Le principali notizie e informazioni di natura economica, finanziaria, giuridica e politica relative alla Cina

martedì 31 maggio 2011

Partnership tra Pmi italiane e cinesi

Il business tra le imprese italiane e cinesi è in continuo rafforzamento, grazie alle frequenti missioni diplomatiche tra i due Paesi e le numerose partnership tra realtà aziendali di piccole dimensioni.

Italia e Cina sono sempre più vicine, sia negli affari che nella diplomazia. Il mese di giugno, infatti, si terrà la visita del vice presidente cinese Xi Jinping (nonché probabile prossimo capo del governo) in Italia. Xi si fermerà a Roma per le celebrazioni della Festa della Repubblica e successivamente si recherà a Milano per discutere di affari e potenziali accordi commerciali tra i due Paesi.
L’Italia, attualmente quarto partner commerciale del Dragone, punta a incrementare il traffico commerciale tra le due economie, arrivando a 80 miliardi di dollari entro il 2015. L’obiettivo potrà essere raggiunto soprattutto tramite le attività delle piccole-medio imprese, realtà aziendali comuni ad entrambi i Paesi; in Cina ci sono 42 milioni di Pmi e 2.500 sono quelle italiane che hanno investito in loco. La strategia commerciale più adottata è quella delle partnership: la Repubblica Popolare dispone di manodopera a basso costo, materie prime, mezzi finanziari e capacità produttiva, ma ha bisogno del know how tecnologico tutto italiano. Tramite queste relazioni le aziende italiane penetrano più facilmente il mercato cinese, mentre le Pmi cinesi possono investire nel nostro Paese per poi estendere le attività di business in tutta Europa.
In quest’ottica si è tenuto la settimana scorsa a Milano l’Italy-Shanghai SME Enterprises Cooperation Forum, con la partecipazione di cinque associazioni di settore italiane, della Regione Lombardia e di Promos Milano. Per l’occasione, i rappresentanti istituzionali della municipalità di Shanghai hanno incontrato enti ed imprenditori lombardi per discutere ed analizzare le opportunità di business. L’importanza delle Pmi è emersa anche per quanto riguarda l’area di Shanghai, in quanto nella municipalità si contano 400mila piccole-medio imprese, di cui 50mila a carattere familiare.
Durante l’incontro è stato ricordato che la Repubblica Popolare dispone di un sistema normativo particolarmente favorevole alle piccole realtà aziendali: è del 2002 la legge che promuove le Pmi attraverso un sistema di finanziamenti specifici che sono riservati dai singoli ministeri. A Shanghai, inoltre, le piccole imprese sono supportate in ogni fase imprenditoriale ed esiste un fondo per i piccoli imprenditori particolarmente innovativi.
Tuttavia, la diffusione di partnership tra Pmi italiane e cinesi risulta ostacolata da alcune criticità, presenti soprattutto nella diversità dei due sistema-Paese: la concezione di “piccola impresa” differisce tra le due nazioni (per la Cina la soglia è di 3.000 dipendenti contro i 50 italiani) e la politica di visti, nonché le normative relative alla proprietà complicano ulteriormente le attività di business.

lunedì 30 maggio 2011

Una Cina ipertecnologica

Dati da record in Cina per i servizi di telecomunicazione: nei primi mesi dell’anno decine di milioni di nuovi utenti sia delle linee telefoniche mobili che di internet.

Il settore tecnologico in Cina si rafforza continuamente, segnando dati sorprendenti già nei primi quattro mesi del 2011. L’industria delle telecomunicazioni, infatti, è cresciuta da gennaio ad aprile del 9,4% rispetto allo stesso periodo del 2010 e si attesta ad un valore pari a 31 miliardi di euro.
Le cifre sono supportate dall’aumento di utilizzatori di telefoni e computer dichiarate recentemente dal ministero dell’Industria e dell’Information Technology della Repubblica Popolare. Solo quest’anno sono stati registrati 41,39 milioni di nuovi utenti di telefono cellulari, arrivando così a 900,93 milioni totali, ovvero due terzi della popolazione cinese. Alla fine di aprile si contavano 1,19 miliardi di sottoscrittori di servizi di telefonia, pur con delle tendenze ben chiare: mentre aumentano gli utenti delle linee di terza generazione, arrivando a 67,57 milioni di individui, calano quelli delle linee fisse, con una diminuzione di 2,93 milioni di sottoscrittori (giungendo a 291,45 milioni).
Per la rete internet si registra un analogo sviluppo: nei primi quattro mesi dell’anno i collegamenti a internet dsl sono cresciuti di 9,58 milioni di utenti, arrivando ad un totale di 135,92 milioni. Oggi la Cina è così diventato il più grande mercato globale per le connessioni, con 477 milioni di internauti registrati a fine marzo, ovvero un terzo della popolazione.
La velocità con cui le tecnologie della comunicazione si stanno diffondendo ed affermando nel Dragone è segno del progresso del Paese e della sua capacità di aderire alle innovazioni del secolo; ciò permette lo sviluppo delle industrie del settore ma anche lo sfruttamento delle nuove forme di informazione, divulgazione e di fare business della nostra epoca.

venerdì 27 maggio 2011

La Ferrari rappresentante della cultura italiana in Cina

Lo scorso 23 maggio si è svolta la seconda edizione del “China Watcher-Maria Weber Annual Conference”: tra i temi trattati anche la percezione dell’Europa e dell’Italia da parte della Cina.

