Le principali notizie e informazioni di natura economica, finanziaria, giuridica e politica relative alla Cina

mercoledì 31 marzo 2010

Siccità nel Sud-Est della Cina: numerosi danni economici ma ora arrivano gli aiuti del governo

I danni provocati dalla lunga siccità che continua a devastare il Sud-Est della Cina dall’estate scorsa sono enormi. Circa 7,73 milioni di ettari di superficie coltivabile sono stati colpiti dal fenomeno, provocando un forte impatto sulla vita e lo sviluppo economico della regione. 24,25 milioni di persone e 15,84 milioni di animali sono coinvolti e soffrono per la mancanza di acqua potabile. Le cause della lunga siccità sono molteplici: la mancanza di pioggia, diminuzione della portata d’acqua dei fiumi, alte temperature, scarsi servizi per la fornitura d’acqua e uso inefficiente dell’acqua. La situazione futura non sembra migliorare, in quanto si prevede che la siccità continuerà ancora per molto.
Le conseguenze economiche del disastro sono molteplici, a cominciare dall’aumento dei prezzi dei prodotti agricoli della zona. Nella provincia di Guangdong, ad esempio, il prezzo del riso è aumentato del 10% arrivando a circa 8 dollari a sacchetto. Anche la verdura, il tè, fiori freschi ed alcune erbe tipiche di quell’area hanno subito incrementi notevoli di prezzo negli ultimi mesi. Le produzioni agricole, inoltre, sono fortemente diminuite: quella del riso è calata del 10% in quanto la canna da zucchero è stata decimata dalla siccità; nella provincia di Guangxi la produzione è stata addirittura fermata. Il prezzo dello zucchero, di conseguenza, ha raggiunto livelli altissimi. Tra gli effetti più devastanti c’è la misera condizione dei contadini, i quali hanno dovuto rinunciare al raccolto del grano e delle piante leguminose. La mancanza di acqua potabile e di lavoro rende la vita impossibile in queste aree, motivo per cui le autorità consigliano di trovare lavoro in altre zone come lavoratori migranti.
Gli aiuti economici per risollevare la drammatica situazione sono stati stanziati: 72 milioni di dollari per il rinnovo e la costruzione di riserve d’acqua, impianti d’irrigazione e acquedotti. Molti contadini hanno cominciato a coltivare mais, tabacco e patate con tecnologie e sistemi d’irrigazione che risparmiano acqua. Ma per limitare i danni il governo dovrebbe puntare maggiormente su progetti di conservazione dell’acqua, anche in previsione di fenomeni analoghi futuri. Secondo il ChinaDaily, il governo centrale avrebbe stanziato 922,4 miliardi di dollari per supportare i progetti da attivare nella regione colpita.

martedì 30 marzo 2010

I dirigenti della Rio Tinto condannati dal tribunale di Shanghai

Il tribunale di Shanghai ha infine condannato i quattro dirigenti della compagnia mineraria australiana Rio Tinto, accusati di corruzione e furto di segreti di stato. Dieci anni per l’australiano di origine cinese Stern Hu, general manager della società, e dai 7 ai 14 anni per gli altri tre manager di cittadinanza cinese. I quattro avrebbero ricevuto dei pagamenti personali da acciaierie cinesi per la fornitura di ferro dalla Rio Tinto, provocando così gravi perdite per le industrie cinesi del settore. La sentenza è stata definita da molti dura e sproporzionata rispetto ai reati commessi, sui quali sorgono ancora molti dubbi. C’è, infatti, chi crede che l’operazione sia dovuta al mancato investimento dell’anno scorso dell’azienda mineraria cinese Chinalco nell’impresa australiana in questione, partnership che avrebbe garantito alla Cina una stabile fornitura di ferro. La Rio Tinto, infatti, è uno dei maggiori fornitori alla Cina del metallo e vi esporta ogni anno enormi quantitativi di merce. Secondo le autorità cinesi, invece, la sentenza rappresenta la giusta conseguenza per chi non rispetta le regole del paese e vuole essere da monito per il futuro.
Sta di fatto che questa vicenda, che segue il recente caso di Google, ha contribuito ad accrescere il clima di tensione tra le imprese internazionali presenti in Cina, le quali hanno seguito con grande interesse l’evolversi del processo. Tuttavia, la Rio Tinto, che ha grandi interessi nel paese, ha dichiarato che la condanna dei suoi dirigenti non incrinerà il rapporto con la Cina.

