“Mimmo dobbiamo dirti una cosa. I gelati al pisello : a lei non piacciono”. Ed e’ cosi’, diplomaticamente, che i miei amici hanno spento definitivamente l’entusiasmo negli occhi dell’amico cinese “Mimmo” che puntualmente alle 11 di mattina amava farci gentil omaggio.
Contrariamente a quanto si possa pensare, l’industria del gelato confezionato in Cina e’ in rapida ascesa con tassi di crescita nell’ordine della doppia cifra e caratteristiche tutte proprie. Si’ perche’, stando ai sondaggi, il gusto d’oriente non si piega poi troppo agli standard occidentali in fatto di dolci; e se sul cioccolato troviamo un compromesso, a condurre la classifica dei “best ones” ci sono i locali red-bean, sesamo, soia nera e pisello.
Ma cosa dire dell’ “Italian Gelato” (e non semplicemente “ice cream”)? Il potenziale e’, senza ombra di dubbio enorme, data la natura del prodotto che si presta agli adattamenti e alla creativita’ del gelatiere, nonche’ a essere mangiato in qualsiasi momento del giorno senza appesantire, in linea col concetto cinese per cui il cibo accompagna la giornata anziche’ scandirne i tempi. Purtroppo tuttavia, anche in questo caso come in molti altri etichettati made in Italy, la comunicazione al mercato e i profitti dalla vendita di gelato sfuso stanno andando a players stranieri quali Haagen Dazs o Iceseason, aggiudicatisi il primato nell’associazione brand-prodotto nella mente del consumatore. Fortuna vuole che spazio per noi italiani esista ancora; una nicchia che in pochi sembrano voler sfruttare concentrandosi piu’ sui margini che sul volume delle vendite e la qualita’ degli ingredienti. Anziche’ prezzi da capogiro ed enormi gelaterie-ristoranti, l’arma vincente in Cina sarebbe quella di riproporre il modello tradizionale “al bancone” e stimolare i nostri gelatieri a cercar ispirazione e creativita’ nella Terra del Dragone con sperimentazioni locali accanto ai classici in base alla reperibilita’, ma sempre con macchinari ed expertise italianissimo.
A cura di Marta Caccamo
Contrariamente a quanto si possa pensare, l’industria del gelato confezionato in Cina e’ in rapida ascesa con tassi di crescita nell’ordine della doppia cifra e caratteristiche tutte proprie. Si’ perche’, stando ai sondaggi, il gusto d’oriente non si piega poi troppo agli standard occidentali in fatto di dolci; e se sul cioccolato troviamo un compromesso, a condurre la classifica dei “best ones” ci sono i locali red-bean, sesamo, soia nera e pisello.
Ma cosa dire dell’ “Italian Gelato” (e non semplicemente “ice cream”)? Il potenziale e’, senza ombra di dubbio enorme, data la natura del prodotto che si presta agli adattamenti e alla creativita’ del gelatiere, nonche’ a essere mangiato in qualsiasi momento del giorno senza appesantire, in linea col concetto cinese per cui il cibo accompagna la giornata anziche’ scandirne i tempi. Purtroppo tuttavia, anche in questo caso come in molti altri etichettati made in Italy, la comunicazione al mercato e i profitti dalla vendita di gelato sfuso stanno andando a players stranieri quali Haagen Dazs o Iceseason, aggiudicatisi il primato nell’associazione brand-prodotto nella mente del consumatore. Fortuna vuole che spazio per noi italiani esista ancora; una nicchia che in pochi sembrano voler sfruttare concentrandosi piu’ sui margini che sul volume delle vendite e la qualita’ degli ingredienti. Anziche’ prezzi da capogiro ed enormi gelaterie-ristoranti, l’arma vincente in Cina sarebbe quella di riproporre il modello tradizionale “al bancone” e stimolare i nostri gelatieri a cercar ispirazione e creativita’ nella Terra del Dragone con sperimentazioni locali accanto ai classici in base alla reperibilita’, ma sempre con macchinari ed expertise italianissimo.
A cura di Marta Caccamo
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