Le principali notizie e informazioni di natura economica, finanziaria, giuridica e politica relative alla Cina

mercoledì 29 febbraio 2012

Gli studenti cinesi

Aumenta il numero di studenti cinesi iscritti alle università italiane.

Per l’anno accademico 2011-2012 si registra un forte incremento nelle iscrizioni di studenti cinesi presso gli atenei italiani attraverso i programmi Marco Polo e Turandot. Se il Programma Marco Polo prevede un semestre di studio della lingua italiana negli atenei per stranieri o comunque in scuole di lingua e, in un secondo momento, l’accesso ai corsi universitari, il Programma Turandot si rivolge invece agli studenti interessati ad accedere alle scuole di alta formazione artistica e musicale (AFAM).
I dati sono impressionanti: 2489 iscrizioni, vale a dire un aumento del 46% rispetto all’anno accademico 2010/2011, alle quali si devono sommare le iscrizioni degli studenti che già conoscono la lingua italiana e che perverranno entro il mese di giugno. Se si considerano i dati relativi all’anno precedente, gli studenti previsti per il contingente estivo potrebbero essere circa 1500-2000. Si tratta di un aumento influenzato fortemente dalla semplificazione delle procedure riguardanti la richiesta di visto da parte degli studenti cinesi intenzionati a studiare nel Bel Paese e dalla presenza di strutture dedicate alla promozione e al supporto degli studenti cinesi che decidono di recarsi in Italia per studiare.
L’aumento maggiore è stato registrato nella circoscrizione consolare di Pechino, che, con le sue 1569 iscrizioni ha segnato un incremento del 46%, seguita da Shanghai (689, +51%) e Canton (231, +94%). Tra gli atenei più gettonati si osservano l’Università di Bologna, seguita dal Politecnico di Milano, l’Università di Firenze, l’Università Milano Bicocca e il Politecnico di Torino. Per quanto riguarda invece le scuole di alta formazione artistica e musicale, l’Accademia delle Belle Arti di Roma si posiziona al primo posto, seguita dall’Accademia delle Belle Arti di Brera e dall’Accademia delle Belle Arti di Firenze.

martedì 28 febbraio 2012

Banca Mondiale: la Cina ha bisogno di riforme

La Cina necessita di riforme economiche e sociali: il modello che ha portato il Paese ad un tasso medio di crescita del 10% non è più sostenibile.

Secondo quanto riportato nel Rapporto dalla Banca mondiale “China 2030”, presentato ieri a Pechino, se il Paese non saprà provvedere a un profondo cambiamento economico e sociale, “il ritmo di crescita dovrebbe dimezzarsi nei due prossimi decenni”. Gli esperti della Banca mondiale affermano che “nel corso degli ultimi 30 anni il Paese ha vantato un tasso medio di crescita del 10%, ma a questo punto il modello non è più sostenibile”.
Nel Rapporto la Banca mondiale ha indicato anche come il Paese potrebbe evitare il brusco rallentamento cui è destinato se non interverrà con adeguate riforme: “In primo luogo, la Cina dovrà smantellare un bel pezzo delle sue industrie di Stato. Inoltre dovrà rinunciare al monopolio nei settori strategici. Negli ultimi 30 anni il Pil cinese è cresciuto in media del 10%, grazie a un modello economico basato sull'export e sugli investimenti pubblici, che non può essere più sostenuto”. Pechino dovrà, inoltre, “puntare di più sui mercati, interno ed estero, e smantellare il suo sistema di hukou, il permesso di residenza” affinché la protezione sociale di base venga assicurata a tutti i cittadini nel Paese: attualmente il governo fornisce assistenza sanitaria, scolastica ed economica solo a chi rimane a lavorare nel suo luogo di nascita, così le centinaia di milioni di migranti che si spostano da una zona all’altra della Cina sono, in termini di welfare, “invisibili”.
Il Rapporto ha ricevuto il sostegno del vicepresidente cinese Xi Jinping e del vice premier Li Keqiang, le due figure politiche candidate a succedere a Hu Jintao e Wen Jiabao.

venerdì 24 febbraio 2012

Internet innocuo attraverso l’ONU

Mosca e Pechino intendono far passare nuove norme internazionali atte a sottomettere internet al controllo di un’organizzazione intergovernativa.

