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mercoledì 6 ottobre 2010

Anche l’Europa preme per un apprezzamento dello yuan

Il 4 e il 5 ottobre scorsi si è tenuto a Bruxelles l'ottavo vertice ASEM: tra le tematiche discusse primaria importanza è stata data alla regolamentazione delle valute internazionali, yuan in primis.

Nei giorni scorsi si è riaperto a Bruxelles il dialogo tra le potenze europee e quelle asiatiche, in occasione dell’ottavo vertice Ue-Asia a cui hanno partecipato i 27 membri dell’Unione Europea, 16 paesi asiatici e, per la prima volta, Russia, Australia e Nuova Zelanda. Al centro dei dibattiti ci sono stati numerosi argomenti, tra cui ambiente, sicurezza, miglioramento dell’accesso ai mercati, regolamentazione delle valute internazionali e cooperazione tra FMI e G20.
Tra gli incontri più importanti, da menzionare quello con la Cina, in cui oltre a discutere di libero commercio e protezione della proprietà intellettuale, temi particolarmente cari al mondo imprenditoriale europeo, si è cercato di esercitare pressioni per una più ampia rivalutazione dello yuan. Non solo gli Stati Uniti, quindi, ma anche l’Europa crede che tale manovra valutaria sia fondamentale per riequilibrare gli scambi globali; finora, infatti, i tassi di cambio yuan-euro non sono stati quelli desiderato dalla Ue, che attende nel giro di tre mesi un apprezzamento della valuta cinese. L’Europa teme, che la svalutazione dello yuan possa indebolire anche l’euro, già sottoposto a gravi crisi negli ultimi mesi, e ciò nocerebbe ulteriormente alla difficile ripresa del Vecchio Continente.
Altro tema affrontato è stato quello inerente ad una riforma del FMI che conceda maggior spazio ai paesi emergenti; dopo che nelle scorse settimane si è parlato di un aumento della quota di partecipazione cinese (dal 3,9% al 6%), ma anche dell’India, Corea del Sud, Indonesia e Brasile, i paesi europei si isono impegnati per un maggior riconoscimento delle economie emergenti. Al fine di proseguire verso la ripresa economica internazionale, inoltre, i partecipanti al vertice sono giunti ad un accordo per rafforzare la domanda interna e gli investimenti tramite una politica di liberalizzazione dei mercati.

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