Le principali notizie e informazioni di natura economica, finanziaria, giuridica e politica relative alla Cina

giovedì 30 giugno 2011

Tour gastronomico della Cina in Italia

Prosegue l’interesse di Italia e Cina per la cooperazione in campo alimentare: dopo i riconoscimenti reciproci di alcuni prodotti tipici, il ministro cinese per le Politiche Agricole visita alcuni consorzi italiani.

In seguito al riconoscimento qualitativo in Cina di due prodotti dell’alimentare italiano, Grana Padano e Prosciutto di Parma, la partnership sino-italiana nel settore compie un nuovo passo in avanti. La scorsa settimana il ministro cinese delle Politiche Agricole, Han Changfu, accompagnato dal ministro italiano Saverio Romano e dal Commissario Ue dell’Agricoltura Dacian Ciolos, ha visitato le zone di produzione di prodotti Dop tipici del Made in Italy del Lazio e dell’Emilia. L’obiettivo della missione, per entrambi i governi, è quello di incrementare gli scambi commerciali reciproci nell’agroalimentare. La Repubblica Popolare Cinese si presenta come un mercato appetibile, dato che i consumi alimentari dei suoi abitanti stanno gradualmente cambiando in proporzione allo sviluppo economico: sono, infatti, cresciuti i consumi di prodotti gastronomici sia nella quantità che nella qualità e si afferma sempre più il piacere del buon cibo.
Il tour gastronomico ha toccato alcune tappe significative: nel Parmense il ministro cinese ha visitato le aziende del Consorzio del Parmigiano-Reggiano, ente particolarmente interessato a sviluppare una campagna promozionale nel Paese asiatico. Attualmente il consumo di formaggio nel Dragone è basso, con 30 grammi pro-capite, ma la tendenza sta cambiando grazie alla diffusione di ristoranti occidentali, alla mente globale dei giovani e alla crescente sensibilità verso prodotti di qualità. Si stima che entro il 2019 il consumo pro-capite sarà di 230 grammi, e in questo contesto il Parmigiano-Reggiano potrebbe esportare in Cina circa 370 tonnellate nel 2015, 2.730 tonnellate nel 2019 e 16.000 nel giro di dieci anni. Altra tappa nella zona è stata effettuata nel prosciuttificio Ferradini di Lesignano, mentre nel Reatino il ministro ha visitato un’azienda del consorzio di produzione di olio Sabina Dop a Canneto.
Il vantaggio delle imprese italiane del settore è che dispongono di un’offerta che non ha concorrenti locali nella Repubblica Popolare; tuttavia, anche in questo ambito, come testimoniano d’altronde le contraffazioni di marchi italiani in altri Paesi, sussiste il rischio di imitazione a prezzi competitivi se non si prosegue sulla strada dei riconoscimenti delle produzioni d’eccellenza.

mercoledì 29 giugno 2011

La moda italiana è di tendenza in Cina

La Cina, assieme alla Russia, rappresenta il mercato di sbocco d’eccellenza per la moda italiana, sia per i grandi che per i piccoli nomi del settore.

Il Made in Italy in Cina ha una reputazione molto elevata, soprattutto per quello che riguarda il mondo del fashion. Le opportunità sono enormi e la presenza del Smi agevola l’ingresso sul mercato di aziende del settore. Per le imprese di grandi dimensioni, il cui marchio è affermato internazionalmente, l’accesso è facilitato, ma la loro esperienza ha incentivato l’arrivo anche di quelle di piccola e media grandezza. Queste ultime preferiscono approcciarsi alla Cina scegliendo partner affidabili e ricercando il sostegno di istituzioni italiane.
Tra le grandi aziende, molte stanno avviando una fase espansiva nella Repubblica Popolare, a dimostrazione che il mercato è ricco e in continua crescita. Salvatore Ferragamo, ad esempio, aprirà a breve due nuove boutique nel Paese asiatico: una nel Ginko Department Store Shinghuan Shop di Kunming, città turistica protetta dall’Unesco, e l’altra a Guiyang, città di terzo livello. Un altro nome d’eccellenza, Roberto Cavalli, ha avviato una joint venture controllata al 75% con Uccal di Shanghai, che gestisce 700 punti vendita. Nell’accordo risultano due intese di 5 anni più altri 5 per la distribuzione della linea Just Cavalli per la fascia contemporary, e della linea Class Roberto Cavalli, per il segmento soft look-bridge, nei 95 negozi che verranno aperti con la primavera-estate 2012. Le due boutique della collezione principale Roberto Cavalli, invece, saranno 5 e le prime due apriranno a Pechino e a Shanghai. Con i primi 5 anni il marchio italiano punta a raggiungere 70-80 milioni di euro di fatturato vendita. A completare la lista dei grandi marchi c’è poi John Richmond, brand di punta del gruppo italiano di Saverio Moschillo, che il 18 giugno ha inaugurato un negozio monomarca a Changsha a cui seguirà uno store a Shanghai.
Tra le piccole aziende della moda si distingue, invece, Marly’s, marchio veneto che ha appena avviato una partnership con la Austen Company di Shanghai, colosso presente in 150 città cinesi e che gestisce oltre 250 clienti e distributori. Grazie a questa collaborazione, nei prossimi tre anni l’azienda aprirà 32 negozi nel Dragone in cui si troveranno le collezioni Marly’s, Marly’s 1981 e Kathleen Madden.
Dopo la dura flessione nel 2009, gli anni della ripresa per la moda italiana, quindi, saranno caratterizzati dai nuovi mercati; i tempi sono decisamente maturi per presentarsi con successo in Asia.

martedì 28 giugno 2011

Alleanza tra Cina e Russia per l’energia

Si rafforza la partnership strategica tra Cina e Russia in campo energetico, nonostante il precedente fallimento dell’accordo sul gas a San Pietroburgo.

