Shanghai, 4 Agosto h. 10.00
Quando pensiamo alla Cina la prima cosa che ci viene in mente è l'abbondanza di mercanzia a basso prezzo, le imitazioni di prodotti occidentali e, nelle grandi città, le boutique di lusso delle grandi firme internazionali. Ma i cinesi dove comprano?
La risposta fino a qualche anno fa sarebbe stata: "ovunque", anche perchè spesso e volentieri la merce in circolo proviene dagli stessi grandi fornitori che controllano le reti di distribuzione. Ora le cose stanno cambiando. Ora "zai wang shang" (in internet) non è più una rarità. A partire dai giovani di Shanghai e Beijing si è diffusa la moda dello shopping su Tao Bao, punto di scambio C2C interamente cinese. Qui l'offerta e la domanda si incontrano senza intermediari e i prezzi sono irrisori se paragonati a quelli dei grandi magazzini e alla fatica di passare ore e ore a contrattare. Esiste la possibilità di esprimere gradi di soddisfazione e il pagamento, tramite carta di credito, avviene solo quando l'acquirente approva e conferma di aver ricevuto il prodotto. Il fenomeno sta assumendo portata tale per cui i servizi offerti continuano a crescere (è stata recentemente aggiunta l'opzione "pacchetti vacanze") e l'uso si sta estendendo anche alle città di seconda e terza fascia. Questo testimonia il cambiamento in atto in tutto il territorio cinese, dove la consapevolezza e il desiderio di prodotti occidentali spinge gli abitanti a cercare canali di distribuzione alternativi laddove non ne esistano di fisici.
E' significativo notare come, tuttavia, le aziende cinesi siano ancora riluttanti verso gli investimenti nell'online marketing. Forbes stima una spesa media in iniziative digitali che si aggira intorno al 2-3% del budget marketing, laddove negli USA si va dall'8 al 12%. La causa è da imputarsi generalmente a una propensione dei pubblicitari a privilegiare eventi dalla grande visibilità e risonanza mediatica, piuttosto che sfruttare vie più subdole per raggiungere il consumatore. Nonostante ciò è questione di tempo perchè anche questi ultimi se ne accorgano: i cinesi stanno cambiando, non basta più stupire, bisogna convincere.
Quando pensiamo alla Cina la prima cosa che ci viene in mente è l'abbondanza di mercanzia a basso prezzo, le imitazioni di prodotti occidentali e, nelle grandi città, le boutique di lusso delle grandi firme internazionali. Ma i cinesi dove comprano?
La risposta fino a qualche anno fa sarebbe stata: "ovunque", anche perchè spesso e volentieri la merce in circolo proviene dagli stessi grandi fornitori che controllano le reti di distribuzione. Ora le cose stanno cambiando. Ora "zai wang shang" (in internet) non è più una rarità. A partire dai giovani di Shanghai e Beijing si è diffusa la moda dello shopping su Tao Bao, punto di scambio C2C interamente cinese. Qui l'offerta e la domanda si incontrano senza intermediari e i prezzi sono irrisori se paragonati a quelli dei grandi magazzini e alla fatica di passare ore e ore a contrattare. Esiste la possibilità di esprimere gradi di soddisfazione e il pagamento, tramite carta di credito, avviene solo quando l'acquirente approva e conferma di aver ricevuto il prodotto. Il fenomeno sta assumendo portata tale per cui i servizi offerti continuano a crescere (è stata recentemente aggiunta l'opzione "pacchetti vacanze") e l'uso si sta estendendo anche alle città di seconda e terza fascia. Questo testimonia il cambiamento in atto in tutto il territorio cinese, dove la consapevolezza e il desiderio di prodotti occidentali spinge gli abitanti a cercare canali di distribuzione alternativi laddove non ne esistano di fisici.
E' significativo notare come, tuttavia, le aziende cinesi siano ancora riluttanti verso gli investimenti nell'online marketing. Forbes stima una spesa media in iniziative digitali che si aggira intorno al 2-3% del budget marketing, laddove negli USA si va dall'8 al 12%. La causa è da imputarsi generalmente a una propensione dei pubblicitari a privilegiare eventi dalla grande visibilità e risonanza mediatica, piuttosto che sfruttare vie più subdole per raggiungere il consumatore. Nonostante ciò è questione di tempo perchè anche questi ultimi se ne accorgano: i cinesi stanno cambiando, non basta più stupire, bisogna convincere.
A cura di Marta Caccamo
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