Le principali notizie e informazioni di natura economica, finanziaria, giuridica e politica relative alla Cina

martedì 31 agosto 2010

Previdenza sociale in Cina e Hukou: che malditesta!

Shanghai, 30 Agosto 10.45
"Waidiren", lavoratori che arrivano da altre zone della Cina. Sono loro i motori della crescita dei grandi centri urbani, loro a lottare per un futuro più prospero, un posto comodo nell'abbondanza promessa dal boom economico.
Città come Shanghai vedono ormai i locali confondersi tra le masse e rivendicare le proprie origini cercando ogni occasione per parlare il proprio dialetto, nel caso dello Shanghainese vero e proprio idioma, e ristabilire con sprezzo la linea di demarcazione. Aldilà del campanilismo più puro per cui ogni provincia ha i suoi stereotipi dai "grezzi Pechinesi" ai "ladri dell'Hennan", in Cina vige ancora un sistema che è stato paragonato a quello dell'Apartheid sudafricano.
Parliamo dell'"Hukou", un certificato di provenienza che si divide in urbano e rurale. Un Hukou rurale è come una condanna, se non a morte, a essere sfruttati vita natural durante e vedersi negato l'accesso a servizi statali quali la scuola per i propri figli o l'assistenza medica.
Anche l'Hukou urbano, tuttavia, causa i suoi problemi, se non all'impiegato all'azienda questo sì. Il calcolo dei contributi può diventare estremamente impegnativo se i propri dipendenti provengono da zone diverse. La previdenza sociale si divide in sei categorie a ciascuna delle quali entrambe le parti sono chiamate a contribuire. La proporzione dipende dall'Hukou dell'impiegato, cosa che rende necessaria l'apertura di pratiche ad hoc per ciascuno. A complicare oltremodo la questione esiste un tetto massimo ai contributi, che non devono superare il 300% della media del luogo d'origine che può variare dai 1500 ai 4000 RMB a seconda della ricchezza e viene aggiornata annualmente.
Che dite, head hunting tra gli Shanghainesi?

A cura di Marta Caccamo

venerdì 27 agosto 2010

Economia in rallentamento per la seconda potenza economica mondiale

Secondo i dati pubblicati dall’Ufficio Nazionale di Statistica, la Repubblica Popolare Cinese starebbe attraversando un periodo di rallentamento della crescita economica e accelerazione del costo della vita. Nel mese di luglio scorso la produzione industriale è rallentata ottenendo un + 13,4% rispetto all’anno precedente, mentre l’inflazione è aumentata del 3,3% su base annuale. Quest’ultima potrebbe essere stata la conseguenza dell’innalzamento dei generi alimentari (in particolare del grano) e dei salari; le autorità di Pechino starebbero facendo grandi sforzi per contenere l’indice dei prezzi al consumo entro il 3%. Una buona responsabilità potrebbero averla anche le misure intraprese dal governo per ridurre le speculazioni immobiliari e i crediti bancari; nel mese di luglio, infatti, i prestiti erogati sono arrivati alla cifra di 61 miliardi di euro. Tra i soggetti colpiti dalle autorità ci sono le Local Investment Companies, agenzie gestite da amministrazioni locali che per finanziare progetti immobiliari e infrastrutturali hanno ottenuto enormi prestiti dalle banche.
A pesare sull’economia cinese ci sono anche i debiti delle amministrazioni locali che fino all’anno scorso ammontavano a 7,4 mila miliardi di yuan. Se l'andamento di questi dati dovesse continuare in questa direzione, sarà bene che gli imprenditori interessati al business cinese siano ancora più cauti negli investimenti esteri.

Schneider's paradox

Shanghai, 27 Agosto h.11.00
Accendete una lampadina. Con tutta probabilità a permettervi di farlo è la Schneider, azienda francese leader globale negli impianti a basso-medio voltaggio.
Quello che forse non sapete è che la stessa Schneider è stata protagonista di un caso eclatante nella terra del Dragone, e ben rappresenta uno dei mille e più paradossi che la caratterizzano.
Chi viene in Cina (e anche chi non lo fa) convive giorno per giorno con il terrore dei furti di proprietà intellettuale: come difendersi dai "nemici cinesi"? Come perseguirli? E soprattutto...come farlo senza spendere?
Se pensate che il problema sia solo questo siete sulla strada sbagliata. Registrare i propri brevetti non è solo una irrinunciabile necessità a scopo difensivo, ma anche una corsa contro il tempo. Le aziende cinesi, vista la lucrativa opportunità, non ci pensano due volte a ottenere licenze per i diritti su tecnologie e prodotti già sfruttati all'estero e sono pronte a rivendicarli alla prima occasione, come in questo caso.
Condannata a 330 milioni in primo grado, la Schneider se l'è cavata con 157,5 milioni di Yuan (17,5 milioni di Euro nel 2009) in corte di appello per aver violato l'esclusiva posseduta dalla cinese Chint. Se di svista vogliamo parlare, il costo delle vendite in Cina per i nostri vicini francesi è stato ben caro.
Prendere nota. Lesinare sui brevetti non è una buona strategia, no.

A cura di Marta Caccamo

mercoledì 25 agosto 2010

F come...Franchise!

