Continua in Cina la preoccupante crescita del tasso di inflazione, spinto dall’aumento incontrollato dei prezzi dei beni alimentari. E’ elevato il rischio di malcontento sociale e speculazioni.L’aumento record del 4,4% dell’inflazione cinese, registrato ad ottobre, trova la sua causa nella crescita vertiginosa dei prezzi delle derrate alimentari, aumentati il mese scorso fino al 10%. Verdure, aglio, zenzero, cotone sono alcuni degli alimenti tipici della dieta cinese che hanno subito il rincaro. La situazione è critica soprattutto fuori dalle grandi metropoli, dove, non essendoci molti punti di distribuzione, la speculazione trova terreno fertile.
Per frenare il fenomeno inflazionistico, la Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme cinese ha varato nei giorni scorsi una serie di misure. Il governo interverrà con controlli diretti dei prezzi, anche al fine di evitare le speculazioni già verificatesi per cereali e cotone, controlli degli aiuti al commercio, sussidi ai consumi per le famiglie più povere, decentralizzazione del potere amministrativo per rafforzare le autorità dei sindaci, incremento degli approvvigionamenti, imposizione di un tetto massimo dei prezzi.
Tuttavia, sembra che l’allarme sia ben più grave secondo le previsioni della Fao (Food and Agricolture Organization). L’organizzazione ha stimato che le scorte di mais, zucchero e cotone della Cina si stanno esaurendo e che ciò comporterà, già nel 2011, una forte riduzione dell’offerta di prodotti agricoli, fenomeno che avrà implicazioni a livello globale. Tutto questo, infatti, si tramuterà in una forte crisi del commercio alimentare, in cui si verificheranno aumenti elevati dei prezzi che ricadranno maggiormente sulle economie meno sviluppate.
Per molti economisti, comunque, tra le cause dell’inflazione cinese ci sarebbe ancora una volta la politica monetaria cinese, che solo con l’apprezzamento dello yuan e l’aumento del tasso di cambio della valuta potrà riequilibrare la situazione economica e quindi anche il commercio del Dragone con l’estero.
Gli operatori che commerciano con la Repubblica Popolare Cinese, quindi, in una fase congiunturale così delicata pongono molta attenzione alle dinamiche economiche del Paese asiatico; è molto alto, infatti, il rischio di riduzione degli scambi e di aumento dei costi.
Per frenare il fenomeno inflazionistico, la Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme cinese ha varato nei giorni scorsi una serie di misure. Il governo interverrà con controlli diretti dei prezzi, anche al fine di evitare le speculazioni già verificatesi per cereali e cotone, controlli degli aiuti al commercio, sussidi ai consumi per le famiglie più povere, decentralizzazione del potere amministrativo per rafforzare le autorità dei sindaci, incremento degli approvvigionamenti, imposizione di un tetto massimo dei prezzi.
Tuttavia, sembra che l’allarme sia ben più grave secondo le previsioni della Fao (Food and Agricolture Organization). L’organizzazione ha stimato che le scorte di mais, zucchero e cotone della Cina si stanno esaurendo e che ciò comporterà, già nel 2011, una forte riduzione dell’offerta di prodotti agricoli, fenomeno che avrà implicazioni a livello globale. Tutto questo, infatti, si tramuterà in una forte crisi del commercio alimentare, in cui si verificheranno aumenti elevati dei prezzi che ricadranno maggiormente sulle economie meno sviluppate.
Per molti economisti, comunque, tra le cause dell’inflazione cinese ci sarebbe ancora una volta la politica monetaria cinese, che solo con l’apprezzamento dello yuan e l’aumento del tasso di cambio della valuta potrà riequilibrare la situazione economica e quindi anche il commercio del Dragone con l’estero.
Gli operatori che commerciano con la Repubblica Popolare Cinese, quindi, in una fase congiunturale così delicata pongono molta attenzione alle dinamiche economiche del Paese asiatico; è molto alto, infatti, il rischio di riduzione degli scambi e di aumento dei costi.
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