Test. Possono 4 studenti italiani e 4 cinesi lavorare spalla spalla a un progetto? No. Dobbiamo preoccuparci? Assolutamente. Come ci insegna lo sport nazionale, non esiste squadra fatta di campioni che possa far risultato senza esser prima di tutto Squadra, e così è nella vita. Se ricordarsene è fondamentale nel management di un qualsiasi gruppo, lo diventa ancor di più quando si aggiungono le differenze interculturali, e nel caso Italia-Cina la componente di rischio è alle stelle. Pensare che sia possibile ovviare ai problemi con lo staff cinese in Cina tramite l’affiancamento di giovani dalla casa madre è un’utopia, e un errore che le aziende dovrebbero far attenzione a non commettere. L’Italiano, specie se lanciato verso una brillante carriera futura, è presuntuoso per definizione e cerca di imporre in ogni modo le sue soluzioni al problema, senza nemmeno tenere in considerazione le opinioni dei cinesi. Il cinese, dalla sua, è silenzioso e “creativo”, il che non è sempre la miglior cosa specie se i lampi di genio arrivano in risposta a tasks che non sono stati capiti fino in fondo. E fuori dall’ambiente di lavoro? Vite separate, col primo che si gode le lusinghe di una Cina che i colleghi non (ri)conoscono, e i secondi che accendono e spengono il fuoco della rabbia con incessanti borbottii di fronte a enormi porzioni di noodles (simil spaghetti cinesi). Pensate bene a chi mandare in Cina, e investite nella sua formazione perché sia pronto a relazionarsi con una cultura tanto diversa e sviluppi la sensibilità necessaria a costruire quel “ponte” di comunicazione, unica via per il successo delle operazioni cinesi dell’azienda.
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