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giovedì 10 febbraio 2011

La Cina alza il costo del denaro per contenere l’inflazione

Pechino continua a varare provvedimenti per ridurre il tasso di inflazione: nei giorni scorsi la People’s Bank of China ha alzato i tassi di interesse per la terza volta in 4 mesi.

L’inflazione in Cina continua a rappresentare una grande minaccia per l’economia nazionale: la forte domanda interna, i crediti bancari, che a gennaio sono arrivati a quota 1.200 miliardi di yuan, e la necessità di creare liquidità per far fronte alle ricche riserve di valuta straniera generano un aumento della moneta circolante nel Paese. Il risultato è che, per contenere il fenomeno inflattivo e diminuire la liquidità, la People’s Bank of China ha alzato, nei giorni scorsi, il costo del denaro di 25 punti base, portando così il cambio dello yuan sul dollaro ad un vero record da 17 anni e facendo salire i tassi di interesse sui depositi al 3% e i tassi bancari al 6,06%. Tali misure hanno fatto in modo che lo yuan, in un anno, venisse apprezzato del 3,84% sul dollaro, pur rimanendo sottostimato secondo le maggiori economie mondiali.
Tuttavia, il tasso di interesse in Cina è ancora relativamente basso rispetto ad altre economie emergenti: il tasso del Brasile è dell’11,25%, quello della Russia del 7,75%, mentre quello dell’India è del 6,5%. Ciò rende il Dragone attraente per gli investimenti esteri e vantaggioso per la produzione industriale, a fronte, però, dell’inflazione galoppante. L’indice inflattivo, infatti, potrebbe aumentare ancora nei prossimi mesi: si stima che i prezzi al consumo potrebbero alzarsi al 5,3% in marzo e nell’arco dell’anno arrivare al 6%.
Per ora, l’obiettivo del governo di Pechino è quello di contenere l’inflazione al 4% entro il 2011 e si prevede, quindi, che seguiranno nei prossimi mesi ulteriori misure di contenimento.

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