A Pechino è in corso il V Plenum del XVII Comitato centrale del PCC, in occasione del quale si delinea il nuovo piano quinquennale (2011-2015) per l’economia cinese.
Al centro delle discussioni del V Plenum del XII Comitato centrale cinese ci sono sostanzialmente le riforme economiche del dodicesimo piano quinquennale (2011-2015), il cui obiettivo primario è rendere la Cina meno dipendente dalle esportazioni estere e rafforzare la domanda interna. Tra le notizie trapelate in questi giorni sembra che Pechino abbia stanziato circa 40 miliardi di euro per lo sviluppo di nove settori economici individuati come strategici per l’equilibrio economico del Paese: energie alternative, nuovi materiali, tecnologie informatiche, biologia e medicina, protezione ambientale, aerospaziale, navale, industrie avanzate e servizi high-tech. Nel piano economico si vuole, inoltre, porre maggior attenzione sulle industrie locali e la crescita delle regioni interne al Paese, oltre a proseguire sullo sviluppo delle aree occidentali già individuate dalla politica dei Go-West.
Altro tema caldo del Plenum riguarda il prossimo cambio dei vertici del PCC, in vista nel 2012, su cui circolano diverse voci. All’interno del Partito comunista si è verificata ultimamente una profonda spaccatura, che vede l’opposizione tra gruppo conservatore e riformista. Il primo non concorda con la linea di Wen Jiabao, considerata eccessivamente liberale e democratica, mentre 23 esponenti della fazione riformista hanno firmato nei giorni scorsi una lettera indirizzata al Comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo per proclamare la libertà di stampa e fermare la censura. L’argomento ha recentemente fatto discutere anche la comunità internazionale, in seguito all’assegnazione del Nobel per la Pace al dissidente Liu Xiaobo, su cui la stampa cinese ha calato il sipario.
Nonostante la crescita straordinaria, quindi, la Repubblica Popolare Cinese rimane un Paese dalle forti contraddizioni. Inoltre, la direzione intrapresa dal Plenum dimostra la volontà delle autorità di Pechino di ridurre le esportazioni verso i Paesi occidentali. Ciò potrebbe ridurre i vantaggi di molte imprese che operano in Cina attraverso l’export e obbligarle a individuare nuove forme di internazionalizzazione.
Al centro delle discussioni del V Plenum del XII Comitato centrale cinese ci sono sostanzialmente le riforme economiche del dodicesimo piano quinquennale (2011-2015), il cui obiettivo primario è rendere la Cina meno dipendente dalle esportazioni estere e rafforzare la domanda interna. Tra le notizie trapelate in questi giorni sembra che Pechino abbia stanziato circa 40 miliardi di euro per lo sviluppo di nove settori economici individuati come strategici per l’equilibrio economico del Paese: energie alternative, nuovi materiali, tecnologie informatiche, biologia e medicina, protezione ambientale, aerospaziale, navale, industrie avanzate e servizi high-tech. Nel piano economico si vuole, inoltre, porre maggior attenzione sulle industrie locali e la crescita delle regioni interne al Paese, oltre a proseguire sullo sviluppo delle aree occidentali già individuate dalla politica dei Go-West.
Altro tema caldo del Plenum riguarda il prossimo cambio dei vertici del PCC, in vista nel 2012, su cui circolano diverse voci. All’interno del Partito comunista si è verificata ultimamente una profonda spaccatura, che vede l’opposizione tra gruppo conservatore e riformista. Il primo non concorda con la linea di Wen Jiabao, considerata eccessivamente liberale e democratica, mentre 23 esponenti della fazione riformista hanno firmato nei giorni scorsi una lettera indirizzata al Comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo per proclamare la libertà di stampa e fermare la censura. L’argomento ha recentemente fatto discutere anche la comunità internazionale, in seguito all’assegnazione del Nobel per la Pace al dissidente Liu Xiaobo, su cui la stampa cinese ha calato il sipario.
Nonostante la crescita straordinaria, quindi, la Repubblica Popolare Cinese rimane un Paese dalle forti contraddizioni. Inoltre, la direzione intrapresa dal Plenum dimostra la volontà delle autorità di Pechino di ridurre le esportazioni verso i Paesi occidentali. Ciò potrebbe ridurre i vantaggi di molte imprese che operano in Cina attraverso l’export e obbligarle a individuare nuove forme di internazionalizzazione.
Nessun commento:
Posta un commento