L’Europa e l’Italia viste dalla Cina, questo il tema dell’intervento di Luca Cordero di Montezemolo alla seconda edizione del convegno “China Watcher-Maria Weber Annual Conference”, organizzato dall’Istituto per gli studi di politica internazionale, in collaborazione con AgiChina24.
Nel suo discorso il presidente della Ferrari ha esortato a riflettere su tre aspetti fondamentali che caratterizzano la Cina: il crescente ruolo politico a livello internazionale, il rapido sviluppo economico e la ricchezza culturale.
In particolare l’ultimo punto risulta giocare un ruolo significativo all’interno dei rapporti tra il Dragone e l’Italia, infatti il possedere un’antica tradizione culturale fa parte della storia di entrambe le nazioni.
Ed è proprio su queste basi culturali che Cordero di Montezemolo punta l’attenzione quali strumenti per un’evoluzione dei rapporti economici tra i due paesi, infatti gli scambi culturali e il turismo, uniti ad impegno e rispetto delle regole, appaiono come presupposti fondamentali per il continuo miglioramento delle relazioni commerciali.
In questo contesto, molto importanti risultano i rapporti commerciali, al punto che il presidente della Ferrari ha invitato le PMI ad investire nel mercato cinese attraverso l’istituzione di joint venture, in quanto “la Cina è la porta di ingresso al più vasto mercato dell’Asia Orientale, piattaforma di lancio per i nostri affari economici anche in altri Paesi come il Vietnam e la Corea del Sud”.
In conclusione, Cordero di Montezemolo ha presentato la Ferrari come punto di incontro economico e culturale tra le due nazioni, infatti la casa automobilistica di Maranello è molto presente nei mercati asiatici e rappresenta la punta di diamante del made in Italy nel mondo.

giovedì 26 maggio 2011

Esportazioni: la Cina predilige ancora il vecchio continente

Nonostante la crisi e le restrizioni doganali, la Cina sceglie ancora l’Europa come prima destinataria delle proprie esportazioni, fiduciosa nella ripresa economica del vecchio continente.

Nel settore dell’export, la Cina conferma la propria predilezione per i paesi dell’eurozona nonostante la crisi monetaria che attanaglia l’Europa, almeno secondo quanto è emerso da uno studio condotto dall’Università di Economia e affari internazionali di Pechino (UIBE).
L’indagine, condotta su un campione di trecento aziende cinesi esportatrici e operanti soprattutto nel settore manifatturiero, ha messo in luce che il 52% di queste è ancora intenzionato a vendere i propri prodotti all’Europa.
La preferenza accordata nuovamente al continente europeo sembra essere alimentata dal “rafforzamento dell’euro sullo yuan che rende i prodotti cinesi estremamente competitivi”, secondo quanto sostiene Zhang Yansheng, direttore del dell’Istituto per la ricerca economica internazionale presso la Commissione nazionale per le riforme e lo sviluppo.
Sempre Zhang Yansheng avverte tuttavia che “i cinesi devono essere molto accorti: è probabile che la crisi del debito europeo peggiori e che Bruxelles decida di adottare misure commerciali contro le importazioni cinesi”.
Nonostante questi moniti, ciò che preoccupa maggiormente la aziende cinesi è il graduale apprezzamento dello yuan, anzi le eventuali conseguenze legate alla rivalutazione della moneta, infatti questa potrebbe avere un notevole impatto sulle esportazioni; tuttavia, dall’indagine appena conclusa, emerge che il 57% delle imprese intervistate non crede che si verificheranno gravi problemi operativi, per quanto il 75% è consapevole dell’impatto che comporterebbe la rivalutazione dello yuan.

mercoledì 25 maggio 2011

La Cina sostiene la candidatura del ministro francese Lagarde alla guida del Fmi

Con le dimissioni ufficiali dell'ex direttore generale, Dominique Strauss-Kahn, si è aperta la corsa alla successione del Fondo monetario internazionale: il ministro francese Lagarde risulta essere la favorita.