Nel 1991 il governo degli Stati Uniti, con l’approvazione dell’High performance computing Act - la legge che ha rimosso i lacci che legavano Internet agli ambienti militari e al mondo della ricerca - aveva affidato la rete al libero mercato, mettendola a disposizione dall’iniziativa privata a fini commerciali. Così, tra il 1995 e il 2011, gli utenti Internet sono passati da 16 milioni a 2 miliardi: le persone hanno compreso la possibilità di risparmiare tempo e denaro attraverso la rete che, in questo senso, ha migliorato la qualità della loro vita.
Gli Stati hanno compreso che Internet è un vero e proprio motore dell’economia - si stima che in Italia contribuisca al 2% del Pil (dati 2011) - e intendono approfittarne: in paesi come India, Cina, Brasile e Russia, ha trovato largo consenso la proposta di consentire alle compagnie telefoniche, che in molti paesi sono monopoli o incumbent pubblici, di far pagare il traffico internet internazionale. Tuttavia, oltre al ritorno economico, tassare le connessioni con l’estero consente anche di limitare la circolazione di idee che potrebbero rivelarsi pericolose per la sopravvivenza dei regimi autoritari: per tale ragione, i governi di Mosca e Pechino sono pronti a favorire l’introduzione di nuove norme internazionali atte a sottomettere internet ad un controllo più rigido, attraverso la International Telecommunication Union (ITU), un’organizzazione intergovernativa istituita da un trattato internazionale sotto l’egida dell’ONU. In sostanza, in nome della privacy, si intende consentire ai governi di schedare chi si esprime attraverso la rete attraverso un proprio sito internet.
Molte personalità note si sono opposte a questo eventualità, avvertita come una minaccia per la libertà di internet: se i governi dovessero detenere il monopolio sulla governance della rete, le Internet Technologies che hanno consentito il miglioramento della vita delle persone subirebbero un’involuzione.

giovedì 23 febbraio 2012

La Great Wall produce auto per l’Europa

La Great Wall Motors diventa la prima compagnia automobilistica cinese a produrre auto per il mercato europeo.

La Great Wall Motors è la più grande produttrice di vetture sportive in Cina ed ha impianti di produzione in una diecina di Paesi, fra cui Russia, Indonesia, Egitto, Ucraina.
In Bulgaria, nel villaggio di Bahovitsa, è stato varato l’ennesimo impianto della compagnia automobilistica cinese, che produrrà auto sportive per il mercato europeo. Lo stabile, che misura di 500mila metri quadri e vale 80 milioni di euro, appartiene alla società bulgara Litex e al gruppo cinese, che avrebbe scelto la Bulgaria per il basso costo della manodopera e la possibilità di distribuire i veicoli in tutto il mercato dell’Unione senza tasse. Secondo la signora Wang Fengying, amministratore delegato della Grat Wall, l'investimento va anche considerato come parte di una “strategia per entrare nel mercato europeo”. Per i primi tempi le auto verranno vendute in Bulgaria e nei Paesi vicini (Macedonia, Albania, Montenegro e Serbia) ma le vendite saranno successivamente estese a tutta l'Europa.
L'impianto produrrà inizialmente 2.000 auto all'anno, ma arriverà fino a 50.000 entro il 2014; il personale dell'azienda ora conta 120 operai, ma potrebbe raggiungere quota 2.000 nei prossimi anni.
I modelli Voleex C10 e Steed 5 pick-up truck, i cui test per la produzione sono stati effettuati nel novembre scorso, verranno venduti a prezzi molto bassi per il mercato europeo, rispettivamente, a 8.200 e 12.800 euro.
Diversi analisti sottolineano il fatto che fino a poco tempo fa erano gli europei, i giapponesi, i coreani, gli americani a investire in Cina per produrre auto per il mercato cinese: ora il Dragone compie la stessa operazione per espandersi nei mercati occidentali.

mercoledì 22 febbraio 2012

Nuovo scandalo alimentare in Cina

Dopo il latte alla melamima, il formaggio cancerogeno e il dentifricio antigelo, tocca ai gamberetti alla “colla”.

