Le principali notizie e informazioni di natura economica, finanziaria, giuridica e politica relative alla Cina

mercoledì 29 settembre 2010

Russia e Cina: accordi per la cooperazione energetica

Lunedì 27 settembre, a Pechino, Dimitri Medvedev e Hu Jintao hanno firmato numerosi accordi di cooperazione nel settore energetico, in quello bancario e relativamente alla lotta al terrorismo.
Si conclude oggi la visita ufficiale di tre giorni del Presidente russo in Cina, volta a rinvigorire i rapporti tra i due Paesi. Medvedev è stato accompagnato da una folta delegazione di uomini d’affari, cui, oltre al ministro dell’Energia Sergej Shmatko, ha preso parte anche Alexej Miller, amministratore delegato di Gazprom, che mira a vendere le sue prime forniture di gas naturale in Cina dal 2015: come ha affermato il vicepremier Igor Sechin “non ci sono limiti alla crescita del consumo di gas in Cina e Mosca può fornire a Pechino tutto il gas di cui ha bisogno”. Il Dragone è il primo produttore di emissioni al mondo e intende ridurre la propria dipendenza da carbone e petrolio incrementando l’impiego di gas, fino a trarre, entro il 2020, il 10% del suo fabbisogno energetico da quest’altra fonte. Secondo i dati forniti dall’International Energy Agency, nel 2009, la domanda di energia proveniente dalla Cina è stata più consistente di quella di Washington, che deteneva il record dei consumi da oltre un secolo.
Come conseguenza di tali accordi il gas naturale andrà a sommarsi alle consistenti esportazioni di petrolio russo verso la Cina che, da una parte, permettono alla Russia di diversificare le destinazioni delle proprie risorse energetiche dalle destinazioni europee che spesso sono motivo di tensioni con gli stati partner e, dall’altra, consentono alla Cina di soddisfare la sua continua esigenza di energia.
L’unico termine contrattuale che separa i due paesi è quello relativo al prezzo finale del gas, a tal proposito Sechin ha dichiarato: “contiamo di siglare gli ultimi accordi commerciali entro i primi sei mesi del prossimo anno”.
Molti analisti sostengono che il costo finale del gas russo per la Cina sarà abbastanza simile alle tariffe stabilite per i paesi europei.

lunedì 27 settembre 2010

108ª "Import and Export" Canton Fair

Dal 15 ottobre al 4 novembre si terrà l'edizione autunnale della celebre fiera di Canton dedicata alle importazioni ed esportazioni di prodotti in Cina.

La Fiera di Canton è uno dei principali eventi dedicati al commercio internazionale in Cina sin dalla sua inaugurazione, nel 1957. Da allora, ogni anno, si tengono due edizioni della manifestazione, una in primavera e l'altra in autunno, ed ogni edizione è suddivisa in tre sessioni. La primavera scorsa hanno partecipato quasi 204 mila acquirenti provenienti da 212 paesi e si prevede che il flusso rimarrà su questi standard anche nella fase autunnale. Alla 108ª Fiera di Canton, infatti, presenzieranno più di ventimila espositori nazionali e internazionali che operano nei settori più svariati: elettronica, costruzioni, illuminazione, hardware, veicoli, macchinari, prodotti chimici, beni di largo consumo, tessile, calzature, arredamento, medico, e alimentari. Le tre sessioni previste si svolgeranno dal 15 al 19 ottobre, dal 23 al 27 ottobre e dal 31 ottobre al 4 novembre.

venerdì 24 settembre 2010

La regione dell’Asia-Pacifico è la sede favorita dei business cinesi

Nonostante le recenti dispute con il Giappone, causate dal caso del peschereccio cinese fermato dal governo di Tokyo, le piccole-medio imprese cinesi sembrano orientare sempre più i loro business verso la regione dell’Asia-Pacifico.
Secondo l’annuale sondaggio della UPS Asia Business Monitor, che indaga le tendenze e le opportunità della regione asiatica, il 78% delle PMI cinesi conduce affari nella regione dell’Asia-Pacifico, contro il 6% negli Stati Uniti e il 10% in Europa. Tale dato indica una rinnovata fiducia nella crescita economica dell’area, tanto che il 70% delle imprese coinvolte (su 1.350 totali) prevede una forte espansione della regione nei prossimi tre anni. Le previsioni ottimistiche sono confermate peraltro dal 65% delle aziende del sondaggio, che prevedono un andamento degli affari migliore rispetto al 2009, mentre solo il 12% delle PMI si aspetta un declino nel corso del 2010. Metà delle realtà imprenditoriali contattate, inoltre, pensa di incrementare la propria forza lavoro del 10% circa entro l’anno in corso.
Le conseguenze della crisi economica, infatti, non hanno frenato l’entusiasmo che si respira nell’area asiatica, ma anzi hanno spinto molte aziende orientali, incluse quelle cinesi, a cercare nuovi settori e nuove opportunità di business, come ad esempio il mercato edile, quello dell’information technology e quello manifatturiero. Sempre secondo il sondaggio, inoltre, il vantaggio competitivo percepito dalle imprese cinesi sarebbe la loro flessibilità.
Da un lato, i dati qui proposti evidenziano un punto molto debole dei mercati occidentali: questi, sebbene vedano nei paesi asiatici importanti sbocchi per l’internazionalizzazione delle proprie attività, non sono però in grado di attirare le imprese orientali nei paesi sviluppati. Ciò rappresenta un potenziale rischio nel prossimo futuro, in quanto sempre più aziende asiatiche hanno dimostrato di saper crescere e svilupparsi andando a competere con le grandi multinazionali. Dall’altro lato, lo sviluppo dell’area Asia-Pacifico, dimostra come questa regione rimanga una destinazione ideale per gli investitori globali.

