Le principali notizie e informazioni di natura economica, finanziaria, giuridica e politica relative alla Cina

giovedì 31 maggio 2012

Pechino segue la linea di Hollande

Pechino sembra voler abbraccia la linea del presidente francese Francois Hollande: stimolare l’economia per far ripartire la crescita.

Nell’ambito del dibattito sulle misure di sostegno alla crescita da affiancare a quelle di austerity, il presidente francese Francois Hollande ha proposto di stimolare l’economia europea per far ripartire la crescita. Il governo cinese sembra intenzionato a concretizzare tale linea anche nel proprio paese. Wen Jiabao ha infatti di recente dichiarato: “E’ necessario che la Cina ponga una maggiore enfasi sulla crescita”. Sebbene non sia ancora arrivata una conferma ufficiale, è molto probabile che, nel secondo semestre, Pechino eroghi un pacchetto da 300 miliardi di dollari. A tal riguardo, fonti non ufficiali riferiscono di un’iniezione di almeno la metà del denaro immesso nell’economia nel 2008-2009, oltre 600 miliardi di dollari: 950 milioni da destinare agli incentivi all’acquisto di automobili; circa 15 milioni per il potenziamento dell’uso di energie rinnovabili; circa 13mila miliardi di dollari servirebbero a incentivare i capitali privati ad entrare nelle banche; e si punta, infine, a un aumento di oltre il 26% nell’investimento in infrastrutture.
Tuttavia, secondo gli esperti, la Cina non avrebbe bisogno di misure eclatanti, ma più graduali e stabili, che includano un allentamento dei tassi di interesse, al fine di stimolare moderatamente gli investimenti.

martedì 29 maggio 2012

Cambio diretto yen-yuan

Nell'ambito dell'accordo per rafforzare i legami bilaterali, Giappone e Cina inizieranno il trading diretto delle valute dal primo giugno.

Nell'ambito dell'accordo per rafforzare i legami bilaterali, Giappone e Cina inizieranno il trading diretto delle valute dal primo giugno: “Il tasso di cambio yen-yuan sarà costantemente indicato in entrambi i mercati, facilitando la negoziazione diretta delle monete” ha dichiarato il ministro delle Finanze nipponico, Jun Azumi. Secondo quest’ultimo, inoltre, l’operazione consentirà di “ridurre i costi su transazioni e regolamento delle operazioni presso gli istituti finanziari” e renderà entrambe le valute più utili e attive sul mercato di Tokyo. Una nota della People's Bank of China riporta che la mossa potrebbe contribuire a rafforzare cooperazione finanziaria e ad abbassare i tassi di cambio per le aziende. La Banca centrale cinese (Pboc) ha invitato le banche domestiche a rendere il mercato interno pronto al lancio imminente dello scambio diretto delle due divise.
Giappone e Cina, dopo il cosiddetto “accordo di Natale” siglato a Pechino lo scorso dicembre, di recente hanno dato il via anche al possesso incrociato di titoli di Stato.

lunedì 28 maggio 2012

La mancata crescita cinese

La Banca Mondiale è sempre più pessimista circa le potenzialità di crescita della Cina.

Attualmente, i problemi più gravi per la Cina riguardano il ristagno delle importazioni dall’estero e l’incertezza sulla solidità del mercato immobiliare interno.
Gli esperti dell’Ocse e del Fondo Monetario Internazionale concordano relativamente alla nuova stima sull’andamento del Pil cinese, che è stata portata dall’8,5 all’8,2%: si tratta di un livello di crescita pericolosamente basso, il più basso dall’ultimo decennio, e si teme che possa incidere negativamente sull’andamento generale dei mercati del Sudest asiatico, già in difficoltà a causa della turbolenza finanziaria internazionale.
Gli esperti di Washington ritengono che l’economia della Repubblica popolare non sia davvero in grave in difficoltà: dal loro punto di vista con qualche piccola modifica nella strategia monetaria e fiscale - da valutare con molta massima attenzione al fine di evitare che ne risentano inflazione e debito pubblico - consentirebbe al Paese di risollevarsi entro un anno.
Non è chiaro se il Partito condivida o meno questo tipo di strategia, tuttavia è possibile che la Banca Mondiale abbia indicato la sua soluzione per il rallentamento della crescita - una politica fiscale che stimoli i consumi e la riduzione degli investimenti in infrastrutture - dopo aver appreso che il Governo di Pechino intende approvare un nuovo piano per combattere la recessione principalmente focalizzato proprio su queste ultime.

giovedì 24 maggio 2012

Cresce la domanda di terre rare

 Il ministero cinese del commercio ha annunciato quote supplementari per l’esportazione di terre rare pari a 10.680 tonnellate.

