Le principali notizie e informazioni di natura economica, finanziaria, giuridica e politica relative alla Cina

giovedì 29 settembre 2011

European Business in China Position Paper 2011

Pubblicato l’European Business in China Position Paper 2011, che indaga il contesto cinese e le opportunità di business per le imprese europee.

Il 22 settembre scorso si è tenuta a Roma la presentazione dell’European Business in China Position Paper, strumento annuale pubblicato dalla Camera di Commercio Europea in Cina. Nel documento vengono riportate osservazioni ed indicazioni sul clima imprenditoriale cinese, fornite da Gruppi di Lavoro e Forum rappresentativi di vari settori del business europeo in loco e dalla testimonianza di circa 500 aziende attive sul mercato cinese. L’obiettivo del Position Paper è quello di approfondire le prospettive del mercato per poter sviluppare nuovi investimenti.
Ciò che è emerso nel coso di quest’anno è, in sostanza, che il progresso cinese si conferma: le performance delle imprese sono migliorate sia in termini economici che di crescita, così come l’importanza strategica del Dragone a livello internazionale. Tuttavia, parallelamente si registra un’intensificazione della competizione, sia per le aziende locali che straniere, oltre ad un aumento dei prezzi delle materie prime e dei costi delle risorse umane. Inoltre, secondo il 43% dei membri della Camera di Commercio Europea, le politiche governative negli ultimi due anni sono diventate ancora più discriminatorie.
Il documento si ripropone, poi, di fornire dei consigli alle autorità economiche cinesi al fine di incentivare l’apertura del Paese; in particolare si sottolinea l’importanza dei seguenti punti: potenziare l’accesso al mercato, migliorare la trasparenza e la prevedibilità nella legislazione, migliorare l’efficienza delle normative, incoraggiare l’innovazione attraverso la protezione dei diritti della proprietà intellettuale. Infine, il Position Paper vuole anche essere uno spunto per gli operatori economici europei, incitando la promozione degli investimenti sino-europei e lo sviluppo di una politica europea coordinata verso la Cina.

mercoledì 28 settembre 2011

Cina leader nel fotovoltaico

La Cina si appresta a salire sul podio tra i Paesi che investono maggiormente nel fotovoltaico: entro il 2015 potrebbe produrre il 45% della capacità totale di energia solare.

Come già preannunciato, la Cina ha confermato gli ingenti investimenti nel settore delle energie rinnovabili: Xie Zhenhua, viceministro per lo Sviluppo nazionale, ha dichiarato che il Paese asiatico ha stanziato 233 miliardi di euro per un’economia a basse emissioni di CO2; inoltre, diverse iniziative sono in cantiere, tra cui progetti pilota low carbon in cinque province e otto città.
Tra le fonti energetiche verdi, spicca il ruolo del Dragone nel fotovoltaico, comparto in cui le previsioni di IMS e dell’Unione Europea assegnano alla Cina il 45% della capacità totale di energia solare nel 2015. Pechino sta guadagnando posizioni a livello mondiale anno dopo anno, passando dal nono posto nel 2010 al quarto entro la fine di quest’anno, subito dopo Germania, Italia e Stati Uniti. La Commissione nazionale per lo Sviluppo e le Riforme della Repubblica Popolare ha varato un ulteriore aiuto definito “Feed-in tarif”, oltre al programma Golden Sun del 2009 che prevede aiuti del 50% per i nuovi impianti e fino al 70% nelle zone disagiate. Entro il 2011 la Cina installerà 1,3 GW di nuovi impianti e più di 2 GW nel 2012; con questo ritmo il Dragone si appresta ad essere tra i primi tre Paesi nel 2015 nel fotovoltaico.
La leadership cinese apre le porte alle opportunità anche per le imprese italiane del settore; lo dimostra l’esempio di Elettronica Santerno del Gruppo Carraro, una delle aziende d’eccellenza nella costruzione di inverter, parte fondamentale degli impianti fotovoltaici. Nel 2006 Santerno ha iniziato l’espansione verso i nuovi mercati, tra cui India e Cina; nel Dragone è oggi quarto fornitore di inverter per i progetti solari ed entro il 2011 vedrà installati circa 100 MW di impianti con i propri componenti. Per il 2012, inoltre, prevede la creazione di una base produttiva nella Repubblica Popolare per supportare meglio i volumi di produzione.

martedì 27 settembre 2011

Olivo Tappeti in Cina

L’azienda di Carmignano di Brenta, Olivo Tappeti, approderà anche in Cina grazie alla collaborazione con un importatore di Hong Kong.

