In occasione del forum internazionale sullo sviluppo dell'Africa, si è discusso dell’influsso degli investimenti cinesi sul futuro economico dell'Africa.
Al forum internazionale sullo sviluppo dell'Africa, promosso dalla fondazione Banco di Sicilia, con la collaborazione dell'European house Ambrosetti, si è discusso del ruolo che la Cina esercita sull’economia africana.
Clive Tasker, amministratore delegato dell’istituto bancario sudafricano Standard Bank (il più grande di tutta l'Africa) - acquisito, per il 20% nel 2007, dalla più grande banca commerciale cinese (Icbc), con un investimento di 5,5 miliardi di dollari - ha dichiarato che il Dragone investiva in Africa prima che anche gli investitori americani ed europei si interessassero a tale mercato e secondo modalità differenti: “La strategia di investimento cinese, concentrata soprattutto sul settore delle commodities, è sicuramente caratterizzata dalla non ingerenza negli affari interni del Paese, o anche dei singoli settori di business. Sono più flessibili e non pongono condizioni. Ma c'è di più. Hanno una diversa concezione del rischio. Sono investitori di lungo termine e non cercano veloci ritorni”.
Dal 2002 al 2010 il tasso di crescita del commercio tra Cina e Africa è cresciuto mediamente del 33% l'anno; lo scorso anno l'export verso la Cina ha raggiunto i 66,9 miliardi di dollari - concentrati prevalentemente nel settore commodities energetiche e minerarie - e l'import è stato di 59,8 miliardi. Secondo Tasker il legame commerciale presente tra il Sudafrica, e l'intero continente africano, e Pechino è destinato a rafforzarsi ultieriormente.
Jacob Kolster, direttore per il Nordafrica dell'African development Bank, ritiene che l’elemento a favore del colosso asiatico consista nella disponibilità di liquidità: “La Cina ha un grande vantaggio: dispone di molta liquidità, anche perché è un investitore statale, all'opposto dell'India. Certo, i risultati delle sue opere infrastrutturali alcune volte non sono stati all'altezza delle aspettative, ma comunque per i Governi di diversi Paesi africani, dove la carenza di infrastrutture è il maggiore ostacolo allo sviluppo, si è trattato di un elemento positivo”. Mentre l’errore più grave commesso dall’Occidente, sempre secondo Kolster, è stato quello di aver sottovalutato le grandi potenzialità racchiuse nel continente africano e di averlo sempre considerato come “un recipiente di aiuti, non un luogo dove si può avere un ritorno commerciale per gli investimenti”.
Clive Tasker, amministratore delegato dell’istituto bancario sudafricano Standard Bank (il più grande di tutta l'Africa) - acquisito, per il 20% nel 2007, dalla più grande banca commerciale cinese (Icbc), con un investimento di 5,5 miliardi di dollari - ha dichiarato che il Dragone investiva in Africa prima che anche gli investitori americani ed europei si interessassero a tale mercato e secondo modalità differenti: “La strategia di investimento cinese, concentrata soprattutto sul settore delle commodities, è sicuramente caratterizzata dalla non ingerenza negli affari interni del Paese, o anche dei singoli settori di business. Sono più flessibili e non pongono condizioni. Ma c'è di più. Hanno una diversa concezione del rischio. Sono investitori di lungo termine e non cercano veloci ritorni”.
Dal 2002 al 2010 il tasso di crescita del commercio tra Cina e Africa è cresciuto mediamente del 33% l'anno; lo scorso anno l'export verso la Cina ha raggiunto i 66,9 miliardi di dollari - concentrati prevalentemente nel settore commodities energetiche e minerarie - e l'import è stato di 59,8 miliardi. Secondo Tasker il legame commerciale presente tra il Sudafrica, e l'intero continente africano, e Pechino è destinato a rafforzarsi ultieriormente.
Jacob Kolster, direttore per il Nordafrica dell'African development Bank, ritiene che l’elemento a favore del colosso asiatico consista nella disponibilità di liquidità: “La Cina ha un grande vantaggio: dispone di molta liquidità, anche perché è un investitore statale, all'opposto dell'India. Certo, i risultati delle sue opere infrastrutturali alcune volte non sono stati all'altezza delle aspettative, ma comunque per i Governi di diversi Paesi africani, dove la carenza di infrastrutture è il maggiore ostacolo allo sviluppo, si è trattato di un elemento positivo”. Mentre l’errore più grave commesso dall’Occidente, sempre secondo Kolster, è stato quello di aver sottovalutato le grandi potenzialità racchiuse nel continente africano e di averlo sempre considerato come “un recipiente di aiuti, non un luogo dove si può avere un ritorno commerciale per gli investimenti”.
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