lunedì 29 marzo 2010

Nuovo trattamento fiscale per gli uffici di rappresentanza in Cina

L’ufficio delle imposte cinese (State Administrative of Tax) ha decretato con nuovo regolamento del 20 febbraio che anche gli Uffici di Rappresentanza dovranno pagare l’Enterprise Income Tax (EIT) sul reddito imponibile. Il regolamento ha effetto retroattivo e si applica a decorrere dal 1 gennaio 2010. L’Ufficio di Rappresentanza dovrà presentare ogni tre mesi le dichiarazioni dell’EIT e della Business Tax in base ai risultati, oltre a presentare e versare l’IVA. Nel caso in cui non sia possibile presentare la documentazione o non si sia in grado di calcolare il reddito dell’UR, l’autorità fiscale applicherà uno dei seguenti metodi:
- Il cost plus method: nel caso in cui l’UR non sia in grado di fornire dettagli accurati sul proprio fatturato e sui propri costi;
- Il deemed profit method (sulla base del fatturato): per gli UR che non sono in grado di valutare i costi e le spese.
Qualora venga applicato un deemed amount methods il tasso con cui viene calcolato il profitto aumenterà al 15% dal 10% precedente. Le autorità fiscali non accetteranno più domande per l’esenzione dell’EIT e dovranno rivedere l’imponibilità di quegli UR che avevano già ottenuto l’esenzione.

Il gruppo cinese Geely acquista Volvo

E’ stata firmata a Goteborg la vendita di Volvo a Geely Holding Group, il primo gruppo automobilistico privato cinese fondato nel 1998 da Li Shufu. Ford Motor Co. cederà Volvo per 1,8 miliardi di dollari, dopo che la comprò nel 1999 per la cifra di 6,45 miliardi di dollari. La decisione era già stata presa dalla società americana nel 2008, dopo che Volvo negli ultimi anni ha iniziato a perdere quote di mercato e a ridurre la produzione, e segue la vendita di altri marchi appartenuti al gruppo: Land Rover, ceduta all’indiana Tata nel 2008 e Aston Martin, venduta ad un consorzio del Kuwait nel 2007. L’operazione permetterà ora a Ford di concentrarsi sulla strategia “One Ford”, focalizzando l’impegno sul marchio core.
Per Geely, il quale ha venduto circa 300.000 veicoli l’anno scorso e conta circa 14.000 dipendenti, questo acquisto rappresenta un’ottima opportunità per accedere al mercato occidentale oltre ad un’occasione per fabbricare veicoli Volvo per il mercato interno. Il gruppo cinese, infatti, intende aprire una nuova fabbrica a Pechino, ma promette di mantenere le attività di ricerca, il quartier generale e la produzione in Svezia, oltre all’impianto svedese e quello belga. Secondo l’accordo, inoltre, verranno mantenute tutte le relazioni che Volvo ha costruito con dipendenti, sindacati, fornitori, operatori e clienti. L’obiettivo che Geely si pone è quello di raddoppiare le vendite del marchio svedese entro il 2015. Il gruppo potrà contare sul sostegno del governo ed il finanziamento delle banche, oltre ad operare in un mercato interno in forte aumento, le cui vendite di auto sono aumentate l’anno scorso del 48%.