Ulteriore conferma dell’apprezzamento dei cinesi nei confronti del design e della qualità italiana arriva anche dal comparto dei tappeti. L’azienda padovana Olivo Tappeti Snc, che produce e commercializza tappetti lavorati a telaio meccanico, ha recentemente avviato una collaborazione con un importatore di Hong Kong interessato alla tradizione e allo stile dell’impresa.
Olivo Tappeti è una piccola realtà italiana attiva da trent’anni sul mercato, che ha saputo ottenere un ottimo successo arrivando oggi a 9 milioni di fatturato e ad un trend di crescita, nel primo semestre 2011, pari al 10%. L’azienda ha circa dieci dipendenti e dispone di una rete di una trentina di agenti; a livello strutturale possiede un magazzino con capacità di 500mila tappeti pronta consegna e uno show room di 400 mq. L’organizzazione prevede un know how interamente localizzato in Veneto e si avvale di laboratori di proprietà in India ed Egitto per l’approvvigionamento, grazie a joint-venture con produttori locali. Le collezioni di tappeti, inoltre, sono disegnate da tecnici interni e sono a marchio registrato.
Monostante la piccola dimensione aziendale, i prodotti Olivo Tappeti sono presenti nei negozi specializzati di arredamento e di largo consumo, nei supermercati e negli ipermercati italiani ed europei. Infatti, l’azienda ha saputo affermarsi anche sul piano internazionale attraverso rapporti commerciali in Germania, Kosovo, Romania, Russia e Spagna.
L’esempio di Olivo Tappeti Snc dimostra che anche una realtà a conduzione familiare può arrivare ad espandersi in Asia e a sfruttare le opportunità che la Cina offre pure in questo settore.

lunedì 26 settembre 2011

Difficoltà per l’agroalimentare italiano

Nonostante l’alta qualità dei prodotti, il settore agroalimentare italiano in Cina non riesce a decollare a causa di alcuni errori imprenditoriali.

L’agroalimentare italiano in Cina è uno dei settori che più difficilmente riesce a ottenere grandi successi al pari di altri comparti del Made in Italy. Sia nei ristoranti che nei punti vendita, gli articoli italiani sono la minoranza e vengono superati per quantità e convenienza della merce di origine francese e tedesca.
Sebbene la qualità dei prodotti alimentari nostrani sia molto elevata, infatti, sussistono diversi ostacoli confermati recentemente da alcuni progetti fallimentari. Piazza Italia, il lussuoso centro commerciale inaugurato nel 2008 a Chaoyang, ha perso in 14 mesi sei milioni e ha debiti per quattro milioni e mezzo. Il centro era nato dall’idea di un consorzio che racchiudeva marchi quali Crai, Cavit vini, Grana Padano, San Daniele Service, Conserve Italia e Frantoi Artigiani e doveva essere il primo di una serie di punti vendita che avrebbe coperto tutto il Paese. Analogo destino è toccato a Caffè Parma e Gusto Menta, entrambe costrette a chiudere.
I problemi riscontrati in questo settore sono, in sostanza, la scarsa conoscenza del mercato nel momento in cui lo si affronta, a cui è legata anche l’arroganza di alcuni operatori. Inoltre, i prodotti italiani hanno prezzi troppo elevati rispetto ai concorrenti stranieri, motivo per cui sono considerati beni di nicchia.
Simili difficoltà si registrano nel comparto vitivinicolo; la Cina non è un Paese che apprezza il vino da molto tempo ma si sta verificando un cambiamento di tendenze a favore del consumo di bevande alcoliche. Tuttavia, il vino italiano stenta a decollare ancora una volta a causa dei prezzi eccessivi. A ciò si aggiunge la scarsa pubblicità che viene fatta per far conoscere le etichette, che rimangono così sconosciute alla maggior parte dei consumatori.
Per salvare il settore agroalimentare in Cina, quindi, servono più investimenti volti a fare un’analisi adeguata del mercato e a creare campagne pubblicitarie ad hoc.

venerdì 23 settembre 2011

Si riscalda ancora il real estate in Cina

Nonostante le misure intraprese dal governo, aumentano ancora i prezzi degli alloggi nelle città cinesi di secondo e terzo livello.

L’estate cinese ha visto nuovamente un’impennata dei prezzi degli immobili, segno che la crisi che attraversa il settore non è ancora giunta al termine. Nel primo semestre 2011 i prezzi delle case sono aumentati in 67 città sulle 70 monitorate; a luglio il fenomeno ha riguardato ben 68 centri, mentre ad agosto per la prima volta tutte le 70 città controllate hanno subito il rialzo dei prezzi. In particolare, A Pechino l’aumento è stato pari all’1,9% rispetto all’anno scorso, mentre a Shanghai del 2,8%.
Nonostante le misure attuate dal governo per riequilibrare il mercato immobiliare con l’aumento degli acconti e dei tassi ipotecari, quindi, il real estate cinese non sembra raffreddarsi. La Repubblica Popolare ha già disposto nelle zone metropolitane, tra cui Pechino e Shanghai, la limitazione per l’acquisto della casa a una sola famiglia, ma deve trovare nuove soluzioni soprattutto nelle città meno abbienti. Inoltre, il governo centrale deve scontrarsi con le autorità locali che non sempre applicano le restrizioni aggiuntive sugli acquisti degli alloggi, in quanto necessitano di liquidi per saldare i debiti; il reddito di molte città occidentali e centrali, infatti, deriva in buona parte dalla vendita dei terreni.