Si consolidano i legami tra Cina e Russia, due Paesi in forte espansione. Durante il Summit della Shanghai Cooperation Organization di qualche settimana fa, i leader dei due Bric hanno ribadito l’intenzione di creare una partnership strategica al fine di garantire l’equilibrio internazionale e di consentire la crescita economica di entrambe le nazioni. Inoltre, Cina e Russia si sono prefissate di aumentare l’interscambio dai 70 miliardi di dollari attuali ai 100 miliardi di dollari entro il 2015, fino ad arrivare ai 150 miliardi nel 2020. All’interno dell’accordo è compresa la promessa delle Federazione Russa di vendere al Dragone 60 miliardi di kwh entro il 2010 per sopperire all’enorme fabbisogno energetico del Paese asiatico.
Il bacino a disposizione della Russia è decisamente ricco da poter stringere accordi in campo energetico; proprio recentemente è partito il progetto di costruzione della diga di Boguchanskaya, nella Siberia orientale, che quando entrerà in funzione, presumibilmente nell’aprile del 2012, produrrà 17 miliardi di kwh all’anno. Assieme ad altri tre impianti idroelettrici lungo il fiume Angara, costituirà un enorme disponibilità di energia che la Russia potrà esportare, contribuendo, tra l’altro, ad arricchire la Siberia, che nei prossimi 15 anni potrebbe vedere triplicato il suo PIL.
L’intesa, comunque, non ha permesso che al Forum economico di San Pietroburgo dei primi di giugno i due Paesi raggiungessero un accoro sul gas; era, infatti, molto attesa la firma tra la Gazprom russa e la Cnpc cinese per la fornitura triennale a quest’ultima di gas per 1000 miliardi di dollari. Il prezzo del gas, oltre il tetto di 250 dollari a migliaio di metri cubici che si era prefissata la compagnia cinese, ha bloccato l’ambizione della Russia di poter diversificare le esportazioni di idrocarburi e intensificare l’export di gas verso la Repubblica Popolare, già pari a 68 miliardi di metri cubici l’anno.

lunedì 27 giugno 2011

Possibili investimenti diretti esteri in yuan

Secondo un comunicato della Banca Centrale, presto gli investimenti stranieri in Cina potrebbero essere denominati in valuta locale.

Un recente report della Banca Centrale cinese ha annunciato una probabile svolta per gli investimenti diretti esteri nella Repubblica Popolare: Pechino potrebbe, infatti, varare alcune norme che permetterebbero alle società straniere di investire nel Paese asiatico direttamente in yuan. Attualmente gli investimenti in valuta locale sono in fase sperimentale, ovvero sono possibili ma devono essere approvati uno ad uno da un comitato ad hoc.
Con le nuove regole, invece, si darebbe l’opportunità alle compagnie estere, di cui molte hanno già accumulato negli ultimi anni riserve in yuan in attesa di una sua rivalutazione, di finanziare in valuta cinese la costituzione di società, le acquisizioni, l’aumento di quote nelle sussidiarie e i prestiti. Sono esclusi da queste operazioni alcuni investimenti nei settori considerati strategici per l’economia locale.
Con questi cambiamenti, di fatto la Cina punta ad internazionalizzare lo yuan e a favorire il rientro di capitali accumulati oltreconfine. Lo yuan circola già all’estero grazie ad accordi speciali con nazioni straniere, tra cui accordi di swap di valuta per facilitarne la conversione e progetti per scambi commerciali in yuan. Se anche gli IDE, quindi, fossero effettuabili in yuan, è probabile che si potenzierà l’emissione di bond in renminbi e si darà il via a finanziamenti di altro tipo nella moneta cinese.

venerdì 24 giugno 2011

La crisi inflazionaria si ripercuote sul mondo del lavoro

Segnali di crisi per l’economia cinese: l’inflazione dilaga, l’industria nazionale è in calo e nel Guangdong riprendono nuove ondate di scioperi.

L’economia cinese manifesta i primi segnali di un rallentamento, dovuto a diversi fattori interni che si sono verificati negli ultimi mesi e alla debolezza dei mercati esteri. L’attività manifatturiera, nel mese di giugno, ha registrato il livello più basso da luglio dall’anno scorso, con un punteggio di 50,1 punti secondo il Purchasing Managers Index (contro i 51,6 di maggio). Dall’altra parte, per contrastare l’inflazione galoppante, il governo di Pechino ha varato una serie di misure che hanno avuto come diretta conseguenza la diminuzione della domanda, mentre la banca centrale ha aumentato per quattro volte i tassi di interesse e per sei volte le riserve minime obbligatorie dall’inizio dell’anno. I prezzi, infatti, continuano a salire, tanto che nel mese di maggio sono cresciuti del 5,5%, il livello più alto dal 2008, a fronte di un PIL che sembra in diminuzione con una crescita del 9,7% nei primi tre mesi del 2011, contro il 10,3% del 2010.
Tali fenomeni non fanno altro che accrescere il malcontento sociale, che inizia a farsi sentire nuovamente nelle fabbriche di una delle province più industrializzate della Cina: il Guangdong. Nei giorni scorsi 4.000 dipendenti della Simone Limited, fabbrica di borse sudcoreane che produce anche per marchi quali Burberry, DKNY, Michael Kors e Coach, hanno iniziato a scioperare contro le condizioni di lavoro e per chiedere salari più alti. I lavoratori in questione denunciano di dover lavorare 12 ore al giorno, con solo tre pause giornaliere, per uno stipendio di 1.100 yuan (circa 100 euro) al mese, che può arrivare a 1.900 yuan (circa 200 euro) con gli straordinari, da cui comunque vengono detratti 200 yuan per la previdenza sociale e 100 yuan per la mensa. L’episodio non è, però, isolato: altri casi simili si sono verificati, a Dongguan, in una fabbrica di orologi di Chang’an, a Xitang, vicino a Canton, e a Chaozhou, nella regione orientale del Guangdong. Le denunce sono sempre le stesse: condizioni di lavoro invivibili, con episodi di violenza, e salari troppo bassi.
Il Guangdong non è nuovo a queste ondate di scioperi, dato che solo l’anno scorso era stato teatro di manifestazioni analoghe. Il perpetuarsi di questi fenomeni sociali dimostrano ancora una volta come la Cina non possa più considerarsi la “fabbrica del mondo” low cost.

giovedì 23 giugno 2011

Lusso & design: strada in salita per le aziende italiane

Il design italiano ha faticato molto negli ultimi 20 anni per posizionarsi sul mercato cinese, causa strategie sbagliate e una cultura non orientata al lusso della casa. Le tendenze, però, stanno cambiando, lasciando intravedere qualche spiraglio anche per questo settore.

