Martedì 14 settembre scorso La People’s Bank of China ha fissato il tasso di parità centrale sul dollaro ad un livello inferiore rispetto ai giorni precedenti, portando così la valuta cinese a 6,7435 nei confronti del dollaro, un record assoluto.
Il cambio di riferimento è avvenuto alla vigilia dell’incontro della commissione della House of Representatives USA che tra ieri ed oggi ha presentato le proprie considerazioni sul caso yuan valutando eventuali sanzioni commerciali; tali audizioni si concluderanno successivamente con la presa di posizione sulla politica monetaria cinese da parte dell’Amministrazione Obama tramite il Ministro del Tesoro Tim Geithner.
La questione dell’apprezzamento dello yuan ha aperto un lungo contenzioso tra Cina e Stati Uniti: la valuta sottostimata garantisce a Pechino enormi vantaggi nell’export e nello stesso tempo sfavorisce l’ingresso delle merci straniere, in particolare quelle americane per cui il mercato cinese è una grande risorsa. La soluzione sembrava essere giunta quando il 19 giugno scorso la moneta asiatica venne sganciata dal dollaro americano per permettere una maggior flessibilità nei cambi; tuttavia lo yuan, dopo un’iniziale ascesa, si è rivalutato sino ad oggi solo dell’1,2% nei confronti del biglietto verde e si è inoltre svalutato dell’1% sempre nei confronti del dollaro. Per Pechino ciò significa ancora una forte indipendenza dell’economia cinese che rimane altamente competitiva nel commercio internazionale, tanto che gli USA accusano la Cina di aver forzatamente mantenuto una linea protezionistica.
Le ripercussioni sulla questione valutaria cinese non ricadono esclusivamente sugli Stati Uniti, quindi, ma coinvolgono tutte le economie mondiali, Europa in primis, che dovrà ancora confrontarsi con elevate barriere all’entrata nel mercato cinese e beni provenienti dalla Cina altamente competitivi nel prezzo.
Il cambio di riferimento è avvenuto alla vigilia dell’incontro della commissione della House of Representatives USA che tra ieri ed oggi ha presentato le proprie considerazioni sul caso yuan valutando eventuali sanzioni commerciali; tali audizioni si concluderanno successivamente con la presa di posizione sulla politica monetaria cinese da parte dell’Amministrazione Obama tramite il Ministro del Tesoro Tim Geithner.
La questione dell’apprezzamento dello yuan ha aperto un lungo contenzioso tra Cina e Stati Uniti: la valuta sottostimata garantisce a Pechino enormi vantaggi nell’export e nello stesso tempo sfavorisce l’ingresso delle merci straniere, in particolare quelle americane per cui il mercato cinese è una grande risorsa. La soluzione sembrava essere giunta quando il 19 giugno scorso la moneta asiatica venne sganciata dal dollaro americano per permettere una maggior flessibilità nei cambi; tuttavia lo yuan, dopo un’iniziale ascesa, si è rivalutato sino ad oggi solo dell’1,2% nei confronti del biglietto verde e si è inoltre svalutato dell’1% sempre nei confronti del dollaro. Per Pechino ciò significa ancora una forte indipendenza dell’economia cinese che rimane altamente competitiva nel commercio internazionale, tanto che gli USA accusano la Cina di aver forzatamente mantenuto una linea protezionistica.
Le ripercussioni sulla questione valutaria cinese non ricadono esclusivamente sugli Stati Uniti, quindi, ma coinvolgono tutte le economie mondiali, Europa in primis, che dovrà ancora confrontarsi con elevate barriere all’entrata nel mercato cinese e beni provenienti dalla Cina altamente competitivi nel prezzo.
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