Un nuovo scandalo per il settore alimentare cinese dopo che l’agenzia per la sicurezza alimentare di Tianjin, municipalità nel nord della Cina, ha deciso di aprire un’inchiesta ai danni di un mercato ittico della zona. Secondo le prime indiscrezioni, l’intervento dell’agenzia è avvenuto dopo la denuncia da parte di alcuni consumatori in merito alla presenza di “colla” all’interno dei crostacei. Secondo le indagini infatti, ai crostacei veniva iniettato un liquido simile alla colla gelatinosa al fine di aumentarne il peso e la consistenza fino al 30%.
Al momento non sono pervenute conferme ufficiali circa la tossicità del liquido iniettato, anche se i rivenditori hanno confermato che si tratta di un additivo alimentare legale e non dannoso per la salute. Ciò nonostante, allo scopo di placare le proteste, la Camera di Commercio di Tianjin ha deciso di promuovere un’iniziativa volta ad analizzare i punti critici e la qualità del settore ittico del mercato locale.
Una faccenda che richiama alla mente un altro episodio avvenuto nel 2011, quando il governo locale aveva ordinato la chiusura di un’impresa accusata di aver iniettato nei crostacei gelatina al fine di aumentarne il peso e il conseguente sequestro di 170 kg di prodotto.
Un nuovo allarme per la comunità cinese, già protagonista di scandali alimentari come il latte alla melamima, il formaggio cancerogeno, il dentifricio antigelo, la soia cancerogena,…

martedì 21 febbraio 2012

Walmart punta sull’e-commerce cinese

Walmart, il colosso della distribuzione, intende investire nell’e-commerce cinese.

L’e-commerce in Cina sta facendo passi da gigante: ogni anno sono almeno 30 milioni i cinesi che effettuano acquisti online per la prima volta, e si prevede che entro 3 anni la loro spesa pro capite toccherà i mille dollari, cifra che equivale al volume attuale degli acquisti via web registrato negli Stati Uniti.
Walmart, il colosso della distribuzione, ha appena raggiunto la quota di maggioranza del 51% in YiHaoDian, un negozio che vende articoli di elettronica e alimenti sul web e che consegna i prodotti acquistati entro la giornata o in 48 ore, a Pechino e anche in altre città cinesi.
Sono molte le società che hanno tratto grandi profitti grazie all’espansione dell’e-commerce in Cina: 360buy.com, che vende prevalentemente elettronica di consumo; Dangdang, che ha iniziato con la vendita di libri a domicilio per poi integrare con l’hardware elettronico, arrivando alla Borsa di New York; Vishop, anch’esso interessato a far parte dei listini finanziari; e Taobao, il gigante del commercio online simile a eBay, che alla fine dello scorso anno contava 370 milioni di utenze registrate.
Le imprese cinesi su internet si dimostrano all’avanguardia nell’impiego di strumenti atti a coinvolgere i clienti. Tra questi, sono un esempio i messaggi di “checkin”, che consentono agli iscritti dei social network di segnalare agli amici dove sono localizzati, chi si trova nelle vicinanze e accettare offerte promozionali.

lunedì 20 febbraio 2012

La moda italiana in Cina

La moda Made in Italy strega i consumatori cinesi.

Stando ai dati resi noti da Eurostat e relativi ai primi dieci mesi del 2011, la Cina ha rappresentato nel 2011 il tredicesimo cliente dell’Italia nel comparto tessile, abbigliamento e accessori con una quota sul totale pari al 2%: un successo per la moda Made in Italy visto che cinque anni fa il Dragone occupava la ventunesima posizione con una quota pari alla metà di quella attuale.
Se si osservano i dati nel dettaglio è altresì possibile notare che tra i primi trenta Paesi importatori dell’Italia, la Cina è quella che nel 2011 ha visto incrementare i propri acquisti in percentuale maggiore (+48,4%). I dati forniti da China Customs e relativi all’intero 2011 sono molto rassicuranti: le esportazioni italiane in Cina del settore in questione nel 2011 hanno raggiunto il valore complessivo di 2,574 miliardi di dollari, registrando una crescita del 55,8% rispetto al 2010, una cifra pari a quasi il 15% delle esportazioni italiane verso il Dragone.
L’Italia rappresenta il primo fornitore della Cina per il comparto abbigliamento (per un valore di 633 milioni di dollari nel 2011, +63,7% rispetto al 2010), per il settore della pelletteria (644 milioni di dollari, +63,7%) e per le calzature (380 milioni, +75,7%), l’ottavo fornitore per i tessuti (662 milioni di dollari nel 2011, +28,7%), il dodicesimo per i cosmetici (34 milioni, +43,8%) e il diciassettesimo per la gioielleria (112 milioni, +45,3%).

venerdì 17 febbraio 2012

Boom di visitatori

Crescita record di visitatori cinesi in Italia.