Lo scorso lunedì 23 maggio il Fondo monetario internazionale ha aperto le candidature per la carica di direttore generale. Oltre alla francese Lagarde, gli altri contendenti sono il ministro delle Finanze belga Didier Reynders, il governatore della Banca centrale del Messico, Agustin Carstens e il presidente della banca centrale del Kazakhstan, Grigory Marchenko.
Secondo quanto affermato dal portavoce del governo francese, François Baroni, anche Pechino,  dopo Berlino e Londra, è favorevole alla candidatura del ministro francese dell'Economia, Christine Lagarde, alla direzione del Fondo monetario internazionale (Fmi). Baroin ha ricordato che, sebbene a capo del Fmi vi fosse un francese, Dominique Strauss-Kahn, non spetta alla Francia esprimersi per prima sulle preferenze per la successione; tuttavia, nel corso di un’intervista radiofonica rilasciata alla radio francese Europe 1, Baroin ha dichiarato che intorno al nome della Lagarde “c'è un consenso europeo importante” e che la Francia sarebbe onorata se un altro francese ottenesse un “consenso esteso, con l'appoggio della Cina ed eventualmente degli Stati Uniti e senza alcuna prevaricazione o arroganza nei confronti dei paesi emergenti”. Con l'appoggio della Cina si rafforza ulteriormente la candidata francese.
Sono ben 65 anni che il Fondo è guidato da un europeo e il fatto che sotto Strauss-Kahn il Fmi si sia impegnato fortemente in Europa, dove attualmente fornisce un terzo del denaro usato per i pacchetti di salvataggio delle economie periferiche dell'eurozona, è certamente un fattore che gioca un ruolo importante a favore di un nuovo quinquennio a guida europea.

martedì 24 maggio 2011

La Cina e l’oro: il Dragone diventa il primo mercato mondiale per gli investimenti

Con l’acquisto di 93.5 tonnellate di oro tra monete e lingotti nel primo trimestre del 2011, la Cina è diventata il primo mercato mondiale per gli investimenti in oro, superando perfino l’India, la quale tuttavia primeggia ancora nel mercato della gioielleria.

In questi primi mesi del 2011, la Cina ha superato perfino se stessa, acquistando il 55% in più di oro rispetto al trimestre precedente, e togliendo in questo modo il primato all’India per quanto riguarda gli investimenti in oro.
Secondo quanto stimato dagli esperti, questo aumento è dovuto in parte alla deregulation in atto sul mercato interno cinese, politica questa che ha permesso di aumentare il numero di banche abilitate all’importazione e il numero di importatori al dettaglio.
In realtà ha inciso anche un altro fattore, cioè la galoppante inflazione che sta mettendo a dura prova l’economia del Dragone.
Se nell’ultimo anno l’import di oro è stato notevole, non da meno si è rivelata la produzione interna, infatti nel 2010 la Cina è stata riconfermata per la quarta volta come primo produttore mondiale di oro, grazie alla quota di 340.88 tonnellate di oro prodotto.
In un periodo così controverso dal punto di vista economico, l’oro appare quindi come un bene rifugio su cui puntare per fronteggiare gli eventuali danni provocati dall’inflazione dilagante in Cina.

venerdì 20 maggio 2011

In calo gli investimenti diretti esteri in Cina

Ad aprile hanno finalmente subito un calo gli investimenti diretti esteri in Cina, fermatisi a 8,46 miliardi di dollari con un incremento tendenziale del 15,2%.
Rispetto ai primi mesi del 2011, gli investimenti diretti esteri hanno subito un certo rallentamento, infatti fino a marzo in Cina è entrata una quota di investimenti pari 38,8 miliardi di dollari, in rialzo del 26% su base annuale, mentre ora l’afflusso appare in diminuzione.
Due i fattori che hanno inciso sulla scelta della Cina per investire: il primo riguarda il sostenuto ritmo di crescita dell’economia cinese, mentre il secondo prende in causa l’aspettativa di un sempre maggiore apprezzamento dello yuan, difatti entrambi i fattori promettono grossi ritorni agli investitori esteri.
Questa situazione tuttavia non ha giovato all’economia cinese, la cui salute è minata da una crescente inflazione, al punto che l’indice dei prezzi al consumo ad aprile ha raggiunto il 5,3%, dunque si è attestato al di sopra della soglia mensile del 4% fissata per il 2011 dal premier Wen Jiabao .
Numerosi i tentativi da parte dell’autorità cinesi per far defluire l’eccessiva liquidità in circolazione nel sistema, operazioni che ad aprile sembrano aver dato i propri frutti.
Principalmente le mosse adottate hanno riguardato l’innalzamento dei requisiti di riserva obbligatoria delle banche e dei tassi di interesse della People’s Bank of China.
Inoltre, il governo incoraggia le imprese cinesi a investire all’estero e, nei primi quattro mesi del 2011, tali investimenti non finanziari hanno raggiunto la quota di 13,4 miliardi con un rialzo del 17,5% su base annua.

giovedì 19 maggio 2011

Estate 2011: torna il rischio black-out nelle aziende cinesi

Come ogni estate si ripresenta il problema dell’approvvigionamento di elettricità per le imprese cinesi, che devono fare i conti con l’esponenziale consumo di energia causato dai condizionatori.