giovedì 22 settembre 2011

La ceramica italiana si rafforza in Cina

Sono i BRICS la salvezza delle aziende del settore della ceramica italiano: con l’esportazione e la delocalizzazione nei Paesi emergenti si può uscire dalla crisi. 

Il futuro della ceramica italiana dipende in buona sostanza dall’export, forte soprattutto nei BRICS, dove la Cina primeggia con tassi di crescita del settore dell’80%. E’ quanto emerge dalla fiera mondiale della ceramica di Bologna, Cersaie, dove la maggior parte dei visitatori è di origine straniera.
Il settore della ceramica, che ha visto nel 2010 ricavi pari a 6,5 miliardi di dollari, detiene un terzo del mercato nel commercio internazionale ed esporta l’80% dei propri guadagni. La maggior parte delle aziende presenti in fiera dichiara di puntare molto sui mercati esteri, dove non solo esportano ma anche producono. L’espansione all’estero riguarda sia i vicini Paesi europei (come Spagna, Francia e Russia) che le nazioni emergenti; in Cina, ad esempio, molte aziende aprono joint-venture con partner locali. La qualità italiana risulta, quindi, sempre apprezzata e può contare oggi anche sull’apporto tecnologico che permette di creare nuove strutture, nuovi materiali e lavorazioni particolarmente innovative.
L’orientamento all’estero, però, è molto spesso dettato dalle difficili condizioni con cui le aziende sono costrette a lavorare in Italia; nel nostro Paese i costi legati all’energia sono superiori anche del 30% rispetto ad altre nazioni e manca un Sistema in grado di tutelare le realtà imprenditoriali, anche dalla forte concorrenza asiatica che avanza. Le istituzioni sono assenti e l’intricata situazione politica attuale non aiuta a sostenere le imprese.

mercoledì 21 settembre 2011

Probabile apertura del mercato aeronautico cinese

Al Salone internazionale dell’aeronautica di Pechino Boeing e Airbus illustrano i nuovi obiettivi per i prossimi anni, mentre il mercato cinese si prepara ad un’espansione.

La domanda cinese di aeromobili potrebbe espandersi ulteriormente nei prossimi anni; secondo le statistiche, infatti, si potrebbe avere una richiesta tra i 4 e i 5 mila arei nei prossimi 20 anni. Tale prospettiva permetterebbe ai due maggiori competitor in Cina di puntare ad aumentare le rispettive quote di mercato: Airbus vorrebbe passare entro il 2015 dal 46% attuale al 50%, mentre Boeing cercherà di mantenere il suo 50-51%.
Dal 2016, inoltre, il mercato aeroportuale della Cina potrebbe aprirsi a nuovi competitor, interrompendo così il duopolio tra Boeing 737 ed Airbus A320 su medio raggio che insieme detengono una quota del 70%. Il produttore cinese Comac, infatti, è pronto a inaugurare per quella data il nuovo velivolo C919. Nel frattempo, il prossimo 15 ottobre verrà consegnato per la prima volta ad una società cinese, la China Southern Airlines, un superjambo A380 che farà il primo volo commerciale da Pechino a Guangzhou il 17 ottobre, per poi volare tra Pechino e Shanghai dal 27 al 29 ottobre. Successivamente verrà impiegato su una rotta internazionale.
Questo è ciò che emerso al Salone internazionale dell’aeronautica di Pechino, manifestazione dedicata al settore dell'aviazione e che si tiene ogni due anni. La mostra include il controllo del traffico aereo e aeroportuale, gli strumenti di apparecchiature di comando di volo, i serbatoi di carburante, la difesa aerea, le dotazioni di terra aeroportuali, l'installazione della pista, di comunicazione e sistemi radar, le apparecchiature di volo e di tecnologia.

martedì 20 settembre 2011

Allarme miele dalla Cina

L’Italia ha aumentato l’importazione di miele proveniente dalla Cina, sul quale però scatta l’allarme OGM della Coldiretti.

