Le principali notizie e informazioni di natura economica, finanziaria, giuridica e politica relative alla Cina

lunedì 31 ottobre 2011

In Cina aumenta la domanda di pasta italiana

Cresce la domanda di pasta italiana in Cina: negli ultimi dieci anni le esportazioni sono aumentate più di cinque volte.

Nonostante le numerose difficoltà del settore agroalimentare italiano in Cina, dovuto principalmente ai costi elevati e alla scarsa promozione, aumentano le esportazioni di pasta nel Paese asiatico. Secondo un’indagine della Coldiretti, tra il 2000 e il 2010 l’export del prodotto verso il Dragone è cresciuto del 414% e nei primi sei mesi del 2011 è salito del 30% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. La domanda di pasta nella Repubblica Popolare ha avuto un incremento del 61%, dato che condivide anche con altre nazioni emergenti: la Russia con +53,9%, l’India con + 36% e l’Arabia Saudita con addirittura +135,6%.
L’Italia rimane il primo produttore al mondo di pasta, con 3.247 milioni di tonnellate prodotte, simbolo intramontabile del Made in Italy alimentare. Tuttavia, in occasione del “World Pasta Day” , si sollevano alcune preoccupazioni: dal momento che non è ancora obbligatorio indicare l’etichetta di origine, si stima che oltre il 40% del grano duro utilizzato dalle industrie italiane produttrici provenga dall’estero, con un conseguente calo del raccolto nel nostro territorio: quest’anno, infatti, dovrebbe ammontare a 3,6 milioni di tonnellate, il 6% in meno dello scorso anno.

venerdì 28 ottobre 2011

Commitment tra Italia e Cina nella moda

Le camere di commercio della moda italiana e cinese rinnovano lo storico impegno di alleanza siglato lo scorso marzo.

La camera italiana della moda e la China Fashion Association hanno rinnovato, in occasione del Sino-Italian fashion forum di Pechino conclusosi ieri, una collaborazione strategica. L’alleanza prevede la realizzazione dei punti chiave individuati nel protocollo firmato tra i due Paesi lo scorso marzo e che vedrà compiere il primo passo nel marzo 2012. In primavera, infatti, le aziende italiane del settore parteciperanno alla fiera dii Pechino “Chic 2012” e verrà inoltre realizzata una sfilata di moda di marchi prêt-à-porter italiano.
L’accordo, in sostanza, permette la collaborazione tra due Paesi molto attivi nel settore del fashion: da un lato, l’Italia con la sua importante tradizione tessile e l’alta qualità e dall’altro, la Cina con la forte produzione. Per le imprese ci sarà il supporto del Ministero del Commercio con l’estero e della Camera che mette a disposizione il fondo sino-italiano Mandarin.
Tra gli obiettivi della Cina, oltre alla presenza di marchi locali in Italia, ci sarà innanzitutto il riequilibrio commerciale: il nostro Paese, infatti, con 700mila addetti, 70mila imprese e 62 miliardi di fatturato, ha esportato verso il Dragone 6,7 miliardi e importato 862 milioni con un saldo di oltre 5,8 miliardi. Molti sono, poi, i problemi che la Repubblica Popolare deve risolvere nel comparto: il rispetto delle normative, l’aumento del costo del lavoro del 20% che ha provocato la delocalizzazione cinese in Vietnam, e il rischio del credito immobiliare in province come lo Zhejiang, patria del tessile.

giovedì 27 ottobre 2011

L’acquisizione in Cina

L’acquisizione in Cina è un’operazione che permette numerosi vantaggi ma risulta in alcuni aspetti ancora complessa richiedendo tempo e investimenti.

Tra i canali d’ingresso più interessanti che gli imprenditori hanno a disposizione per entrare in Cina, si sta facendo sempre più strada lo strumento delle acquisizioni. Con le riforme economiche e la forte crescita del Paese asiatico, infatti, le operazioni di acquisizione hanno subito una certa accelerazione e in molti casi sono preferite alle greenfield per i vantaggi che offrono. Esse permettono di evitare iter burocratici eccessivamente lunghi e garantiscono un’analisi del mercato più celere e specifica. A ciò va aggiunto che la giurisdizione cinese che riguarda le acquisizioni si sta adeguando al mercato moderno, abbandonando la complessità e la confusione che la caratterizzava fino a qualche tempo fa.
Tuttavia, alcuni aspetti del mondo imprenditoriale cinese rendono questa scelta ancora difficile per molti gruppi occidentali; tra le problematiche riscontrate vi sono: valutazioni elevate, difficoltà gestionale del management locale e l’età giovane degli imprenditori cinesi. Per ovviare a queste criticità risulta necessario conoscere a fondo il mercato locale e tutti i processi e le normative riguardanti questo tipo di operazioni, conoscenze che si stabiliscono nel lungo periodo.
Esistono alcune realtà italiane di successo in questo campo che possono offrire una valido esempio. Biesse, azienda pesarese produttrice di macchinari per la lavorazione del legno, ha recentemente acquisito il 70% di Centre Gain Group, gruppo cinese attivo nel settore da 25 anni. L’azienda italiana è stata per anni sul territorio cinese solo attraverso una filiale commerciale che le permetteva buoni risultati ma non proporzionali alla crescita del mercato locale, dove il boom edilizio ha permesso di raggiungere numeri da record. Dopo anni di impegno da parte delle proprie risorse sul campo nella creazione di relazioni con fornitori e concorrenti, Biesse è riuscita a ottenere credibilità. Ora l’azienda continuerà ad essere guidata da uno dei soci co-fondatori e con l’acquisizione ha ricavato un terreno a Dong Guan, nel Guangdong, importante area industriale.