giovedì 23 settembre 2010

I nuovi obiettivi della Cina in tema di urbanizzazione

Il 21 settembre scorso il Fondo di ricerca sullo sviluppo cinese ha pubblicato a Pechino il "Rapporto sullo sviluppo della Cina 2010" in cui si presentano le strategie e le politiche relative all’urbanizzazione della Repubblica Popolare Cinese.
Secondo il report, la Cina sta attraversando un’espansione dell’urbanizzazione sociale senza precedenti: negli ultimi 30 anni la popolazione delle città è salita a 600 milioni di persone, rappresentando quasi la metà della popolazione totale della nazione. Fino ad ora il tasso di urbanizzazione annuo è stato dello 0,9%, ma nonostante la forte crescita, il paese ha definito l’obiettivo di raggiungere entro il 2030 un tasso del 65%. Inoltre, la Cina si impegnerà nella riconversione dei terreni agricoli in aree urbane procedendo all’amministrazione finanziaria della terra, espandendo così ulteriormente la superficie delle città.
Altra questione legata al fenomeno dell’urbanizzazione riguarda l’inserimento lavorativo per tutti i lavoratori migranti provenienti dalle aree rurali; questi rappresentano circa la metà della popolazione urbana ma non hanno accesso né agli stessi servizi pubblici né ai diritti politici dei cittadini. A fronte di questa problematica, la Repubblica Popolare Cinese si è posta l’obiettivo, sempre entro il 2030, di permettere a 400 milioni di migranti e alle loro famiglie di accedere a tali servizi e diritti.
Tutto ciò porterà a evidenti conseguenze per il paese, in primis un forte aumento dei consumi, che rappresenta un grande potenziale per chi investe in Cina. Il progresso urbano, infatti, ha spinto il Boston Consulting Group a realizzare un report sull’argomento per dimostrare che gli investitori globali dovrebbero guardare ai mercati emergenti a livello delle loro città piuttosto che a livello dei paesi nel loro complesso. Il documento prevede che entro il 2030 ci saranno più di 1.000 città nei paesi in via di sviluppo con una popolazione oltre al mezzo milione di abitanti. Ciò può rappresentare però anche un problema per le imprese, in quanto, ad esempio, per raggiungere la maggior parte della classe media cinese le aziende dovranno essere presenti in decina di città sparse sul territorio. Saranno quindi necessarie strategie specifiche per soddisfare le esigenze e i bisogni delle mega-città cinesi.

mercoledì 22 settembre 2010

In Cina elevata domanda di prodotti italiani nell’edilizia sostenibile

Lo sviluppo di tecnologie per l’ambiente da parte delle imprese italiane trova un interessante sbocco nell’edilizia sostenibile in Cina, mercato con enormi potenzialità, favorito dalla collaborazione con le autorità di Pechino.
Dura ormai da dieci anni la cooperazione ambientale tra Italia e Cina, che fino ad oggi ha permesso lo sviluppo di oltre 200 progetti per un valore di 342 milioni di euro. La tecnologia italiana è particolarmente innovativa in questo campo, grazie alla realizzazione di prodotti come scaldabagno, pareti isolanti, mini centrali elettriche e pavimentazioni avanzate, che nel paese asiatico sono molto richiesti. Nella Repubblica Popolare Cinese, infatti, la domanda di tali beni si registra soprattutto nella costruzione di edifici, dove il consumo energetico è pari al 40% del totale; se si pensa che ogni anno in Cina vengono costruiti 2,3 miliardi di immobili è facile immaginare la portata del segmento. L’edilizia sostenibile di produzione italiana nel paese asiatico è già al lavoro con alcuni progetti di grande rilievo: alla Sannini Impruneta, ad esempio, produttrice di cotto toscano, è stata commissionata la ristrutturazione della stazione ferroviaria di Chendu, capitale della provincia del Sichuan, nel sudovest della Cina. Ma molte altre sono le aziende italiane del settore che vantano numerose richieste dal mercato cinese e che si stanno adattando alle opportunità in vista. L’Ariston, che negli anni ‘80 fede conoscere ai consumatori cinesi lo scaldabagno elettrico, oggi sta pensando di cambiare orientamento e, anziché importare in Italia la merce prodotta in Cina, punta alla realizzazione di beni specificatamente destinati al mercato cinese.
Un importante appuntamento per le imprese italiane nell’ambito energetico si terrà il 27 settembre, a Milano, con il decimo Italian Energy Summit, realizzato dal Sole 24 Ore in collaborazione con Ibc Global Conferences; l’evento quest’anno affronterà le tematiche dell’energia nucleare e delle fonti rinnovabili e vedrà la partecipazione dei maggiori operatori del settore.