Il 50% del miele venduto in Italia viene importato da Argentina e Cina; nel 2011 il nostro Paese ha addirittura triplicato l’import del prodotto dalla Repubblica Popolare, in quanto non è in grado di provvedere autonomamente alla soddisfazione della domanda interna.
Tuttavia, come per altri beni Made in China, sorgono numerose polemiche legate alla sicurezza e alla garanzia di qualità del miele importato. La Corte di Giustizia Ue, infatti, ha lanciato un allarme sul miele proveniente dal Dragone, in quanto potrebbe essere costituito da polline ottenuto da OGM, e che quindi non può essere venduto privo di apposita autorizzazione, contrariamente a ciò che accade in alcuni Paesi extraeuropei come la Cina. Per tutelare i consumatori, la Coldiretti sostiene che la Commissione Europea dovrebbe rispettare il pronunciamento della Corte di Giustizia sottoponendo il miele e gli integratori alimentari a base di polline di origine cinese ad una autorizzazione all’immissione.
Per ora, l’unica garanzia è sul miele prodotto in Italia, che grazie al sistema di etichette obbligatorie, certifica l’assenza di OGM.

lunedì 19 settembre 2011

Ermenegildo Zegna festeggia 20 anni in Cina

Il celebre marchio di abbigliamento italiano festeggia 20 anni di presenza nella Repubblica Popolare con risultati eccellenti nel settore luxury cinese.

Il gruppo Ermenegildo Zegna festeggia con una serie di eventi speciali la presenza ventennale del proprio marchio in Cina. Il brand di abbigliamento di lusso, infatti, fu uno dei primi a penetrare nel mercato asiatico, dapprima per la ricerca di materie prime e tessuti in Mongolia e poi aprendo nel 1991 il primo store di Pechino presso l’hotel Peninsula. La scelta di investire in un Paese che al tempo non aveva ancora sviluppato il settore luxury fu decisamente vincente e gli investimenti fatti nel corso degli anni hanno premiato il Gruppo. Oggi Zegna dispone di una estesa rete di punti vendita in 37 città del Dragone e nel 2010 il Paese asiatico è stato il primo mercato del brand per vendite retai.
In questi vent’anni Zegna si è esteso nel Paese con una catena di negozi monomarca per poi consolidare la presenza nel 1997 con lo store di Hong Kong e la creazione di una filiale di distribuzione a Shanghai, la Zegna Traiding. Il vero sviluppo è stato, però, nell’ultimo decennio con l’apertura nel 2003 del flagship store Ermenegildo Zegna all’Oriental Plaza di Pechino, i concept store ZZegna nel 2006 e Zegna Sport nel 2009. Tra i prossimi progetti si parla di un nuovo Global Store a Shenyang.
Per celebrare i vent’anni di successo il marchio ha prodotto, in collaborazione con partner quali Girard-Perregaux, Tateossian e Vertu, una collezione ad edizione limitata; inoltre è stata allestita presso il Today Art Museum di Pechino una mostra dal titolo “Un secolo di eccellenza” che ripercorre la storia del Gruppo.
L’esempio di Zegna dimostra come il settore dell’abbigliamento, anche nella fascia del lusso, stia riscuotendo un enorme successo in Cina, premiando la qualità e il design italiano.

venerdì 16 settembre 2011

Lo yuan convertibile nel 2015

Secondo il presidente della Camera di Commercio della Ue in Cina, la piena convertibilità dello yuan avverrà nel 2015, più rapidamente di quanto preventivato dal piano Quinquennale.

Davide Cucino, presidente della Camera di Commercio dell’Unione Europea, ha recentemente avuto un incontro con funzionari dell’amministrazione cinese, dal quale è emerso che la convertibilità dello yuan avverrà nel 2015. Il processo di piena convertibilità era già stato messo in agenda nel Dodicesimo Piano Quinquennale 2011-2015 ma ad un ritmo più graduale; questa notizia, invece, rivela che la Cina sarebbe pronta a tale passo prima del previsto.
Se ciò dovesse accadere la Repubblica Popolare affronterebbe un altro importante cambiamento nell’ambito della sua economia; ad oggi la valuta cinese non è convertibile, ma dipende dalla Banca Centrale che ne fissa il tasso di riferimento considerando una banda di oscillazione dello 0,5% e ne limita la conversione anche a fini di investimenti. Inoltre, il Dragone ha messo in vendita yuan per evitare un suo apprezzamento smisurato e ha concentrato le sue riserve in valuta estera, che ammonterebbero a 3.200 miliardi di dollari.
Molte sono le polemiche che hanno accompagnato la questione della convertibilità, soprattutto con l’affiorare della crisi finanziaria. Gli Stati Uniti hanno ripetutamente accusato la Cina di tenere appositamente basso il valore dello yuan per avvantaggiarsi sui mercati esteri. Dopo che la valuta cinese, inoltre, si è sganciata dal dollaro nel giugno 2010, la moneta si è apprezzata sulla valuta americana ma in modo molto graduale.

giovedì 15 settembre 2011

La Cina in aiuto della Ue

La Cina conferma il suo intento di accorrere in aiuto dell’Europa attraverso un programma di investimenti locali.