mercoledì 26 ottobre 2011

Collaborazione nel vitivinicolo tra Italia e Cina

Enoteca Italiana ha firmato un accordo di collaborazione strategica per aprire 100 enoteche italiane in Cina.

Il settore vitivinicolo è particolarmente complesso in Cina, dal momento che la cultura enologica si sta sviluppando solo negli ultimi anni. Per l’Italia, inoltre, il mercato cinese è ancora più difficile in quanto i prezzi elevati e la scarsa conoscenza dei consumatori non permettono al vino Made in Italy di attecchire. Tuttavia, le prospettive sono positive e vedono una crescita del consumo di vino rosso in Cina del 36,4% entro il 2012 e del 38% per i vini bianchi.
Per sfruttare le opportunità e sostenere il comparto vitivinicolo nel Dragone, quindi, è stato fatto un piccolo passo in avanti: il 22 ottobre scorso Enoteca Italiana (Ente nazionale Vini) ha firmato con la Beijing Zhengyuan Youshi, società leader di distribuzione del vino italiano, un accordo di collaborazione strategica che prevede la realizzazione di 100 enoteche italiane. Il progetto riguarderà le principali città della Repubblica Popolare e vedrà l’inaugurazione delle prime 10 enoteche entro il 2011. Con la diffusione di questa catena, si potranno avvicinare i consumatori all’eccellenza italiana e trasmetterne la cultura enologica. Le enoteche daranno una forte spinta al vino Made in Italy, proponendo solo vino italiano e dotandosi dei migliori sommelier.

martedì 25 ottobre 2011

La Cina investe sullo sviluppo africano

In occasione del forum internazionale sullo sviluppo dell'Africa, si è discusso dell’influsso degli investimenti cinesi sul futuro economico dell'Africa.

Al forum internazionale sullo sviluppo dell'Africa, promosso dalla fondazione Banco di Sicilia, con la collaborazione dell'European house Ambrosetti, si è discusso del ruolo che la Cina esercita sull’economia africana.
Clive Tasker, amministratore delegato dell’istituto bancario sudafricano Standard Bank (il più grande di tutta l'Africa) - acquisito, per il 20% nel 2007, dalla più grande banca commerciale cinese (Icbc), con un investimento di 5,5 miliardi di dollari -  ha dichiarato che il Dragone investiva in Africa prima che anche gli investitori americani ed europei si interessassero a tale mercato e secondo modalità differenti: “La strategia di investimento cinese, concentrata soprattutto sul settore delle commodities, è sicuramente caratterizzata dalla non ingerenza negli affari interni del Paese, o anche dei singoli settori di business. Sono più flessibili e non pongono condizioni. Ma c'è di più. Hanno una diversa concezione del rischio. Sono investitori di lungo termine e non cercano veloci ritorni”.
Dal 2002 al 2010 il tasso di crescita del commercio tra Cina e Africa è cresciuto mediamente del 33% l'anno; lo scorso anno l'export verso la Cina ha raggiunto i 66,9 miliardi di dollari - concentrati prevalentemente nel settore commodities energetiche e minerarie - e l'import è stato di 59,8 miliardi. Secondo Tasker il legame commerciale presente tra il Sudafrica, e l'intero continente africano, e Pechino è destinato a rafforzarsi ultieriormente.
Jacob Kolster, direttore per il Nordafrica dell'African development Bank, ritiene che l’elemento a favore del colosso asiatico consista nella disponibilità di liquidità: “La Cina ha un grande vantaggio: dispone di molta liquidità, anche perché è un investitore statale, all'opposto dell'India. Certo, i risultati delle sue opere infrastrutturali alcune volte non sono stati all'altezza delle aspettative, ma comunque per i Governi di diversi Paesi africani, dove la carenza di infrastrutture è il maggiore ostacolo allo sviluppo, si è trattato di un elemento positivo”. Mentre l’errore più grave commesso dall’Occidente, sempre secondo Kolster, è stato quello di aver sottovalutato le grandi potenzialità racchiuse nel continente africano e di averlo sempre considerato come “un recipiente di aiuti, non un luogo dove si può avere un ritorno commerciale per gli investimenti”.