venerdì 26 marzo 2010

Firmato nuovo accordo tra Cina e Afghanistan

In seguito alla visita in Cina del presidente afghano Hamikd Karzai, la Cina aumenterà i propri investimenti in Afghanistan. Mercoledì scorso il presidente cinese Ho Jintao e Karzai hanno firmato una serie di accordi riguardanti la cooperazione economica tra i due paesi, l’addestramento tecnologico e tariffe speciali per le esportazioni afghane verso la Cina. L’impresa statale “China Metallurgic Group” inoltre investirà 3 miliardi di dollari nelle miniere di rame a Kabul. La Cina sta svolgendo un ruolo importante, a livello internazionale, nella ricostruzione post-bellica dell’Afghanistan, impegnandosi sia sul fronte economico che sulla sicurezza nazionale. Ha, infatti, dato un forte supporto per la ricostruzione delle infrastrutture come strade e acquedotti, per la stabilità ed il lavoro. D’altronde, il paese asiatico nutre molti interessi nei confronti dell’Afghanistan, il quale rappresenta un’importante bacino di gas naturale e ferro. Il governo afghano, per rafforzare questa collaborazione, ha dichiarato che si impegnerà nella tutela delle imprese cinesi presenti sul proprio territorio.

giovedì 25 marzo 2010

I consumi cinesi non crescono secondo il loro potenziale

Secondo molti osservatori economici I consumi cinesi sarebbero compressi e non elevati come potrebbero. La causa economica principale è, nell’opinione generale, la sottovalutazione del cambio dello yuan, ma esiste anche una spiegazione sociale più convincente. A causa di un sistema di sicurezza sociale poco sviluppato i cinesi avrebbero paura del futuro e questa generale insicurezza riguarderebbe il timore di povertà, malattie, disoccupazione. Tuttavia attualmente la quota commerciale della Cina si aggira intorno all’8% ed è destinata a crescere nei prossimi anni, proprio mentre i paesi sviluppati affrontano invece il periodo post-crisi. Il successo commerciale della Cina non si basa esclusivamente sull’export, ma emerge anche grazie ad un’importazione crescente; la Cina infatti importa soprattutto materie prime da nazioni come il Brasile e i paesi del Golfo. Nei prossimi anni inoltre si prevede che il 30% della quota mondiale dei consumi verrà proprio dalla Cina.

martedì 23 marzo 2010

La Cina aumenta la propria dipendenza dalle importazioni di petrolio e intanto la PetroChina acquista la Arrow Energy

Secondo la NEA (National Energy Administration) la Cina nel corso di quest’anno aumenterà del 5 % le importazioni di petrolio, raggiungendo così la quantità di 210 milioni di tonnellate importate. Nel 2009, infatti, la quantità importata era di 203,8 milioni di tonnellate a fronte di 5,16 milioni di tonnellate esportate. Attualmente la necessità cinese di petrolio è di circa 400 milioni di tonnellate. Questo aumento è dovuto principalmente all’incremento dell’utilizzo di automobili e allo sviluppo ed espansione di aziende logistiche e di trasporti. Anche la necessità di maggior carbone costringe la Cina ad importare quest’anno circa 100 milioni di tonnellate del combustibile, producendone già 3,15 miliardi di tonnellate.
Intanto sul fronte energetico il paese ha ottenuto una grande vittoria: la compagnia energetica australiana Arrow Energy Ltd ha infatti accettato la proposta di 3,2 miliardi di dollari della PetroChina e della Royal Dutch Shell Plc. La CS CSG Pty Ltd, una joint venture 50-50 della PetroChina e della Shell, un volta ultimato l’accordo sarà in grado di gestire gli affari della Arrow’s Queensland in Australia. Esporteranno così 8 miliardi di gas liquido naturale all’anno sfruttando le capacità e competenze delle due compagnie. Grazie a questo accordo la Cina sarà in grado di soddisfare parte della propria necessità energetica.