Shanghai, 25 Agosto h.10.15
Era il 14 Novembre 1997 quando venivano emanate le "Provisional Administrative Rules for Commercial Franchising", prima regolamentazione sul franchising in Cina ed esclusivamente indirizzate alle aziende locali. Venuto a cadere il divieto per gli stranieri di registrare WOFEs (Wholly Owned Foreign Enterprises) nel settore del commercio e del retail, il 2005 e il 2007 hanno segnato passi importanti in materia e portato alle più recenti "Regulations on Administering Commercial Franchising".
Registrando il numero più alto al mondo di outlets in concessione al mondo, quella del franchising è una crescita esponenziale a cui le aziende straniere sono ancora reticenti a prendere parte. Fatte salve le grandi multinazionali quali KFC (assoluto pioniere), Mc Donald's o Starbucks, infatti, il modello stenta a prender piede tra gli investitori esteri. La ragione principale sta nell'incertezza che accompagna il processo, il numero consistente di documenti da presentare e un sistema legale che, per quanto avanzato, spesso si inceppa nell'implementazione. Al franchisor, in ogni caso, è richiesta un'esperienza di almeno due anni nella gestione di punti vendita in Cina, il che implica che il margine per "esplorare e cercare di capire" è addirittura un obbligo a cui non è possibile sottrarsi.
La Cina sta investendo molto per migliorare la protezione della proprietà intellettuale e i primi segni già si avvertono. Con un mercato consumer dalle prospettive straordinarie e milioni di persone desiderose di lanciare il proprio business velocizzando i tempi di set up e sviluppo, il franchising è senza dubbio una possibilità da valutare, o per lo meno un campo da tener ben monitorato.
A Maggio dell'anno prossimo la tredicesima China Franchise Convention and Exhibition, pensateci.

A cura di Marta Caccamo

martedì 24 agosto 2010

La Cina propone l’eliminazione della pena di morte per 13 reati di natura economica

L’Assemblea Nazionale Popolare cinese ha presentato quest’oggi un progetto di modifica del codice Penale per l’abolizione della pena di morte per 13 reati; si ridurrebbero così da 68 a 55 i reati punibili con la pena capitale, 44 dei quali non implicano violenza. I reati oggetto della modifica sono per la maggior parte di tipo economico non violenti tra cui risultano corruzione, contrabbando, concussione, attività fraudolente, falsificazione ed evasione fiscale.
La Cina attualmente è il paese con la maggior percentuale di esecuzioni al mondo (88% del totale) con 5.679 casi solo nel 2009. Se la proposta di legge venisse approvata si tratterebbe della prima riduzione di questo genere dal 1979, anno di introduzione dell’attuale codice penale cinese. Solo nel 2007 venne decretato il vaglio delle sentenze di pena di morte da parte della Corte Suprema di Pechino, il che ridusse del 15 % le esecuzioni.
Una progressiva riduzione delle pene in campo professionale sarebbe un incentivo maggiore per imprese ed imprenditori esteri che volessero lavorare nel paese asiatico.

lunedì 23 agosto 2010

E se poi te ne penti?

Shanghai, 23 Agosto h.09.50
Dice Confucio :"Non importa quanto vai piano, l'importante è che non ti fermi".
Registrare una WFOE (Wholly  Foreign Owned Enterprise) in Cina non è semplice, ma oggi come oggi è la strada che molte aziende scelgono per evitare di finire ostaggio dei partner cinesi nelle JV, tra i tanti motivi. Con i contatti giusti, tuttavia, non è più nemmeno complicato come in passato e ce la si può cavare anche in un paio di mesi con tanto di licenze per l'import, laddove necessarie. I requisiti di capitale variano incredibilmente da zona a zona, da industria a industria e in base alla scala delle operazioni, dunque non mi è possibile essere precisa in merito.
Ma cosa succede se le cose non vanno come dovrebbero? La chiusura di una WFOE è un processo faticoso che può richiedere dai 9 ai 12 mesi e raggiunge costi proibitivi in prevalenza dovuti alle tasse amministrative (nell'ordine di 20,000 RMB in tasse su 55,000 di operazione).
E' sconsigliabile tuttavia partire cauti con una WFOE di dimensioni minori per esplorare il mercato, in questo caso la regola cinese per cui "yi bu, yi bu" (passo, passo) non vale, dato che un upgrading spesso non si discosta da quanto l'apertura di una nuova entità richiederebbe in termini di tempo e costi.
Come venirne a una dunque? Esistono aziende che stanno promuovendo un nuovo servizio per chi arriva in Cina, ma non ha ancora idee chiare sul volume del proprio business futuro e si trova incerto sulle decisioni strategiche da prendere. Viene data l'opportunità di operare per un periodo tramite le loro strutture così da potersi concentrare esclusivamente sullo sviluppo e consolidamento delle operazioni senza preoccuparsi della fase di set up che, se non viene adeguatamente pianificata, può risultare in un vincolo da cui è difficile liberarsi in seguito.

