Le principali notizie e informazioni di natura economica, finanziaria, giuridica e politica relative alla Cina

mercoledì 19 ottobre 2011

Architetti stranieri per costruire la Cina

Nel giro di 50 anni la Cina avrà il 76% del proprio territorio urbanizzato; numerosi i progetti in cantiere e le opportunità nei settori dell’edilizia e del design che richiedono soprattutto professionisti occidentali.

È la Repubblica Popolare, attualmente, uno dei Paesi più attraenti per gli architetti e le società di costruzione internazionali: se oggi il Dragone investe molto nelle costruzioni (l’anno scorso ha speso 1000 miliardi di dollari per vari progetti), nei prossimi 50 anni si prevede che il 76% dl suo territorio sarà urbanizzato.
Molti professionisti del settore hanno già colto l’opportunità cinese: sono numerosi gli studi di architetti stranieri a Pechino e Shanghai, aperti al fine di capitalizzare la crescita del mercato edilizio. Chi è riuscito ad aprire un ufficio in loco ha visto raddoppiare gli utili nel giro di pochi anni. Alcune grandi opere del Paese asiatico, infatti, sono state realizzate da architetti occidentali, come il quartier generale di China Central Television di Pechino e la Guangzhou Opera House di Zaha Hadid. Le opportunità di business non ci sono solo nelle grandi metropoli, ma anche nelle città di secondo e terzo livello dove il fenomeno dell’urbanizzazione è in rapida evoluzione.
Nonostante l’appetibilità del mercato, permangono alcune difficoltà. In primis, la necessità delle società di costruzioni di doversi adattare alle esigenze del luogo: le tendenze e gli standard sono ancora molto differenti rispetto al design occidentale, così come i processi di costruzione, la progettazione e la qualità. Inoltre, le tempistiche sono decisamente ridotte rispetto a quelle occidentali: in Cina si costruisce nel giro di pochi mesi, invece che anni.
La presenza di architetti stranieri, assieme al maggiore tolleranza per le sperimentazioni, ha inevitabilmente modificato i paesaggi, rendendo le città cinesi più simili a quelle europee e statunitensi. Se da un lato, ciò rappresenta un modo per aprirsi alla globalizzazione, dall’altro è fonte di numerose critiche da parte di chi non ama lo stravolgimento dei concept orientali.

Nessun commento:

Posta un commento