Wen Jiabao si è recentemente pronunciato sulla crisi sul debito dei Paesi sviluppati, sostenendo che un primo intervento deve essere fatto dagli stessi governi interessati tramite politiche fiscali e monetarie efficienti, come incentivi all’occupazione e tagli al deficit. Tuttavia, il premier cinese ha confermato che la Repubblica Popolare è pronta ad intervenire in aiuto delle nazioni europee con una serie di investimenti locali.
Il sostegno del Dragone non è del tutto disinteressato: l’Unione Europea, infatti, è il primo partner commerciale della Cina, e quindi una crisi europea danneggerebbe, di riflesso, anche tutte le aziende locali che puntano soprattutto all’export, ovvero la maggior parte. Inoltre, la Repubblica Popolare avrebbe posto una conditio sine qua non: i leader europei dovrebbero rafforzare le relazioni con il Paese asiatico, ovvero riconoscere alla Cina lo status di economia di mercato, riconoscimento che, comunque, dovrebbe verificarsi nel 2016.
L’intervento del Dragone dimostra ancora una volta che le problematiche occidentali sono osservate con interesse dai Paesi emergenti; I BRIC, infatti, stanno considerando l’ipotesi di acquistare obbligazioni europee: i ministri delle Finanze dei quattro Paesi si riuniranno la prossima settimana a Washington per elaborare un piano volto a stabilizzare la situazione dei mercati globali.

mercoledì 14 settembre 2011

La Cina investe in infrastrutture e industria italiane

Visita di una delegazione cinese del Cic in Italia per alcuni incontri istituzionali alla ricerca di settori del mercato italiano in cui investire.

La scorsa settimana una delegazione cinese guidata da Lou Jiwei, presidente del fondo sovrano China Investment Corp (Cic), è arrivata in Italia per una serie di appuntamenti presso alcuni ministeri e istituzioni italiani. L’obiettivo della missione è quello di individuare settori strategici in cui investire; durante gli incontri è emerso l’interesse dei cinesi in due campi importanti per l’economia: infrastrutture e industrie.
Il meeting più rilevante è stato quello tra Cic e la Cassa Depositi e Prestiti, il cui fine è quello di promuovere lo sviluppo delle Pmi italiane. Lo strumento messo a disposizione delle imprese nostrane è quello di due fondi di private equity, il Fondo italiano di investimento e il Fondo strategico italiano, ideati per rafforzare il capitale delle aziende anche attirando afflussi dall’estero. Per i cinesi lo Stato italiano ha messo a disposizione una selezione di imprese tra cui scegliere per effettuare gli investimenti.
I progetti maggiori su cui sta puntando Cic sono localizzati in Sicilia: qui è in pianificazione il finanziamento cinese di un impianto fotovoltaico per il settore energia, mentre per le infrastrutture si parla di uno stanziamento pari al 50% dei fondi privati per la costruzione del Ponte di Messina. Altri otto progetti infrastrutturali, inoltre, sarebbero stati oggetto nel novembre scorso di un memorandum tra la Regione Sicilia e la China Development Bank. La Repubblica Popolare avrebbe anche messo in campo 90 milioni di euro per ampliare i porti di Augusta e Pozzallo per poter ospitare le navi container provenienti dall’Oriente. Al vaglio ci sarà, infine, anche il completamento della tratta ferroviaria Napoli-Palermo, che verrà discusso prossimamente tra i vertici delle ferrovie cinesi e quelli della Società dello Stretto.
Per quanto riguarda il nord Italia, invece, rimane in stand-by il progetto di 700 milioni di euro per la realizzazione della piattaforma logistica dell’alto Adriatico.

martedì 13 settembre 2011

Crescita economica inferiore al 9% nel 2012

Rallenta la corsa della Cina, la cui crescita per il 2012 è stimata sotto il 9% del PIL annuo.