A cura di Marta Caccamo

venerdì 20 agosto 2010

Selezione all'ingresso

Shanghai, 20 Agosto h.09.45
Se pensate che le porte della terra del Dragone siano aperte per tutti allo stesso modo vi sbagliate di grosso. Come il mercato cinese delle città di prima e seconda fascia non premia più solamente sulla base della provenienza, così Governo e Municipalità si sono fatti sempre più esigenti nell'attrazione di investimenti diretti esteri.
Per chi vuole aprire uno stabilimento i requisiti da rispettare in fatto di protezione dell'ambiente sono altissimi. Pechino sa che una Cina-polveriera non è auspicabile nè in termini di opportunità di business, nè di sostenibilità. Per quanto riguarda il retail, nessun ostacolo a Prada e Starbucks che ancora possono contare sulle location migliori a costi irrisori, se non addirittura gratis. Altra storia per la fascia media del fashion, a cui è fortemente consigliato aprire a Shanghai solo dopo aver sviluppato la propria rete vendite e aver investito nel consolidamento del brand in Cina. La menzione della "Parigi d'Oriente" tra gli stores fa il suo effetto come operazione commerciale, ma implica quasi senza dubbio una perdita di capitale.
Via libera anche ai vini cileni che non hanno tasse sull'import grazie alle abbondanti risorse naturali in patria, che danno un buon incentivo al Governo per alimentare un'alleanza tra i paesi.
Le strade che portano in Cina sono innumerevoli, ma meglio scegliere quelle per cui le corsie preferenziali sono ancora sgombre.

A cura di Marta Caccamo

mercoledì 18 agosto 2010

"Dian li mei you"

Shanghai, 18 Agosto h. 09.50
"Dian li mei you". E qui vi voglio.
I cinesi non hanno la pelle gialla, ma assumono spesso e volentieri una colorazione verdastra quando si verificano gli immancabili imprevisti che rendono la vita in Cina...intensa.
Dian li (elettricità) mei you (assenza) è un problema ricorrente per chi decide di aprire stabilimenti in Cina e sottovaluta l'importanza della pianificazione del proprio fabbisogno energetico. La potenza standard dei circuiti è di 50 kVA, ma è frequente che si verifichino riduzioni durante l'estate o quando fa molto caldo, e nella maggior parte dei casi è particolarmente difficile espandere la potenza utilizzabile dato che i transformatori sono quasi sempre sfruttati a capacità massima.
E' importante, dunque, mettere le mani avanti e fare indagini accurate sulle carenze di energia registrate in passato nell'area del sito prescelto e le misure che la municipalità di competenza sta mettendo in pratica per migliorare i circuiti. Prima di trovarsi in situazioni spiacevoli, inoltre, mai dimenticarsi di tenere a disposizione una fonte di alimentazione di backup affidabile.
Prevenire è meglio che curare; specie in Cina dove "la cura" potrebbe avere costi e tempi non indifferenti.

A cura di Marta Caccamo

lunedì 16 agosto 2010

Si fa presto a dire "outsourcing"

Shanghai, 16 Agosto h. 09.50
Gli ultimi anni hanno visto crescere in maniera esponenziale il ricorso all'outsourcing come maniera per diminuire costi e rischi durante il processo di internazionalizzazione, rispetto alla più tradizionale integrazione verticale. Grazie a service providers esterni (chiamati 3PL) è possibile migliorare il proprio cashflow, essere più flessibili ai cambiamenti del mercato grazie alla sostituzione di costi fissi con costi variabili e avere accesso a risorse di cui normalmente non si dispone nella propria organizzazione. Quello che accade, tuttavia, è che la complessità da gestire rischia di controbilanciare i vantaggi derivanti da una soluzione di questo tipo, dato che i vari service providers devono essere coordinati.
E' qui che entra in gioco il concetto di 4PL, un integratore che si occupa di gestire la supply chain eliminando, così, i costi di transazione e incrementando benefici di economia di scala. Lo scopo è l'ottimizzazione che riesce a raggiungere offrendo una rete di servizi che vanno oltre la logistica tradizionale (inventorio, trasporto, magazzino..), comprendendo altri aspetti quali gestione HR, marketing e product development.
Perchè, dunque, un'azienda dovrebbe affidarsi a una gestione di questo tipo in Cina? I buoni motivi sono innumerevoli, ma molti se ne accorgono troppo tardi, al momento di dover intervenire con costose azioni di salvataggio laddove ancora possibile. Un esempio per tutti, la distribuzione. Bisogna rendersi conto che i canali in Cina sono innumerevoli e per la maggior parte controllati dai cinesi, il che implica necessariamente che si debbano trovare referenti locali, con il rischio di finirne ostaggio. I vantaggi di poter contare su una struttura consolidata 4PL derivano dal fatto che ci si possa appoggiare su canali già sondati e costantemente monitorati, oltre al supporto di uno staff qualificato a sopperire la frequente mancanza di professionalità del management cinese e la possibilità di fatturare, offrire listini prezzi e credit options in valuta locale.
Non tutte le aziende, men che meno le PMI italiane, sono disposte a investire in maniera adeguata in termine di capitale umano in Cina: questa è, dunque, una soluzione da valutare per aumentare le probabilità di successo e minimizzare la componente di rischio.
Certo per impostare un rapporto di questo tipo il grado di coinvolgimento è alto e di lungo-periodo, ma a richiederlo non è la modalità di per sè, bensì il mercato cinese dove è fondamentale diffidare di guadagni improvvisi e saper aspettare.

