Fuori controllo, ormai, il fenomeno del credito privato in Cina e scatta l’allarme dell’authority.
La Cina è preoccupata per l’aumento insostenibile del fenomeno di credito privato; il Paese asiatico, infatti, registra il tasso più elevato di criminalità finanziaria del mondo. Da sempre, si può dire, il Dragone tollera questa forma di finanziamento informale che vede società, aziende, botteghe, consorzi di amici, famiglie e privati prestare danaro proprio o girare a terzi i soldi ricevuti in prestito dalle banche. Questa forma di credito è illegale, soprattutto perché viene erogato a tassi di interesse molto alti, a volte agli stessi livelli dell’usura.
Tuttavia, grazie a questo canale di finanziamento molte piccole e medio imprese sono riuscite a crescere contribuendo al boom economico cinese, motivo per cui il Governo non ha mai varato misure per contrastare la pratica. Ora però il fenomeno rischia di andare fuori controllo: i creditori privati nel Paese sono già centinaia e aumentano esponenzialmente a causa della stretta monetaria varata un anno fa dalla People’s Bank of China che impedisce a molti piccoli imprenditori l’accesso al credito pubblico. Il governo centrale, infatti, ha frenato i prestiti e bloccato la liquidità per ridurre l’inflazione. L’allarme proviene dalla China Banking Regulatory Commission, secondo cui i finanziamenti privati definiti “Grey lending” erogati nelle zone costiere ammonterebbero a circa 3 mila yuan (350 miliardi di euro), 64 aziende non operanti nel settore finanziario ma quotate in borsa avrebbero 17 miliardi di yuan (2 miliardi di euro) provenienti dal credito informale.
Parallelamente, se il grey lending continua a crescere, diminuiscono invece i prestiti concessi dalle banche cinesi: nella prima metà di settembre i prestiti erogati dai quattro principali istituti cinesi hanno registrato un calo di 87 miliardi di yuan.
Solo recentemente il premier cinese Wen Jiabao si è espresso in merito, esortando il governo a fornire un maggiore supporto finanziario alle piccole imprese, sostenendo che esse svolgono «un ruolo insostituibile nella creazione di posti di lavoro e per la crescita economica».
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