martedì 21 settembre 2010

Cambiano i rapporti tra imprese straniere e Cina

Secondo le ultime rilevazioni economiche, in Cina rallentano gli investimenti diretti esteri ma in compenso sempre più multinazionali decidono di impiegare dirigenti stranieri nel paese asiatico per far fronte alla crisi economica.
In agosto, si riconferma la diminuzione degli FDI in Cina, che hanno raggiunto quota 7,6 miliardi di dollari con solo un aumento dell’1,38% rispetto all’anno precedente. Secondo molti economisti questo rallentamento sarebbe dovuto alle recenti polemiche da parte delle aziende straniere con riguardo alle politiche discriminatorie nei loro confronti da parte delle autorità cinesi, le cui conseguenze hanno portato ad un atteggiamento prudenziale degli investitori stranieri. Per altri analisti, invece, si tratterebbe solo di un fenomeno statistico. Pare che comunque nei prossimi mesi tali dati non cambieranno in quanto la Cina continuerà sulla linea di attenta selezione degli investimenti stranieri favorendo quelli indirizzati al settore dei servizi, dell’energia, dell’high-tech e del manifatturiero.
Tendenza opposta, invece, per ciò che riguarda la delocalizzazione del personale delle imprese estere. Secondo l’ultimo rapporto di Economist Intelligence Unit, pubblicato il 16 settembre scorso, il 40% delle aziende straniere nei prossimi 5 anni localizzerà all’estero il proprio staff (contro il 13% degli ultimi anni) per reagire alla stagnazione dei mercati occidentali. Tra le mete preferite ci sono: la Cina (35%), l’India (16%) ed il Giappone (7%). I giovani sono i più propensi a recarsi nei paesi emergenti, poiché vedono l’esperienza all’estero come strumento di apprendimento e di avanzamento di carriera. Tuttavia, al momento, le imprese non sembrano particolarmente attrezzate per attuare questa riallocazione: gli incentivi per i lavoratori sono ancora bassi e le sedi estere poco attrezzate.
Da non trascurare, se si dà uno sguardo agli scambi commerciali, il fatto che l’Europa nel frattempo è diventata il primo partner della Cina, superando così gli Stati Uniti. A luglio di quest’anno, infatti, gli scambi tra UE e Repubblica Popolare Cinese sono ammontati a 306 miliardi di dollari, contro i 243 miliardi con gli USA. Sempre più imprese cinesi stanno acquistando società europee, mentre le aziende automobilistiche del vecchio continente realizzano buoni risultati nel paese asiatico. In particolare, l’export europeo in Cina ha registrato un tasso annuale del 49%.
Tutto ciò segna importanti cambiamenti di tendenza nel rapporto tra aziende estere e Cina, a cui è importante adeguarsi se si vuole rimanere competitivi e acquisire nuove fette di mercato.

lunedì 20 settembre 2010

Il settore vinicolo trova terreno fertile in Cina

La Cina ha un grande potenziale nell’industria vinicola ed è destinata a diventare il più importante paese consumatore e produttore di vino al mondo.
Sempre più consumatori cinesi iniziano ad apprezzare il vino e negli ultimi anni la popolarità di questa bevanda si è diffusa notevolmente nel paese asiatico, tanto da rendere il mercato cinese molto promettente per il settore. Le vendite di vino nella Repubblica Popolare Cinese lo scorso anno sono aumentate del 12% rispetto all’anno precedente e proprio in questi giorni si è data la notizia che il paese è diventato il primo mercato di esportazione per il Bordeaux francese, superando Regno Unito e Germania.
Tuttavia, la Cina si rivela interessante non solo come mercato di destinazione ma anche e soprattutto come paese produttore di vino. Nella provincia di Hebei (a nord del paese), ad esempio, si trova Quinhuangdao, città meglio conosciuta come “La Bordeaux orientale”, dato che si trova alla stessa latitudine della regione francese in cui si produce l’omonimo vino, che rappresenta una delle aree di produzione vinicola più interessanti per il paese. Proprio qui il mese scorso si è inoltre tenuto l’undicesimo Festival Internazionale del vino di Quinhuangdao. A sud-ovest di Pechino, invece, si trova Chateau Bolongbao, vigneto che sin dal 2006 serve vino rosso in molti ristoranti di Parigi.
Secondo i dati dell’International Organization of Vine and Wine, dal 2006 al 2009 la superficie adibita a vigneti in Cina è cresciuta del 6,1% e la produzione di uva del 10,7%; mentre nel 2009 la produzione di vino è aumentata del 27,63% rispetto al 2008. Attualmente nel paese ci sono circa 400 vigneti che, secondo le stime, sono destinati a crescere nei prossimi 50 anni portando la Cina a diventare entro il 2058 il primo produttore di vino al mondo. E’ interessante notare che molti operatori puntano sulla qualità del prodotto per garantire un vino migliore attraverso l’utilizzo di tecniche di produzione e di viticoltura accurate e all’assenza di pesticidi e altre sostanze chimiche.
Grazie alle notevoli potenzialità del paese sempre più investitori stranieri stanno accorrendo per conquistare una fetta del mercato, il che rappresenta una grande opportunità anche per i produttori di vino italiani, i quali potrebbero quindi intensificare l’esportazione di vino in Cina puntando sulla qualità, il prestigio e una tradizione vitivinicola ben consolidata. Da segnalare, inoltre, la presenza di numerose fiere dedicate al settore, una di queste in programma il prossimo mese nel Guangdong.