Pechino sta puntando sull’utilizzo delle terre rare, quegli elementi minerali utilizzati per la produzione di semiconduttori, magneti e fibre ottiche, fondamentali per le nuove tecnologie.
Una nota diffusa da Danilo Bonato, direttore generale di ReMedia - società no-profit per la gestione dei rifiuti legati alle apparecchiature elettriche ed elettroniche - riporta che  il ministero cinese del commercio ha annunciato quote supplementari per l’esportazione di terre rare pari a 10.680 tonnellate.
Affinché l’Europa non resti indietro, il Laboratorio E-Waste Lab - creato recentemente dal Consorzio ReMedia unitamente al Politecnico di Milano - ha stabilito che è opportuno concentrasi sul recupero e il riciclo di terre rare e metalli preziosi, in quanto, come ha affermato Bonato, “entro il 2015 la domanda globale di terre rare potrebbe raggiungere 210.000 tonnellate all’anno e, per essere soddisfatta, la produzione annua non cinese dovrebbe essere tra 45.000 e 70.000 tonnellate”, quantità che potrebbero essere recuperare attraverso il riciclo di apparecchiature elettriche ed elettroniche, cellulari in primis: “Se raccogliessimo tutti i prodotti venduti nel 2011 in Italia […] avremmo un valore di mercato pari a oltre 150 milioni di euro”. Attualmente vengono raccolti pezzi per un valore di mercato  pari a 2 milioni di euro.

martedì 22 maggio 2012

Migliorano le prospettive per il rame

Dopo il ribasso del 2% segnato due settimane fa e il calo del 4,5% registrato nell’ultima, le quotazioni del rame tornano a crescere grazie agli acquisti cinesi.

Secondo un rapporto di Brook Hunt i consumi di rame da parte della Cina saliranno dagli attuali 9 a 16,4 milioni di tonnellate l'anno nel 2025, una quantità pari a oltre il 51% della produzione mondiale, mentre oggi Pechino ne consuma il 40%. All’aumento degli acquisti da parte della Cina è conseguito il miglioramento delle prospettive per il rame: gli analisti ora ritengono inaftti che sia improbabile una discesa delle quotazioni molto al di sotto di 7.500 $, sebbene, a cominciare da 7.800 $/tonn, vedono una forte resistenza a salire.
L'interesse dei cinesi all'acquisto è evidenziato dall'aumento degli incentivi per comprare catodi a Shanghai, passati dai 10-40 $ a 50 $. Inoltre, la scorsa settimana, le giacenze di catodi allo Shfe (Shanghai Futures Exchange) hanno segnato un calo di 13.635 tonnellate, portandosi a 173mila tonn. Con Shanghai a sconto di circa 190 $ su Londra, l'arbitraggio Shfe-Lme (London Metal Exchange) resta negativo, ma si è molto ridotto dai 500 $ segnati a fine aprile e il ritorno di interesse da parte dei cinesi agli attuali prezzi resta comunque un segnale positivo.

lunedì 21 maggio 2012

Cina carente di Marketing

Le aziende della Repubblica popolare per sfondare in Occidente devono iniziare a investire di maggiormente sul marketing.
Sebbene la Cina sia la seconda potenza economica globale, nessun brand della Repubblica popolare è riuscito a entrare a far parte della classifica dei cento marchi più famosi del mondo.
Dagli anni ’90, Jianlibao, la bibita più famosa in Cina, tenta senza successo di farsi spazio sul mercato mondiale delle bevande, sfidando il duopolio dei colossi Coca Cola e Pepsi Cola; il primo di questi ultimi raggiunge ogni angolo del Dragone grazie al suono kekou kele, che riproduce alla perfezione il nome americano e, contemporaneamente, attira i cinesi grazie a una traduzione accattivante, “deliziosa felicità”: la multinazionale americana ha vinto grazie alla sua strategia di marketing.
Sebbene negli ultimi tempi la strategia adottata da alcuni marchi stia cominciando a funzionare, nel complesso, le aziende cinesi sembrano non avere ancora abbastanza esperienza per competere sui mercati internazionali: necessitano di macchinari all’avanguardia, manager di talento e marchi conosciuti.

venerdì 18 maggio 2012

Oro: la Cina supera l'India

La Cina scalza l'India e diventa il primo consumatore di oro a livello mondiale.

