A Shenzhen, nel Guandong, sono state proposte nuove norme per i contratti di lavoro, al fine di evitare il sorgere di conflitti. In seguito a mesi di scioperi e manifestazioni di dissenso da parte dei lavoratori cinesi in campo industriale, si annunciano, dopo la decisione di aumentare il salario minimo in 30 municipalità, ulteriori cambiamenti. Questa volta al centro dell’attenzione è la Zona Economica Speciale di Shenzhen, sede di ingenti investimenti stranieri e importante centro manifatturiero. Le autorità locali, infatti, hanno emanato una proposta di legge che prevede una contrattazione annuale sul contratto collettivo oltre ad una serie di procedimenti per la negoziazione periodica degli aumenti di salario. Se, infatti, le aziende straniere hanno reagito alle manifestazioni operaie con tolleranza e andando incontro ai lavoratori, le imprese cinesi non hanno fatto altrettanto adottando, invece, misure repressive. Per questo, si rendono necessarie normative che ristabiliscano l’equilibrio tra aziende e operai. Oltre a Shenzhen, sembra che procedure simili si stiano mettendo in pratica anche a Shanghai, Tianjin e Xiamen.
E’ importante che anche le aziende italiane presenti sul territorio cinese siano al corrente di queste nuove norme e inizino a vedere il lavoratore cinese non più come risorsa a basso costo; difatti, nel giro di pochi anni il benessere ed il processo di democratizzazione nel paese potrebbero espandersi in modo esponenziale e ciò significherà che la popolazione cinese sarà sempre meno disposta ad essere “sfruttata”.
E’ importante che anche le aziende italiane presenti sul territorio cinese siano al corrente di queste nuove norme e inizino a vedere il lavoratore cinese non più come risorsa a basso costo; difatti, nel giro di pochi anni il benessere ed il processo di democratizzazione nel paese potrebbero espandersi in modo esponenziale e ciò significherà che la popolazione cinese sarà sempre meno disposta ad essere “sfruttata”.
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