venerdì 17 settembre 2010

Tra Unione Europea e Cina c’è tensione nel settore hardware

L’interscambio commerciale tra Europa e Cina nel mercato dell’hardware è a rischio a causa delle investigazioni europee sorte in seguito alla denuncia di prezzi eccessivamente bassi applicati sui prodotti cinesi del settore.
Lo scorso 30 giugno la Commissione Europea ha avviato una serie di indagini sull’importazione di modem WWAN (Wireless Wide Area Network) dalla Cina per sospetto di dumping, ovvero applicazione da parte del paese asiatico di prezzi inferiori a quelli di produzione e quindi al reale valore della merce.
Tuttavia, il Ministro del Commercio cinese ha fatto sapere nei giorni scorsi di essere seriamente preoccupato per le ripercussioni che tali investigazioni potranno portare negli scambi commerciali del settore e ha inoltre dichiarato che verranno presi provvedimenti in seno alla WTO (World Trade Organization). Le indagini europee avviate rappresentano il caso più eclatante di misure intraprese nei confronti di prodotti cinesi e riguardano un business dal valore di 1,4 miliardi di dollari in esportazioni. Inoltre, l’Europa è per la Cina il secondo partner commerciale per volume di scambi ed il sospetto di dumping potrebbe avere come conseguenza la riduzione degli acquisti di modem wireless da parte dei consumatori europei. Se poi l’attività illecita venisse accertata, l’Unione Europea potrebbe sanzionare gli esportatori cinesi applicando dazi di importazione aggiuntivi che farebbero aumentare il prezzo dei prodotti cinesi riducendone il vantaggio competitivo attuale.
Ciò dimostra come spesso la competitività di alcuni prodotti provenienti dai mercati emergenti possa essere frutto di sistemi che non sempre sono conformi alle normative dei paesi occidentali. Maggiori controlli e regolamenti commerciali uniformi rimangono obiettivi fondamentali per un business di successo.

giovedì 16 settembre 2010

Nuovo record storico per lo yuan

Martedì 14 settembre scorso La People’s Bank of China ha fissato il tasso di parità centrale sul dollaro ad un livello inferiore rispetto ai giorni precedenti, portando così la valuta cinese a 6,7435 nei confronti del dollaro, un record assoluto.
Il cambio di riferimento è avvenuto alla vigilia dell’incontro della commissione della House of Representatives USA che tra ieri ed oggi ha presentato le proprie considerazioni sul caso yuan valutando eventuali sanzioni commerciali; tali audizioni si concluderanno successivamente con la presa di posizione sulla politica monetaria cinese da parte dell’Amministrazione Obama tramite il Ministro del Tesoro Tim Geithner.
La questione dell’apprezzamento dello yuan ha aperto un lungo contenzioso tra Cina e Stati Uniti: la valuta sottostimata garantisce a Pechino enormi vantaggi nell’export e nello stesso tempo sfavorisce l’ingresso delle merci straniere, in particolare quelle americane per cui il mercato cinese è una grande risorsa. La soluzione sembrava essere giunta quando il 19 giugno scorso la moneta asiatica venne sganciata dal dollaro americano per permettere una maggior flessibilità nei cambi; tuttavia lo yuan, dopo un’iniziale ascesa, si è rivalutato sino ad oggi solo dell’1,2% nei confronti del biglietto verde e si è inoltre svalutato dell’1% sempre nei confronti del dollaro. Per Pechino ciò significa ancora una forte indipendenza dell’economia cinese che rimane altamente competitiva nel commercio internazionale, tanto che gli USA accusano la Cina di aver forzatamente mantenuto una linea protezionistica.
Le ripercussioni sulla questione valutaria cinese non ricadono esclusivamente sugli Stati Uniti, quindi, ma coinvolgono tutte le economie mondiali, Europa in primis, che dovrà ancora confrontarsi con elevate barriere all’entrata nel mercato cinese e beni provenienti dalla Cina altamente competitivi nel prezzo.

mercoledì 15 settembre 2010

E’ la Cina la miglior destinazione di investimenti in energie verdi

Secondo il rapporto della società Ernst & Young dal titolo “Renewable Energy Country Attractiveness Indices”, pubblicato lo scorso 9 settembre, la Cina si colloca al primo posto, superando gli USA, come migliore destinazione finale per gli investimenti in energie rinnovabili.
L’indagine condotta ha classificato i paesi in base alla loro attrattività per gli investimenti in energia pulita, valutando variabili come l’efficienza delle infrastrutture presenti, la fattibilità dei progetti futuri e la possibilità di sviluppare nuove tecnologie. La Cina si è guadagnata il primato grazie ad una politica che sin dalla legge “verde” del 2005 ritiene prioritario l’utilizzo delle energie rinnovabili e che ha portato ad un notevole sviluppo sia nella produzione energetica che nella produzione di tecnologie necessarie per lo sfruttamento di tali sorgenti. Oggi il paese asiatico ottiene l’8% di energia e il 17% di elettricità dalle fonti alternative con l’intenzione di crescere fino al 20% entro il 2020. Ciò sembra abbastanza fattibile in quanto, secondo il report del Worldwatch Institute, se la linea politica dovesse rimanere invariata la Cina potrebbe in questo modo trarre il 15% di energia entro il 2012 ed il 30% entro il 2050. Gli investimenti della Repubblica Popolare Cinese in tale campo sono stati pari a 34,6 miliardi nel 2009, il doppio rispetto agli Stati Uniti, e nello stesso anno si è attestata come leader mondiale nell’industria eolica.
A livello globale i dati relativi all’energia pulita sono comunque positivi: lo scorso anno in tutto il mondo sono stati investiti 162 miliardi di dollari nel rinnovabile e negli ultimi 5 anni si è assistito ad una crescita di investimenti del 50% concentrata nei paesi del G20.
L’Italia si è confermata al quinto posto nella classifica della Ernst & Young, dopo Cina, Stati Uniti, Germania ed India, ma detiene un notevole vantaggio competitivo per la costruzione dei più grandi parchi fotovoltaici d’Europa. Le imprese italiane del settore potrebbero sfruttare le capacità in questo settore per approdare in Cina, dove però la competizione è sempre più elevata, soprattutto tra i concorrenti stranieri che vogliono conquistare il mercato.