La Cina vuole costruire 28 nuovi reattori nucleari

Entro il 2020 la Cina ha intenzione di costruire 28 nuovi reattori nucleari, 20 dei quali sarebbero già stati avviati. Essendo il secondo consumatore mondiale di energia il paese si vede costretto ad aumentare le proprie fonti energetiche, riducendo così la dipendenza da petrolio e carbone. Attualmente la capacità energetica derivante dal nucleare è di circa 9 giga watt ma grazie a questo nuovo progetto la capacità supererà i 70 giga watt. Il costo dell’operazione si aggira attorno ai 2,1 miliardi di dollari ed ogni reattore necessiterà di 50 mesi per essere ultimato. Una volta avviati, ognuno dei 28 reattori potrà dare energia a circa 800.000 case. La scelta del nucleare, inoltre, incontra la volontà di aumentare l’utilizzo di energia pulita, decisione presa a livello internazionale già da molti paesi. A livello mondiale si è, infatti, pianificato di raggiungere i 200 giga watt di capacità nucleare per combattere il riscaldamento globale.

lunedì 22 marzo 2010

La Cina si dichiara favorevole alla liberalizzazione del commercio

Giovedì scorso, durante il consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite, Li Baodung, rappresentante cinese delle Nazioni unite, ha dichiarato che la Cina «sostiene la liberalizzazione e la facilitazione del commercio globale e si oppone al protezionismo commerciale in tutte le sue forme». Ha inoltre affermato che il commercio è la chiave per la ripresa economica mondiale che ha colpito soprattutto i paesi sviluppati.
Un primo segnale verso questa direzione si è già avuto con l’eliminazione del divieto di importazione della carne di maiale dagli Stati Uniti. La proibizione di questo prodotto si era decisa nel corso del 2009, in seguito alla diffusione del virus H1N1 che aveva pesantemente diminuito il consumo di carne suina e il suo commercio. Già ad ottobre però Cina e Stati Uniti si erano accordati per riprendere gradualmente le importazioni verso la Cina della carne di maiale.
Probabilmente l’apertura verso la liberalizzazione favorirà anche l’importazione di minerali ferrosi, la cui dipendenza in Cina raggiunge oggi il 70% del commercio mondiale.

Record di deficit commerciale per la Cina

Secondo il Ministro del Commercio Chen Deming, la Cina dovrebbe raggiungere nel mese di marzo il record di deficit commerciale, il primo registrato da maggio del 2004.
Una prima causa sono sicuramente le impennate delle importazioni registrate negli ultimi mesi, ma tra i responsabili di questa situazione primeggiano gli Stati Uniti, che creerebbero forti pressioni sulla valuta cinese. Le misure difensive nei confronti dello yuan sarebbero state decise in seguito al forte surplus commerciale della Cina con gli Stati Uniti, dovuto all’aumento delle esportazioni del paese asiatico. Negli ultimi trent’anni, infatti, le esportazioni cinesi erano aumentate di oltre il 20% e nonostante la crisi il surplus commerciale aveva continuato a crescere. Solo quando lo yuan nel 2009 si è attestato stabile contro il dollaro, il surplus cinese ha iniziato a crollare. La Cina ha puntato il dito contro l’amministrazione Obama, che per tutelare l’economia americana avrebbe preso di mira la valuta del paese asiatico. Tra le misure prese dagli Stati Uniti ci sarebbero, secondo la Cina, anche forti restrizioni sulle esportazioni di prodotti high-tech, che hanno contribuito pesantemente al disavanzo nella bilancia commerciale della Cina.

A Shangai si promuove il lavoro nelle industrie "low carbon"

Si è tenuta a Shangai sabato scorso la fiera del lavoro per professionisti del low carbon, ovvero produzione di basse emissioni serra. La manifestazione è stata promossa dalla “Beijing Instrument Industry Group Co Ltd” ed ha coinvolto aziende automobilistiche ed industrie meccatroniche, offendo in totale 383 opportunità di lavoro nel settore. L’evento aveva l’obiettivo di promuovere l’importanza del low carbon sia nel business che nella società, e quindi una maggior sensibilizzazione nei confronti dell’ambiente e della sua tutela. Molte sono state le persone che hanno presentato il proprio curriculum, in particolare giovani laureati. Tuttavia non tutti si sono mostrati realmente interessati e a conoscenza del concetto di low carbon e gli stessi operatori non hanno notato grandi differenze con altre fiere del lavoro. Il termine in realtà nasce dal Lcap (Low Carbon Action Plan), progetto nato per il trattato di Copenaghen e rivolto ai paesi non industrializzati al fine di coinvolgerli nella missione di riduzione delle emissioni serra. Questa fiera, quindi, rappresenta un segnale importante per la Cina, in quanto dimostra la volontà di occuparsi in modo responsabile dell’ambiente, ma sembra che ci sia ancora molto da fare per coinvolgere attivamente la popolazione e le imprese.