Registrato nel 2011 un incremento record dei visitatori dagli occhi a mandorla nel Bel Paese: tra questi non solo turisti. Sempre più cinesi scelgono infatti di visitare l’Italia, tanto che il Consolato Generale di Shanghai ha rilasciato oltre 87.000 visti lo scorso anno. Nel dettaglio i visti turistici hanno raggiunto il dato record di 53.451, registrando un aumento del 23,3% rispetto al 2010 per i visti individuali e del 204,42% per quelli di gruppo.
Scendendo nel dettaglio è possibile notare come l’incremento record abbia investito tutte le tipologie di visti: 18.153 i visti per affari rilasciati nel 2011 rispetto ai 14.498 dell’anno precedente e, in generale, un raddoppiamento del totale dei visti rilasciati dal Consolato Generale dei Shanghai, che hanno raggiunto la quota record di 87.126.

giovedì 16 febbraio 2012

La FLA ispeziona i fornitori della Mela

La Fair Labor Association (FLA) sta ispezionando le condizioni di lavoro e di vita nelle fabbriche dei principali fornitori di Apple presenti in Cina.

Secondo quanto emerso dal report preliminare realizzato da Auret van Heerden, presidente della Fair Labor Association (FLA) - l'organizzazione indipendente incaricata da Apple per esaminare le fabbriche di tutti i principali fornitori - gli stabilimenti Foxconn dedicati alla produzione di iPad presentano condizioni di lavoro decisamente migliori rispetto ad altri settori.
Nel lavoro della FLA intervengono diverse organizzazioni non governative e sono oltre 200 le università che fanno parte del consiglio: si tratta di un’organizzazione nata per mitigare e risolvere condizioni di lavoro non idonee, che opera attraverso un organigramma e un’organizzazione studiati per offrire completa autonomia. Gli ispettori della FLA, oltre all'esame degli stabilimenti, intervisteranno circa 35mila operai con domande riguardanti il proprio contratto di lavoro, la procedura di assunzione, le condizioni di lavoro, eventuali ritorsioni in seguito a lamentele e molto altro ancora; il sistema FLA è molto rigido, prevede infatti visite senza preavviso, accesso completo e report pubblici: il fatto che Apple abbia aderito alla FLA, nonostante esistano altre opzioni, dimostra che la società è seriamente intenzionata a migliorare il proprio sistema.
Relativamente ai casi di suicidio verificatesi nel corso del 2011 nelle città-fabbrica di Foxconn, il presidente della FLA ha affermato che le motivazioni probabilmente non riguardavano l'intensità o le condizioni dell’attività lavorativa, bensì il cambiamento dello stile di vita dei lavoratori: “Ci sono molti giovani, provenienti dalle zone rurali, lontani dalle famiglie per la prima volta. Sono trasferiti da un'area rurale a uno stile di vita industriale, spesso molto intenso, è questo è uno shock per questi giovani lavoratori”. 

martedì 14 febbraio 2012

Il mercato cinese della nautica da diporto

In Cina sta crescendo il mercato della nautica da diporto, che in 12 anni è passato dalle 300 alle 1.500 unità.

Nonostante le elevate tasse di importazione e la rigorosa normativa sulla navigazione nelle acque territoriali cinesi, il “parco navigante” del Dragone è quintuplicato: secondo un rapporto pubblicato di recente dalla “China Cruise and Yacht Industry Association” (CCYIA), se nel 2000 contava 300 unità, nel 2010 ne comprendeva già più di 1.500 e si prevede che raggiungerà il valore di 10 miliardi di dollari alla fine di quest’anno.
Il mercato cinese della nautica da diporto risulta particolarmente interessante per l’industria italiana, ambita per lo stile, il design, le avanzate tecnologie. Il Belpaese produce infatti il 23% delle imbarcazioni da diporto vendute in Cina ed è superato solo dal Regno Unito.
Relativamente al segmento delle imbarcazioni di minori dimensioni (dai 15 ai 24 metri) i maggiori costruttori stranieri localizzati in Cina sono il giapponese Kyala e gli statunitensi Bluebay; entrambi  operano in Cina per il mercato locale e, inoltre, riesportano nei loro mercati di riferimento. Il mercato delle imbarcazioni di prestigio, quelle il cui prezzo varia tra 1 e 2,3 milioni di euro, è invece tuttora coperto prevalentemente dalle importazioni. Secondo il rapporto della CCYIA, nei prossimi 5 anni, il segmento che crescerà maggiormente è quello della fascia media, con prezzi fino a 350.000 euro.