Tra i settori più profittevoli per le aziende italiane in Cina, si parla spesso di luxury, comparto che negli ultimi 5 anni ha avuto un incremento medio del 20% annuo e che ha portato la Repubblica Popolare a posizionarsi al settimo posto a livello mondiale tra i Paesi consumatori. L’ultimo studio della Boston Consulting Group dichiara che il Dragone nel 2010 contava 1,11 milioni di milionari, ovvero il 31% in più che nel 2009. Il settore del lusso, però, può vantare in realtà 100 milioni di consumatori, la cui spesa media è di circa 1000 euro pro capite; di questi, il 60% acquista per ragioni di status sociale, un 20% per necessità e un ulteriore 20% per piacere personale. Questa ultima percentuale rappresenta un mercato che potrebbe accogliere con favore prodotti che vadano oltre l’abbigliamento, i cosmetici e gli accessori, i beni attualmente preferiti dai ricchi cinesi.
Un esempio è dato dal design italiano, in particolare arredamento e luce, le cui aziende, pur avendo investito massicciamente ed essendo presenti in Cina da quasi 20 anni, non hanno ottenuto grandi successi; il comparto, infatti, realizza nel Paese asiatico appena il 4/5% del proprio fatturato. La spiegazione è di matrice culturale: mentre la moda è qualcosa che può essere ostentato immediatamente, l’arredo rimane un aspetto che nel Dragone non viene ancora mostrato all’esterno ma rimane intimo. Se a ciò si aggiunge il costo elevato del design italiano di qualità, si capisce perché grandi nomi del settore che avevano aperto negozi monomarca a Shanghai e Pechino, assieme a società produttrici di mobili e complementi in loco siano state obbligate a chiudere i battenti nel giro di pochi anni.
Tuttavia, le cose stanno cambiando gradualmente: mercati più maturi come Hong Kong e Singapore mostrano un maggior interesse per l’arredo; il Salone del Mobile di Milano ha visto, infatti, una crescita del 10% di visitatori asiatici, la maggior parte dei quali proveniva dalle due metropoli. Il trend dimostra ancora una volta che il vantaggio qualitativo delle aziende italiane le fa preferire alle realtà locali. Inoltre, il cambio di approccio commerciale sperimentato da alcune imprese ha dato buoni frutti: anziché presentarsi in Cina con punti vendita diretti, alcuni hanno scelto la strada dell’intermediario locale, figura che può trovare il punto di incontro tra il prodotto e il consumatore finale. Ulteriore segnale del cambio di tendenza è rappresentato dalla nascita delle facoltà di architettura nella Repubblica Popolare, che fino a qualche anno fa non esistevano, ma che ora stanno immettendo sul mercato giovani designer locali che contribuiranno a far accrescere il settore.

mercoledì 22 giugno 2011

Italia e Cina partner nel turismo

Altra cooperazione tra quattro regioni italiane e la Cina, questa volta nel settore turistico per l’avvio del progetto TRAVEL.

E’ in corso questa settimana la missione italiana in Cina nell’ambito del turismo, visita che ha portato lunedì scorso alla firma del progetto TRAVEL (TouRistic Institutional Actions for the DeVelopement of CoopEration between ItaLian Regions and Chinese Provinces). L’accordo è stato stipulato presso l’Istituto Italiano di Cultura di Pechino tra alcune province cinesi e la Regione Marche, Puglia, Toscana e Veneto, il cui obiettivo è quello di osservare il trend cinese e attirare i flussi turistici dal Dragone. L’Italia è sicuramente una delle mete predilette dai turisti cinesi, basti pensare che solo nel 2010, nonostante il calo di flusso turistico nel resto d’Europa, sono stati 120.000 i visti concessi ai cittadini cinesi e quest’anno si pensa di poter raggiunger quota 200.000.
Il progetto TRAVEL avrà durata di 18 mesi e prevede la realizzazione di una politica di promozione e di marketing del turismo comune. In sostanza, saranno avviate attività di cooperazione business to business che si espliciteranno in una serie di proposte di viaggio comuni da parte di tour operator italiani e cinesi, rivolte prevalentemente a turisti di fascia medio-alta. La Regione Marche, ad esempio, ha già avviato collaborazioni con le province del Jiangsu, dello Hunan e del Guangdong.
Dopo la tappa di Pechino, la missione proseguirà a Nanchino, nel Jiangsu; con questo viaggio gli operatori turistici italiani faciliteranno ulteriormente il turismo cinese nel nostro Paese offrendo un pacchetto all inclusive. Ad agevolare ulteriormente le proposte saranno anche i nuovi voli diretti tra Italia e Cina, ripristinati recentemente da Alitalia.

martedì 21 giugno 2011

Collettiva da Budrio per approdare in Cina

Il distretto di Budrio, operante nel settore delle protesi medicali, si prepara ad internazionalizzare con una collettiva di imprese nella Repubblica Popolare, il cui mercato risulta in forte crescita.