Il World Gold Council, l'associazione industriale delle principali aziende minerarie aurifere, ha comunicato che nel primo trimestre di quest'anno la domanda d'oro è calata del 5% a 1.097, 6 tonnellate; il calo è dovuto soprattutto al rallentamento del mercato indiano dell'oro. La domanda globale da parte dei gioiellieri è calata del 6% a 519,8 tonnellate; gli investimenti nell'oro, a seguito della forte domanda di ETF, di medaglie e di monete non ufficiali, sono invece cresciuti del 13% a 389,3 tonnellate; la domanda del settore industriale è calata del 7% a 107,7 tonnellate e quella delle banche centrali del 41% a 80,8 tonnellate.
L’India a marzo ha raddoppiato il dazio sulle importazioni del metallo giallo e ha istituito una tassa dello 0,3% sulla vendita di molti gioielli, misure che, sommate alla debolezza e alla volatilità della rupia hanno contribuito a rendere più caro l'oro per gli indiani; così è diminuita anche la domanda da parte dei gioiellieri indiani, calata del 19% a 152 tonnellate, mentre gli investimenti nell'oro del Paese sono scesi di quasi il 50% a 55,6 tonnellate. In questo modo la Cina ha potuto superare l'India, divenendo il primo consumatore al mondo: mentre la domanda complessiva di oro da parte dell'India, lo scorso trimestre, è calata del 29% a 207,6 tonnellate, nello stesso periodo, quella cinese è cresciuta del 7% a 255,2 tonnellate, il nuovo livello record.

mercoledì 16 maggio 2012

Riforme “di sistema”

Dopo la caduta di Bo Xilai, in Cina ha ripreso vigore il processo di trasformazione: il Dragone guarda a un nuovo corso, focalizzato su diritti dei singoli e limiti al potere.

Il Quotidiano del Popolo ha di recente pubblicato una serie di articoli inerenti le riforme politiche da attuare in Cina, dai quali emergono le priorità di Pechino: la limitazione del potere del governo e la protezione dei diritti delle persone, compreso il diritto di esercitare un controllo sull'attività di governo. Secondo il Quotidiano del Popolo, il potere e i diritti, sarebbero “due facce della stessa medaglia, ovvero la politica democratica”; limitare il potere e incentivare la tutela dei diritti della persone, consentirà ai cittadini di diventare finalmente “padroni dello Stato: la limitazione del potere è il punto di partenza e la fine della ristrutturazione del sistema politico”.
Secondo gli analisti, questi articoli e queste riflessioni sulla necessità di riforme politiche non sono casuali: costituirebbero piuttosto una presa di posizione, la conferma che il partito, dopo la tempesta politica provocata dalla caduta di Bo Xilai, potrebbe essere arrivato finalmente a un consenso.
Come ha riportato il South China Morning Post,  “il termine riforma è stato spesso usato per riferirsi esclusivamente alla ristrutturazione all'interno delle istituzioni del governo o allo snellimento della burocrazia”, mentre ora comincia ad essere utilizzato in riferimento a cambiamenti “di sistema”.

martedì 15 maggio 2012

Emissioni aerei: Cina “indisciplinata”

Uno degli obblighi del sistema Ue prevede che le compagnie aeree comunichino i dati sulle emissioni prodotte: tra dieci vettori che non hanno ancora provveduto otto sono cinesi.

Proseguono i negoziati nell'ambito dell'organizzazione internazionale dell'aviazione civile (Icao), al fine di raggiungere un accordo globale per ridurre le emissioni di CO2 prodotte dal settore. Tuttavia, Cina e India non si attengono alle regole europee che impongono alle compagnie aeree attive nell'Unione una tassa sulle emissioni di CO2. Oggi a Bruxelles, il commissario Ue al Clima, Connie Hedegaard, ha infatti dichiarato che tra le dieci compagnie che non hanno ancora comunicato i dati relativi alle emissioni prodotte, otto sono cinesi e due indiane: “Le compagnie cinesi e indiane sono l'unica eccezione e rappresentano meno del 3% delle emissioni totali” di gas serra prodotte dai voli da e per l'Ue, mentre “le compagnie degli altri paesi hanno già fatto rapporto entro il 31 marzo, incluse quelle di Usa, Canada, Russia, Brasile, Messico, Sudafrica, Giappone, Qatar, Arabia saudita ed Emirati Arabi Uniti”.
La commissaria ha poi affermato che, in caso di omessa comunicazione entro la nuova scadenza (giugno), “spetta ai singoli stati membri decidere se dare accesso alle compagnie aeree ed eventualmente applicare sanzioni, che variano da paese a paese”.
Gli analisti della Deutsche Bank ritengono che non ci saranno penalizzazioni, almeno in un primo momento, mentre una maggiore severità potrebbe scattare dal prossimo anno; la Germania, in particolare, starebbe pensando di aggirare il problema offrendo alle due compagnie aeree cinesi che operano sul suo territorio un pacchetto di permessi di emissione a sua disposizione.

lunedì 14 maggio 2012

Pechino, Seoul e Tokyo: zona di libero scambio

I leader di Cina, Sudcorea e Giappone hanno deciso di iniziare i negoziati per la creazione di una zona di libero scambio fra i tre Paesi.

