Era il 14 Novembre 1997 quando venivano emanate le "Provisional Administrative Rules for Commercial Franchising", prima regolamentazione sul franchising in Cina ed esclusivamente indirizzate alle aziende locali. Venuto a cadere il divieto per gli stranieri di registrare WOFEs (Wholly Owned Foreign Enterprises) nel settore del commercio e del retail, il 2005 e il 2007 hanno segnato passi importanti in materia e portato alle più recenti "Regulations on Administering Commercial Franchising".
Registrando il numero più alto al mondo di outlets in concessione al mondo, quella del franchising è una crescita esponenziale a cui le aziende straniere sono ancora reticenti a prendere parte. Fatte salve le grandi multinazionali quali KFC (assoluto pioniere), Mc Donald's o Starbucks, infatti, il modello stenta a prender piede tra gli investitori esteri. La ragione principale sta nell'incertezza che accompagna il processo, il numero consistente di documenti da presentare e un sistema legale che, per quanto avanzato, spesso si inceppa nell'implementazione. Al franchisor, in ogni caso, è richiesta un'esperienza di almeno due anni nella gestione di punti vendita in Cina, il che implica che il margine per "esplorare e cercare di capire" è addirittura un obbligo a cui non è possibile sottrarsi.
La Cina sta investendo molto per migliorare la protezione della proprietà intellettuale e i primi segni già si avvertono. Con un mercato consumer dalle prospettive straordinarie e milioni di persone desiderose di lanciare il proprio business velocizzando i tempi di set up e sviluppo, il franchising è senza dubbio una possibilità da valutare, o per lo meno un campo da tener ben monitorato.
A Maggio dell'anno prossimo la tredicesima China Franchise Convention and Exhibition, pensateci.
Registrando il numero più alto al mondo di outlets in concessione al mondo, quella del franchising è una crescita esponenziale a cui le aziende straniere sono ancora reticenti a prendere parte. Fatte salve le grandi multinazionali quali KFC (assoluto pioniere), Mc Donald's o Starbucks, infatti, il modello stenta a prender piede tra gli investitori esteri. La ragione principale sta nell'incertezza che accompagna il processo, il numero consistente di documenti da presentare e un sistema legale che, per quanto avanzato, spesso si inceppa nell'implementazione. Al franchisor, in ogni caso, è richiesta un'esperienza di almeno due anni nella gestione di punti vendita in Cina, il che implica che il margine per "esplorare e cercare di capire" è addirittura un obbligo a cui non è possibile sottrarsi.
La Cina sta investendo molto per migliorare la protezione della proprietà intellettuale e i primi segni già si avvertono. Con un mercato consumer dalle prospettive straordinarie e milioni di persone desiderose di lanciare il proprio business velocizzando i tempi di set up e sviluppo, il franchising è senza dubbio una possibilità da valutare, o per lo meno un campo da tener ben monitorato.
A Maggio dell'anno prossimo la tredicesima China Franchise Convention and Exhibition, pensateci.
A cura di Marta Caccamo
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