Una ventina di aziende del distretto di Budrio, in provincia di Bologna, ha deciso di affrontare il mercato cinese attraverso un’internazionalizzazione collettiva. Il distretto, in cui sono prodotte protesi medicali, è caratterizzato da aziende di piccola dimensione, alcune nate da imprese molto più grandi, che intravedono nella Cina un’opportunità di crescita ormai irrinunciabile.
Per poter penetrare il mercato, però, è stato necessario aggregarsi in un sistema di aziende che insieme fossero in grado di pianificare e mettere in pratica un’operazione nel Dragone. Nei giorni scorsi una delegazione cinese, cui hanno preso parte la China rehabilitation devices association, la China disabled persons’ federation e il responsabile del Centro nazionale di riabilitazione, ha visitato il distretto italiano per poter individuare le opportunità di cooperazione, partecipando a workshop sulla ricerca scientifica, tecnologica e la collaborazione industriale. Alcuni tecnici ortopedici sono poi stati coinvolti in una dimostrazione pratica sulle tecniche di riabilitazione. Al progetto hanno partecipato anche aziende maggiori ed esterne al distretto, quali Fin-Ceramica, C.n.r. di Faenza, Technogym.
L’obiettivo del distretto è quello di porsi come riferimento italiano per la Repubblica Popolare nell’ambito della cura ortopedica e della produzione protesica, oltre ad aprirsi la strada verso la Cina. Il Dragone, infatti, presenta dei numeri interessanti per il comparto: il Paese ha 85 milioni di invalidi e il 12,5% della popolazione è anziana. Inoltre, il sistema previdenziale è inefficiente: i dispositivi di assistenza sono pochi (appena 1.400) e la domanda richiede nuove strutture, tra cui 30.000 nuovi centri riabilitativi. La conclusione dell’iniziativa dovrebbe portare ad un protocollo d’intesa con Pechino che comprenda anche la tutela della proprietà intellettuale delle aziende italiane.

lunedì 20 giugno 2011

Padiglione italiano di successo a Shanghai

Il padiglione italiano dell’Expo di Shanghai diventerà una vetrina stabile del Made in Italy, promuovendo così l’immagine del nostro Paese e i brand italiani in Cina.

Il Padiglione italiano che ha rappresentato lo Stivale durante l’Expo di Shanghai dell’anno scorso rimarrà stabile nella metropoli come vetrina del made in Italy. La location verrà, infatti, utilizzata per mostre, concerti ed eventi e probabilmente anche come supporto dei grandi marchi italiani del comparto moda che si sono già mostrati interessati.
L’idea di lasciare il padiglione intatto nasce dall’enorme successo che questo ha riscosso durante l’intera durata dell’Expo (svoltosi da maggio a ottobre 2010), fenomeno che ha portato non pochi benefici all’immagine dell’Italia e alle sue imprese. Durante la conferenza stampa della settimana scorsa presso l’Auditorium parco della Musica di Roma è emerso che la presenza italiana a Shanghai è stata decisamente fruttuosa, in termini di export, turismo e collaborazioni bilaterali. Le esportazioni italiane in Cina da settembre 2010 a marzo 2011 sono cresciute del 31,40%, con picchi del 60,29% e del 81,46% dei settori rispettivamente del mobile e della gioielleria. Il turismo è un’altra voce che ha visto aumentare il suo afflusso grazie all’esposizione universale: nei primi 5 mesi di quest’anno sono già decine di migliaia i turisti cinesi che hanno richiesto il visto per il nostro Paese e solo il Consolato di Shanghai ha rilasciato l’89% dei visti in più rispetto all’anno precedente. Infine, sono cresciute anche le forme di cooperazione tra il Dragone e il nostro Paese: saranno imprese italiane quelle che costruiranno il nuovo campus universitario di Tongji, dove, tra l’altro verrà ospitato l’Italian Design City con la presenza del Politecnico di Torino, di Milano, la Sapienza di Roma e l’Università cinese.
Il padiglione rappresenterà, quindi, un nuovo strumento per pubblicizzare l’eccellenza italiana e promuovere il business tricolore.

venerdì 17 giugno 2011

Ferrovia da record tra Pechino e Shanghai

Inaugurata un anno prima del previsto la linea ferroviaria ad alta velocità tra Shanghai e Pechino: il collegamento rappresenterà una migliore alternativa all’aereo e servirà a incrementare il business di molti altri settori.

Nonostante i vari scandali che ne hanno accompagnato la realizzazione, la linea ferroviaria ad alta velocità che collega Pechino e Shanghai entrerà in funzione il prossimo primo luglio, un anno prima del previsto. Il tragitto sarà percorso da due treni diversi: uno a 300 km/h, che lo coprirà in cinque ore, e l’altro a 250 km/h, che ne impiegherà otto. Il traffico stimato è di circa 80 milioni di passeggeri l’anno e il costo del biglietto sarà molto competitivo. Infatti, tra gli obiettivi del nuovo treno c’è anche quello di offrire una valida alternativa al trasporto aereo, che non riesce a garantire un servizio efficiente per la tratta Pechino-Shanghai.
Con questa nuova linea, la Cina oggi detiene la Tav più luna al mondo, con i suoi 8.400 km di binari; grazie ai numerosi investimenti nel settore, nel 2012 i chilometri potrebbero diventare 13.000 e nel 2020 addirittura 30.000. Molti saranno gli ulteriori vantaggi di cui la Cina beneficerà con l’alta velocità, in primis la creazione di un collegamento tra zona costiera e zone interne più povere. Inoltre, la facilità e la velocità di trasporto all’interno del Paese contribuirà a espandere l’urbanizzazione: sono già in progetto, infatti, quattro nuove città e l’espansione di due metropoli. Infine, secondo uno studio di Morgan Stanley, ne risentiranno positivamente anche molti altri settori economici del Dragone, come il comparto alberghiero, la ristorazione, il turismo, l’automotive, i beni di consumo, la grande distribuzione e l’immobiliare. Proprio quest’ultimo potrebbe, così, risollevarsi dalla dura crisi che l’ha colpito nell’ultimo anno, a causa della bolla speculativa. In questi giorni, il real estate è stato ulteriromente penalizzato dalla diminuzione dell’Outlook da parte dell’agenzia di rating internazionale Standard & Poor, che l’ha portato da “stabile” a “negativo”. Le motivazioni di questa decisione sono da ricercare nell’incremento dei rischi del settore e nel forte indebitamento die costruttori.
L’alta velocità, comunque, cambierà anche gli assetti geopolitici e i collegamenti internazionali: i progetti della Repubblica Popolare comprendono anche linee di lunga percorrenza che andranno dalla Cina verso tre direzioni principali: il Sudest Asiatico, l’Asia Centrale e la Russia europea, toccando una ventina di Paesi stranieri.

giovedì 16 giugno 2011

Accordo tra la Puglia e il Guangdong

Firma storica tra Vendola e il vicegovernatore del Guangdong per una collaborazione che vedrà impegnate le due regioni nella Green economy e in altri settori strategici.