lunedì 24 ottobre 2011

Infrastrutture ed energia le parole chiave della nuova Cina

La Cina è un enorme cantiere in continuo sviluppo, con 130 grandi progetti in corso, in particolare nei settori delle infrastrutture e dell’energia.

Come già preannunciato nel piano quinquennale 2011-2015, la Cina si presta ad un periodo di grandi opere, alcune delle quali sono già in fase di ultimazione. In cantiere, attualmente, ci sono ben 130 progetti, per un valore di 1.700 miliardi di dollari. Due sono le priorità che il Paese asiatico si è prefissato: soddisfare la domanda di energia e sviluppare le infrastrutture nazionali, entrambi con un occhio alla produzione ad alto valore aggiunto e all’innovazione tecnologica.
Nel primo caso, la Repubblica Popolare si trova a dover far fronte ad una richiesta energetica sempre maggiore, alla quale è doveroso rispondere anche in modo sostenibile. Nel piano economico sono previsti impianti idroelettrici, nucleari ed eolici e nuovi giacimenti petroliferi. Per incentivare lo sfruttamento di fonti rinnovabili, la Cina ha stanziato 315 miliardi di dollari che sosterranno un’economia nazionale low carbon, a basse emissioni, attenta all’ambiente e al clima. Proprio in questi giorni, tra l’altro, il Dragone ospita nella città di Dalian il “Low Carbon Earth summit 2011”, evento che attira ricercatori, imprese e istituzioni mondiali per discutere delle energie rinnovabili e della sostenibilità. La Repubblica Popolare dimostra così ancora una volta l’impegno verso la green economy, sul cui fronte è all’avanguardia grazie ad investimenti in ricerca e innovazione pari a 50 miliardi di dollari l’anno. Nel campo delle rinnovabili, inoltre, la Cina possiede il parco eolico più grande del mondo, a Jiuquan, nel Gansu, con 5.160 MW che nel 2020 diventeranno 20 GW.
Nell’ambito delle infrastrutture l’urgenza non è minore e il Paese ha infatti stanziato la maggior parte delle risorse nella costruzione di ferrovie, autostrade, porti e aeroporti che possano garantire un elevato tasso di sviluppo. Numerose sono anche in questo caso i progetti da record: il canale Nord-Sud per portare acqua dal fiume Yangtze (la più grande opera pubblica in costruzione); la linea ferroviaria a lievitazione magnetica Shanghai-Hangzhou di 200 km; i futuri cantieri navali più grandi al mondo che nasceranno a Changxing; il più grande porto al mondo di Tianjin; il più grande porto al mondo dedicato ai container di Yangshan.

giovedì 20 ottobre 2011

China Southern Airlines, primo operatore cinese per l’A380

La compagnia aerea cinese China Southern Airlines ha ricevuto dal CEO di Airbus il primo A380, e ora punta a diventare tra le aziende leader per il settore a livello internazionale.

In occasione di una speciale cerimonia a Tolosa, Tom Enders, Presidente e CEO di Airbus, ha ufficialmente consegnato alla China Southern Airlines il primo dei cinque Airbus A380 ordinati dalla compagnia cinese. Ora, l’azienda è diventata così il primo operatore cinese, e il settimo a livello mondiale, di uno degli aeromobili più eco-efficienti al mondo, che recentemente si è ulteriormente rinnovato negli standard e nel confort, migliorandone la redditività.
Per China Southern Airlines si apre una nuova fase di sviluppo che la porterà ad accrescere la competitività e, nel lungo periodo, a diventare una delle compagnie aeree leader nel mondo. Con il nuovo A380 l’azienda potrà offrire ai propri clienti un servizio di alta qualità, potendo disporre di un aeromobile più spazioso, più avanzato e dal confort internazionale.
Inizialmente, l’Airbus verrà utilizzato per le rotte nazionali, collegando le maggiori città cinesi quali Pechino, Shanghai e Guangzhou; successivamente l’A380 verrà impiegato anche nelle rotte internazionali.

mercoledì 19 ottobre 2011

Architetti stranieri per costruire la Cina

Nel giro di 50 anni la Cina avrà il 76% del proprio territorio urbanizzato; numerosi i progetti in cantiere e le opportunità nei settori dell’edilizia e del design che richiedono soprattutto professionisti occidentali.

