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martedì 19 ottobre 2010

Furniture business in China…cosa ci stiamo perdendo!

Il 48.7% della popolazione cinese sono donne. Collochiamole ora in una Cina sulla via dell’emancipazione dai retaggi maoisti e in crescita dei consumi; collochiamole nella Cina d’oggi. Immaginiamo anche solo la metá di queste donne investite di potere decisionale e autonomia nell’arredare la propria casa. E’ un boom.
L’industria dell’arredamento in Cina, dopo una battuta d’arresto nel 2009 a causa di inflazione e crisi finanziaria, pare essere in netta ripresa con stime di crescita nell’ordine della doppia cifra per il 2010 che la porteranno a un giro d’affari di 700 miliardi RMB. Noi Italiani in questo, tuttavia, non giochiamo che un ruolo marginale presentandoci sul mercato con un’offerta adatta giusto giusto a servire paesi piccoli e vicini come la Svizzera. E i numeri lo confermano: 66 milioni EUR di export in Cina contro i 360 milioni oltralpe.
Le ragioni che frenano dall’investire sul mercato asiatico rientrano principalmente nella minaccia della contraffazione, che un mercato non ancora educato al gusto vede spesso come sostituto, ma ancor di più, ancora una volta, nelle dimensioni delle aziende italiane che con un prodotto completamente “made in Italy” non sono in grado di soddisfare l’ingente domanda, nè offrire servizi collaterali a un’ipotetica base consumer asiatica. Cosa servirebbe dunque? Investimenti e “sistema”, una parola che in questo periodo piace molto usare, ma resta debole nell’implementazione. Le opportunitá sono innumerevoli, specie per i nuovi materiali low-carbon ed eco-friendly e per i mobile in legno, che allo stesso tempo si sposano con l’idea di “exquisite life” ed “healthy style” che domina il pensiero della nuova borghesia cinese.

A cura di Marta Caccamo

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