In questi giorni una delegazione istituzionale cinese, presieduta da Wang Yang, segretario generale del Partito Comunista del Guangdong, è in vista Bari, dove ieri ha incontrato il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola.
Durante l’incontro, a cui era presente anche l’ambasciatore cinese a Roma Ding Wei, è stato firmato un accordo storico tra Vendola e il vicegovernatore della provincia del Guangdong, la signora Zhao Yufang. Si tratta di un protocollo di intesa tra le due realtà che fa seguito alla lettera di intenti sottoscritta a Canton nel giugno del 2010 e che sancisce la collaborazione e il partenariato in vari settori, in particolare nell’ambito della Green Economy. La firma è stata definita storica, in quanto rappresenta il primo accordo autorizzato da ministero degli Affari Esteri e dal Dipartimento degli Affari regionali della Presidenza del Consiglio tra una regione italiane e una provincia del Dragone.
La scelta di stipulare un’intesa con il Guangdong è stata suggerita dalla fiorente economia della provincia: il Guangdong ha 104 milioni di abitanti e nel 2010 il suo PIl è cresciuto del 12%. Questa è, d'altronde, l’area per eccellenza del settore tessile, in quanto la maggior parte delle produzioni mondiali è localizzata qui; solo a Canton e Shenzhen si produce il 40% del tessile di tutto il mondo. Il distretto di Canton, inoltre, è sede di importanti aziende dell’automotive e delle due ruote, tra cui si annoverano importanti marchi italiani.

mercoledì 15 giugno 2011

L’inflazione in Cina raggiunge i livelli del 2008

La Banca centrale cinese alza la riserva obbligatoria per le banche a causa dell’aumento dell’inflazione, che è ai massimi degli ultimi tre anni.

Lo scorso maggio, come preannunciato dagli analisti, Pechino ha segnato il maggiore incremento dell'indice dei prezzi al consumo dal luglio 2008, con un aumento anno su anno del 5,5%. Il Governo cinese è particolarmente allarmato dal dilagare dell’inflazione: l’aumento del costo della vita costituisce una grande minaccia per la stabilità sociale del Paese.
Ancora una volta, la crescita dell’inflazione cinese è ascrivibile alla corsa dei prezzi dei generi alimentari, sempre più volatili. I prezzi della verdura, che nella prima metà di maggio erano scesi sensibilmente, verso la fine del mese sono tornati a crescere a dismisura a causa della grave siccità che ha colpito il Paese; inoltre, hanno segnato un rialzo improvviso e inaspettato anche i costi della carne di maiale, aumentati di oltre il 40%. I rincari delle derrate alimentari, tuttavia, costituiscono solo un aspetto del problema: nel mese di maggio, infatti, anche i prezzi degli altri beni sono cresciuti più del previsto, arrivando a quota +2,9% e segnando l'incremento più elevato degli ultimi nove anni.
La People's Bank of China, in seguito all’annuncio della variazione mensile dell'indice dei prezzi al consumo, ha subito stretto “i rubinetti del credito”: a partire da lunedì 20 giugno, le principali banche del Dragone dovranno tenere congelata in bilancio una quota pari al 21,5% dei loro depositi, un livello record che giunge in seguito ai sei rialzi già operati dalla Pboc dall'inizio del 2011. Come ha affermato Dong Tao, economista di Credit Suisse, “aumentando immediatamente la riserva obbligatoria di 50 punti base, la Pboc ha voluto dimostrare la sua massima determinazione nell'arginare la corsa dei prezzi”.
Sebbene quest’ultima stretta creditizia drenerà 384 miliardi di yuan (circa 41 miliardi di euro) dal mercato interbancario, considerando la siccità e le alluvioni che si sono abbattute sulla Cina prima del previsto quest’anno – situazione che, durante l’estate, potrebbe peggiorare – e i probabili danni che, di conseguenza, subirà la produzione agricola, l'inflazione potrebbe salire anche oltre il 6%, costringendo così la Banca centrale a operare un’ulteriore stretta creditizia.

martedì 14 giugno 2011

Rinnovabili: Cina leader ma rischia saturazione nell’eolico

Secondo lo studio della Ernst & Young, la Cina rimane il primo paese al mondo per lo sfruttamento di fonti rinnovabili; tuttavia, gli ingenti investimenti nel settore eolico, a fronte di una domanda minore, stanno rischiando di saturare il mercato.