È la Repubblica Popolare, attualmente, uno dei Paesi più attraenti per gli architetti e le società di costruzione internazionali: se oggi il Dragone investe molto nelle costruzioni (l’anno scorso ha speso 1000 miliardi di dollari per vari progetti), nei prossimi 50 anni si prevede che il 76% dl suo territorio sarà urbanizzato.
Molti professionisti del settore hanno già colto l’opportunità cinese: sono numerosi gli studi di architetti stranieri a Pechino e Shanghai, aperti al fine di capitalizzare la crescita del mercato edilizio. Chi è riuscito ad aprire un ufficio in loco ha visto raddoppiare gli utili nel giro di pochi anni. Alcune grandi opere del Paese asiatico, infatti, sono state realizzate da architetti occidentali, come il quartier generale di China Central Television di Pechino e la Guangzhou Opera House di Zaha Hadid. Le opportunità di business non ci sono solo nelle grandi metropoli, ma anche nelle città di secondo e terzo livello dove il fenomeno dell’urbanizzazione è in rapida evoluzione.
Nonostante l’appetibilità del mercato, permangono alcune difficoltà. In primis, la necessità delle società di costruzioni di doversi adattare alle esigenze del luogo: le tendenze e gli standard sono ancora molto differenti rispetto al design occidentale, così come i processi di costruzione, la progettazione e la qualità. Inoltre, le tempistiche sono decisamente ridotte rispetto a quelle occidentali: in Cina si costruisce nel giro di pochi mesi, invece che anni.
La presenza di architetti stranieri, assieme al maggiore tolleranza per le sperimentazioni, ha inevitabilmente modificato i paesaggi, rendendo le città cinesi più simili a quelle europee e statunitensi. Se da un lato, ciò rappresenta un modo per aprirsi alla globalizzazione, dall’altro è fonte di numerose critiche da parte di chi non ama lo stravolgimento dei concept orientali.

martedì 18 ottobre 2011

Nel terzo trimestre l’economia cinese cala

Secondo i dati relativi al terzo trimestre 2011, la Cina registra una crescita del 9,1% rispetto allo stesso periodo del 2010, contro il 9,3% previsto.

Nel periodo luglio-settembre 2011 la Cina ha registrato il peggior risultato economico dal 2009. Il trimestre in analisi, infatti, ha visto una crescita pari al 9,1% rispetto allo stesso trimestre del 2010; il ritmo appare rallentato rispetto a quanto previsto dalle stime ufficiali che prevedevano invece un aumento del 9,3%.
Con la pubblicazione di questi dati si sono già verificate le prime conseguenze: le borse di Shanghai e l’MSCI Asia Pacific Index hanno subito perdite tra l’1,2% e il 2%. Le piazze finanziare sono già sotto pressione da tempo a causa dell’incertezza sulla politica monetaria cinese e delle tensioni economiche. L’inflazione continua a salire provocando enormi rincari sul costo della vita, che in settembre ha avuto un picco del 6%. Il fenomeno inflattivo, poi, trascina con sé altri problemi, come la crisi del credito, particolarmente diffusa tra le Pmi di Wenzhou, dove gli imprenditori si sono affidati al “grey landing” per ottenere finanziamenti facili. Ulteriori rischi che corre il Dragone al momento sono il calo delle esportazioni e il rallentamento del settore immobiliare, in cui i prezzi delle proprietà cinesi hanno visto un nuovo aumento del 32% medio in settembre.

lunedì 17 ottobre 2011

Hong Kong a caccia di luxury brand italiani

Per risollevarsi dalle continue discese, l’Hong Kong Exchange punta alle quotazioni sul listino dei marchi italiani di lusso, soprattutto nel settore dell’abbigliamento.

Nonostante il calo generalizzato delle borse asiatiche, la piazza di Hong Kong è alla ricerca di nuove quotazioni, preferibilmente di marchi italiani del lusso. Durante l’estate si è assistito alle adesioni di Prada, Samsonite e altre matricole, le cui quotazioni sul listino della Hong Kong Exchange permettono una facilitazione all’espansione in Asia, grazie alla minor complessità burocratica e ad un miglior accesso al mercato asiatico. Prada, ad esempio, ha da tempo in corso una strategia commerciale rivolta al continente asiatico, e in particolare in Cina, che ha portato l’azienda ad avere, quest’anno, il 40% del business proveniente dall’Asia, percentuale che potrebbe salire al 50% nel 2012. Le vendite del brand di moda nella Cina continentale, Hong Kong e Macao sono state di 223 milioni di euro nel primo semestre, con una crescita del 38%, pari al 20% dei ricavi. le previsioni, inoltre, parlano della possibilità di raddoppiare, se non triplicare, le vendite nei prossimi 2-3 anni.
Tra le altre aziende a cui la borsa di Hong Kong sarebbe interessata ci sarebbe un altro marchio di abbigliamento: Versace, al quale si aggiungono nomi come Cavalli e Dolce & Gabbana. Oltre alla moda, interessanti sarebbero, poi, le quotazioni di Ducati e Ferrari.
Tuttavia, l’arricchimento del listino della Hong Kong Exchange porterebbe, dall’altra parte, all’impoverimento di Piazza Affari, già in notevole difficoltà sul fronte dei capitali.