A cura di Marta Caccamo

venerdì 13 agosto 2010

Nuovi e ingenti investimenti cinesi in Africa

La Cina continua ad investire nel continente africano, in cui è già presente in paesi come Angola, Etipia, Nigeria, Sudan, Zambia e Zimbawe. L’obiettivo del paese asiatico non è esclusivamente quello di importare materie prime e risorse energetiche (dall’Africa importa già il 20% del fabbisogno energetico nazionale) ma anche lo sviluppo di buone opportunità in campo industriale, nel settore delle infrastrutture, e in quello agricolo. Tra gli ultimi progetti cinesi realizzati in Africa vi è la costruzione di cinque Zone Economiche Esclusive (Zes) realizzate con capitai cinesi e sfruttate da imprenditori cinesi. L’operazione è iniziata nel settembre 2009, quando vennero stanziati 450 milioni di dollari per una Zes in Zambia e 750 milioni per una nella Repubblica delle Mauritius, per farne un’area di produzione di tessuti, prodotti elettronici e farmaceutici. In Nigeria verrà creata una Zes per una zona manifatturiera ed estrattiva, in Etiopia per un parco industriale per la lavorazione del ferro, mentre l’ultima Zes verrà creata in Egitto. L’ammontare degli investimenti totale sarà di circa 2.500 milioni di dollari, creando migliaia di nuovi posti di lavoro e contribuendo ad estendere le infrastrutture del continente africano.
I rapporti commerciali tra le due realtà, inoltre, proseguono anche grazie al Forum sulla cooperazione agricola tra Cina e Africa, tenutosi a Pechino l’11 e 12 agosto scorsi. Nell’incontro è emersa l’importanza degli scambi e della cooperazione in ambito agricolo per la creazione di un mutuo vantaggio. Tuttavia, il rischio per la Cina rimane elevato, in quanto l’instabilità politica in Africa è comune ed è difficile trovare personale qualificato, oltre alle numerose proteste anticinesi che si verificano frequentemente nel continente nero.
Nonostante ciò, le imprese cinesi sono ancora le prime ad investire nel continente africano e sembrano dimostrare come siano possibili ottime opportunità di business anche per altri paesi , come forse l'Italia, pronti a rischiare.

giovedì 12 agosto 2010

Emergenza inquinamento e mal tempo in Cina: le autorità prendono i primi provvedimenti e chiedono la chiusura di 2000 aziende

Il Ministero per l’industria e l’informazione cinese (MIIT) ha stabilito che entro due mesi dovranno essere chiuse circa 2000 aziende considerate obsolete, inquinanti e non adeguate alle norme di sicurezza. Si tratta di una misura presa per cercare di limitare le problematiche derivanti dall’”emergenza smog” che sta dilagando in Cina. Entro il 30 settembre numerosi stabilimenti operanti nei settori del cemento, della carta, delle leghe metalliche, delle tinture e della produzione dell’acciaio dovranno quindi cessare l’attività produttiva; in caso contrario sono previste sanzioni tra cui il ritiro della licenza, e l’impossibilità di accedere a mutui bancari e ad altri benefit.
L’iniziativa evidenzia la recente preoccupazione delle autorità nei confronti dell’ambiente, soprattutto alla luce delle emergenze ambientali di cui è ultimamente protagonista la Repubblica Popolare Cinese. Nei giorni scorsi, infatti, si sono verificate numerose inondazioni a causa delle piogge monsoniche, provocando 928 vittime e 477 dispersi. Nel distretto di Zhouqu, nella Cina occidentale, le precipitazioni intense hanno causato numerose frane, tanto da bloccare il fiume Bailongjiang e formare un lago. Il disastro, oltre a provocare numerosi morti, ha interrotto elettricità e telecomunicazioni. Un’altra inondazione, nella parte settentrionale del paese, ha trascinato nel fiume Songhua circa 3000 container contenenti prodotti chimici altamente inquinanti. Secondo le autorità cinesi, i danni provocati dal mal tempo fino ad oggi ammonterebbero a 10 miliardi di dollari e la situazione potrebbe ancora peggiorare nei prossimi giorni.
Va inoltre ricordata l’emergenza ambientale che sta coinvolgendo il lago Tai, il terzo lago più grande della Cina. Nel bacino, infatti, si sono riversate grandi quantità di alghe verdi il cui odore si è propagato nei villaggi vicini. Il lago Tai si trova tra due delle provincie più ricche del paese, Zhejian e Jiangsu e le sue rive sono tra le aree più sviluppate della nazione, producendo più del 10% del PIL cinese. Nonostante le campagne anti-inquinamento lanciate dal governo negli anni scorsi e l’aumento di tecnologie “verdi”, numerosi rifiuti penetrano nel lago attraverso i 200 corsi d’acqua a causa della scarsità di misure protettive.
Ora che anche la Cina sembra iniziare a prendere serie misure per contrastare le emergenze climatiche, sarebbe opportuno che le imprese italiane presenti nel paese asiatico si attengano alle recenti norme anti-inquinamento e abbiano, come qui in Italia, una sensibilità ecologica maggiore.

"Let's make love everywhere in our Guangzhou"

Shanghai, 12 Agosto h. 6.45
Ed è così che Guangzhou annuncia al pubblico la 16ma edizione degli Asia Games dal 12 al 27 Novembre.
Lasciata da parte l'ilarità della cosa, questo episodio eclatante non è altro se non uno dei tanti con cui chi vive e lavora in Cina si confronta costantemente. Il problema delle traduzioni Cinese-Inglese è, infatti, all'ordine del giorno, e spesso si ha a che fare con documenti che nella più felice delle ipotesi sono contenutisticamente comprensibili, ma formalmente ostici alla lettura. Molte aziende ancora utilizzano strumenti economici quali "Google translator", o si affidano a traduttori Cinesi benchè buona norma per una traduzione soddisfacente dovrebbe essere dalla lingua straniera alla nativa. Questo accade principalmente data la proporzione di Cinesi che studiano l'inglese nettamente superiore al contrario, ma anche per i costi che un professionista d'oltremare comporterebbe. Se questo è vero in un senso, tuttavia, lo è anche nell'altro, data l'impenetrabilità del Mandarino a chi Pechinese non è.
Chi si occupa seriamente di lavori di traduzione consiglia di non lesinare sulle revisioni e alla back translation (traduzione inversa) d'obbligo, associare test con professionisti del settore che assicurino che il documento non sia solo comprensibile, ma utilizzi anche un lessico adeguato.
E l'Italiano-Cinese? Trattandosi, questo, di un blog rivolto agli imprenditori italiani mi sento di aprire una parentesi a riguardo. In questo caso una traduzione diretta di buon livello è spesso un miraggio, essendo ancora nelle prime fasi di sviluppo dell'interscambio linguistico e culturale. A ciò si aggiunge qualche altro ostacolo posto dall'uso dell'inglese come lingua franca da ambo le parti, specie se parliamo del mondo delle PMI. Come venirne a una dunque? Frasi semplici e termini chiari, ma soprattutto, per una volta, niente allusioni e modi di dire.

