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lunedì 15 novembre 2010

Qing gei wo ka fei

“Un caffè per favore”. Che siano managers, studenti, turisti non ce n’è: gli Italiani senza caffè non possono stare. Dall’aroma inconfondibile, possibilmente ristretto e rigorosamente senza zucchero, “da veri intenditori”, l’espresso è una delle tante eccellenze che caratterizzano l’Italian way of life.
Ma che ne dicono all’estero? E, nello specifico, che ne dice la Terra del tè? Stando a vedere i numeri della crescita del consumo (70% dal 2005 al 2007), sembrerebbe che anche la Cina stia iniziando ad apprezzarlo e sono sempre di più i giovani che, nelle grandi città, lo preferiscono alla limpida bevanda nazionale. Certo è che, da Italiana, non posso che commentare: c’è caffè e caffè. Come classificare Starbucks? Non lo classifichiamo proprio. Coffee, come Ice Cream e American Pizza.
La verità è che di quel 70% di crescita poco rimane alla tazzina tanto cara nel nostro immaginario. Il costo è alto, troppo, e i cinesi non si spiegano il perchè dover pagare così tanto per così poco. Manca la cultura e mancano i bar. Come fare dunque? Illy ha puntato su una strategia di lungo periodo portando a Shanghai l’Università del caffè, aprendo una serie di punti di distribuzione (la catena Espressamente), e, nel frattempo, coltivando rapporti con alberghi e ristoranti per assicurarsi il ruolo di “top supplier” . I risultati per ora sono contrastanti, si soffre la mancanza di forti catene alberghiere italiane e soprattutto si soffre quell’italianità che propone una chiacchierata al bar davanti a un caffettino che finisce in fretta, ma dà sapore alla conversazione e accompagna la giornata.

A cura di Marta Caccamo

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