venerdì 10 febbraio 2012

Il Darfur armato da Cina e Russia

Amnesty International accusa Russia, Cina e Bielorussia della vendita di armi e munizioni al Sudan, dove vengono utilizzate contro la popolazione civile del Darfur.

Attraverso un documento intitolato “Sudan: nessuna fine in vista per il conflitto in Darfur”, Amnesty International accusa Russia, Cina e Bielorussia della vendita di armi - munizioni, elicotteri, aerei, missili terra-aria e veicoli blindati - al Sudan. A tal riguardo,  Brian Wood, esperto di Amnesty International relativamente a questioni militari e di polizia, ha dichiarato: “Cina e Russia stanno vendendo armi al governo del Sudan pur sapendo perfettamente che molte di esse finiranno probabilmente per essere usate per commettere violazioni dei diritti umani in Darfur […] tutti i trasferimenti internazionali di armi al Sudan dovrebbero essere immediatamente sospesi e l’embargo Onu sulle armi dovrebbe essere esteso a tutto il territorio del paese”.
La prossima settimana, il Consiglio di sicurezza dibatterà sulle sanzioni attualmente vigenti nei confronti del Sudan e verranno ripresi anche i negoziati su un futuro Trattato sul commercio di armi, per impedire che gli embarghi delle Nazioni Unite continuino a essere aggirati e fare in modo che i governi si impegnino a porre fine ai trasferimenti qualora vi fosse il rischio di utilizzo delle armi per commettere o favorire gravi violazioni dei diritti umani o crimini di guerra.
Le munizioni per armi leggere prodotte in Cina sono usate in Darfur dalle Forze armate sudanesi (Fas), da altre forze di sicurezza nazionali e dalle milizie governative. Dalla Russia, tra il 2007 e il 2009, il Sudan ha ricevuto 36 nuovi elicotteri Mi-24. Amnesty International ha anche ottenuto prove dell’uso di missili terra-aria nel corso di attacchi avvenuti nel 2011, sia in Darfur sia altrove in Sudan: si tratta di missili compatibili con le dotazioni adatte agli elicotteri Mi-24 e agli aerei da attacco Su-25, che sono stati prodotti in una serie di ex repubbliche sovietiche.

giovedì 9 febbraio 2012

Cindia alla conquista dell’Africa

Dopo la Cina anche l’altra grande potenza asiatica, l’India, ha deciso di affacciarsi sul continente africano.

Presente sin dall’antichità soprattutto nell’Est e nel Sud del continente, l’India ha annunciato l’intenzione di intensificare gli scambi con il continente africano. Forte del fatto che diverse comunità indiane si sono insediate nel corso del tempo in molti Paesi e gestiscono ad oggi piccoli commerci, attività produttive su piccola scala e mercati locali, e che in alcuni Stati africani i dirigenti della società civile e politica sono di origine indiana, il Governo di Nuova Delhi ha deciso di implementare i propri sforzi nel continente al pari della Cina, seppur con modalità in parte dissimili.
Il Paese asiatico infatti sta investendo sempre più negli Stati africani certo del fatto che la sua posizione non allineata e la condizione di più grande democrazia al mondo stanno di fatto segnando la differenza rispetto alla Cina. La presenza indiana si caratterizza infatti per la discrezione e la politica dei piccoli passi con il consolidamento progressivo delle posizioni conquistate, contrariamente alla spettacolarità che ha caratterizzato e caratterizza tuttora l’avanzata cinese.
Se nel 2004 gli scambi commerciali avevano raggiunto gli 8 miliardi di dollari, nel 2012 toccheranno i 22 miliardi di dollari e, secondo le stime, entro il 2015 si sfioreranno i 30 miliardi di dollari. L’India, come del resto la Cina, si sta avvicinando al continente africano allo scopo di diversificare le fonti energetiche su scala mondiale, aprire nuovi mercati e garantirsi la fornitura di materie prime e prodotti alimentari.
Ad oggi le imprese indiane operano nel settore farmaceutico nell’Africa australe, nel comparto automobilistico nell’Africa del Sud e in Marocco e in ambiti di eccellenza in Senegal e Costa d’Avorio.
Ma la vera nuova frontiera della politica commerciale indiana riguarda la leva finanziaria: l’Elefante ha infatti aperto nuove linee di credito verso i Paesi africani per un valore che si aggira intorno ai 5 miliardi e mezzo di dollari USA, destinati per lo più alle imprese locali allo scopo di spingerle ad investire nelle tecnologie Made in India.
Una grande opportunità per il continente africano dato che la presenza sino-indiana, unitamente a quella brasiliana che si sta affacciando sui Paesi di lingua portoghese, offre e offrirà possibilità irripetibili.

