Al vertice del G20 di Seul si parlerà ancora molto di Cina: da un lato è accusata, assieme alla Germania, di avere una crescita del Pil eccessiva, dall’altro invece si preannuncia il suo rafforzamento di potere all’interno del Fmi.
Si avvierà già con una serie di polemiche l’imminente vertice G20, che si terrà l’11 e il 12 novembre a Seul. Prima fra tutte quella relativa alla proposta di Washington di fissare ad un massimo del 4% del PIL la crescita dei Paesi. Ciò ha scatenato le polemiche di Cina e Germania, entrambe con un avanzo superiore al 4%, che assieme ai Paesi dell’area asiatica hanno un tasso di risparmio così elevato che causerebbe la riduzione della domanda globale. La Cina, in particolare, ha un basso indice di consumi provocato da sistemi sanitari, finanziari e lavorativi assenti o inefficienti. La Repubblica Popolare, comunque, ha già fatto sapere che ritiene la proposta americana una «dichiarazione di ostilità» e che al momento non ha intenzione di apprezzare lo yuan nei confronti del dollaro USA.
Al di là delle polemiche si discuterà anche della riforma prevista all’interno del Fmi, che prevede l’aumento del potere di voto alle economie emergenti quali Cina, India e Brasile, portandolo al 6%. Tutto questo con una conseguente riduzione del peso delle economie industriali: il board del Fmi avrebbe 24 seggi, di cui nove per l’Europa, che ne perderebbe così due. La Cina diventerebbe il terzo Paese più importante all’interno dell’istituto, subito dopo Stati Uniti e Giappone. La decisione è per questo stata definita «storica», in quanto per la prima volta dopo 65 anni si assiste ad un cambiamento così importante della governance. Viene finalmente riconosciuta l’influenza mondiale dei Paesi in via di sviluppo, in termini economici e politici (basti pensare che Hu Jintao è ora l’uomo più potente del mondo secondo Forbes), i quali ora avranno qualche voce in capitolo in più. L’economia mondiale si prepara, quindi, a nuovi equilibri, che avranno importanti implicazioni anche in ambito imprenditoriale.
Si avvierà già con una serie di polemiche l’imminente vertice G20, che si terrà l’11 e il 12 novembre a Seul. Prima fra tutte quella relativa alla proposta di Washington di fissare ad un massimo del 4% del PIL la crescita dei Paesi. Ciò ha scatenato le polemiche di Cina e Germania, entrambe con un avanzo superiore al 4%, che assieme ai Paesi dell’area asiatica hanno un tasso di risparmio così elevato che causerebbe la riduzione della domanda globale. La Cina, in particolare, ha un basso indice di consumi provocato da sistemi sanitari, finanziari e lavorativi assenti o inefficienti. La Repubblica Popolare, comunque, ha già fatto sapere che ritiene la proposta americana una «dichiarazione di ostilità» e che al momento non ha intenzione di apprezzare lo yuan nei confronti del dollaro USA.
Al di là delle polemiche si discuterà anche della riforma prevista all’interno del Fmi, che prevede l’aumento del potere di voto alle economie emergenti quali Cina, India e Brasile, portandolo al 6%. Tutto questo con una conseguente riduzione del peso delle economie industriali: il board del Fmi avrebbe 24 seggi, di cui nove per l’Europa, che ne perderebbe così due. La Cina diventerebbe il terzo Paese più importante all’interno dell’istituto, subito dopo Stati Uniti e Giappone. La decisione è per questo stata definita «storica», in quanto per la prima volta dopo 65 anni si assiste ad un cambiamento così importante della governance. Viene finalmente riconosciuta l’influenza mondiale dei Paesi in via di sviluppo, in termini economici e politici (basti pensare che Hu Jintao è ora l’uomo più potente del mondo secondo Forbes), i quali ora avranno qualche voce in capitolo in più. L’economia mondiale si prepara, quindi, a nuovi equilibri, che avranno importanti implicazioni anche in ambito imprenditoriale.
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