Sono i BRICS la salvezza delle aziende del settore della ceramica italiano: con l’esportazione e la delocalizzazione nei Paesi emergenti si può uscire dalla crisi.
Il futuro della ceramica italiana dipende in buona sostanza dall’export, forte soprattutto nei BRICS, dove la Cina primeggia con tassi di crescita del settore dell’80%. E’ quanto emerge dalla fiera mondiale della ceramica di Bologna, Cersaie, dove la maggior parte dei visitatori è di origine straniera.
Il settore della ceramica, che ha visto nel 2010 ricavi pari a 6,5 miliardi di dollari, detiene un terzo del mercato nel commercio internazionale ed esporta l’80% dei propri guadagni. La maggior parte delle aziende presenti in fiera dichiara di puntare molto sui mercati esteri, dove non solo esportano ma anche producono. L’espansione all’estero riguarda sia i vicini Paesi europei (come Spagna, Francia e Russia) che le nazioni emergenti; in Cina, ad esempio, molte aziende aprono joint-venture con partner locali. La qualità italiana risulta, quindi, sempre apprezzata e può contare oggi anche sull’apporto tecnologico che permette di creare nuove strutture, nuovi materiali e lavorazioni particolarmente innovative.
L’orientamento all’estero, però, è molto spesso dettato dalle difficili condizioni con cui le aziende sono costrette a lavorare in Italia; nel nostro Paese i costi legati all’energia sono superiori anche del 30% rispetto ad altre nazioni e manca un Sistema in grado di tutelare le realtà imprenditoriali, anche dalla forte concorrenza asiatica che avanza. Le istituzioni sono assenti e l’intricata situazione politica attuale non aiuta a sostenere le imprese.
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