Le aziende operative nel settore delle terre rare in Cina dovranno pagare una nuova tassa decisa dal governo centrale per ridurre l’estrazione dei metalli e il conseguente inquinamento.
Il governo di Pechino ha introdotto una nuova tassa sulle terre rare: le aziende del settore dovranno così pagare tra il 5% e il 10% dei loro profitti al fisco cinese. Si tratta dell’ennesima misura intrapresa dalla Repubblica Popolare per equilibrare il comparto delle Ree, metalli piuttosto rari ma utili in molte industrie a livello globale.
Il Dragone ha recentemente intrapreso una linea dura nei confronti dell’estrazione di terre rare, soprattutto verso il mercato illegale, in quanto si tratta di elementi tossici e quindi molto dannosi per l’ambiente. Il settore, inoltre, è particolarmente complesso, dato che, oltre alla difficoltà e alla pericolosità dell’estrazione, il vantaggio redditivo di un’azienda si verifica solo nel momento in cui riesce ad estrarre enormi quantitativi di Ree, ovvero grandi percentuali per tonnellata. A ciò si deve aggiungere la difficoltà nel reperire personale esperto o con una formazione adatta al comparto: figure quali esperti minerari e chimici che abbiano dimestichezza con le terre rare sono poche nel mondo e per la maggior parte di nazionalità cinese o russa.
Attualmente la Cina detiene il monopolio di Ree, grazie ai numerosi siti di cui dispone e agli investimenti nella formazione di personale che ha effettuato negli ultimi decenni. Tuttavia, a causa della conseguente scarsa disponibilità dei metalli in questione, nuovi siti estrattivi verranno resi operativi nel giro di due anni: Lynas in Australia, Moolycorp negli USA, Stans Energy in Asia.
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