Secondo l’autoity forex di Pechino SAFE (State Administration of Foreign Exchange), la Cina non crescerà oltre il 9% nel corso del 2012, ma potrebbe fermarsi all’8,8% contro il 9,3% di quest’anno. Nonostante la Repubblica Popolare rimanga uno dei Paesi a più elevato tasso di crescita, il Paese asiatico dovrà affrontare molte sfide nei prossimi mesi.
In primis rimane preoccupante, infatti, la questione dell’inflazione, alimentata ulteriormente dal continuo afflusso di capitali dall’estero e segnando un nuovo record nel mese di luglio. A contribuire al rallentamento cinese sarebbe, poi, l’incertezza economica a livello globale che aggrava la crisi dei debiti sovrani e riduce la fiducia dei mercati mondiali minacciando anche la Cina. Infine, la politica monetaria del Dragone è un altro punto su cui il governo dovrà prestare attenzione: la delicata congiuntura economica impone una maggiore valutazione degli effetti di tali misure adottate anche nei mesi precedenti per far fronte all’inflazione.
La riduzione del PIL, comunque, rientra nel Piano Quinquennale 2011-2015, nel quale si è fissato un tasso di crescita medio del 7% circa. Già per quest’anno si sta notando un calo del PIL significativo: se nel primo trimestre si era registrato il 9,7%, nel secondo si è passati al 9,5% e secondo alcuni analisti potrebbe scendere sotto il 9% entro la fine del 2011. Tuttavia, un dato inferiore all’8% per gli economisti cinesi significa rischiare di non garantire l’occupazione interna e per la Repubblica Popolare significherebbe trascorrere un anno molto più difficile di quello in corso.

lunedì 12 settembre 2011

L’inflazione cinese rallenta

Dopo il record registrato a luglio (+6,6%), l’inflazione cinese scende al 6,2% nel mese di agosto.

Per la prima volta dopo mesi di incessante aumento del costo della vita e di politiche attuate dal Governo senza risultati, nel mese di agosto l’inflazione cinese ha registrato un aumento del 6,2%, in calo rispetto al +6,5% di luglio. Stando alle dichiarazioni dell’economista Dong Xianan, la diminuzione dell’inflazione sarebbe dovuta al rallentamento della richiesta di prodotti cinesi avvenuta in questo periodo. Il Dragone da diversi mesi permette un apprezzamento controllato dello yuan e aumenta il costo del denaro (si pensi che da ottobre la Banca del popolo di Cina ha quintuplicato il tasso di interesse e incrementato di nove volte le riserve monetarie obbligatorie per le banche) per contenere l’inflazione. Le misure adottate se da un lato hanno contenuto facili finanziamenti spesso all’origine di speculazioni, dall’altro hanno portato alla chiusura di molte piccole e medie imprese, gravate dai costi. Il calo registrato nel mese di agosto ha suscitato la reazione positiva della borsa cinese, spinta in questo anche dal discorso pronunciato dal Presidente degli Stati Uniti Obama, che ha annunciato lo stanziamento di 447 miliardi di dollari per tagliare le tasse, rilanciare l’occupazione e diminuire il debito pubblico. Secondo gli esperti è comunque probabile che l’inflazione mantenga nel corso dei prossimi mesi dei livelli elevati, di sicuro superiori al 4% annuo fissato dal Governo.

venerdì 9 settembre 2011

Delegazione cinese al Salone del camper di Parma

Dal 10 al 18 settembre il Salone del camper di Parma vedrà la partecipazione anche di una delegazione di operatori del settore di Pechino.

Al Salone del Camper di Parma, in programma dal 10 al 18 settembre prossimi, sarà presente una delegazione di operatori del settore provenienti da Pechino e accompagnata da Agenzia per la Cina. La Repubblica Popolare, infatti, sembra molto interessata al mondo del caravan e in particolare al prodotto Made in Italy e il Salone si presenta come l’occasione giusta per stringere affari. La fiera è una delle maggiori manifestazioni europee del turismo all’aria aperta e quest’anno si presenta totalmente rinnovata, con nuovi padiglioni e un afflusso previsto di oltre 100.000 visitatori.
Molte sono le novità previste per questa edizione: dal modello “easy chef”, dotato di fornello integrato, al “panoramic system”. Inoltre, saranno innovative anche le proposte straniere, a cui probabilmente i cinesi guarderanno con interesse: la tedesca Concorde presenterà il suo modello di lusso Charisma, la francese Itineo porterà la serie Next con le pareti che cambiano colore e la connazionale Fleurette mostrerà la linea luxury di Migrateur con mobili in legno massello, la Calltronic, anch’essa tedesca, avrà un camper con riscaldamento via sms. Tra gli italiani viene menzionata la gamma della Cbe di Trento con i modelli fotovoltaici.

giovedì 8 settembre 2011

Aumentano le vendite di auto in agosto

Nel mese di agosto le vendite di auto sono cresciute del 3,3%, anche se secondo gli esperti il settore non è ancora in ripresa.