Con l’arrivo della bella stagione e l’innalzamento delle temperature, cresce esponenzialmente il consumo di energia da parte di privati e di aziende, che fanno largo uso di condizionatori per sopportare il caldo che attanaglia la Cina nei mesi estivi.
Tutto ciò causa la secca dei fiumi e la conseguente diminuzione di produzione idroelettrica, nonché la riduzione delle scorte di carbone
A pagarne le conseguenze sono però solo le imprese del settore manifatturiero, che devono subire periodicamente sospensioni della fornitura di corrente elettrica, al fine di limitare il rischio di black-out dovuti all’aumento vertiginoso del consumo di elettricità; intervenire sui consumi dei privati potrebbe turbare l’ordine sociale, perciò le autorità si sono dovute rivolgere altrove.
Numerose le lamentele da parte degli interessati, come Chen Wang, imprenditore di un'azienda chimica situata in una delle province più industrializzate del Paese, il quale sottolinea quanto la situazione stia volgendo al peggio: “Le società elettriche, infatti, hanno cominciato a sospendere le forniture già all'inizio di aprile”.
La sospensione della fornitura di energia crea una serie di problemi, dovuti anche al fatto che le imprese non vengono avvisate sullo stacco di corrente.
Uno dei testimoni di questa situazione è Fabio Antonello, direttore generale di MiniGears, azienda di ingranaggi in metallo speciale con sede a Suzhou, il quale ha dichiarato che “tra scarti di produzione, ritardi di consegna e oneri vari, gli otto black-out dell'estate 2010, più gli altri quattro di gennaio, hanno pesato per circa 1,2 milioni di yuan, circa 130mila euro, sul nostro conto economico, a fronte di un risparmio energetico indotto di soli 75mila yuan, 8mila euro”.
Già preannunciati dalle autorità cinesi, i black-out colpiranno anche quest’estate il settore manifatturiero e colpiranno ancora nei prossimi anni se non verranno risolte alcune cruciali problematiche legate alla fornitura di corrente elettrica.
In primo luogo il divario esistente tra domanda e offerta di energia, che anche quest’anno causerà un vuoto energetico pari a circa 30 milioni di kilowatt; a ciò si unisce la forte dipendenza dal carbone, che soddisfa ancora oltre l’80% del fabbisogno nazionale.

martedì 17 maggio 2011

Sistema moda Italia approda in Cina

Lo scorso 27 aprile è stata inaugurata la nuova sede di Sistema moda Italia a Shanghai:
ampliare l’export del settore tessile italiano si prefigura come il fine da raggiungere.

Nel 2010 il settore dell’abbigliamento moda è cresciuto del 7,5 % e allo stesso modo è salito quello italiano, ma nonostante ciò sono solo duemila le aziende italiane che hanno una base all’estero, perciò Paolo Zegna, vicepresidente di Confindustria per l’internazionalizzazione ed ex past president di Smi, aveva lanciato l’idea di aprire una sede di rappresentanza di Smi a Shanghai, dedicata alle aziende del settore, tra cui anche le piccole e medie imprese.
L’idea si è concretizzata lo scorso aprile grazie al sostegno di IntesaSanpaolo, della Fondazione industrie cotone e lino e di Milano Unica.
Tra coloro che hanno reso possibile questo progetto, figura il vicepresidente vicario di Smi Paolo Bastianello, il quale ha dichiarato che già duecento aziende si sono rivolte al desk; inoltre Bastianello ha sottolineato l’importanza della collaborazione con Lily Lee, project manager e responsabile della sede, “persona di grande esperienza, anche se il contributo dell’Ice è stato fondamentale e continuerà ad esserlo, come accade nelle sedi dell’Istituto commercio estero in Russia, Brasile o in altri mercati emergenti”.
Entusiaste le reazioni delle aziende che si sono rivolte all’ufficio di Shanghai, infatti per esse la penetrazione nel mercato cinese risultava poco agevole prima di affidarsi all’esperienza e agli strumenti forniti dal progetto di Sistema moda Italia: l’economia cinese è in continua evoluzione e ormai non può più basarsi esclusivamente sull’export, perciò lo sviluppo del mercato interno e l’aumento dei consumatori della classe media rappresentano delle ottime opportunità per il settore tessile italiano, ma è necessario avere le chiavi giuste fornite appunto dal desk di Shanghai.

lunedì 16 maggio 2011

Accordo di cooperazione tra Cina e USA

Si sono conclusi con un accordo di cooperazione strategica commerciale i due giorni di colloqui economici che hanno visto impegnati la Cina e gli Stati Uniti.

