Secondo la nuova politica espansiva della Cina, il Paese ha necessità di riequilibrare le riserve di prodotti agricoli di base e pertanto dovrà incrementare le importazioni di materie prime dall’estero.
Le pressioni inflazionistiche che interessano la Repubblica Popolare da qualche mese hanno avuto conseguenze sulle scorte nazionali di materie prime: molti prodotti agricoli, infatti, sono stati portati al ribasso per evitare qualsiasi forma di speculazione e ora i livelli delle riserve sono notevolmente ridotti. A ciò si aggiunge la grave siccità che sta mettendo a repentaglio circa sei milioni di ettari di campi di grano in molte regioni del Dragone.
La soluzione presentata dal Ministro del Commercio cinese, Chen Deming, per riportare le riserve a livelli normali, consiste nell’aumentare le importazioni di beni agricoli di base dall’estero. Già nel corso del 2009 e 2010 i volumi di import di grano avevano registrato incrementi da record, così come quelli di mais, soia, cotone e zucchero, fenomeno dovuto soprattutto alla domanda in continua crescita. Per il 2011, le autorità ritengono che le priorità assolute riguardino anche la carne e ancora una volta lo zucchero.
Nel corso del nuovo anno, quindi, la crescita dell’export cinese dovrebbe diminuire del 10%, mentre l’import dovrebbe superare le esportazioni; si tratta di una tendenza, comunque, già evidente nel 2010, quando le importazioni di merci straniere hanno raggiunto un livello storico con 141 miliardi di dollari, il 26% in più rispetto a dicembre 2009.
Intanto sul fronte dell’inflazione, non sembrano esserci segnali di cambiamento: il costo dell’imput a gennaio si è, infatti, attestato a 69,3 contro il 66,7 di dicembre.
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