Secondo l’organizzazione China Passenger Car Association, nel mese di agosto il settore automobilistico cinese ha visto un lieve aumento delle vendite pari al 3,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, per un totale di 1.041.584 vetture. Tuttavia, non si tratta, secondo gli analisti, di un segnale di ripresa per l’automotive, in quanto si è ben lontani dalla crescita del 32,4% del 2010, per quanto riguarda vendita di autoveicoli nel complesso.
Una delle motivazioni di sofferenza del comparto è stata l’interruzione di incentivi governativi all’acquisto, avvenuta a fine 2010 e che ha provocato un calo di vendite tra i produttori nazionali che operano nella fascia inferiore del mercato.
Per l’associazione, una migliore ripresa si avrà nel terzo semestre 2011.

mercoledì 7 settembre 2011

Nuove acquisizioni per Illy Caffè in Cina

IIly Caffè potenzia la presenza in Cina attraverso lo sviluppo di una rete di punti vendita al dettaglio, con la quale prevede di quadruplicare le vendite.

Il mercato cinese del caffè si sta sviluppando molto velocemente in questi anni, aprendo opportunità per gli operatori stranieri del settore. Sebbene la bevanda non sia ancora particolarmente consumata nel Dragone, dove si preferisce il tè e il caffè viene consumato occasionalmente fuori casa, le abitudini in merito si stanno occidentalizzando. Secondo Euromonitor International le vendite di caffè in Cina hanno raggiunto il valore di mezzo miliardo di euro. Starbucks, ad esempio, ha già 400 coffee-shop distribuiti nel Paese e ora anche Illy caffè vuole potenziare la propria presenza in loco.
Illy Caffè è presente nella Repubblica Popolare da dieci anni ormai tramite il canale wholesale, ovvero nei bar, alberghi, supermercati e uffici, e ha una rete che arriva in circa 12 città dove vende 110 tonnellate di caffè a un migliaio di clienti. Il 2010 è stato un anno d’oro per l’azienda italiana, che ha visto crescere i ricavi dell’8%, per un valore di 305 milioni di euro, e il margine operativo lordo dell’11%, per un valore di 44 milioni, mentre l’utile è raddoppiato a 11 milioni. Per quest’anno si prevede un andamento ancora più positivo, grazie anche al boom del prezzo del caffè. Illy ha deciso comunque di puntare sulla Cina e ha appena acquisito il distributore locale Dachan Espressamente che prenderà il nome di Illycaffè China, con il quale l’azienda punta a quadruplicare gli affari nel giro di cinque anni. La strategia prevede lo sviluppo di una rete di punti di vendita al dettaglio e di attività commerciali di alto livello.

martedì 6 settembre 2011

Normative ambientali più rigide per le aziende in Cina

Il Governo di Pechino promuove la tutela ambientale introducendo nuove tasse e norme più severe in materia, a cui le aziende dovranno adeguarsi.

Tra le priorità della Cina dichiarate nel nuovo Piano Quinquennale c’è la tutela ambientale; il governo di Pechino si è fatto molto più rigido in materia, introducendo nuove regole e programmi per ridurre l’inquinamento. Da qui al 2015 il Dragone investirà ben 450 miliardi di dollari nella tutela ambientale; entro cinque anni verranno costruiti 4 mila nuovi impianti per il trattamento delle acque reflue e continuerà l’impiego di fonti di energia rinnovabile, per le quali il Paese asiatico è al primo posto nel mondo. Secondo il nuovo Piano, la Repubblica Popolare dovrà ridurre le emissioni di gas serra di almeno il 40% entro il 2020 e il consumo energetico dovrà scendere del 16% per ogni dollaro di output; inoltre, entro il 2011 il consumo di acqua dovrà essere ridotto del 7%.
Le normative più stringenti hanno colpito maggiormente le aziende, sia cinesi che italiane, sulle quali gravano rigidi standard , test e nuove tasse. Le licenze per poter aprire stabilimenti in loco sono ancora più difficili da ottenere, mentre il rispetto delle norme ambientali cinesi sono ormai indispensabili per poter chiedere prestiti ad alcune banche. In determinati settori, come quello chimico, ad esempio, vengono richiesti ulteriori test oltre a quelli internazionali, con conseguenti costi extra.
Tre sono le nuove tasse che verranno applicate a tutte le aziende: carbon tax per chi supera i livelli di emissioni di carbonio, green tax, per i maggiori inquinatori e resource tax, imposta del 5% sulle risorse naturali.
I settori in cui si avranno maggiori spese, comunque, saranno quello metallurgico, aeroportuale e del cemento, in quanto producono più emissioni e hanno costi elevati per la riconversione degli impianti.

lunedì 5 settembre 2011

Toyota: è in ripresa la produzione in Cina

Il mese scorso, Toyota Motor Corp, ha venduto 88.700 veicoli in Cina, registrando un incremento del 14,9% rispetto allo stesso periodo del 2010.