Secondo una recente indagine della Ernst & Young dal titolo “Renewable Country Attractiveness Indices”, la Cina si conferma al primo posto nella classifica mondiale per utilizzo di energie rinnovabili; seguono gli Stati Uniti, mentre l’Italia si piazza alla quinta posizione scendendo di due gradini nell’indice “Solar”.
La Cina è leader nel le fonti alternative dall’agosto dell’anno scorso, grazie all’impegno del governo esplicitato nel Piano Quinquennale, che prevede di ottenere entro il 2015 energia proveniente da fonti verdi pari all’11,3%. In particolare, la Repubblica Popolare ha sviluppato in modo massiccio l’industria eolica, grazie ad una serie di investimenti statali concessi già a partire dal 2008 e che per quest’anno ammontano a 400 milioni di euro. Nel 2009, il mercato eolico cinese è diventato primo al mondo per capacità installata e nel 2010 il Dragone ha aumentato ulteriormente la capacità di produzione di 18,9 gigawatt, per un totale di 44,7 gigawatt.
Oggi il paese asiatico si ritrova con oltre 70 impianti ma molti di questi rischiano l’inattività a causa della scarsa organizzazione del settore, della mancanza di controllo qualitativo e della saturazione della domanda, ormai già pienamente soddisfatta. Il rischio di surriscaldamento del mercato ha imposto a Pechino un freno agli incentivi nel settore: il governo pensa, infatti, di adottare misure più severe per l’approvazione di impianti eolici e di introdurre l’autorizzazione del National Energy Bureau anche per progetti di capacità inferiore ai 50 megawatt. Inoltre, la Cina ha dichiarato che interromperà i sussidi alle società che utilizzano componenti nazionali invece che importati dall’estero. Quest’ultima decisione è stata presa dopo la denuncia degli Stati Uniti di qualche mese fa in merito alla campagna cinese di supporto ai settori innovativi, tramite la quale l’eolico aveva ricevuto incentivi stimati tra i 6 e i 22 milioni di dollari.
Oltre al Dragone, buone le performance registrate dalla Ernst & Young anche di altri paesi emergenti: il Brasile si piazza al dodicesimo posto, mentre l’India si classifica quarta; di interesse anche la risalita del Marocco che, con ingenti risorse eoliche e solari a disposizione ed una buona domanda, si posiziona al ventiduesimo posto.
Lo studio dimostra ancora una volta che la maggior parte delle nazioni sta investendo sulle energie verdi, con un aumento della produttività commerciale dell’eolico offshore e del concentrated solar power. Tale tendenza permette la creazione di nuovi posti di lavoro, la differenziazione energetica e la crescita economica. I costi della tecnologia saranno così destinati a calare, con beneficio di chi investirà nel rinnovabile nel prossimo futuro.

lunedì 13 giugno 2011

Un pezzo d’Italia a Suzhou

Per le aziende manifatturiere italiane, Suzhou rappresenta un’area industriale d’eccellenza, dove produrre a costi ridotti e usufruire di una serie di servizi efficienti.

Suzhou è una città cinese della Provincia del Jiangsu, molto conosciuta per i suoi giardini, la cui bellezza attira milioni di turisti ogni anno e le ha permesso di diventare Patrimonio dell’umanità dell’UNESCO nel 1997.
Da sette anni a questa parte, però, Suzhou è anche uno dei principali poli industriali del settore manifatturiero italiano, dove si producono beni di alta qualità, ma a prezzi molto bassi. Sono oltre 70, ormai, le aziende italiane presenti nell’area, installate nei due parchi industriali della città: Suzhou Industrial Park e Suzhou New District. L’avventura tricolore è cominciata nel 2005, grazie all’esenzione fiscale promossa dal governo locale per attirare investimenti stranieri sul territorio. Ora il business italiano conta un miliardo di euro di giro d’affari, 670 milioni di investimenti, 11.000 dipendenti e 600.000 mq di stabilimenti. A Suzhou, infatti, si registra la maggior concentrazione di imprese italiane di tutto l’Estremo Oriente, tanto che la comunità tricolore presente ha costituito un gruppo di lavoro presso la Camera di Commercio italiana in Cina, il Suzhou Working Group (SWG), la cui attività consiste nel rafforzare i rapporti con la Municipalità di Suzhou e fornire assistenza diretta al business italiano nell`area.
Oltre al supporto della CCIAA, Suzhou garantisce alle aziende italiane diversi strumenti che la rendono attraente: costi di produzione competitivi; infrastrutture, trasporti, sistema logistico e servizi doganali efficienti; la presenza di uffici per gli adempimenti burocratici e amministrativi direttamente in loco e gratuiti. Inoltre, a Suzhou si registra un’ottima rete di fornitori per le aziende meccaniche, di cui molti italiani. Infine, da non sottovalutare la vicinanza della città con Shanghai, cuore economico della Cina moderna.

venerdì 10 giugno 2011

Piaggio aprirà un nuovo centro di R&S in Cina

Il Gruppo Piaggio estende la sua attività in Asia, con l’apertura di un nuovo centro di ricerca interamente controllato dall’azienda italiana.

Il Gruppo Piaggio ha annunciato che aprirà un nuovo centro di ricerca a Foshan, nella Provincia del Guangdong, già sede di Piaggio Zongshen Foshan Motorcycle Co. Ltd, joint venture tra Piaggio (con quota del 45%), il Gruppo Zongshen e la Municipalità di Foshan. Il centro svolgerà attività di innovazione tecnologica nei settori dei motori elettrici, dei motori Diesel e dei veicoli commerciali ecologici, andando incontro alle esigenze di riduzione delle emissioni e di consumi di carburante del mercato asiatico. Il progetto prevede la costituzione di una nuova società ad hoc che sarà totalmente controllata dalla Piaggio; l’iniziativa, inoltre, ha già avuto il benestare del sindaco di Foshan, Li Yiwei, che ha assicurato tempi brevi per le pratiche di autorizzazione necessarie. Il centro di ricerca, peraltro, sarà parte di una rete che permetterà di integrare le attività di ricerca e sviluppo del Gruppo in Europa, India e Cina.
La Repubblica Popolare si sta rivelando sempre più interessante per il settore delle due ruote: nei prossimi anni, infatti, si stima una forte crescita della domanda dovuta alla rapida urbanizzazione e alla crescita del potere di acquisto della popolazione. Dal punto di vista produttivo, invece, la Cina è ancora meta ideale di investimenti e a farla da padrone è proprio Foshan, città di 7 milioni di abitanti situata in una delle provincie più ricche e industrializzate del paese, il Guangdong. Qui, inoltre, si trovano molti ingegneri cinesi interessati a lavorare per aziende italiane del settore come la Piaggio.

giovedì 9 giugno 2011

Export: la Cina deve adeguarsi agli standard internazionali

L’Unione Europea impone duri limiti alle merci provenienti dalla Cina; il Dragone ora dovrà adeguarsi a misure anti-dumping e a standard di sicurezza internazionali.