A cura di Marta Caccamo

mercoledì 11 agosto 2010

In Cina la frenata dell’import fa aumentare il surplus commerciale

In luglio il surplus commerciale cinese è aumentato di 28,7 miliardi di dollari, segnando così il record assoluto degli ultimi 18 mesi e provocando un balzo del 180% rispetto ad un anno fa. Il risultato commerciale è stato provocato da una moderata crescita, rispetto a giugno, delle esportazioni a fronte di un forte calo delle importazioni; l’import, infatti, è cresciuto del 22,7% contro il 34,1% di giugno. Ciò dimostra come la Cina si stia gradualmente chiudendo alle merci estere e possa soddisfare autonomamente la domanda interna. Se i dati dovessero proseguire su questa linea, il surplus cinese potrebbe aumentare ancora nella seconda metà del 2010.
Con la diminuzione della domanda cinese la risposta delle borse non si è fatta attendere: la borsa cinese è calata di circa il 3% e anche Tokyo è scesa dello 0,2%. Ulteriori conseguenze potrebbero verificarsi nei rapporti commerciali con gli Stati Uniti, in quanto, secondo gli esperti, il calo delle importazioni farà aumentare le pressioni degli USA per un apprezzamento più forte dello yuan, visti gli scarsi risultati di un iniziale rafforzamento della moneta cinese.
Nonostante ciò, si conferma la crescita delle esportazioni verso l’Unione Europea che a luglio sono aumentate del 5,4% (per un valore di 28,67 miliardi di dollari), con un incremento del 38,3% rispetto a un anno fa.
Le imprese italiane interessate alla Cina come mercato di destinazione delle merci dovranno quindi puntare maggiormente su esclusività e qualità per poter importare nel paese.

martedì 10 agosto 2010

Ottima performance del settore automobilistico in Cina anche nel mese di luglio

A luglio le vendite di auto in Cina sono state di 822.300 unità, registrando una crescita del 4,5% rispetto a giugno e del 15,4% rispetto a un anno fa. Una parte del successo sarebbe dovuta ai numerosi sconti dei venditori per operazioni di marketing ma anche agli incentivi del governo; lo scorso mese, infatti, le autorità di Pechino avevano promosso sussidi di 3000 yuan (più di 300 euro) per tutti coloro che avrebbero deciso di acquistare una macchina a risparmio energetico. Gli incentivi hanno riguardato 71 veicoli a risparmio energetico prodotti da 16 case automobilistiche diverse con un risultato eccezionale: a luglio i cinesi hanno acquistato ben 57.353 auto “verdi” che hanno fatto registrare un incremento del 12% rispetto al mese precedente. Da gennaio a luglio sono state oltre 6,29 milioni le auto vendute in Cina, ovvero il 25% in più rispetto allo stesso periodo del 2009.
La Cina si conferma ancora una volta un mercato di destinazione ideale nel settore automobilistico anche per le aziende straniere che sempre più puntano su vetture ecologiche.

lunedì 9 agosto 2010

La Cina arriva nel Sud Italia per investire nel fotovoltaico

E’ di 100 milioni di dollari l’ammontare degli investimenti cinesi nel Mezzogiorno italiano per lo sviluppo del settore fotovoltaico. Le aziende cinesi hanno infatti intravisto ottime opportunità di investimento grazie all’enorme quantità di energia solare sfruttabile nel nostro Sud. Il 30 giugno scorso è stata siglata un’intesa a Guangzhou tra il governatore della Puglia Nichi Vendola e il vice governatore della Provincia del Guandong Lin Musheng, tramite il quale il paese asiatico investirà ulteriori 30 milioni di dollari nella regione pugliese. Dalla firma dell’accordo già 4 aziende cinesi sono arrivate in Italia, tra cui la China Eergy Conservation & Environment Protection, che installerà entro settembre 2010 una serie di impianti fotovoltaici. Per il futuro non si esclude la possibilità di investimenti nel Nord Italia, probabilmente in Lombardia e Veneto: un'eccellente occasione per le imprese italiane del settore.

Scovare talenti in Cina..come?

