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martedì 9 novembre 2010

Se Maometto non va alla montagna…

Perche’ un’azienda italiana, una PMI mettiamo caso, dovrebbe internazionalizzare in Cina? Le ragioni sono moltissime, piu’ o meno legittime, e vanno dalla classica “per non perdere il treno”(che nel caso dell’Italia in Cina e’ ormai passato da un paio di decenni) all’azzardata strategia dell’“ultima spiaggia”. Per quanto mi riguarda penso che il motivo principale per cui non ci si puo’ permettere di ignorare la Cina sia che se non iniziamo a imparare a competere con i Cinesi nella loro Terra, dovremo imparare a farlo a casa nostra, come gia’ sta succedendo in alcuni settori, tessile per citarne uno.
Ora viene il dunque, pero’, come assistere piccole imprese di fronte a un immenso mercato? Come aiutarle a raggiungere la tanto sospirata massa critica? Il bisogno di istituzioni stabili e che siano in grado di coordinare l’azione e “fare Sistema” e’ enorme, ma di contro il panorama italiano in Cina si presenta frammentato con piu’ di 40 tra sportelli regionali, Camere di Commercio e ICE, a replicare una governance multi-livello che spesso implica inefficienze e costi inutili.
Finche’ non esistera’ un network di Paese, una volonta’ di crescere insieme pur rimanendo fedeli in principio all’italianissimo adagio “piccolo e’ bello”, finche’ non ci sara’ un allineamento di voci e una struttura concreta, le cose non cambieranno per le nostre PMI e chi vorra’ provare a farcela dovra’ farlo da solo, accettando di crescere e cambiare. Quello che preoccupa, tuttavia, e’ il destino di chi non ha risorse sufficienti per farlo, in qual caso si prospettano anni di grandi sforzi per sopravvivere all’avanzata rossa.

A cura di Marta Caccamo

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