Frequentemente la Cina viene accusata da Ue e altri Paesi occidentali di esportare beni non a norma, sia da un punto di vista qualitativo che di logiche commerciali. In qualità di seconda economia mondiale, la Repubblica Popolare, però, dovrà ora pensare a qualche forma di adeguamento, tendenza che sembra già in atto.
Nel settore della carta, un provvedimento è stato preso dall’Unione Europea: verranno infatti imposti dei dazi compensativi per cinque anni sull’importazione della carta patinata dalla Cina. Da anni, infatti, il Dragone esporta carta di alta qualità a prezzi molto bassi, facilitando così l’acquisto della merce. Sebbene la Ue importi carta cinese per pochi milioni di euro (nel 2009 erano 130 milioni), ora ha deciso di intervenire con una politica di dazi, in seguito alla segnalazione della Cepifine (associazione europea dei produttori di carta di qualità). Tale provvedimento nei confronti della carta cinese è, peraltro, già in vigore da tre anni da parte degli Stati Uniti.
Diversa la questione per quanto riguarda i giocattoli cinesi: i prodotti per bambini, infatti, sono risultato positivi ai test di sicurezza, che hanno rilevato tracce di sostanze chimiche dannose per pelle, fegato e reni. I giocattoli del Dragone, quindi, devono ora adeguarsi agli standard internazionali, che prevedono l’adesione alla certificazione ISO 8124 per le funzioni meccaniche, la combustione e le sostanze chimiche. In particolare, molta attenzione dovrà essere fatta sull’utilizzo di ftalati, su cui Unione Europea e Stati Uniti hanno imposto molti limiti. Pechino ha dichiarato che si adeguerà alle normative fissando gli stessi limiti dell’Europa, iniziando dalle tettarelle in plastica dei biberon.
L’adeguamento della Cina permetterà agli operatori commerciali di avere più garanzie sui prodotti importati dal Paese asiatico e di poter commerciare nel pieno rispetto delle regole internazionali.

martedì 7 giugno 2011

Accordi commerciali tra Italia e Cina

Cooperazione Italia-Cina: firmati 14 nuovi accordi commerciali tra imprese italiane e cinesi in occasione della visita di Xi Jinping in Italia nei giorni scorsi.

Xi Jinping, futuro presidente della Repubblica Popolare Cinese e futura guida del Pcc, ha concluso da poco la visita in Italia, durante la quale è stato ospite a Roma, per le celebrazioni della Festa della Repubblica, e a Milano. L’evento diplomatico rientra nel progetto dell’Anno Culturale della Cina in Italia, che durerà tutto il 2011, ed è stato l’occasione per rafforzare la cooperazione tra i due paesi, frutto del Comitato Intergovernativo creato nel 2004. L’obiettivo è quello di incrementare lo scambio bilaterale, portandolo a 80 miliardi di euro entro il 2015; le premesse ci sono tutte, dato che solo nel 2010 l’interscambio è cresciuto del 50% e nei primi due mesi di quest’anno è aumentato di un ulteriore 41%.
Durante il soggiorno, Xi ha incontrato diversi ministri italiani e il presidente Giorgio Napolitano, con il quale ha discusso di questioni di rilievo internazionale riguardanti il Nord Africa, l’Asia Orientale e le relazioni tra Ue e Cina. In ambito diplomatico, l’Italia si è impegnata a sostenere il Dragone a livello comunitario per i dossier dell’embargo alla vendita delle armi e a riconoscere la Cina un’economia di mercato.
Il vice presidente cinese, inoltre, ha siglato 16 accordi, due istituzionali e 14 commerciali per un valore di 3,3 miliardi di dollari. Si tratta di intese nell’ambito dell’alta tecnologia, telecomunicazioni, risparmio energetico, tutela ambientale, servizi, farmaceutica, moda e cantieristica. Tra gli accordi strategici si citano: un’intesa tra Huawei e Telecom Italia in ambito tlc; un accordo con Linkem per le licenze wi-max; accordi con Comau, Fiat Powertrain, Nuovo Pignone e Safe gas per l’energia e l’automotive; due accordi tra società cinesi e il Fondo Mandarin in campo sanitario; un’intesa con Miroglio e un accordo quadro tra il laboratorio Marangoni e il Beijing International Center per la moda; infine, una collaborazione tra il gruppo Rizzo-Bottiglieri-De Carlini armatori con i cantieri di Shanghai per la costruzione di navi portacontainer.
I prossimi appuntamenti bilaterali coinvolgeranno il ministro degli Esteri, Franco Frattini, che a luglio presiederà a Pechino la riunione del Comitato governativo Bilaterale, e il ministro dello Sviluppo Economico, Paolo Romani, che a settembre si recherà a Pechino e Shanghai per una nuova missione.

lunedì 6 giugno 2011

Assicurazione obbligatoria per i lavoratori in Cina

Dal prossimo 1 luglio una legge estenderà la previdenza sociale ai lavoratori stranieri in Cina, con conseguente aumento dei costi per le aziende con sede nel Paese asiatico.

Sebbene non sia ancora chiaro in che modo entrerà in vigore, dal primo luglio sembra che la Cina introdurrà la sua prima legge in ambito sociale, frutto di un provvedimento approvato lo scorso ottobre. Secondo quanto dichiarato dal Ministero cinese delle Risorse Umane e della Previdenza Sociale, infatti, i lavoratori stranieri della Repubblica Popolare saranno obbligati a dotarsi di un’assicurazione e, quindi, le aziende presso cui lavorano dovranno pagare un contributo, non si sa bene se obbligatorio o volontario, pe l’assistenza medica statale, le pensioni, gli infortuni sul lavoro, i sussidi di disoccupazione e la maternità.
La normativa riguarderà circa 600 mila individui che lavorano attualmente nel Dragone e si stima che, per le aziende, la legge comporterà una spesa di 200 dollari al mese per dipendente, che andrà a sommarsi ai costi di produzione.
Ciò significa che, con l’aumento generalizzato dei salari dello scorso autunno, questa novità inciderà non poco sulla convenienza delle aziende straniere a delocalizzare in Cina. Già da tempo, infatti, i movimenti sociali che stanno interessando il Paese asiatico fanno pensare ad un cambiamento significativo nel mondo del lavoro del Dragone, in particolare per ciò che riguarda la manodopera basso costo. Nel giro di qualche anno, infatti, è probabile che la Repubblica Popolare riesca ad attirare investimenti stranieri non tanto per i costi contenuti, ma sempre più per la grande domanda e la capacità produttiva.

venerdì 3 giugno 2011

Allarme elettricità in Cina

La carenza energetica della Cina sta provocando un’ondata di inflazione e di riduzione delle forniture elettriche. Tra le manovre del Paese si punta sul risparmio energetico e le fonti rinnovabili.