venerdì 14 ottobre 2011

Nuova tassa sulle terre rare

Le aziende operative nel settore delle terre rare in Cina dovranno pagare una nuova tassa decisa dal governo centrale per ridurre l’estrazione dei metalli e il conseguente inquinamento.

Il governo di Pechino ha introdotto una nuova tassa sulle terre rare: le aziende del settore dovranno così pagare tra il 5% e il 10% dei loro profitti al fisco cinese. Si tratta dell’ennesima misura intrapresa dalla Repubblica Popolare per equilibrare il comparto delle Ree, metalli piuttosto rari ma utili in molte industrie a livello globale.
Il Dragone ha recentemente intrapreso una linea dura nei confronti dell’estrazione di terre rare, soprattutto verso il mercato illegale, in quanto si tratta di elementi tossici e quindi molto dannosi per l’ambiente. Il settore, inoltre, è particolarmente complesso, dato che, oltre alla difficoltà e alla pericolosità dell’estrazione, il vantaggio redditivo di un’azienda si verifica solo nel momento in cui riesce ad estrarre enormi quantitativi di Ree, ovvero grandi percentuali per tonnellata. A ciò si deve aggiungere la difficoltà nel reperire personale esperto o con una formazione adatta al comparto: figure quali esperti minerari e chimici che abbiano dimestichezza con le terre rare sono poche nel mondo e per la maggior parte di nazionalità cinese o russa.
Attualmente la Cina detiene il monopolio di Ree, grazie ai numerosi siti di cui dispone e agli investimenti nella formazione di personale che ha effettuato negli ultimi decenni. Tuttavia, a causa della conseguente scarsa disponibilità dei metalli in questione, nuovi siti estrattivi verranno resi operativi nel giro di due anni: Lynas in Australia, Moolycorp negli USA, Stans Energy in Asia.

giovedì 13 ottobre 2011

Cina, quarto mercato per la seta italiana

La Cina sorpassa la Germania nella classifica degli acquirenti di seta mondiale italiana, confermando la ricerca per l’alta qualità.

La Repubblica Popolare è diventata il quarto mercato di destinazione dei tessuti serici italiani, dopo Francia, Spagna e Stati Uniti, superando così la Germania. Secondo l’analisi dell’ufficio studi di Intesa Sanpaolo, nel primo semestre 2011 la Cina ha avuto un incremento del 35% negli acquisti delle stoffe in seta Made in Italy, prodotte per la maggior parte nella zona di Como. Il trend conferma l’interesse dei consumatori cinesi per articoli di elevata qualità, pregiati e più costosi. Infatti, oltre alle stoffe, si registra un buon andamento anche nelle vendite di accessori femminili, quali i foulard.
In generale, comunque, il comparto italiano della seta ha raggiunto ottimi risultati quest’anno, secondo quanto riportato dagli studi di Sistema Moda Italia: il fatturato è cresciuto nel primo trimestre di quest’anno del 23,7% rispetto al 2010 e le vendite del 13,4%. L’andamento del fatturato nei mercati esteri ha avuto un balzo del 21%, mentre sul mercato nazionale è salito del 27,3%.
Tuttavia, se il Dragone da un lato rappresenta un mercato di sbocco interessante, dall’altro è visto come una minaccia. La produzione locale nel settore tessile ha visto un aumento dei livelli qualitativi, con il risultato che nel giro di pochi anni il Paese asiatico potrebbe diventare un temibile concorrente nell’offerta di articoli e tessuti in seta ma non solo. Lo conferma anche la tendenza tra le aziende italiane di abbigliamento che negli ultimi anni hanno trasferito le produzioni in Cina senza diminuire gli standard qualitativi della merce. Ne sono un esempio Snobby Sheep, marchio fondato da Stefano Impecora, che ha spostato gli stabilimenti in Cina per poter vendere prodotti di stile italiano ma a prezzi sostenibili; analoga scelta per la Lerock di Luca Berti, che produce a Guangzhou la sua linea di jeans. In entrambi i casi il design, i prototipi e i materiali sono italiani ma la fabbricazione è diventata cinese.

mercoledì 12 ottobre 2011

Si intensifica la collaborazione tra Cina e Russia

Putin si trova in visita ufficiale a Pechino, dove avrà alcuni importanti colloqui con le autorità cinesi per rafforzare i rapporti economici e commerciali tra i due Paesi.