mercoledì 8 febbraio 2012

Agenti chimici nello Yangtze

Scatta l’allerta a Shanghai per l’acqua potabile.

Le autorità di Shanghai lanciano l’allerta per l’acqua potabile dopo che alcune analisi effettuate la scorsa settimana hanno confermato la presenza di fenolo (un acido impiegato nella produzione di nylon e detergenti) nelle acque del fiume Yangtze. Stando a quanto dichiarato dai funzionari governativi di Zhenjiang, nella provincia dello Jiangsu, il ritrovamento di fenolo potrebbe essere legato alla perdita avvenuta in una imbarcazione sud-coreana.
Secondo lo Shanghai Daily al momento non ci sarebbero “minacce per la salute”, ma, la denuncia da parte di alcuni residenti della presenza di cattivi odori nei rubinetti, ha generato una psicosi tra la popolazione, con conseguente corsa all’acquisto di bottiglie di acqua potabile.
Dal canto suo il Direttore locale del Dipartimento per la protezione ambientale, ha sottolineato come, nel caso venissero riscontrati livelli anomali di agenti chimici, la città sia pronta a chiudere la sua principale riserva di acqua.
L’inquinamento atmosferico e ambientale, unitamente alla contaminazione di cibi e bevande, non rappresentano un problema nuovo per la Cina del progresso economico, basti pensare che solo il mese scorso la fuoriuscita di cadmio da un’industria mineraria ha provocato la contaminazione di due fiumi nel Paese. In numerose occasioni il Governo di Pechino ha ribadito la volontà di contrastare la perdita di agenti inquinanti e tossici dalle industrie e dagli allevamenti, ma purtroppo fino a questo momento l’impegno non è stato sufficiente.

martedì 7 febbraio 2012

In Cina rallenta la produzione

L'aumento della produzione industriale della Cina potrebbe rallentare a causa delle incertezze economiche globali.

Il Nikkei scende dello 0,13%, l'S&P/Asx perde lo 0,5%, sulla parità l'Hsi a Hong Kong e il Composite Shanghai scende dell'1,9%. Il calo delle azioni cinesi si spiega alla luce dell’apparente assenza di misure da parte del governo: per ora non c’è stato alcun taglio interesse per ammorbidire il rallentamento dell'economia.
Il ministro cinese dell'Industria e dell'Information technology, Zhu Hongren, ha dichiarato che l’aumento della produzione industriale della Cina nel primo trimestre potrebbe rallentare a causa di incertezze economiche globali; si stima che la crescita della produzione industriale questo anno sarà di circa l'11%, contro il 13,9% del 2011.

lunedì 6 febbraio 2012

“Guerra degli aerei” tra Pechino e Ue

La Cina non intende attenersi allo Schema di emissioni aeree Ue, che prevede una limitazione del diossido di carbonio negli aeroporti continentali.

