Tra le priorità della Cina dichiarate nel nuovo Piano Quinquennale c’è la tutela ambientale; il governo di Pechino si è fatto molto più rigido in materia, introducendo nuove regole e programmi per ridurre l’inquinamento. Da qui al 2015 il Dragone investirà ben 450 miliardi di dollari nella tutela ambientale; entro cinque anni verranno costruiti 4 mila nuovi impianti per il trattamento delle acque reflue e continuerà l’impiego di fonti di energia rinnovabile, per le quali il Paese asiatico è al primo posto nel mondo. Secondo il nuovo Piano, la Repubblica Popolare dovrà ridurre le emissioni di gas serra di almeno il 40% entro il 2020 e il consumo energetico dovrà scendere del 16% per ogni dollaro di output; inoltre, entro il 2011 il consumo di acqua dovrà essere ridotto del 7%.
Le normative più stringenti hanno colpito maggiormente le aziende, sia cinesi che italiane, sulle quali gravano rigidi standard , test e nuove tasse. Le licenze per poter aprire stabilimenti in loco sono ancora più difficili da ottenere, mentre il rispetto delle norme ambientali cinesi sono ormai indispensabili per poter chiedere prestiti ad alcune banche. In determinati settori, come quello chimico, ad esempio, vengono richiesti ulteriori test oltre a quelli internazionali, con conseguenti costi extra.
Tre sono le nuove tasse che verranno applicate a tutte le aziende: carbon tax per chi supera i livelli di emissioni di carbonio, green tax, per i maggiori inquinatori e resource tax, imposta del 5% sulle risorse naturali.
I settori in cui si avranno maggiori spese, comunque, saranno quello metallurgico, aeroportuale e del cemento, in quanto producono più emissioni e hanno costi elevati per la riconversione degli impianti.
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