che è merso dal progetto è che i cinesi hanno una percezione delle istituzioni europee filtrata dai media nazionali, i quali danno loro una visione piuttosto superficiale delle dinamiche politiche del Vecchio Continente: pur sapendo che la UE è l’organizzazione che guida l’Europa, la popolazione asiatica non è a conoscenza delle difficoltà e le problematiche interne. Dal punto di vista sociale, invece, molti cinesi hanno alcuni pregiudizi negativi nei confronti degli europei, ritenendoli maleducati e inaffidabili, motivo per cui tendono a mantenere un atteggiamento negativo nei primi contatti con gli operatori occidentali.
Tale studio ora potrà servire per rafforzare la politica europea, ma anche le realtà economiche, culturali e formative che possano contribuire a migliorare i rapporti con la Cina. A beneficiarne sarebbero, in primis, gli investitori esteri, i quali avrebbero così meno difficoltà a stabilire contatti e relazioni basate sulla fiducia con i partner cinesi. Risulta, infatti, fondamentale nel business conoscere quali sono gli stereotipi negativi che impediscono  legami solidi tra Occidente e Oriente per gestirli poi al meglio.

lunedì 4 aprile 2011

Opportunità italiane nella Provincia dello Hunan

Si è svolta nella Provincia dello Hunan la missione italiana volta all’individuazione di opportunità di business e forme di collaborazione tra la regione e le imprese italiane: numerose le potenzialità dell’area in svariati settori.

La Provincia dello Hunan, nel sud della Cina, è una delle realtà territoriali in forte sviluppo ed espansione economica negli ultimi anni, tanto da destare l’interesse delle autorità italiane per potenziali investimenti in loco. A tale scopo, la scorsa settimana si è svolta a Changsha, la capitale dello Hunan, una missione italiana guidata dall’Ambasciatore d’Italia presso la Repubblica Popolare per individuare le collaborazioni e le future opportunità per le imprese italiane, le università e specialisti nel campo del restauro e dell’ambiente. In particolare, la regione si presenta come importante snodo di collegamento sia per il trasporto ferroviario che su gomma, quindi con forti interessi nelle infrastrutture.
Le possibili collaborazioni si manifestano nell’ambito istituzionale, economico, della cooperazione museale, culturale, turistica, tecnologica, nel settore del design e accademico. Inoltre, il comparto automobilistico gode già di una presenza di rilievo: la Fiat, infatti, è presente grazie alla joint-venture con la società cinese CAG FIAT Automobiles. Prossimamente la visita istituzionale sarà ricambiata e il presidente dello Hunan si recherà in Italia per fermarsi a Torino, Roma, Ancona e Milano.
La ricerca continua di collaborazioni estere da parte delle autorità cinesi rientra nel piano di politica estera annunciato da Pechino di costruire interessi comuni con il resto del mondo nei prossimi dieci anni. La strategia mira non solo a contribuire allo sviluppo del Paese tanto economicamente quanto socialmente attraverso accordi bilaterali e multilaterali, ma anche a chiarire il ruolo pacifico della Cina a livello mondiale.

venerdì 1 aprile 2011

Con gli investimenti nell’energia pulita la Cina supera anche gli USA

Prosegue l’impegno della Repubblica Popolare nell’energia verde, annunciato già tra gli obiettivi del Piano Quinquennale 2011-2015: ora il Paese asiatico si classifica primo sia per l’eolico che per il solare.

Gli investimenti cinesi nelle energie rinnovabili sono in continuo incremento ed entro il 2011 il governo promette che il 10% del consumo energetico nazionale dovrà provenire da fonti “verdi”. Secondo il rapporto 2010 “Who’s winning the Clean Energy Race” della Pew Charitable Trusts, la Cina sarebbe al primo posto tra i Paesi che investono maggiormente nell’energia pulita, avendo superato nella classifica mondiale Stati Uniti e Germania. Lo scorso anno, infatti, il Dragone ha messo a disposizione 54,4 miliardi di dollari (38 miliardi di euro) per il settore delle energie sostenibili. Sempre a gennaio di quest’anno, inoltre, la Cina si era aggiudicata il primato anche nella produzione di energia da fonti eoliche, secondo l’indagine della American Wind Energy Association.
Allo stesso modo, nell’ambito solare la politica locale si sta impegnando molto ed un esempio illustre è dato dalla città di Rizhao, modello d’eccellenza per ciò che riguarda lo sfruttamento dell’energia dal sole. La metropoli, di circa 3 milioni di abitanti, si trova nello Shandong, a Nord del Paese, e qui l’amministrazione si è convertita radicalmente al solare, sostenuta anche da incentivi privati e offrendo facilitazioni per le imprese. Il 99% degli edifici cittadini è dotato di pannelli fotovoltaici e solari termici per il riscaldamento; 6.000 abitazioni usano l’energia solare per cucinare così come 60.000 fattorie ne usufruiscono per la produzione rurale. Il sole, inoltre, permette il funzionamento dell’illuminazione stradale e dei semafori. Per tale iniziative, Rizhao è stata definita la “città del futuro” e risulta tra le 13 migliori città al mondo per progetti innovativi e tutela dell’ambiente. I successi ottenuti tramite il rinnovabile sono molteplici: i prezzi degli impianti fotovoltaici ora sono pari a quelli degli impianti energetici tradizionali e lo sviluppo dell’energia pulita sta attirando numerosi investitori stranieri, tra cui Daewoo, che hanno contribuito a portare danaro per la costruzione di nuove infrastrutture.
L’Italia, comunque, non si posiziona male nella classifica della Pew Charitable, piazzandosi quarta. Tuttavia, i produttori italiani non godono di una buona posizione nel settore rinnovabile, sfruttando poco le potenzialità. L’esempio cinese e le opportunità in aree come quella di Rizhao potrebbero essere lo spunto per lo sviluppo del comparto.