Il premier uscente della Russia, Vladimir Putin, è in visita ufficiale in questi giorni a Pechino, dove ha in programma una serie di colloqui con il primo ministro cinese Wen Jiabao e il presidente Hu Jintao. Questo appuntamento, oltre ad avere come obiettivo l’intensificazione economica e commerciale tra i due Paesi, ha una grande valenza politica. Putin, infatti, ha recentemente annunciato la sua futura presidenza, con l’intenzione di avviare nei prossimi 12 anni un’integrazione economica tra i Paesi dell’Eurasia.
L’interscambio economico tra Russia e Cina dovrà passare quest’anno dai 59 miliardi di dollari ai 70 miliardi, e ai 100 miliardi nel 2015 fino ai 200 entro il 2020, concentrandosi maggiormente sulle innovazioni e le tecnologie avanzate. Gli impegni reciproci prevedono che la Federazione Russa sostenga il Dragone nello sviluppo dell’energia nucleare e dell’industria aerospaziale, mentre la Repubblica Popolare fornirà il proprio aiuto alla Russia nella produzione dei treni ad alta velocità e nelle energie alternative. A tale scopo, durante la visita Putin firmerà un memorandum sulla collaborazione per la modernizzazione dell’economia russa.
Tra gli altri accordi che verranno firmati c’è anche l’intesa per la creazione di un fondo di investimento di 4 miliardi di dollari, al quale contribuiranno il Fondo russo di investimenti diretti e la China Investment Corporation. La condizione alla firma del documento è quella che almeno il 70% del denaro dovrà essere investito in Russia o nella Comunità di Stati indipendenti per progetti strategici, tra cui lo sviluppo di giacimenti minerari e il sistema di trasporto in Siberia.
Infine, questa visita servirà a discutere nuovamente la questione del prezzo del gas, sul quale non è ancora stata raggiunta un’intesa per la fornitura di 70 miliardi di metri cubi all’anno.

martedì 11 ottobre 2011

Collaborazione sino-italiana nella sanità

La Cina è interessata al modello sanitario italiano e potrebbe avviare una collaborazione con il nostro Paese nei prossimi mesi.

Il ministro italiano della salute, Ferruccio Fazio, è stato in visita ufficiale a Pechino la scorsa settimana, dove ha incontrato il ministro cinese Chen Zhu per discutere la possibilità di una collaborazione tra Italia e Cina nel settore sanitario. La Repubblica Popolare, infatti, ha abolito il vecchio sistema sanitario una ventina di anni fa e ora vorrebbe rivoluzionarlo avvicinandosi alle esigenze dei cittadini. Per questo, ancora nel 2008, il governo varò un piano per permettere l’accesso ai servizi di base a tutti i cittadini e avviò una serie di programmi per individuare il modello straniero più vicino alle proprie esigenze; l’Italia offre uno degli esempi più ottimali con il suo sistema universalistico.
A tal fine la collaborazione sino-italiana vedrebbe coinvolte le regioni e le aziende sanitarie attraverso molteplici modalità, quali: formazione del personale infermieristico e medico; condivisione di metodologie di controllo dei sistemi; partecipazione di gruppi italiani a gare di appalto per la costruzione di nuove strutture sanitarie con relativi impianti tecnologici.
Al momento non esiste ancora nessuno accordo formale ma nei prossimi mesi seguiranno tavoli tecnici e incontri per poter strutturare concretamente la cooperazione tra i due Paesi.

lunedì 10 ottobre 2011

Le società più note ai cinesi: classifica Interbrand 2011

La classifica di Interbrand 2011 ha pubblicato le aziende più note ai consumatori cinesi; ai primi posti le società di telecomunicazioni, banche e assicurazioni.