Il commercio fra Cina, Sudcorea e Giappone è passato dai 130 miliardi di dollari Usa segnati nel 1999, ai 690 miliardi registrati l’anno scorso. Ora, i leader dei tre Paesi hanno deciso di iniziare i negoziati per una zona di libero scambio, per “scatenare la vitalità economica della regione e dare una forte spinta all'integrazione economica dell'Asia dell'Est”, come ha dichiarato Wen Jiabao. Quest’ultimo, l'omologo giapponese Yoshihiko Noda, e il presidente coreano Lee Myung Bak hanno firmato un accordo trilaterale per investimenti reciproci, che dovrebbe rendere “la regione Asia-Pacifico il centro della crescita del mondo”, come ha affermato Noda.
L'idea di una zona di libero mercato, che metterebbe insieme un mercato di oltre 1,5 miliardi di persone, si è imposta a causa della crisi economica europea e Usa, delle politiche protezionistiche adottate da alcuni Paesi e per i molti “elementi instabili” che dureranno a lungo. Secondo la Xinhua, tale accordo farebbe crescere il Pil cinese del 3%, quello coreano del 3,1% e dello 0,5% quello giapponese.

venerdì 11 maggio 2012

L’import-export cinese è in calo

Il mese scorso le importazioni e le esportazioni cinesi sono rallentate e nel Paese cala anche la domanda interna.

A causa dell'abbassamento della domanda interna e della crisi europea, continuano a rallentare le importazioni e le esportazioni cinesi e secondo gli esperti il 2012 sarà uno degli anni più negativi per la Cina. I dati relativi allo scorso aprile mostrano che le esportazioni sono cresciute del 4,9%, rispetto a una crescita media annuale dell'8,5 e dell'8,9 nel mese di marzo, mentre le importazioni sono cresciute solo dello 0,3% rispetto al 5,3 segnato nel mese di marzo e all'11% previsto.
Il calo dell’import-export è dovuto, in primo luogo, alla caduta della domanda interna, ma è diminuita anche la domanda dall'estero, sui cui si è sempre appoggiato il modello economico cinese: alla Fiera di Canton, l’appuntamento semestrale per il commercio conclusosi lo scorso il 5 maggio, gli ordini di esportazioni sono scesi del 2,3% rispetto all’ultima edizione.

mercoledì 9 maggio 2012

10 miliardi dollari per investimenti esteri

Pechino sta aumentando gli sforzi per sostenere le imprese nazionali che investono all'estero, in cerca di risorse per alimentare la sua rapida crescita economica e 1,3 miliardi di popolazione.

Pechino sta aumentando gli sforzi per sostenere le imprese nazionali che investono all'estero, in cerca di risorse per alimentare la sua rapida crescita economica e 1,3 miliardi di popolazione.
La Cina, che può vantare il più grande ammontare al mondo di riserve valutarie (3.300 miliardi di dollari), ha cercato diversi modi per diversificare i capitali, preservare il loro valore e migliorarne i rendimenti: ora la Banca Popolare della Cina intende destinare 10 miliardi dollari a favore delle imprese statali che vogliono investire all'estero. L’istituto è infatti in trattative con la China Riform Holdings Corporation Ltd - una società controllata dalla Commissione statale di supervisione e amministrazione - per istituire una joint venture, probabilmente all'estero, che cercherà di aiutare le imprese statali a investire all'estero con le riserve in valuta estera.

martedì 8 maggio 2012

Esportare in Cina, alcune precauzioni

La Cina è diventata una destinazione di notevole interesse per molti esportatori stranieri.