martedì 14 settembre 2010

La Cina è meta ideale per il settore del lusso

Il mercato cinese del lusso è in continuo sviluppo e si rivela interessante per il posizionamento di prodotti quali auto, orologi, borse e vestiti, ma anche per l’espansione di attività di lusso come quella turistica.
La Cina si configura come una meta ideale per il business del lusso in quanto, grazie alla continua crescita e al progressivo aumento dei salari e quindi della capacità di acquisto della popolazione, tanto la classe media quanto quella dei ricchi e superricchi è destinata ad aumentare. L’elevata opportunità in questo settore è data anche dal fatto che il tasso demografico della Cina, così come di altri paesi emergenti, è particolarmente elevato, il che significa che pur essendo la classe ricca una netta minoranza rispetto alla popolazione nazionale totale, essa è costituita da un numero di individui nettamente superiore a quello dei paesi sviluppati. In un recente studio dell’aprile 2010, i milionari cinesi ammontavano a 875.000 persone (+6,1% rispetto al 2009) concentrate nelle grandi città, tanto che la Repubblica Popolare Cinese è oggi il secondo mercato mondiale del lusso.
A confermare questo trend negli ultimi mesi sono numerose realtà imprenditoriali che operano in Cina, tra cui l’azienda di Hong Kong che gestisce The Peninsula Hotel, catena di resort di lusso. The Peninsula è presente sia a Shanghai che a Hong Kong, ed ha visto un notevole incremento del proprio business (un l’aumento dell’utile netto del 31% nel primo semestre 2010) grazie al maggior utilizzo proprio dello scalo di Hong Kong da parte dei viaggiatori cinesi.
Altro segnale positivo viene dal Gruppo Ermenegildo Zegna, impresa italiana dell’abbigliamento di lusso, che ha recentemente inaugurato un punto vendita a Shenzhen, il secondo in Cina dopo quello aperto nel 1991 a Pechino. Nell’ultimo anno le vendite del brand sono aumentate del 30%, tanto che si prevede l’apertura di un terzo negozio a Chengdu.
Puntare sui mercati di nicchia è uno degli obiettivi principali delle imprese italiane che internazionalizzano ed il settore del lusso rappresenta un’ottima opportunità, poiché le nostre PMI possono eccellere in quest’ambito grazie all’elevata qualità, esclusività ed innovazione di prodotti e servizi specifici.

lunedì 13 settembre 2010

Segnali rassicuranti per l’economia cinese

Osservando i dati relativi al mese di agosto 2010 sembra che l’economia cinese si sia finalmente stabilizzata dopo alcuni mesi di rallentamento, soprattutto grazie ad ottime performance nell’import ed export.
Se in agosto la domanda interna della Cina è rimasta stabile, la produzione industriale è invece cresciuta rispetto all’anno precedente (del 13,9%) e al mese di luglio, in cui aveva registrato un +13,4%. Anche le vendite al dettaglio sono aumentate oltre le previsioni, crescendo del 18,4% annuale (rispetto al 17,9% di luglio). Tuttavia, l’inflazione sui prezzi rimane un dato ancora preoccupante dal momento che il tasso è passato dal 3,3% di luglio al 3,5% di agosto, un segnale che per molti analisti rappresenta l’effetto economico dell’aumento dei salari.
Il fenomeno economico più interessante riguarda però gli scambi commerciali: ad agosto le esportazioni cinesi sono aumentate del 34% rispetto allo stesso periodo del 2009, e le importazioni hanno registrato una crescita del 35,2% anno su anno (+13 % rispetto a luglio). Si conferma così una maggior domanda ai paesi esteri di materie prime ma anche di beni quali macchinari, automobili e prodotti elettronici da parte della Cina. Di conseguenza il surplus commerciale del paese asiatico è calato, producendo un avanzo commerciale di 20 miliardi di dollari.
I dati commerciali rappresentano un segnale positivo per i partner stranieri della Cina, in quanto permette un maggior equilibrio dei flussi commerciali mondiali e configura la popolazione cinese come un ideale ed ingente bacino di consumatori di merci estere.