Oggi il governo cinese ha impedito alle compagnie aeree nazionali di aderire allo Schema di emissioni aeree messo in atto lo scorso 1° febbraio dall’Unione Europea, che prevede una forte riduzione nell’emissione di gas nocivi per l’ambiente. Il testo prevede, inoltre, il pagamento di una multa di 100 euro per ogni tonnellata di diossido di carbonio emessa al di fuori dei parametri dello Schema.
Un dirigente anonimo dell’aviazione civile cinese ha dichiarato questa mattina all’agenzia di stampa del regime (Xinhua), che “la Cina spera che l’Europa agisca in uno spettro di azione più ampio per combattere il cambiamento climatico e migliorare i rapporti sino-europei. Da parte nostra, considereremo ogni misura necessaria a difendere i consumatori cinesi e lo sviluppo dell’industria”.
I leader di Cina e Ue si confronteranno in occasione del summit bilaterale della prossima settimana. Il Vecchio Continente spera negli investimenti cinesi per uscire dalla recessione, da parte sua Pechino ha dichiarato di “voler aiutare” ma si è mantenuta vaga circa le modalità: gli esperti ritengono che Pechino stia strumentalizzando il trattato commerciale, considerato come “un’ingiusta barriera commerciale, tesa a limitare l’ingresso delle compagnie aeree cinesi in altri mercati”.

venerdì 3 febbraio 2012

Aiuti all’Europa dalla Cina?

Il Premier cinese Wen Jiabao promette ad Angela Merkel di sostenere il fondo europeo di stabilità.

L’Europa rappresenta il mercato più vasto dell’export cinese: proprio al fine di risolvere la crisi del debito europeo, il Premier cinese Wen Jiabao ha promesso ad Angel Merkel, in visita nel Paese, un possibile sostegno da parte della Cina al fondo europeo di stabilità, dichiarando a tal proposito “La Cina sta considerando un maggiore coinvolgimento nel risolvere la crisi del debito dell’Europa”, anche se non è stato precisato attraverso quali strumenti il gigante asiatico potrebbe intervenire al fine di sostenere il meccanismo europeo per la stabilità e il fondo finanziario di stabilità.
I 3.200 miliardi di dollari, ovvero le riserve di valuta straniera della Cina, sono considerati come una possibile fonte per risolvere le difficoltà presentate dalle economie europee, schiacciate dai debiti sovrani. Allo stesso tempo l’intervento della Cina gioverebbe al Paese stesso visto che nell’ultimo anno le esportazioni verso l’Unione Europea e gli Stati Uniti si sono ridotte: come ha sottolineato il Premier cinese risolvere la crisi del debito europeo è “urgente e importante” e , dal momento in cui l’Europa rappresenta il maggiore mercato per l’export del Dragone, un Euro stabile potrebbe avere “un grande impatto” sulla stessa Cina.

giovedì 2 febbraio 2012

Il mercato dell’auto in Cina

Il mercato automobilistico cinese comincia a risentire del clima di recessione: Pechino interrompe le misure di sostegno per i costruttori stranieri per favorire i costruttori nazionali.

Il mercato dell’auto cinese, grazie all'acquisizione di tecnologie dai mercati “maturi” e alla realizzazione di joint ventures con le case automobilistiche internazionali “localizzate” in Cina, ha registrato una crescita esponenziale, come è avvenuto in passato con le case giapponesi negli Stati Uniti e in Europa.
Negli ultimi anni, caratterizzati dall'avvio di una motorizzazione di massa di grandissima portata numerica, il mercato dell’auto cinese è divenuto una realtà trainante dell'economia internazionale; anch’esso, tuttavia, comincia a risentire della crisi, che oggi ne rallenta la crescita: se nel 2009 aveva raggiunto un incremento del 46% e del 32% nel 2010, lo scorso hanno ha registrato solo un 2,5%.
Dopo la fase di boom, il mondo automobilistico cinese si è evoluto: i cinesi oggi non vogliono più vetture “di seconda scelta”, ma cercano le stesse automobili vendute nel resto del mondo e conosciute attraverso i media, come l'automobile tedesca, relativamente ai i marchi di lusso, o quella giapponese per le vetture più popolari.
Per favorire le case automobilistiche nazionali, il governo cinese ha deciso di eliminare il sostegno alle importazioni, che consisteva nella riduzione dei diritti doganali, ai danni delle case automobilistiche straniere. Queste ultime potranno superare le difficoltà causate dalle misure improntate al protezionismo del Dragone, puntando sulla qualità, sulla riconoscibilità e sull’immagine di loro marchi. Tuttavia, qualora il prodotto cinese dovesse evolversi e “maturare”, avvicinandosi maggiormente anche alle esigenze di un’utenza diversa da quella del mercato interno, non è escluso che in futuro certe case cinesi non possano spodestare case automobilistiche straniere, diventando leader in alcuni settori, in particolare nel “low-cost”, sempre più in crescita nel generale clima di recessione economica.