venerdì 19 marzo 2010

Anche l’imprenditoria cinese rifiuta la rivalutazione monetaria richiesta da Washington

L'associazione imprenditoriale cinese "China Council for the Promotion of International Trade" non accetta le pressioni statunitensi verso una rivalutazione dello yuan. Lo sganciamento della valuta cinese al dollaro, si spiega, andrebbe a ripercuotersi sulle numerose aziende cinesi che sopravvivono con margini di profitto esigui. L'imprenditoria cinese, infatti, è costellata da imprese labour intensive che, grazie a bassi profitti e bassi costi del lavoro, riescono a penetrare facilemente nei mercati esteri. Rivalutare lo yuan porterebbe al fallimento di queste aziende, rendendole meno competitive e ostacolando la loro capacità di export.

La Cina sequestra vestiti di marche occidentali

La Cina attacca nuovamente il mondo occidentale, questa volta prendendo misure protettive contro aziende del settore moda, abbigliamento e tessile. Nella provincia di Zhejian sono stati sequestrati la settimana scorsa capi provenienti da note aziende occidentali, come Hugo Boss, Zara, H&M, Hermes, Tommy Hilfiger e le italiane Dolce&Gabbana, Trussardi e Versace. Secondo il governo di Pechino, le merci sequestrate non rispondono ai requisiti di qualità cinesi, ma conterrebbero infatti sostanze tossiche dannose per la salute e che potrebbero causare problemi respiratori, alla pelle e forme cancerogene. Solamente il 43,5% del materiale analizzato avrebbe superato i test di qualità. L’azione intrapresa dalle autorità cinesi rischia di causare non pochi problemi alle aziende coinvolte, soprattutto in considerazione del fatto che molti di questi marchi guardavano al mercato cinese come ad una possibilità di uscita dalla grave recessione.

Google abbandona la Cina

Nonostante il successo commerciale Google ha annunciato che entro il mese di marzo si ritirerà dalla Cina, in seguito ad una diatriba con il governo cinese per quanto riguarda la mancanza di una libera informazione. Numerose sono le problematiche affrontate dalla società americana: attacchi al sistema di posta elettronica, censure, azioni legali contro la digitalizzazione dei libri e il forte controllo sulla stampa.
Le limitazioni sul versante web in Cina sono però già note da parte di altri colossi occidentali: Facebook, Twitter e Youtube sono infatti bloccati; eBay invece non può usufruire del sistema di pagamento Paypal. Esistono però versioni orientali di questi siti, che confermano il rifiuto di un modello occidentale da parte delle autorità cinesi.
Tuttavia la presenza di siti e social network occidentali in Cina è sempre stata ritenuta fondamentale da un punto di vista commerciale, considerando che il numero di utenti cinesi che navigano in rete ammonta a 400 milioni circa. L’accesso alla rete è però sempre stata vincolata dalla necessità di licenze locali e collaborazioni con partner cinesi. Con l’inasprirsi delle norme avviate dalle autorità lavorare in questo settore sarà sempre più difficoltoso e quindi la scelta di Google potrebbe essere di esempio per altre aziende occidentali.

giovedì 18 marzo 2010

In Cina aumentano oltre le previsioni i prezzi di produzione e il tasso di inflazione

In Cina l'inflazione ha raggiunto il 2,7% annuo, il massimo da 16 mesi. Analogo andamento per i prezzi di produzione, che si sono innalzati al 5,4 % nel solo mese di febbraio. I dati registrati sono dunque superiori alle previsioni attese. Tendenza positiva, invece, per l'economia: la produzione sale al 20,7% annuo nei primi due mesi del 2010, mentre le vendite avanzano del 17,9% nel mese di febbraio. Positivi anche i dati relativi ad investimenti, che crescono del 26,9% ed esportazioni, che avanzano del 31,4% in gennaio e febbraio (45,7% su base annua a febbraio).

