Per anni la Cina si è dichiarata una nazione atea, ma una recente indagine rivela che la maggior parte dei cinesi ha una credenza religiosa o ha partecipato almeno una volta a una cerimonia sacra.
Dalla Rivoluzione Culturale in poi, le autorità cinesi hanno cercato di sopprimere qualsiasi forma di credo religioso nel Paese, anche attraverso la violenza e la persecuzione. Ai membri del Partito Comunista e della Lega Giovanile, infatti, è vietato professare una confessione religiosa e il governo rifiuta di accettare la presenza di numerosi credenti tra la sua popolazione, affermando che solo 100 milioni di persone non sarebbero atee.
Tuttavia, la realtà sembra essere diversa: secondo quanto emerso dall’Indagine sulla Vita Spirituale dei Cinesi, solo il 15% degli adulti sarebbero atei, mentre l’85% pratica una religione. Anche all’interno dello stesso Partito di Stato e della Lega Giovanile, il 17% dichiara di avere una fede e il 65% di aver partecipato ad una cerimonia spirituale. La religione più seguita in Cina è, secondo l’indagine, il Buddismo con il 18% di credenti (185 milioni di persone), di cui il 12% all’interno del Partito Comunista. Segue il Cristianesimo, con il 3,2% della popolazione (33 milioni di persone). Tra le altre confessioni, si trovano il tradizionale culto degli antenati, praticato ancora da 754 milioni di persone, e il feng shui, i cui precetti sono seguiti da 45 milioni di individui.
Tali risultati dimostrano come il Dragone sia ben lontano dal poter essere considerato uno Stato ateo e che, invece, sia una nazione ricca di tradizioni e spiritualità. Sebbene le autorità tenteranno ancora di rimuovere qualsiasi riferimento religioso, la tendenza del Paese verso una religiosità si rafforzerà nei prossimi anni, anche grazie all’influenza e ai contatti con l’Occidente, aprendo le porte a nuove prospettive e approcci.
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