Grazie al dinamismo del suo mercato del lavoro, all’aumento dei redditi e alla crescita dei consumi interni, la Cina è diventata una destinazione di notevole interesse per molti esportatori stranieri. Andreas Tesch, Chief Market Officer di Atradius ha, tuttavia, ricordato che commerciare con la Cina può essere anche rischioso: “la crescente ricchezza all’interno della Cina è da stimolo ai consumi interni e questo crea reali opportunità commerciali per gli esportatori stranieri, sempreché questi ultimi conoscano bene la natura del mercato e prendano misure adeguate alla tutela della loro attività”. Per soddisfare questa esigenza, la compagnia di assicurazioni olandese ha pubblicato una guida che titola Trade successfully with China  (Commerciare con successo con la Cina), in cui sono elencate le dieci “regole d’oro” cui è meglio gli esportatori si attengano per evitare problemi di natura logistica e finanziaria sul mercato del Dragone.
La guida ricorda che: le tariffe d’importazione sul mercato cinese, solitamente richieste all’importatore possono per alcuni tipi di prodotto essere anche del 270%, e possono quindi costituire un deterrente all’acquisto; è obbligatorio ottemperare ad alcuni obblighi previsti dalla legge cinese in tema di concorrenza, o di pubblicità ingannevole e prezzi predatori, indipendentemente dalla legge del Paese che regola il contratto di compravendita; per alcune merci è vietata l’importazione e per altre sono imposte restrizioni. Inoltre, se il valore delle merci e l’importo pagato differiscono di più che l’equivalente di 10.000 dollari USA per unico contratto, gli importatori devono segnalare i pagamenti alle autorità cinesi competenti in tema di valute estere e i fornitori esteri devono tener conto dei rischi associati al regime di controllo cinese su tali valute.

giovedì 3 maggio 2012

Lo yuan come moneta base

Entro 10 o 20 anni il renminbi sostituirà il dollaro Usa come moneta base per gli scambi.

Se in passato la Cina aveva mantenuto uno stretto controllo sullo yuan, tenendo il suo valore forzatamente basso e facilitare così le sue esportazioni, negli ultimi anni Pechino ne ha permesso una certa fluttuazione e i dialoghi con gli Stati Uniti portano a una continua rivalutazione della moneta cinese.
Per sfuggire alla dipendenza dell’andamento del dollaro, la Cina ha cominciato a fare accordi di cambio in yuan dapprima con Hong Kong, poi con Argentina, Bielorussia, Uzbekistan, Tajikistan, Mongolia, Emirati, Islanda. L’aumento del numero di Paesi che accettano di usare lo yuan per le transazioni economiche con il Dragone porteranno alla cessazione del dominio del dollaro come valuta di riserva. Secondo l'economista Maurizio d'Orlando, “questo sviluppo valutario cinese è da considerare come una minaccia strategica per l'attuale sistema economico a guida americana” e rischia di portare a conflitti politici o militari. Tuttavia, la tendenza verso questa direzione è ben consolidata: secondo dati della Society Worldwide Interbank Financial Telecommunication - SWIT, il sistema attraverso cui transitano tutti i bonifici bancari mondiali - il volume di affari europei in yuan ha sorpassato quello dell'area Asia-Pacifico ed è secondo solo a quelli di Hong Kong. Inoltre, in marzo le transazioni globali sono aumentate dell'8,6%, ma quelle registrate in moneta cinese sono aumentate del 13,2%.
Secondo Jean Francois Lambert, managing director alla HSBC, entro 10 o 20 anni, il renminbi sarà usato come moneta base per tutti gli scambi commerciali.

mercoledì 2 maggio 2012

Brembo: freni italiani per le auto cinesi

Brembo ha inaugurato il nuovo polo industriale in Cina, a Nanchino: un progetto da 70 milioni di dollari che impiegherà circa 1.000 persone.

La maggior parte delle auto cinesi avrà freni italiani: la Brembo, multinazionale leader mondiale nella progettazione e produzione di sistemi frenanti, ha investito 70 milioni di dollari per il progetto relativo ad uno stabilimento che sorge a Nanchino e sfornerà ogni anno 6 milioni di “dischi” per Bmw, Daimler, Volkswagen, Volvo, Iveco, Mg e Mitsubishi. Il nuovo polo, che impiegherà circa 1.000 persone, comprende anche un centro di ricerca e sviluppo in grado di eseguire simulazioni e test completi.
Alberto Bombassei, dirigente dell’azienda bergamasca fondata nel 1961, ha voluto sottolineare che non si tratta di un processo di delocalizzazione: “Da 20 facciamo investimenti nuovi all’estero come iternazionalizzazione, finalizzati a dare risposte a un mercato, o esistente o che sta nascendo […]. Siamo pronti a essere partner delle case automobilistiche cinesi, perché stanno investendo su nuove vetture e hanno bisogno di prodotti tecnologici. Per noi essere qui è un obbligo”.