Shanghai, 9 Agosto h.10.45
Il mercato del lavoro in Cina è stato definito dagli esperti "un paradosso del talento". Nonostante l'offerta sia ampia, le competenze, infatti, non sono spesso all'altezza delle richieste. Quello di assumere personale cinese, tuttavia, è un trend in continuo aumento grazie ai salari più bassi e alla miglior conoscenza di cultura e lingua, oltre alle reti di contatti che il nuovo manager (parlando di alte posizioni) porta con sè.
Il problema delle risorse umane è il più sentito dalle aziende straniere in Cina, ed è per questo che è fondamentale tenerne conto nella fase di set up e sviluppo del proprio business. E' bene lasciare sempre un margine di tempo per fallire e riprovare; non per questione di pessimismo, ma di statistica, i problemi con lo staff si possono limitare prendendo precauzioni, ma sono inevitabili.
Una delle situazioni più comuni registrate nel processo di HR è il cosidetto "CV embellishment". Certo non la si può definire una caratteristica esclusivamente cinese, ma è di sicuro qualcosa da cui è bene guardarsi in un paese dove la corsa ai posti migliori giustifica ogni mezzo. Un recente caso di alto profilo riguarda Tang Jun, ex responsabile di Microsoft China, accusato di aver falsificato i propri meriti accademici negli Stati Uniti, ma simili storie si possono incontrare a tutti i livelli.
Il mezzo più sfruttato per la ricerca personale rimane l'online. I siti più famosihttp://www.chinahr.com/, http://www.51job.com/ e http://www.zhaopin.com/, anche se l'ultimo è considerato il migliore per candidati che abbiano già un background nelle multinazionali. Spesso postare le proprie offerte o annunci è un metodo utilizzato dalle aziende per costruirsi una reputazione solida agli occhi dei cinesi, dal momento che essere assunti da un'impresa "nomata" è considerato un lustro a cui i migliori difficilmente sono disposti a rinunciare.
Per chi vuole essere più mirato, invece, esistono siti di "categoria", comehttp://bbs.chinaacc.com/, dove si può entrare direttamente in contatto con professionisti del settore, in questo caso accountants, effettuando così una prima scrematura, ma hanno spesso il limite di essere in cinese.

A cura di Marta Caccamo

venerdì 6 agosto 2010

La Cina annuncia di voler aprire e sviluppare il mercato domestico dell’oro

Le autorità di Pechino hanno dichiarato di voler adottare una serie di misure per una maggiore liberalizzazione del mercato domestico dell’oro: la Banca Centrale ha annunciato un aumento del numero degli istituti di credito autorizzati a trattare l’oro su mercati internazionali e ha accennato alcune mosse per modificare la tassazione vigente. La Banca Popolare Cinese, inoltre, offrirà sostegno finanziario alle imprese aurifere che vogliano investire all’estero. La domanda domestica del metallo giallo è, infatti, aumentata nell’ultimo periodo: le vendite della compagnia statale China National Gold Group Corp sono cresciute nel 2010 del 40%. Inoltre, nel 2009 gli investitori cinesi hanno acquistato 73 tonnellate di lingotti. La Cina, ad oggi, è il primo produttore mondiale di oro e il secondo consumatore, dopo l’India; tuttavia, non ci sono ancora prodotti finanziari affidabili che sostengano lo sviluppo del mercato interno.
Le nuove linee per il mercato dell’oro fanno parte di una serie di politiche generali per una maggiore internazionalizzazione del sistema bancario cinese: si vuole così permettere alle banche di importare ed esportare in oro allo scopo di incoraggiare il trading sui derivati del metallo prezioso dominati in yuan. Si potrà così anche aumentare il numero di membri stranieri dello Shanghai Gold Exchange.
Dopo l’annuncio cinese, a Londra il prezzo del lingotto è salito fino a 1,190 dollari ad oncia.

Shanghai M&A Club...i cinesi la pensano così

Shanghai, 6 Agosto h. 10.00
Tra i compiti che mi sono stati affidati dall'azienda presso cui sto lavorando, rientra l'online marketing e, dato che tenere i contatti con l'Italia in questi giorni di mare e sole non impegna molto, gran parte delle mie giornate sono occupate da ricerca e produzione di notizie "focus Cina" e discussioni su blog e social networks. Anche se noiosa all'apparenza, in realtà è un'attività interessante e mi sta permettendo di scambiare opinioni e punti di vista con numerosi professionisti, oltre ad ampliare le mie conoscenze personali riguardo il business nella RPC.
Ieri cercando spunti su Linkedin, una richiesta di contatto: vengo indicata come compagna di università da un senior student in Fudan. Incuriosita, approfitto dell'invito per conoscere il futuro amico cinese e, rotto il ghiaccio, vengo a conoscenza di "Shanghai M&A Club", il gruppo presso cui sta svolgendo uno stage. Formalmente indicata come un'associazione non profit dipendente dall'ufficio di Shanghai della China Mergers and Acquisitions, si tratta di un soggetto aggregatore di figure di alto profilo, imprenditori e managers e, per missione, collabora con multinazionali, consolati e organi regolatori per diffondere informazioni valide riguardo i processi di M&A con lo scopo di "boom Chinese M&A market".
Assopito a lungo dato il controllo dello Stato e le numerose limitazioni, il mercato degli M&A cinese sta effettivamente scoppiando, grazie al clima favorevole venutosi a creare a partire dall'entrata della Cina nel WTO e con l'ntroduzione della nuova normativa nel 2006 che ha segnato il punto di svolta. Todd Marin, a capo dell'investment banking nell'Asia-Pacific per JP Morgan Chase & Co., lo stima come il più grande mercato della regione, escludendo il Giappone, riferendosi al 36% delle transazioni totali che lo hanno coinvolto quest'anno (fino a Luglio).
Davanti alla richiesta di iscrivermi al gruppo su Linkedin rimango titubante, ma per non essere scortese accetto con riserva di non essere una grande esperta in materia. Non passa molto e il mio amico mi ringrazia: "Don't worry-aggiunge-nobody is an expert. I've just joined the group last week. M&A is always shrouded in secrecy, plus the courses that university offer never go very deep in the subject. Nevertheless it's an interesting and lucrative field".