La Cina si trova in piena “crisi elettricità”, la più grave dal 2004. La carenza energetica, a fronte del continuo aumento della domanda dei consumi, sta mettendo in ginocchio i cinque maggiori produttori di energia; a ciò si aggiunge l’aumento del prezzo del carbone che rischia, tra l’altro, di far aumentare le importazioni di materie prime.
Le conseguenze di questa situazione di emergenza sono l’inflazione e la contrazione delle forniture elettriche, già imposte dalla siccità che ha colpito il Paese negli ultimi mesi. I prezzi delle utenze industriali saliranno del 3,5% e ciò si ripercuoterà in particolar modo sulle piccole e medie imprese industriali, agricole e commerciali di 15 Provincie. A livello nazionale, si stima che l’inflazione nel settore crescerà ancora dello 0,5% e addirittura del 12-14% se aumenterà ancora la domanda di energia.
Dall’altra parte, una ventina di provincie hanno dovuto, invece, fare i conti con i tagli alle erogazioni per 18 milioni di kilowatt, misura varata dal governo per ridurre i consumi e che è destinata a ripetersi con l’estate in arrivo. Molte imprese hanno già ridotto del 20,3% l’intensità energetica nel periodo 2005-2010, grazie agli investimenti statali di 37 milioni di euro, e anche per il periodo 2011-2015 si sono impegnate, così come previsto dal Nuovo Piano Quinquennale, a ridurre l’intensità elettrica del 16% e quella del carbonio del 17%. Recentemente, inoltre, la SASAC (State-owned Assets supervision and Administration Commission), ha affermato che entro il 2015 le principali compagnie statali produttrici di acciaio, energia e carbone dovranno ridurre del 16% l’energia utilizzata per la produzione industriale.
Per sopperire alla mancanza di energia si parla molto anche di rinnovabili: un ottimo esempio di sfruttamento di energie alternative viene dall’Ambasciata italiana di Pechino, la quale ha annunciato la ristrutturazione “verde” della sede diplomatica, che si completerà entro l’estate. L’edificio si doterà di pannelli solari e di una microturbina che servirà a produrre energia elettrica e acqua calda; sarà così la prima ambasciata fotovoltaica in Cina, il cui progetto vede la partecipazione di cinque imprese italiane in collaborazione con il ministero dell’Ambiente.

mercoledì 1 giugno 2011

Le aziende di macchine utensili si preparano per la Cina

Per sostenere le aziende italiane di macchine utensili in Cina, Ucimu e Ice hanno ingaggiato un manager locale che analizzerà la domanda cinese valutando le opportunità di business del mercato per le nostre imprese.

L’esplorazione del mercato cinese da parte del settore delle macchine utensili italiano è cominciato nell’aprile scorso, in occasione della fiera CIMT (China International Machinery Tool Show) svoltasi a Pechino. L’evento, interamente dedicato al comparto della costruzione di macchine utensili, ha permesso l’incontro tra gli operatori mondiali di diversi settori: automotive, ferroviario, aeronautico, infrastrutture e navale. La Cina rappresenta attualmente uno sbocco fondamentale in questo ambito, dopo che nel 2009 si è confermata primo produttore ed importatore mondiale. Nel 2010, inoltre, il Paese asiatico ha importato macchine dall’Italia per 350 milioni di euro, con un incremento del 4,6% rispetto al 2009, e attestandosi così il primo cliente con il 15% dell’export Made in Italy. Per molte aziende del comparto, la Repubblica Popolare non è solo un Paese low cost, ma, contrariamente, si presta all’individuazione di nicchie che necessitano di «impianti flessibili, customizzati e con elevata produttività».
L'Italia si è presentata alla manifestazione con la migliore tecnologia da esportazione e gli operatori che hanno partecipato hanno potuto raccogliere preziosi contatti, su cui ora occorre fare una scrematura. Data la complessità dell’ambiente cinese, l’Ucimu, associazione dei costruttori di macchine utensili e robot, ha coinvolto i propri affiliati in un’iniziativa promossa dall’Ice che vede la “familiarizzazione” tra le aziende italiane di Minhu Zhang, manager cinese che si impegnerà a facilitare le opportunità di business tra le realtà nostrane e quelle cinesi del settore.
Zhang si trova in queste settimane in Italia e sta studiando alcune imprese del nostro territorio per poter incrociare le loro caratteristiche con la domanda cinese di macchine utensili, operanti nei settori automotive, aerospazio, energia, stampaggio, ferrovie, elettrodomestici e meccanica generale. Le imprese italiane interessate al Dragone hanno, infatti, espresso l’esigenza di un distributore o comunque di una figura locale che le aiuti a penetrare il mercato, sia da un punto di vista linguistico che logistico.
Compito di Zhang sarà quello di monitorare le barriere tariffarie, analizzare l’ambiente competitivo, le politiche di cooperazione, le strategie di sviluppo e le azioni del governo, oltre ad analizzare i canali distributori e monitorare le fiere in loco. Inoltre, le aziende interessate verranno puntualmente fornite di un report sulle opportunità e i cambiamenti del mercato cinese. Il progetto, che avrà inizialmente durata di due anni, passerà poi alla fase successiva, che consiste nel sostenere le imprese nel presidio effettivo del mercato, anche tramite forme di aggregazione. Nell’ambito di tale iniziativa si svolgerà, inoltre, la missione in Cina dell’Ucimu del prossimo novembre.