Toyota Motor Corp cerca di far fronte agli effetti del terremoto in Giappone del marzo scorso per riportare ai livelli precedenti la produzione in Cina. Come ha dichiarato Takanori Yokoi, portavoce della società con sede a Pechino, le vendite di veicoli in Cina, nel periodo gennaio-agosto, hanno raggiunto la quota di circa 525.600 e risultano in crescita del 4,3% rispetto all'anno precedente: nonostante il terremoto che ha colpito il Giappone in marzo abbia bloccato la produzione di alcuni fornitori di parti in Giappone, causando carenze presso gli impianti della società in Cina e in tutto il mondo, Toyota continua a fare progressi e, come sostiene Yokoi, "si potrebbe dire che siamo quasi alla normalità”.
L’incremento del 14,9% segnato lo scorso agosto rispetto allo stesso periodo del 2010, secondo il gestore di un concessionario Toyota a Pechino, si spiegherebbe considerando che molti rivenditori Toyota hanno tentato di incrementare ulteriormente le vendite attraverso generosi incentivi alle stesse.
Nel 2010 la società automobilistica giapponese ha venduto 846.000 auto in Cina: entro la fine di quest’anno, come ha confermato Yokoi, Toyota si impegnerà a rispettare l'obiettivo di venderne più di 900.000.

venerdì 2 settembre 2011

La Cina potrebbe aumentare l’import di zucchero

La siccità che ha colpito la provincia dello Guangxi sta riducendo le scorte di zucchero cinesi e il prossimo anno Pechino potrebbe aumentare l’import.

I prezzi dello zucchero a livello internazionale, arrivati a 31 centesimi per libbra a New York, rimangono alti, nonostante si preveda per la prossima stagione un surplus dell’alimento.
La situazione peggiore, comunque, si registra in Cina, dove la forte siccità ha colpito la provincia dello Guangxi, regione che produce il 60% dello zucchero del Dragone. Le condizioni climatiche avverse, quindi, hanno provocato impennate dei prezzi e costretto il governo di Pechino a vendere le scorte, riducendole a circa mezzo milione di tonnellate contro i tre milioni usuali. A contribuire alla difficile situazione è anche la carenza produttiva del Brasile, che oltre ad essere primo esportatore mondiale, è anche uni dei principali partner della Repubblica Popolare.
Attualmente, la quota di importazione dello zucchero cinese è già esaurita per quest’anno, proprio ora che da agosto a novembre si registra un picco della domanda. Per gli analisti ciò significa che la Cina potrebbe importare un ulteriore milione di tonnellate entro la fine dell’anno, oltre alle 2,325 milioni di tonnellate di zucchero grezzo, di cui tre quarti dal Brasile, previste negli accordi già presi. Se, comunque, questo non dovesse accadere, gli acquisti all’estero si rinnoveranno quasi certamente nel 2012, con un aumento dell’import che arriverà così a 2,45 milioni di tonnellate.

giovedì 1 settembre 2011

Anti dumping UE anche per le piastrelle cinesi

Con 15 voti favorevoli e 10 contrari, l’Unione Europea ha adottato, lo scorso 12 agosto, la proposta di regolamento per rinforzare e rendere permanenti le misure anti dumping nei confronti delle piastrelle Made in China.

Le esportazioni cinesi a basso costo verso l’Europa sono viste come una minaccia per le imprese occidentali, che rischiano così di perdere in competitività; per molte categorie di prodotto provenienti dalla Repubblica Popolare, quindi, negli ultimi tempi sono state adottate misure protezionistiche da parte della UE.
L’ultima disposizione applicata riguarda le piastrelle in ceramica, le cui importazioni dalla Cina sono cresciute con tassi superiori al 20% annuo. La UE ha approvato la proposta di regolamento per l’introduzione di norme anti dumping nei confronti delle piastrelle cinesi, misure che entreranno in vigore nei prossimi mesi e saranno permanenti per i prossimi 5 anni con un’aliquota al prezzo netto franco frontiera che sarà tra il 26,3% e il 69,7%.
Tuttavia, non tutti i Paesi europei sono d’accordo nell’applicazione dell’anti dumping: se l’area centro-meridionale, con Italia, Francia e Germania, preme per il protezionismo, dato che si tratta di nazioni con una forte tradizione manifatturiera che punta molto sull’export, i Paesi nordici preferiscono l’apertura al libero mercato. Pur rappresentando solo il 7% dei consumi europei, l’avanzata cinese In Europa ha causato la perdita di 15 mila posti di lavoro e la competitività è stata garantita solo grazie agli sforzi in innovazione di prodotto, tecnologica e di design. L’Italia, leader mondiale del settore, ha subito particolarmente questo fenomeno: basti pensare che l’industria italiana conta 284 aziende e 37.990 addetti, ha un fatturato di 6,5 miliardi di cui 4 provenienti dall’export. Le piastrelle di ceramica, inoltre, rappresentano il punto di forza del settore, con 172 imprese.