giovedì 5 agosto 2010

Rapporti commerciali tra Cina e Italia: traffico delle merci in crescita e Shanghai resta il porto principale

Secondo le recenti pubblicazioni ICE, i rapporti commerciali tra Cina e Italia nel periodo gennaio-giugno 2010 si confermano in crescita. Shanghai resta il principale porto di entrata delle esportazioni italiane (35% del totale), seguita da Tianjin (10%) e da Nanchino e Pechino (7%). Nei primi 6 mesi del 2010 le esportazioni italiane via Shanghai sono state pari a 2,33 miliardi di dollari, +25,6% rispetto allo stesso periodo del 2009. Tra i settori più redditizi si trovano: i macchinari con 746 milioni di dollari (+41%), i macchinari elettrici con 206 milioni (+40%), i prodotti farmaceutici con 167 milioni (+55%), la pelletteria con 127 milioni di dollari (raddoppiata rispetto al 2009), la plastica con 107 milioni (+72%), gli strumenti ottici e medicali (+18%), la chimica organica (+97%), il ferro e acciaio (+432%) e la gomma (+160%).
Shanghai resta anche il principale porto di uscita delle esportazioni cinesi verso l'Italia, al primo posto con il 34,6% del totale, seguita da Shenzhen con l'11%, da Ningbo con il 10,8%, da Nanchino con l'8,6% e da Tianjin con il 7%. Nel primo semestre 2010 le esportazioni cinesi via Shanghai verso l'Italia sono state di 4,7 miliardi di dollari.
L'Italia nei primi 6 mesi del 2010 ha importato 13,5 miliardi di dollari di merci dalla Cina (+42%). Le merci principali importate dalla Cina verso l’Italia sono state: macchinari elettrici per circa 2,7 miliardi di dollari (+47%), macchinari per 2,4 miliardi (+49%), abbigliamento per 765 milioni di dollari(+4%), navi e barche per 742 milioni (+160%), maglieria per 679 milioni (+13%), ferro e acciaio per 495 milioni (+365%), arredamento per 443 milioni (+32%), chimica organica per 442 milioni (+41%), autoveicoli per 428 milioni (+33%) e pelletteria per 343 milioni (+20%).
I dati relativi ai primi 6 mesi del 2010 confermano la ripresa, con 649,4 miliardi di dollari, di importazioni della Cina, in crescita del 53%. Le esportazioni della Cina nello stesso periodo crescono del 35% e raggiungono la cifra di 705 miliardi di dollari.
Con questi dati la Cina rimane un importante mercato per le imprese italiane che internazionalizzano, tanto nei settori principali quanto in altri che potrebbero conoscere un buon sviluppo grazie alle ottime performance delle relazioni commerciali tra i due paesi.

mercoledì 4 agosto 2010

La Cina è sempre più vicina all’Iran: nuovi investimenti nel paese islamico nel settore degli idrocarburi

Il vice ministro del Petrolio per gli affari internazionali, Hossein Noghrehkar, ha recentemente annunciato che la Cina ha investito 40 miliardi di dollari per lo sviluppo del settore del petrolio e del gas in Iran. La notizia ha un certo rilievo se si pensa che solo qualche settimana fa la Repubblica Popolare Cinese si era espressamente dichiarata contraria alle sanzioni approvate dall’Unione Europea nei confronti dell’Iran il 26 luglio scorso. In quell’occasione, Jiang Yu, portavoce del ministro degli esteri di Pechino, aveva riportato l’auspicio del governo cinese per una risoluzione diplomatica tra le parti interessate.
L’avvicinamento della Cina all’Iran ha un forte significato dal punto di vista commerciale, soprattutto dopo che Alaeddin Borujerdi, presidente della commissione esteri del Parlamento iraniano, ha dichiarato che se le sanzioni verranno effettivamente attuate, la Repubblica Iraniana interromperà i rapporti commerciali con chi ha sostenuto tali sanzioni, mentre intensificherà le relazioni economiche con chi, invece, si è espresso contro, tra cui appunto la Cina. Sempre secondo le autorità iraniane, la potenza asiatica sarebbe già attiva in un progetto per la costruzione in Iran di sette nuove raffinerie, progetto in cui la Cina investirebbe 23 miliardi di dollari.

