Gli interventi di Napolitano e le recenti indagini della Banca Mondiale confermano che la Cina rappresenterà il futuro per molte imprese internazionali, italiane comprese.
I rapporti tra Italia e Cina sono molto stati positivi negli ultimi mesi e l’incoraggiamento a investire nel Paese asiatico è forte. Il primo fattore di spinta è dato dal successo delle esportazioni italiane: secondo il direttore dell’ICE di Pechino, Antonio Laspina, i prodotti italiani nella Repubblica Popolare Cinese non hanno risentito della crisi perché si collocano nella fascia medio-alta del mercato, rappresentata da 300 milioni di consumatori; nel primo quadrimestre del 2010 l’interscambio tra i due Paesi è salito del 34%. I settori coinvolti in questo processo di crescita sono ancora una volta quelli del tradizionale Made in Italy: macchinari, semilavorati, robotica, beni di lusso, abbigliamento, design, alimentari.
Ulteriore considerazione deriva dalle stima sull’economia: la Banca Mondiale ha corretto le previsioni di crescita della Cina per il 2010, alzando il tasso dal 9,5% al 10%, segno che la crescita è ancora in forte espansione.
Altro stimolo, anche se di connotazione negativa, è dato dal recente rapporto Doing Business della Banca Mondiale, in cui l’Italia sembra messa peggio della Cina, collocandosi al 78esimo posto in classifica (su 183 Paesi) per l’elevata complessità, in termini burocratici e di tempi, nell’avviare e gestire un’attività economica. In Italia sono necessarie, in media, 285 ore l’anno per adempiere a tutti gli obblighi connessi all’attività.
Tuttavia, non vanno dimenticati i disagi della Cina, un Paese dalle mille contraddizioni. La stessa Banca Mondiale sottolinea le difficoltà legate al settore immobiliare e ai rischi del credito. Si aggiunge, inoltre, la direzione intrapresa dalla Repubblica Popolare durante l’ultimo plenum del PCC, ovvero il rafforzamento del mercato interno, che potrà danneggiare le esportazioni estere e le delocalizzazioni straniere.
E’ da segnalare, poi, che il cambiamento relativo alla manodopera a basso costo sembra stia dando qualche prima avvisaglia: negli ultimi due anni, infatti, sono aumentate del 95% le denunce ai tribunali cinesi da parte di lavoratori sottopagati. Il che costringerà le aziende, a beneficio dei lavoratori cinesi, a rivedere le strategie di costo. Difficile credere, comunque, che un veloce cambiamento si possa avere anche per ciò che riguarda le condizioni in cui vivono gli operai delle fabbriche. E’ appena stato pubblicato, infatti, un reportage di Gizmondo USA e Wired USA in uno dei dormitori della Foxconn, a Shenzen, il quale documenta una realtà ancora poco umana.
I rapporti tra Italia e Cina sono molto stati positivi negli ultimi mesi e l’incoraggiamento a investire nel Paese asiatico è forte. Il primo fattore di spinta è dato dal successo delle esportazioni italiane: secondo il direttore dell’ICE di Pechino, Antonio Laspina, i prodotti italiani nella Repubblica Popolare Cinese non hanno risentito della crisi perché si collocano nella fascia medio-alta del mercato, rappresentata da 300 milioni di consumatori; nel primo quadrimestre del 2010 l’interscambio tra i due Paesi è salito del 34%. I settori coinvolti in questo processo di crescita sono ancora una volta quelli del tradizionale Made in Italy: macchinari, semilavorati, robotica, beni di lusso, abbigliamento, design, alimentari.
Ulteriore considerazione deriva dalle stima sull’economia: la Banca Mondiale ha corretto le previsioni di crescita della Cina per il 2010, alzando il tasso dal 9,5% al 10%, segno che la crescita è ancora in forte espansione.
Altro stimolo, anche se di connotazione negativa, è dato dal recente rapporto Doing Business della Banca Mondiale, in cui l’Italia sembra messa peggio della Cina, collocandosi al 78esimo posto in classifica (su 183 Paesi) per l’elevata complessità, in termini burocratici e di tempi, nell’avviare e gestire un’attività economica. In Italia sono necessarie, in media, 285 ore l’anno per adempiere a tutti gli obblighi connessi all’attività.
Tuttavia, non vanno dimenticati i disagi della Cina, un Paese dalle mille contraddizioni. La stessa Banca Mondiale sottolinea le difficoltà legate al settore immobiliare e ai rischi del credito. Si aggiunge, inoltre, la direzione intrapresa dalla Repubblica Popolare durante l’ultimo plenum del PCC, ovvero il rafforzamento del mercato interno, che potrà danneggiare le esportazioni estere e le delocalizzazioni straniere.
E’ da segnalare, poi, che il cambiamento relativo alla manodopera a basso costo sembra stia dando qualche prima avvisaglia: negli ultimi due anni, infatti, sono aumentate del 95% le denunce ai tribunali cinesi da parte di lavoratori sottopagati. Il che costringerà le aziende, a beneficio dei lavoratori cinesi, a rivedere le strategie di costo. Difficile credere, comunque, che un veloce cambiamento si possa avere anche per ciò che riguarda le condizioni in cui vivono gli operai delle fabbriche. E’ appena stato pubblicato, infatti, un reportage di Gizmondo USA e Wired USA in uno dei dormitori della Foxconn, a Shenzen, il quale documenta una realtà ancora poco umana.
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