Quattro le aree trattate dal documento siglato dal vice premier cinese Wang Qishan e dal segretario del Tesoro americano Timothy Geithner: macroeconomia, servizi finanziari, commercio, e investimenti ed infine cooperazione internazionale.
Senza risposte concrete sono invece rimasti alcuni temi spinosi che riguardano il rapporto tra le due potenze economiche, infatti nell’accordo non si parla dell’accesso al mercato americano da parte di aziende cinesi, del protezionismo e dell’apprezzamento dello yuan.
A tal proposito i due firmatari hanno però rilasciato delle dichiarazioni dal gusto un po’ polemico.
Per primo Wang ha auspicato che “gli Usa riconoscano la Cina come un’economia di mercato; allentino i controlli sulle esportazioni di articoli high tech e assicurino un trattamento equo alle compagnie cinesi che vogliono investire in America”; il vice premier cinese è consapevole che si tratta di un processo lungo, ma ha affermato che ormai “è tempo che questi problemi trovino una soluzione”.
In risposta Geithner ha esposto una serie di lamentele sul protezionismo esercitato dal governo cinese a favore delle aziende nazionali, sul furto di proprietà intellettuale e sull’uso di software contraffatti; ma ciò che preme di più al governo americano è il tema dell’apprezzamento dello yuan, nonché l’aumento del tasso di interesse.
Conclusi i colloqui, non si sono placate le polemiche, infatti numerose dichiarazioni sono state diffuse nei giorni successivi attraverso i media.

giovedì 12 maggio 2011

Settore farmaceutico: nuovi controlli per la sicurezza

Nei prossimi mesi partirà una campagna di controlli nel settore farmaceutico che avrà lo scopo di verificare la qualità dei medicinali di base e di garantire la sicurezza dei cittadini cinesi.

Dopo la campagna di controlli nell’agroalimentare, la Cina si prepara ad una nuova missione sulla sicurezza, questa volta nel campo farmaceutico. Nel 2010, infatti, sono aumentate dell’8,4% le segnalazioni di effetti indesiderati riguardanti, in particolare, i farmaci anti-infettivi ed i prodotti della medicina tradizionale cinese, registrando 690 mila casi anomali. A ciò si aggiunge anche l’incremento dei prezzi delle materie prime utilizzate per i medicinali, verificatosi negli ultimi mesi.
Al fine di tutelare la sicurezza dei consumatori e regolare la produzione farmaceutica cinese, l’Amministrazione di Stato per la Supervisione degli Alimenti e dei Farmaci ha, quindi, deciso di avviare una campagna di controlli sia sulla qualità dei farmaci essenziali che sulla medicina tradizionale cinese. L’operazione includerà l’analisi dei processi di produzione dei farmaci e i luoghi di origine delle materie prime, nonché ispezioni nelle strutture del settore di tutto il Paese. Ciò porterà progressivamente all’istituzione di un meccanismo di controllo strutturato per tutti i medicinali di uso più frequente.
La campagna riguarderà una rosa piuttosto ampia di aziende cinesi: nel Dragone, infatti, ci sono 2.822 industrie farmaceutiche solo per la produzione di farmaci di base. Attraverso i controlli, le autorità sperano di poter migliorare la tutela della salute dei cittadini e di avviare misure preventive che eliminino rischi e scandali, tristemente noti nella Repubblica Popolare.

mercoledì 11 maggio 2011

Il Dragone ha raggiunto il punto di svolta di Lewis

Sempre più economisti sostengono che la Cina abbia ormai raggiunto il punto di svolta di Lewis, secondo il quale l’epoca della manodopera a costi ridotti sia ormai giunta al termine.

Anche le previsioni di Ba Shusong, senior economist del Centro per la Ricerca e lo Sviluppo del Consiglio di Stato, confermano che la Repubblica Popolare Cinese non possa più disporre di lavoratori a basso costo, ma dovrà ora fare i conti con la scarsità di manodopera. L’allarme era già stato dato da diversi economisti negli anni scorsi: il primo nel 2004, quando lo stesso governo aveva riscontrato un primo calo della forza lavoro cinese, poi è stata la volta della ricerca di Credit Agricole del marzo scorso, secondo cui entro il 2014 la Cina avrà un netto disavanzo tra domanda e offerta di lavoratori.
Ora la conferma di Ba arriva dopo la pubblicazione dei dati del Censimento Nazionale 2010: la popolazione cinese sta invecchiando, con conseguente fine del surplus di forza lavoro, e i salari aumentano di pari passo con lo sviluppo economico del Paese; nel 2010, infatti, i redditi rurali sono cresciuti del 10,9%, mentre quelli delle città del 7,8%. Tale quadro rafforza l’inflazione, che difficilmente può essere contenuta con i salari in aumento. Il fenomeno a cui il Dragone sta assistendo è conosciuto come “punto di svolta di Lewis” e avrà come conseguenza un rallentamento della crescita economica.
Ciò spiega ulteriormente gli sforzi delle autorità di Pechino nel portare l’economia ad un sistema basato sui consumi interni anziché sulle esportazioni, situazione che si potrà verificare solo con un’equa distribuzione del reddito su tutto il territorio nazionale.

martedì 10 maggio 2011

Boom dell’e-commerce in Cina

Aumentano in Cina le opportunità di business garantite dall’e-commerce, fenomeno che attira numerosi imprenditori pronti a lanciare ogni prodotto sul web e milioni di consumatori alla ricerca di offerte.

