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mercoledì 13 aprile 2011

Pechino: stretta conservatrice per mantenere la stabilità socio-politica

In reazione alle rivolte che hanno recentemente colpito il Nord Africa, Pechino chiude ogni possibilità di riforme democratiche e riafferma gli ideali conservatori per una più controllata “gestione sociale”. 

 In occasione del saluto all’Assemblea nazionale del popolo, Wu Bangguo presidente dell’Anp, ha attirato l’attenzione internazionale dopo aver elencato i “sette non” sulla politica cinese: la non adozione di valori occidentali; la non adozione di un sistema di più partiti che a rotazione tengano l’ufficio; la non pluralizzazione dei dogma guida dello Stato; la non divisione tripartita dei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario; la non adozione di una legislatura bicamerale; il rifiuto di un sistema federale e della privatizzazione.
I precedenti piani quinquennali della Cina erano, in genere, focalizzati sull’economia, mentre il Programma Quinquennale per lo Sviluppo Sociale ed Economico per il 2011-2015, divulgato dall’Anp a metà marzo, ribadisce con fermezza la centralità del Partito Comunista Cinese (Pcc) ed è prevalentemente focalizzato sulla necessità di imporre un maggior controllo sulla popolazione. Infatti, il Programma contiene lunghe sezioni relative al rafforzamento della sicurezza pubblica per far fronte a eventuali “incidenti di massa” analoghi a quelli che si sono verificati nel Magreb – visti come un ostacolo sulla strada della grande modernizzazione della nazione - e mantenere così la stabilità socio-politica interna. Il Programma espone i piani elaborati dalla leadership del Pcc per costruire in tutta la nazione un “sistema di risposta rapida” atto a prevenire gli episodi di emergenza che le “forze ostili anti-cinesi” potrebbero provocare. L’ “ossatura” di questo meccanismo, che si prevede sarà costituita per il 2015, comprenderà la polizia, funzionari della Polizia armata del popolo (Pap) e dell’Esercito di liberazione del popolo (Pla): il secondo dovrebbe essere integrato da esperti di sicurezza pubblica e professionisti, da uno staff a tempo pieno e a tempo parziale di strutture connesse alla sicurezza e da volontari (nella maggior parte dei distretti, un residente su 10 diventerebbe un “volontario sociale registrato”). L’impiego di volontari è già stato sperimentato in occasione delle Olimpiadi estive del 2008 e dell’Expo 2010 di Shanghai, quando le municipalità di Pechino e di Shanghai reclutarono oltre un milione di sorveglianti per mantenere l’ordine e il rispetto della legge.
Affinché la società cinese “sia piena da una parte di vigore, e dall’altra di armonia e stabilità” - come ha affermato il presidente Hu Jintao in occasione di un incontro del Politburo a febbraio - gli uffici per la gestione sociale stanno sorgendo nell’intera nazione: ci sarà almeno una di queste unità per ogni strada principale nelle grandi città, come pure per ognuna delle città e dei comuni rurali del Paese.
Inoltre, in considerazione e conseguentemente al ruolo che le ong hanno svolto nelle rivoluzioni colorate in Asia Centrale, Medio Oriente e Nord Africa, il Programma raccomanda anche che le “organizzazioni sociali”, le ong cinesi, siano poste sotto una più stretta sorveglianza del governo, soprattutto quelle che sembrano avere rapporti con Paesi occidentali. Alcuni dipartimenti del Pcc e del governo sono stati sollecitati a “istituire una serie di prassi e di criteri per le attività delle organizzazioni sociali, e per aumentare l’efficienza effettiva della supervisione del governo”.

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