giovedì 9 settembre 2010

Sale ancora il rischio di una “bolla immobiliare” in Cina

Continua ad aumentare in Cina il giro di affari nel settore immobiliare che, nel mese di agosto, è lievitato fino al 60% in città come Pechino, Shanghai, Canton e Shenzhen assieme ad un forte rincaro dei prezzi.
Si parla di 2.426 euro al metro quadro a Shanghai (+ 5,8% rispetto a luglio), 2.430 euro a metro quadro a Pechino (+10,6%) mentre a Shenzhen i prezzi sono saliti del 7%. A fronte di questi dati sembra che le autorità di Pechino vogliano imporre alle banche di trattenere una riserva obbligatoria pari al 2,5% dei prestiti erogati, misura che alcuni istituti bancari locali hanno già intrapreso da tempo. Nel frattempo i prestiti richiesti alle banche per acquistare una terza casa non si placano e si affaccia un nuovo fenomeno: il turismo immobiliare in Giappone. La classe cinese benestante infatti, sta cominciando ad acquistare edifici residenziali, ma anche resort, case di villeggiatura e hotel in Giappone per connazionali che risiedono nel Paese del Sol Levante o che vi si recano per turismo. Tutto ciò è permesso dalla normativa giapponese che garantisce i diritti di proprietà sugli immobili agli acquirenti stranieri.
Se gli acquisti di beni immobili cresce a dismisura è pur vero che si profila anche un aumento della speculazione edilizia: ciò sarà evidente con tutta probabilità nel prossimo censimento dell’Istituto Nazionale di Statistica, in cui verranno anche conteggiate le unità abitative vuote; secondo alcune fonti attuali la percentuale delle case disabitate sarebbe del 25-30% del totale degli immobili sul territorio nazionale.
In definitiva, l’investitore immobiliare italiano che si reca in Cina, il quale solitamente punta alle grandi città sia per l’edilizia residenziale che commerciale, non solo deve tenere conto di quali e quanti sono gli immobili che possono essere trasferiti a proprietà straniera ma deve anche fare i conti con i picchi dei prezzi del settore.

mercoledì 8 settembre 2010

Imprese italiane protagoniste all’Expo di Shanghai

Dal 24 luglio al 7 agosto scorsi presso il padiglione italiano dell’Esposizione Universale di Shanghai si è svolta la mostra dal nome “Italia degli Innovatori”, un importante evento affiancato da manifestazioni culturali, convegni e 260 incontri business to business.
Alla manifestazione, promossa dal Ministero per la Pubblica Amministrazione e Innovazione e che ha visto la partecipazione di 500 mila visitatori, 84 imprese italiane hanno esposto 265 progetti Made in Italy. I prodotti hanno rappresentato il meglio della creatività e dell’innovazione tecnologica italiana, in particolare nel campo medico, dell’energia eolica e dello smaltimento dei rifiuti. Ad ottenere maggiori preferenze è stato il progetto “Suite Home”, una casa sulle ruote riciclabile ed ecosostenibile progettata dalla Hanger Design, azienda veneta, e realizzata dalla Pircher Oberland, di Bolzano.
Durante i mesi estivi si sono succeduti diversi incontri, tra cui un convegno sulla robotica e sullo scambio di tecnologie tra Italia e Cina e una dimostrazione dell’abilità artigianale di Bottega Veneta per la produzione di borse. Un protagonista importante è stato il Piemonte, la prima regione italiana per attività di ricerca e sviluppo, che con la mostra “Sinfonia del Piemonte” ha sfoggiato esempi di creatività e tecnologia regionali.
Grazie ai numerosi eventi che hanno reso l’Italia protagonista in Cina nei mesi estivi, 14 imprese italiane presenti all’Expo hanno potuto stringere accordi commerciali con aziende locali, confermando così il grande apprezzamento per la qualità italiana in Cina. Per il futuro sembra che sia in progetto una collaborazione tra aziende italiane e istituzioni cinesi, mentre potremo assistere a successive edizioni di “Italia degli Innovatori” nei Paesi del BRIC con progetti specifici per Brasile, Russia, Cina e India. Un’occasione da non perdere per le imprese italiane che puntano sulla qualità e l’innovazione per farsi strada nei paesi emergenti.

martedì 7 settembre 2010

La Cina diventa il quinto investitore globale e promette maggior apertura agli investimenti stranieri

Grazie alla massiccia presenza in paesi di tutto il mondo la Cina guadagna la quinta posizione tra gli investitori globali e la prima tra le economie emergenti.
Secondo i dati pubblicati dal Ministero del Commercio cinese, dall’Ufficio nazionale di statistica e dall’Amministrazione statale della Divisa Estera, nel 2009 il paese asiatico ha investito all’estero 56,53 miliardi di dollari, con un incremento dell’1,1% rispetto al 2008, concentrato soprattutto nei settori non finanziari dove la crescita è stata del 14,2%. Circa 13 mila imprese cinesi hanno avviato investimenti in 177 paesi; le destinazioni privilegiate dagli imprenditori sono: Asia (71,4%), America Latina (13%), Unione Europea (5,9%), Oceania (4,4%), Nord America (2,7%) e Africa (2,6%). Anche il 2010 si conferma comunque positivo: nel primo semestre gli investimenti finanziari sono giunti alla cifra di 17,84 miliardi di dollari con un aumento del 43,9% annuale, mentre si stima che entro la fine dell’anno gli investimenti non finanziari raggiungeranno la quota di 60 miliardi di dollari.
Nuovi sviluppi si prevedono anche per gli investimenti stranieri in Cina, per i quali, dopo la pubblicazione del dossier europeo sulle problematiche di business, il vice-presidente Xi Jinping annuncia l’impegno del paese per diventare la destinazione di maggior interesse per gli investimenti esteri. Jinping ha inoltre dichiarato che Pechino ha rivisto le normative in campo commerciale e che in futuro tratterà le imprese straniere alla pari di quelle locali, aggiungendo che gli investimenti stranieri rappresentano «una parte importante della forza manifatturiera cinese». Ciò rappresenta un segnale di apertura rilevante per tutte le realtà aziendali straniere per cui la Cina è e rimane una importante meta di affari.