In Cina l’utilizzo di internet sta conoscendo una crescita esponenziale: alla fine del 2010 si contavano 457 milioni di utenti, un terzo del mercato potenziale che include oltre un miliardo di individui. Le opportunità offerte dal mondo del web sono numerose e crescono di pari passo con lo sviluppo economico del paese.
Il business maggiore viene dall’e-commerce, settore in cui la Cina è diventata leader assoluto con quasi 150 milioni di consumatori virtuali. Le prime basi del commercio elettronico nella Repubblica Popolare vennero lanciate nel 1998 da Alibaba, sito per il B2B, seguito da Eachnet, di cui ora è socio di maggioranza Ebay, e Joyo, acquistato da Amazon nel 2004. L’espansione iniziò nel 2005, quando Alibaba acquisì Yahoo! China e iniziò a coinvolgere milioni di persone oltre che a muovere grandi quantità di denaro.
Oggi il primo sito di e-commerce in Cina, oltre che tra i maggiori al mondo, è Taobao.com, piattaforma che nei periodi di grandi offerte attira circa 1,8 miliardi di visitatori. Il vero motore del commercio on line è rappresentato dal C2C, dove piccoli negozi virtuali, guidati da singole persone, riescono a far crescere il proprio fatturato grazie ad accordi con le fabbriche di beni, trasformandosi così nel giro di poco tempo in grandi aziende che transitano nel B2B.
Il sistema di e-commerce in Cina si sviluppa in tre direzioni: l’intermediazione (in cui il sito funge da punto di incontro tra venditore e compratore), il commercio al dettaglio elettronico (l’azienda esiste solo sul web) e il commercio al dettaglio tradizionale (l’azienda esiste anche con una rete di negozi reali).
La maggior parte dei consumatori cinesi che si serve di questa forma di compravendita è rappresentata da giovani di età compresa tra i 18 e i 35 anni, soprattutto donne. In genere, i cinesi acquistano on line ogni tipo di prodotto riuscendo ad ottenerli a prezzi molto bassi; ciò ha permesso recentemente lo sviluppo on line anche di nicchie di mercato, prima difficilmente spendibili sul web, come i beni ad alta personalizzazione.
Le opportunità di business sono, infine, supportate dallo stesso governo cinese, che incentiva l’e-commerce con leggi e regolamenti specifici, in virtù del fatto che il commercio sul web favorisce l’occupazione e mantiene attiva l’economia del Dragone.

lunedì 9 maggio 2011

Taiwan canale strategico per entrare in Cina

Sta emergendo tra gli operatori italiani l’interesse per l’isola di Taiwan, provincia con notevole sviluppo economico e che può essere un canale privilegiato per penetrare il mercato cinese.

Il Sistema Italia sta implementando in questo ultimo anno i rapporti commerciali con l’isola di Taiwan, la quale si rivela un potenziale partner per penetrare il mercato cinese, e in generale tutto il Sud-est asiatico, con minor difficoltà, soprattutto a livello burocratico.
L’analisi delle opportunità della provincia è emersa nel corso del seminario sullo sviluppo e le opportunità economiche e commerciali con Taiwan, tenutosi a Roma la scorsa settimana e organizzato dall’Ice e dall’ufficio di Rappresentanza di Taipei in Italia. La spinta ad occuparsi di questa piccola isola è venuta dall’accordo firmato da Pechino lo scorso giugno, denominato Economic Cooperation Framework Agreement (ECFA) e volto ad incrementare gli scambi commerciali tra le due realtà attraverso la riduzione ed eliminazione di tariffe e barriere commerciali.
Taiwan ha molte caratteristiche per cui si rende attraente per gli operatori italiani: innanzitutto, è un territorio ricco di imprese di piccola e media dimensione il cui sviluppo è sostenuto e promosso dallo stesso governo. Le autorità incentivano gli investimenti esteri offrendo la copertura del soggiorno in loco alle aziende interessate ad investire e contrastando il fenomeno della contraffazione con leggi che tutelino la proprietà intellettuale. Numerose risorse sono impiegate anche nella ricerca e sviluppo e nel potenziamento di alcuni settori chiave dell’economia, quali: energie alternative, agricoltura high-end, biotecnologie, cultura, turismo e sanità, oltre ad una serie di industrie definite “intelligenti”, tra cui veicoli intelligenti, bioarchitettura e alcune industrie di servizi.
Dal punto di vista tariffario, inoltre, l’isola detiene le imposte commerciali tra le più basse del Sud-est asiatico (17%); inoltre, la forza lavoro locale è molto qualificata: il 42,9% è laureato. Questi dati confermano il trend economico positivo della provincia, il cui Pil nel 2010 è cresciuto del 10,82% e per il 2011 è stimato un innalzamento del 5,4%. Gli cambi commerciali sono pure particolarmente attivi, con un export che lo scorso anno ha segnato un +34,83% e l’import + 44,16%. Taiwan è, inoltre, il terreno ideale per la produzione a basso costo di componenti dell’IPC e delle telecomunicazioni.
Sebbene i rapporti con la Cina dal punto di vista politico siano ancora tesi, dato l’interesse del Dragone a riannettere la provincia alla madrepatria, i legami commerciali tra le due potenze asiatiche sono particolarmente fiorenti. Taiwan nel 2010 ha avuto investimenti in Cina pari a 97,3 miliardi di dollari, concentrati nell’elettronica, informatica e nel real estate. Infine, il governo di Taipei conosce bene il sistema burocratico cinese e, grazie all’accordo ECFA, ha un canale d’ingresso privilegiato nella Repubblica Popolare.