Nel 2010 la Cina avrà una crescita tra l’8 e il 10 %

L'11 marzo 2010 è stato pubblicato il primo rapporto annuale della Fondazione Cina intitolato "La Cina nel 2010, scenari e prsopettive per le imprese". Secondo il documento, le previsioni di crescita del paese asiatico si attesteranno durante quest'anno tra l'8 e il 10 % in termini di PIL, inoltr le persone benestanti (con reddito superiore a 30.000 dollari l'anno) supereranno i 200 milioni. Per la Fondazione, la Cina rappresenta sempre più una destinazione ideale per le imprese italiane, soprattutto nei settori dell'acciaio, metalli non ferrosi, automotive, chimica, servizi finanziari, telecomunicazioni ed energia. Tuttavia restano ancora alcune barriere da superare, come il protezionismo attuato dal governo cinese per tutelare le aziende pubbliche.

mercoledì 17 marzo 2010

Nuove norme per gli uffici di rappresentanza in Cina

L'Amministrazione dell'Industria e del Commercio (AIC) assieme al Ministero della Sicurezza Pubblica hanno introdotto tramite circolare amministrativa del 4 gennaio 2010 una serie di novità sulle condizioni di registrazione e rinnovo dell'ufficio di rappresentanza in Cina. La decisione è stata presa in seguito alla volontà dell'Amministrazione cinese di creare delle entità stabili, in luogo di uffici di rappresentanza per le aziende straniere temporanei. Ciò comporta però un iter più complesso e rigoroso per la registrazione di tali uffici ed un maggior controllo da parte delle autorità locali. Di seguito si riportano le novità introdotte:

1) Requisiti per costituire o rinnovare l'ufficio di rappresentanza:

  • la società madre deve essere un'entità esistente da almeno due anni;
  • è richiesta, tra i documenti da presentare, la lettera di affidabilità creditizia emessa da un Istituto di Credito, rogata da notaio del paese di origine e legalizzata dal consolato cinese.

2) Durata dell'ufficio di rappresentanza: l'ufficio di rappresentanza avrà durata di un anno e non più di tre come in precedenza. Per gli uffici di rappresentanza già costituiti, al momento del rinnovo o della semplice modifica del certificato, quest'ultimo sarà concesso per la durata di un anno soltanto (sarà d'obbligo pertanto rinnovarlo ogni anno).

3) Limite del numero di rappresentanti: il numero dei rappresentanti (dipendenti stranieri dell'ufficio di rappresentanza) non potrà essere superiore a quattro. per gli uffici che attulamente impiegano più di quattro rappresentanti, questi non sono più autorizzati a nominarne di nuovi, ma solamente ad annullare tali nomine sino al raggiungimento del numero massimo di quattro.

4) Controllo degli uffici e sanzioni amministrative:

  • Verrà eseguito ogni tre mesi dalla data di emissione del certificato di registrazione dell'ufficio un controllo sul luogo di lavoro;
  • è prevista una sanzione per gli uffici che depositano domande di registrazione fittizie o che incassano profitti da attività non consentite;
  • è prevista la costituzione di una "lista nera" degli uffici che commettono irregolarità.

5) Cooperazione AIC - Amministrazione della sicurezza pubblica: l'ufficio AIC comunicherà sistematicamente all'Amministrazione della sicurezza pubblica le informazioni riguardanti la registrazione degli uffici di rappresentanza e le azioni non cosentite degli uffici.