L’edizione 2011 di “Best China Brand” di Interbrand, che analizza il valore economico delle aziende, vede ai primi dieci posti società che poco hanno a che vedere con i beni di largo consumo. Sul primo scalino del podio, infatti, si classifica China Mobile, marchio cinese dal valore pari a 24 miliardi di euro, seguita quasi esclusivamente da sette società di servizi finanziari, eccezione fatta per il settimo posto di Moutai, produttore di alcolici. Buon posizionamento anche per Tencent, internet provider, portale e fornitore di servizi ad alto valore aggiunto, con il +50% di fatturato nel primo semestre 2011, e Lenovo per l’hi-tech. Nel campo di internet vanno bene Baidu, il più importante motore di ricerca cinese, e Alibaba, colosso dell’e-commerce dal valore di 32 miliardi di dollari. Quest’ultimo, oltre ad essere utilizzato da piccole e medio imprese in tutto il mondo, sarebbe intenzionato ad acquistare Yahoo! Inc., al quale è già legato da sei anni, per entrare nel mercato statunitense.
Tra i produttori di beni di alto consumo sono in fase di ascesa Anta Sports, che possiede tra l’altro l’italiana Fila, e Dongfeng, importante produttore locale di auto. Meno bene, invece, per le aziende di elettrodomestici, quali Gree, Midea e Haier, che occupano la parte medio-bassa della classifica. In calo le imprese alimentari: Yurun per la carne di maiale (- 10%), Mengniu per latte e derivati (- 27%) e Shuanghui (- 41%).

venerdì 7 ottobre 2011

Aumenta il credito privato cinese

Fuori controllo, ormai, il fenomeno del credito privato in Cina e scatta l’allarme dell’authority.

La Cina è preoccupata per l’aumento insostenibile del fenomeno di credito privato; il Paese asiatico, infatti, registra il tasso più elevato di criminalità finanziaria del mondo. Da sempre, si può dire, il Dragone tollera questa forma di finanziamento informale che vede società, aziende, botteghe, consorzi di amici, famiglie e privati prestare danaro proprio o girare a terzi i soldi ricevuti in prestito dalle banche. Questa forma di credito è illegale, soprattutto perché viene erogato a tassi di interesse molto alti, a volte agli stessi livelli dell’usura.
Tuttavia, grazie a questo canale di finanziamento molte piccole e medio imprese sono riuscite a crescere contribuendo al boom economico cinese, motivo per cui il Governo non ha mai varato misure per contrastare la pratica. Ora però il fenomeno rischia di andare fuori controllo: i creditori privati nel Paese sono già centinaia e aumentano esponenzialmente a causa della stretta monetaria varata un anno fa dalla People’s Bank of China che impedisce a molti piccoli imprenditori l’accesso al credito pubblico. Il governo centrale, infatti, ha frenato i prestiti e bloccato la liquidità per ridurre l’inflazione. L’allarme proviene dalla China Banking Regulatory Commission, secondo cui i finanziamenti privati definiti “Grey lending” erogati nelle zone costiere ammonterebbero a circa 3 mila yuan (350 miliardi di euro), 64 aziende non operanti nel settore finanziario ma quotate in borsa avrebbero 17 miliardi di yuan (2 miliardi di euro) provenienti dal credito informale.
Parallelamente, se il grey lending continua a crescere, diminuiscono invece i prestiti concessi dalle banche cinesi: nella prima metà di settembre i prestiti erogati dai quattro principali istituti cinesi hanno registrato un calo di 87 miliardi di yuan.
Solo recentemente il premier cinese Wen Jiabao si è espresso in merito, esortando il governo a fornire un maggiore supporto finanziario alle piccole imprese, sostenendo che esse svolgono «un ruolo insostituibile nella creazione di posti di lavoro e per la crescita economica».

giovedì 6 ottobre 2011

In Cina crescerà a breve l’import di mais

Nei prossimi mesi la Cina dovrà tornare a rivolgersi ai mercati internazionali per gli approvvigionamenti di mais.

La prospettiva che anche la crescita della Cina possa frenare allarma i mercati delle materie prime; tuttavia, per quanto riguarda il mais, è improbabile che quest’ultimo perda il sostegno degli acquisti cinesi: Pechino avverte che, nonostante gli abbondanti raccolti di cereali, prossimamente il Paese dovrà tornare a rivolgersi ai mercati internazionali per gli approvvigionamenti ed è molto probabile che a breve le sue importazioni aumentino del quadruplo rispetto ai livelli attuali. Fan Zhenyu, vice direttore generale della Cofco - società statale incaricata degli approvvigionamenti - sostiene che se il Dragone non riuscirà a migliorare la resa delle proprie coltivazioni, spesso minate dalla siccità e difficilmente ampliabili a causa dell'elevata urbanizzazione, potrebbe arrivare a importare annualmente tra 5 e 10 milioni di tonn., raggiungendo addirittura 20 milioni di tonn. nel 2020 (nella stagione 2010-2011 dall’estero ne ha acquistate 1,3 milioni).
Sebbene gli analisti abbiano stimato che le riserve di Pechino siano piuttosto basse (intorno a 12 milioni di tonn - equivalenti a un mese di consumi) e che la domanda potrebbe salire addirittura del 6,8%, alcuni funzionari di Stato prevedono che Pechino aspetterà qualche mese prima di avviare le importazioni, perché solo quando il raccolto locale sarà concluso (verso marzo), si potrà avere una più chiara visione delle reali necessità del Paese; inoltre, i prezzi, ora molto elevati, potrebbero nel frattempo calare. Vi è inoltre da considerare il fatto che Pechino persegue da anni l'obiettivo dell'autosufficienza e continuerà a perseguirlo, come assicura Fang Yan, della Commissione nazionale per le riforme e lo sviluppo, che ha affermato: “Grandi importazioni da parte della Cina potrebbero accrescere la volatilità dei prezzi a livello globale e creare problemi di approvvigionamento ai Paesi più poveri”. Tuttavia, anche se non se ne possono prevedere con precisione i tempi, per il colosso asiatico l’aumento dell’import dei cereali appare ormai una scelta obbligata.