venerdì 6 maggio 2011

In Cina in aumento il business del lusso

La Cina è destinata ad essere il mercato più promettente per il settore del lusso, la cui crescita è stimata del 25% nel 2011, con grandi prospettive soprattutto per l’abbigliamento made in Italy.

Il comparto del lusso è ormai fuori dalla crisi: i consumi mondiali nel 2010 sono cresciuti del 12%, per il 2011 si prevede un rialzo pari all’8%, pari ad un valore di 185 miliardi di euro, e anche per il 2012 il trend rimane positivo con un ulteriore aumento del 5-6%. A trainare lo sviluppo del luxury saranno i mercati emergenti, ma buona parte la faranno anche USA ed Europa che recupereranno il terreno.
La Cina sarà il mercato più promettente ed è destinata a superare il Giappone, ora in seconda posizione a livello mondiale, ed entro i prossimi cinque anni anche gli Usa, attualmente al primo posto. Nella Repubblica Popolare sono già presenti molti grandi marchi del lusso, soprattutto italiani e francesi, tra cui Prada, Gucci, Ferragamo e Louis Vitton. I grandi nomi approdano nel Paese asiatico puntando sullo sviluppo del retail, affidandosi ai partner locali e avviando campagne di comunicazione mirate e specifiche per il contesto locale. Nel Dragone le vendite del comparto nel 2010 hanno visto un incremento pari al 30% e per il 2011 si prevede un rialzo del 25% (11,5 miliardi di euro) e anche nel 2009, anno della crisi, il lusso è cresciuto del 16%.
Al di là dello sviluppo economico della Cina, a stimolare il mercato è anche il cambiamento di tendenze e dei comportamenti di consumo. Innanzitutto, i clienti finali non sono più solo i ricchi, ma gradualmente si affacciano anche individui della classe medio-alta della popolazione, che già oggi rappresentano il 12% dei consumatori del lusso. Tale percentuale è destinata a crescere al 22% entro il 2015. Inoltre, la gamma di prodotti del lusso si estenderà dall’abbigliamento, accessori e gioielli ai servizi, aprendo opportunità di business anche ad altri settori. Infine, la consapevolezza e la conoscenza del consumatore sarà sempre maggiore, anche grazie alla diffusione e allo sviluppo di internet.
Le opportunità della Cina in questo contesto si focalizzano ora nelle 36 città più grandi, dove entro il 2015 si concentrerà il 76% dei consumi mondiali e il 74% della crescita del lusso. Tuttavia, per i prossimi cinque anni si prevedono nuove opportunità anche in altri centri che si espanderanno, quali Qingdao e Wuxi.
Viste le prospettive, gli investimenti in terra cinese necessiteranno di un supporto strutturato in loco. A questo scopo è stata inaugurata qualche settimana fa a Shanghai la nuova sede del Sistema moda Italia (Smi), evoluzione del desk presso gli uffici Ice della metropoli. Il nuovo organismo si occuperà di assistere le imprese italiane offrendo progetti di penetrazione del mercato, consulenza strategica, legale e finanziaria, ricerca e gestione delle risorse umane e attività formative.

giovedì 5 maggio 2011

Tre nuovi centri italo-cinesi per le PMI

La collaborazione tra amministrazione italiana e quella cinese ha dato il via all’apertura di tre centri che sosterranno le PMI italiane e cinesi e ne incentiveranno le relazioni.