"Ting De Dong" - Ti ascolto e capisco

Shanghai, 8 Settembre h. 11.50
Citando l'Ambasciatore Sessa: "la Cina non è Shrek. I cinesi hanno due occhi, due orecchie e un naso proprio come noi". Già. E proprio come noi hanno sentimenti e cervello.
Ad alcuni potrà sembrare un'affermazione forte e inappropriata, ma la verità è che spesso e volentieri i problemi con lo staff locale nascono a causa di ambo le parti. I dipendenti vengono considerati come meno svegli per principio e, per motivi che non sempre giustificano il gap con i salari degli stranieri, pagati molto meno. Per una volta ciò che invito a fare è porsi dal loro lato, non per difenderli, ma perchè creare una sintonia è l'unico modo veramente efficace di arginare le inefficienze derivanti dall'HR.
Come fare dunque per aprire un dialogo? Per prima cosa bisogna volerlo. Mai credere che i cinesi non si interessino di essere parte della strategia di un'azienda. Una delle lamentele che mi è capitato di ascoltare più spesso è l'essere confinati a compiti molto precisi senza che sia dato loro conoscere la visione d'insieme e dunque poter contestualizzare il proprio lavoro.
Secondo punto la cultura. Nel loro modo spesso goffo e dai dubbi esiti, specie in campo di abbigliamento, i cinesi sono alla costante ricerca di approvazione e, mentre investono oro per portarsi in ufficio un frappuccino di Starbucks insieme alla ricca "colazione da imperatore", non aspettano altro se non un passo di apertura verso i propri usi da parte dei superiori. Considerare ravioli a colazione un'abitudine barbara e sconsiderata non porta da nessuna parte, anzi dovrebbero essere loro a guardare storto chi osanna i succulenti bocconcini la sera, nei bei ristoranti, che di cinese hanno la cucina, forse, ma non i prezzi.
La lingua apre un altro discorso. Non si può confondere stupidità con qualche difficoltà nel comprendere le indicazioni che vengono date. Il cinese è una lingua basata sui toni e su una grammatica essenziale. Noi Italiani dovremmo tenerlo presente più di tutti che l'accento straniero, specie se marcato, rischia di confondere, così come costruzioni delle frasi troppo articolate che nell'"Italian English" sono la norma. Basta essere chiari e ribadire le cose una volta di più, senza spazientirsi e magari invitando l'impiegato a ripetere e dare un parere su quello che gli è stato detto.
Controllo sì, non deve mai mancare, ma far della dimensione interna della responsibilità sociale aziendale una risorsa vincente è un asset da non farsi assolutamente scappare.

A cura di Marta Caccamo

lunedì 6 settembre 2010

Dossier EUCCC 2010-2011 sul business in Cina: ancora troppe difficoltà per le imprese europee nell’accesso al mercato interno

La Camera di Commercio dell’Unione Europea in Cina ha recentemente pubblicato l’annuale rapporto sulle condizioni di business in Cina, in cui sottolinea i vari problemi che le imprese straniere devono affrontare nel paese asiatico fornendo più di 380 consigli per gli investimenti in loco.
Nel dossier di oltre 600 pagine sono state esposte, tra i vari casi, le difficoltà legate alla complessa regolamentazione cinese: normative inique e di difficile applicazione e, soprattutto nell’ambito del commercio internazionale, norme che entrano in vigore in modo inconsistente ed imprevedibile creando una situazione di grande incertezza. Rimanendo in campo normativo si denuncia, inoltre, l'inefficiente applicazione delle forme di tutela della proprietà intellettuale, tanto che tutt’oggi si verificano numerosi casi di evidente plagio di prodotti da parte di concorrenti cinesi, impedendo così la possibilità di sviluppo e di innovazione nelle aziende estere.
Altra questione fondamentale è la grande difficoltà per numerose aziende straniere ad accedere al mercato interno cinese, dovute al crescente protezionismo e alle azioni discriminatorie del governo di Pechino che ha causato negli ultimi mesi alcuni screzi istituzionali tra Europa e Cina per l’importazione di alcuni prodotti. Secondo la Camera Europea, la Repubblica Popolare Cinese non ha ancora rispettato gli impegni presi all’interno dell’Organizzazione Mondiale del Commercio per garantire l’accesso alle imprese straniere ad alcuni settori come quelli delle telecomunicazioni, prenotazioni on-line di biglietti aerei e distribuzione di carburante.
Nonostante ciò, il Presidente della Camera di Commercio dell’Unione Europea, Jacques de Boisesson, non consiglia la sospensione degli investimenti europei in Cina né lo spostamento degli interessi verso altre aree, in quanto si dichiara fiducioso nella possibilità di un dialogo con le autorità locali che permetta un miglioramento delle condizioni di business.

venerdì 3 settembre 2010

Nuova proposta di legge per il contratto collettivo: le autorità cinesi verso la riduzione dei conflitti tra imprese e operai