martedì 4 ottobre 2011

Dal “made in China” al “designed by China”

In Cina aumentano la spesa e il consumo relativi al mondo della moda e anche “il ceto medio” è  alla ricerca di articoli di qualità.

Si è conclusa ieri la prima settimana internazionale del design a Pechino: centinaia di mostre, eventi ed espositori hanno dato vita alla più grande rassegna mondiale dello stile, che ha coinvolto 600 nuovi stilisti e designer e 400 nuovi marchi.
Come ha dichiarato Merete Brunander, presidente della Design Week di Copenhagen, il Dragone sembra ormai pronto per il primato in ogni campo, anche in quello della moda: “L’era in cui l’Occidente ha avuto il monopolio sul business del gusto è finita e l’Asia si appresta a riconquistare anche questo mercato”.
Anche in Cina aumentano la spesa e il consumo relativi al mondo della moda e anche i cinesi “del ceto medio” sono alla ricerca di articoli di qualità: la spesa per moda, arredamento e beni di lusso Cresce del 124% all’anno. Un rapporto McKinsey prevede che entro il 2015 il colosso asiatico rappresenterà il 23% del fatturato globale del design e nel 2020 la quota salirà al 35%, al 58% se si prende in considerazione tutto l’Oriente.
La novità consiste nella nascita di un nuovo stile, dall’abbigliamento alla casa, uno “stile cinese contemporaneo”, che alla tradizione dell’estetica imperiale unisce l’innovazione dei materiali, la praticità degli oggetti e la sostenibilità ambientale dei processi produttivi. Il boom del design cinese ha avviato una vera e propria rivoluzione nell’artigianato e nell’industria del Dragone: sono migliaia le imprese che si stanno riconvertendo dalla produzione in serie low cost alla creazione di pezzi unici d’alta gamma, facendo fiorire laboratori famigliari dislocati dalle metropoli. L’attrattiva dei capi “designed by China” risiede nel fascino del gusto orientale e, com’è risaputo, nella modicità del prezzo: come ha affermato  Maria Ching Yeung, ad del primo marchio di lusso cinese, “finalmente anche il meglio diventerà alla portata di tutti”.

lunedì 3 ottobre 2011

La Cina inaugura la sua era spaziale

Il Dragone è pronto per conquistare lo spazio ed affermarsi anche nel settore aerospaziale: lanciato con successo il promo modulo per la prima stazione spaziale cinese.

La Repubblica Popolare Cinese si vuole imporre anche nel settore spaziale, avvicinandosi alle imprese di protagonisti storici dello spazio, quali Stati Uniti e Russia. Da tempo il Dragone desiderava affermarsi nello Spazio con una propria stazione spaziale e ora sembra riuscire nel suo intento. Da Jiquan, nella provincia di Gansu, è stato lanciato il Tiangong-1 (Palazzo Celeste), modulo sperimentale che accoglierà sonde, astronauti ed esperimenti scientifici. Inoltre, il modulo sarà in grado di individuare segnali di inquinamento da metalli, residui di pesticidi e malattie delle piante sul territorio cinese.
In novembre verrà, poi, lanciata una capsula personale, Shenzhou 8, che tenterà l’attracco al Tiangong. Seguiranno, successivamente, altre missioni per completare la stazione: Shenzhou 9 e 10 e una spedizione con equipaggio umano, che secondo le fonti ufficiali avverrà nel 2012. Alla fine, la Cina dovrebbe essere in grado di realizzare una stazione spaziale da 60 tonnellate nel giro di 10 anni.
Per il Paese asiatico questa è la prima esperienza di docking, ovvero l’assemblaggio nello spazio, la cui realizzazione è stata commissionata alla China Manned Space Engineering (Cmse).