Lo scorso 25 aprile il Ministro italiano per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione, Renato Brunetta, assieme al ministro cinese della Scienza e della Tecnologia, Wan Gang, ha inaugurato a Pechino il nuovo centro italo-cinese sul trasferimento tecnologico. Si tratta di un supporto per le PMI italiane e cinesi che promuoverà le relazioni tra le diverse realtà nell’ambito della tecnologia e della protezione della proprietà intellettuale. Il Centro offrirà un’assistenza giuridica, tecnica e amministrativa che ridurrà il rischio legato alla proprietà intellettuale; inoltre, si occuperà anche della promozione, tutela e valorizzazione delle imprese sul territorio.
Altra inaugurazione è stata quella per il nuovo centro di Shanghai, anch’esso frutto della cooperazione tra l’amministrazione italiana e quella cinese, dedicato al design e dell’innovazione. E’ invece in previsione un terzo centro di e-governament e cloud computing.
Affiancheranno le tre realtà le rispettive sezioni italiane, che verranno aperte a Roma (per il design e l’innovazione), a Milano (per il trasferimento tecnologico) e a Torino (per l’e-governament e cloud computing).

martedì 3 maggio 2011

L’economia cinese continua a crescere ma la produzione si assesta

Le previsioni di crescita dell’economia cinese per il 2011 indicano un tasso del 9,3%, accompagnato dai rischi connessi ad un ritmo così veloce. Tuttavia, nel mese di aprile la produzione del Dragone non ha manifestato incrementi preoccupanti.

La Banca Mondiale ha rivisto nuovamente le previsioni di crescita dell’economia cinese per il 2011, portando il precedente tasso dell’8,3% ad un più alto 9,3%, segnale di ritmi ancora molto elevati per il Dragone. Tuttavia, lo sviluppo economico si accompagna ancora ai rischi su cui l’istituto mette in guardia: l’impennata dei prezzi delle commodities primarie e la minaccia della bolla immobiliare che ancora gravano sulla Cina. Il ritmo di crescita così veloce, infatti, porta a continui rincari sul costo vita, così che le famiglie cinesi hanno visto ridurre progressivamente il loro potere di acquisto. Nel mese di marzo, l’indice dei prezzi al consumo è aumentato del 5,4% anno su anno contro il 4,9% di gennaio e febbraio. Relativamente al real estate, la scorsa settimana la China Banking Regulatory Commission ha ordinato alle banche di effettuare nuovi stress test sulle società immobiliari e sui prestiti a loro concessi, mentre il governo di Pechino continua a prendere misure per contenere i prezzi degli immobili.
Nonostante ciò, l’economia della Repubblica Popolare ha manifestato nel mese di aprile segnali di assestamento. In primo luogo, la produzione non ha avuto grandi accelerazioni; in particolare nel settore manifatturiero c’è stato un leggero rallentamento: il Purchasing Managers Index, basato su 820 società di 28 settori diversi, ha registrato un calo da 53,4 punti del mese di marzo a 52,9 di aprile. Altro dato incoraggiante è stata la diminuzione degli ordini per le esportazioni rispetto a marzo, segnale che la politica cinese sta ottenendo risultati nel suo tentativo di essere più autosufficiente e di puntare sulla domanda interna.

lunedì 2 maggio 2011

Arredo italiano forte nei Paesi emergenti

Il mobile made in Italy vede destinare gran parte della sua produzione ai mercati emergenti, quali BRIC ma anche Est Europeo e Paesi del Golfo.

A qualche settimana dal Salone del Mobile di Milano, appare evidente quali siano i nuovi mercati di riferimento per l’arredamento Made in Italy. Il comparto ha registrato nel 2010 buone performance con un aumento dell’1,8% rispetto al 2009; tuttavia, l’Italia rimane uno sbocco limitato ormai al mobile classico rivisto in chiave contemporanea, mentre il 90% della produzione è destinata ad altri clienti localizzati nell’Est Europeo, con Russia in prima posizione, Cina, India e Paesi del Golfo.
La Russia, in particolare, è il quarto mercato di destinazione dell’arredamento italiano, con un valore nel 2010 pari a 513 milioni di euro, pur registrando un calo del 2,7% dal 2009. Grande ripresa, invece, per l’area del Golfo che ha visto una crescita del 30% rispetto al 2009: negli EAU l’Italia ha esportato nel 2010 merce per un valore di 107 milioni di euro, mentre in Arabia Saudita sono stati venduti beni per 74 milioni di euro, con una crescita del 7,6% rispetto all’anno precedente.
La Cina è un'altra meta dei mobili italiani, dove però rimane alto il rischio delle imitazioni. I clienti cinesi, inoltre, sono caratterizzati dal desiderio di spendere molto denaro per avere prodotti ricercati e sfarzosi, a prescindere dalla qualità. Nel Paese asiatico molte grandi aziende italiane esportano già per il 15-20% della produzione in diverse città del Dragone.
Per l’arredo, quindi, il mercato italiano è ormai ridotto, a causa anche del cambio di tendenze e della crisi economica, mentre, invece, si aprono nuove prospettive nei Paesi più lontani e in forte crescita.