A Shenzhen, nel Guandong, sono state proposte nuove norme per i contratti di lavoro, al fine di evitare il sorgere di conflitti. In seguito a mesi di scioperi e manifestazioni di dissenso da parte dei lavoratori cinesi in campo industriale, si annunciano, dopo la decisione di aumentare il salario minimo in 30 municipalità, ulteriori cambiamenti. Questa volta al centro dell’attenzione è la Zona Economica Speciale di Shenzhen, sede di ingenti investimenti stranieri e importante centro manifatturiero. Le autorità locali, infatti, hanno emanato una proposta di legge che prevede una contrattazione annuale sul contratto collettivo oltre ad una serie di procedimenti per la negoziazione periodica degli aumenti di salario. Se, infatti, le aziende straniere hanno reagito alle manifestazioni operaie con tolleranza e andando incontro ai lavoratori, le imprese cinesi non hanno fatto altrettanto adottando, invece, misure repressive. Per questo, si rendono necessarie normative che ristabiliscano l’equilibrio tra aziende e operai. Oltre a Shenzhen, sembra che procedure simili si stiano mettendo in pratica anche a Shanghai, Tianjin e Xiamen.
E’ importante che anche le aziende italiane presenti sul territorio cinese siano al corrente di queste nuove norme e inizino a vedere il lavoratore cinese non più come risorsa a basso costo; difatti, nel giro di pochi anni il benessere ed il processo di democratizzazione nel paese potrebbero espandersi in modo esponenziale e ciò significherà che la popolazione cinese sarà sempre meno disposta ad essere “sfruttata”.

giovedì 2 settembre 2010

In aumento le operazioni commerciali in yuan

Numerose banche internazionali, tra cui Hsbc e Standard Charter, stanno iniziando ad incentivare l’utilizzo dello yuan al posto del dollaro nelle operazioni commerciali delle aziende straniere che commerciano con la Cina. Questa tendenza rientra nel progressivo utilizzo della valuta cinese nell’ambito commerciale, inizialmente esteso solo ai paesi asiatici, ma oggi in continuo aumento, tanto che sempre più imprese cinesi richiedono ai partner stranieri di accettare il pagamento in yuan e il valore delle attività in valuta cinese è arrivato a 10,4 miliardi di dollari. Perfino due banche statunitensi, la Citigroup e JPMorgan hanno in programma una serie di incontri internazionali per promuovere l’uso dello yuan nelle operazioni commerciali. Se l’intuizione degli istituti bancari è corretta nell’arco di poco tempo il fenomeno si estenderà sempre più a livello internazionale coinvolgendo anche tutte quelle imprese italiane che fanno affari in Cina.

"Rifiuti"? No, opportunità

1 kg di scarti pro capite nelle grandi città, il 70% dei rifiuti solidi totali raccolto (il 60% dei quali non viene trattato prima dello smaltimento), un investimento governativo di 4.5 miliardi USD negli ultimi cinque anni e 244.8 milioni di tonnellate di rifiuti destinati al riciclo stimati per il 2013 con una crescita composita del 9,1% annuo.
Ecco alcuni numeri del "business della spazzatura", che per quanto poco sfruttato potrebbe offrire grandi prospettive alle piccole e medie imprese d'Occidente. L'industria è, infatti, animata da PMI locali che spesso e volentieri non hanno il capitale e le competenze per farla progredire in maniera sostanziale e si scontrano con difficoltà di implementazione dei processi. Questo è vero specie nella fase di raccolta, che è tutt'ora basata in larga parte su un mercato informale costituito da persone interessate a vendere al peso ciò che hanno meticolosamente sottratto alle strade.
L'expertise e le tecnologie più avanzate nello smaltimento si presentano come un investimento di valore nel lungo periodo, tenendo conto della crescita dei consumi che sostiene la crescita dei rifiuti. Il riciclaggio di carta e plastica, che costituiscono un quinto del totale dei rifiuti urbani nei centri di prima fascia, inoltre, è stato lasciato quasi completamente scoperto dalle imprese di casa creando i margini per grandi opportunità per gli imprenditori stranieri.
Monitorare. E agire.

A cura di Marta Caccamo

mercoledì 1 settembre 2010

Opportunità di lavoro in Cina: si cercano manager qualificati

Il governo cinese ha pubblicato una serie di bandi su giornali cinesi e portali internet in lingua inglese per l'assunzione di personale in un centinaio di imprese pubbliche.
La Repubblica Popolare Cinese, infatti, offre a cittadini cinesi ma anche stranieri importanti posti di lavoro nelle aziende più prospere del paese (alcune rientrano nella classifica Fortune 500). Si tratta di una possibilità per manager altamente qualificati, tra cui general manager, in aziende del settore nucleare, automobilistico e tessile. Tra le abilità richieste vi è la padronanza della lingua inglese e francese, inoltre i neo-assunti avranno l'obiettivo di innovare e sviluppare le società statali in questione.
Si tratta dell'ennesima dimostrazione di quanto le autorità di Pechino prendano a cuore le società statali del paese; basta pensare che gli investimenti governativi nel settore statale sono in continuo aumento: per sostenere la crescita nel periodo di crisi economica il governo ha stanziato circa 588 miliardi di dollari. Per i talenti e imprenditori italiani, quindi, questa potrebbe rappresentare un buona occasione per una carriera internazionale in una delle potenze economiche mondiali.