La Cina scopre l'online

Shanghai, 4 Agosto h. 10.00
Quando pensiamo alla Cina la prima cosa che ci viene in mente è l'abbondanza di mercanzia a basso prezzo, le imitazioni di prodotti occidentali e, nelle grandi città, le boutique di lusso delle grandi firme internazionali. Ma i cinesi dove comprano?
La risposta fino a qualche anno fa sarebbe stata: "ovunque", anche perchè spesso e volentieri la merce in circolo proviene dagli stessi grandi fornitori che controllano le reti di distribuzione. Ora le cose stanno cambiando. Ora "zai wang shang" (in internet) non è più una rarità. A partire dai giovani di Shanghai e Beijing si è diffusa la moda dello shopping su Tao Bao, punto di scambio C2C interamente cinese. Qui l'offerta e la domanda si incontrano senza intermediari e i prezzi sono irrisori se paragonati a quelli dei grandi magazzini e alla fatica di passare ore e ore a contrattare. Esiste la possibilità di esprimere gradi di soddisfazione e il pagamento, tramite carta di credito, avviene solo quando l'acquirente approva e conferma di aver ricevuto il prodotto. Il fenomeno sta assumendo portata tale per cui i servizi offerti continuano a crescere (è stata recentemente aggiunta l'opzione "pacchetti vacanze") e l'uso si sta estendendo anche alle città di seconda e terza fascia. Questo testimonia il cambiamento in atto in tutto il territorio cinese, dove la consapevolezza e il desiderio di prodotti occidentali spinge gli abitanti a cercare canali di distribuzione alternativi laddove non ne esistano di fisici.
E' significativo notare come, tuttavia, le aziende cinesi siano ancora riluttanti verso gli investimenti nell'online marketing. Forbes stima una spesa media in iniziative digitali che si aggira intorno al 2-3% del budget marketing, laddove negli USA si va dall'8 al 12%. La causa è da imputarsi generalmente a una propensione dei pubblicitari a privilegiare eventi dalla grande visibilità e risonanza mediatica, piuttosto che sfruttare vie più subdole per raggiungere il consumatore. Nonostante ciò è questione di tempo perchè anche questi ultimi se ne accorgano: i cinesi stanno cambiando, non basta più stupire, bisogna convincere.

A cura di Marta Caccamo

martedì 3 agosto 2010

In arrivo iniziative a favore dei lavoratori cinesi

Nuove opportunità di lavoro in vista per il lavoratori cinesi: La Federazione dei Sindacati di tutta la Cina (ACFTU), unione nazionale fondata nel 1925, ha promosso una campagna quinquennale di formazione professionale per migliorare le capacità di un milione di lavoratori. L’impegno della Fondazione nei prossimi mesi sarà quello, inoltre, di aiutare circa un milione di persone a trovare lavoro e di proporre corsi di formazione a coloro che svolgono attività domestiche. L’obiettivo permanente rimane, ovviamente, la tutela dei diritti dei lavoratori cinesi, e l’auspicio è quello che la protezione di questi interessi si espleti al più presto a tutti i livelli sindacali. L’ACFTU punta, inoltre, ad un miglioramento della negoziazione sulle retribuzioni tra sindacati e uomini d’affari entro il 2012.
Le iniziative in corso ben dimostrano il grande cambiamento che sta avvenendo nel mondo del lavoro cinese; con la legge sul lavoro introdotta nel 2008, che garantisce maggiori diritti contrattuali ai lavoratori, e i numerosi scioperi che si sono susseguiti negli ultimi anni, nonché episodi di suicidi e blocchi alla produzione, l’immagine della Cina sta gradualmente evolvendosi anche dal punto di vista sociale. La Cina detiene ancora oggi la più grande forza di manodopera al mondo e il costo di questi lavoratori è ancora molto basso (si parla di una media di 0,81 dollari all’ora); questa situazione, fino ad oggi, ha sempre favorito le potenze occidentali: i costi del lavoro delle multinazionali si sono mantenuti bassi, e così anche i prezzi delle merci. Tuttavia, negli ultimi cinque anni i salari dei lavoratori cinesi sono aumentati, tanto che i costi delle importazioni americane dalla Cina tra il 2006 ed il 2008 sono incrementate del 6%. A ciò si deve aggiungere il graduale cambiamento nell’assetto sociale della Cina: i giovani saranno sempre meno negli anni futuri e chi migrerà dalla campagna esigerà un tenore di vita più elevato, più “cittadino”; secondo alcuni economisti, inoltre, la Cina starebbe esaurendo le riserve di manodopera nelle campagne.

lunedì 2 agosto 2010

La Cina è la seconda economia mondiale

In una recente intervista, Yi Gang, direttore della State Administration of Foreign Exchange, nonché Vicegovernatore della Banca Centrale cinese, ha dichiarato che la Cina ha finalmente superato il Giappone, attestandosi così come la seconda economia mondiale. Il sorpasso è avvenuto certamente grazie alla costante ed incredibile crescita economica della Repubblica Popolare Cinese, che nel primo semestre 2010 è arrivata a + 11,1%, ma anche alla recente stagnazione del Giappone che ha avuto negli ultimi mesi un minor impatto mondiale rispetto alla vicina Cina.
Già nel 2009 si era iniziato a parlare di un possibile scambio di posizioni tra i due paesi, sebbene il Giappone abbia avuto nell’ultimo trimestre dello scorso anno una ripresa inaspettata, dovuta al fatto che la Cina è diventata la prima destinazione mondiale delle merci nipponiche. Ora il sorpasso è avvenuto, tuttavia non si può ancora dire se sia definitivo o meno. I fatti, comunque, dimostrano come la Cina sia in continua ascesa da circa 30 anni: dal 1978 il PIL cinese, infatti, cresce ad una media del 9,5%. Nel 2007 La Repubblica Popolare Cinese divenne la terza potenza mondiale, superando così la Germania, e recentemente si è anche confermata come il primo consumatore mondiale di energia. Secondo gli economisti, se la crescita dovesse proseguire a questo ritmo, pur con un normale ridimensionamento all’ 8%-9%, entro il 2025 il paese potrebbe superare gli Stati Uniti e diventare così la prima economia al mondo.
Per le imprese italiane che internazionalizzano in Cina o ne hanno l'intenzione si prevede quindi uno sviluppo notevole per l'esportazione e la vendita nel paese asiatico.