Se, da un lato La Repubblica Popolare Cinese si sta espandendo a livello internazionale nei nuovi Paesi emergenti, dall’altro inizia a regolare l’accesso degli stranieri al proprio mercato. Il 5 marzo scorso, infatti, il Ministero del Commercio cinese ha introdotto una nuova norma che regola, di fatto, l’acquisizione di aziende cinesi da parte dei grandi Gruppi e multinazionali straniere. La legge, che dovrà essere poi integrata dai consueti regolamenti applicativi e che quindi ora lascia un certo margine di interpretazione, prevede la richiesta di una autorizzazione preventiva per le operazioni ritenute minacciose per la stabilità o sicurezza del Paese o che prevedono la cessione di tecnologie strategiche.
Nello specifico, i settori che sono coinvolti risultano essere: l’industria, l’energia, le telecomunicazioni, i trasporti, l’agricoltura e i macchinari, ambiti, questi ultimi, particolarmente gettonati dagli investimenti stranieri. Per i controlli dei singoli casi è, inoltre, prevista la costituzione di una apposita commissione composta da membri di vari Ministeri.
Non tutti i tipi di investimenti saranno oggetto di tale novità, ma solo quelli delle multinazionali e dei fondi internazionali che vedranno, quindi, innalzare i costi delle operazioni estere in Cina. Tra i primi casi che risultano aver visto applicare la legge in oggetto c’è la Coca-Cola, la cui acquisizione di un produttore locale di succhi di frutta è stata bloccata dal governo cinese.
Al momento, gli investitori italiani non sono eccessivamente colpiti dalla normativa, in quanto non ci sono Gruppi industriali che possano fare grandi acquisizioni nel Paese asiatico. Inoltre, per alcuni settori, come quello della meccanica, le attività imprenditoriali italiane e cinesi risultano essere complementari e quindi le operazioni tricolore non vengono ostacolate.
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