Il design italiano ha faticato molto negli ultimi 20 anni per posizionarsi sul mercato cinese, causa strategie sbagliate e una cultura non orientata al lusso della casa. Le tendenze, però, stanno cambiando, lasciando intravedere qualche spiraglio anche per questo settore.
Tra i settori più profittevoli per le aziende italiane in Cina, si parla spesso di luxury, comparto che negli ultimi 5 anni ha avuto un incremento medio del 20% annuo e che ha portato la Repubblica Popolare a posizionarsi al settimo posto a livello mondiale tra i Paesi consumatori. L’ultimo studio della Boston Consulting Group dichiara che il Dragone nel 2010 contava 1,11 milioni di milionari, ovvero il 31% in più che nel 2009. Il settore del lusso, però, può vantare in realtà 100 milioni di consumatori, la cui spesa media è di circa 1000 euro pro capite; di questi, il 60% acquista per ragioni di status sociale, un 20% per necessità e un ulteriore 20% per piacere personale. Questa ultima percentuale rappresenta un mercato che potrebbe accogliere con favore prodotti che vadano oltre l’abbigliamento, i cosmetici e gli accessori, i beni attualmente preferiti dai ricchi cinesi.
Un esempio è dato dal design italiano, in particolare arredamento e luce, le cui aziende, pur avendo investito massicciamente ed essendo presenti in Cina da quasi 20 anni, non hanno ottenuto grandi successi; il comparto, infatti, realizza nel Paese asiatico appena il 4/5% del proprio fatturato. La spiegazione è di matrice culturale: mentre la moda è qualcosa che può essere ostentato immediatamente, l’arredo rimane un aspetto che nel Dragone non viene ancora mostrato all’esterno ma rimane intimo. Se a ciò si aggiunge il costo elevato del design italiano di qualità, si capisce perché grandi nomi del settore che avevano aperto negozi monomarca a Shanghai e Pechino, assieme a società produttrici di mobili e complementi in loco siano state obbligate a chiudere i battenti nel giro di pochi anni.
Tuttavia, le cose stanno cambiando gradualmente: mercati più maturi come Hong Kong e Singapore mostrano un maggior interesse per l’arredo; il Salone del Mobile di Milano ha visto, infatti, una crescita del 10% di visitatori asiatici, la maggior parte dei quali proveniva dalle due metropoli. Il trend dimostra ancora una volta che il vantaggio qualitativo delle aziende italiane le fa preferire alle realtà locali. Inoltre, il cambio di approccio commerciale sperimentato da alcune imprese ha dato buoni frutti: anziché presentarsi in Cina con punti vendita diretti, alcuni hanno scelto la strada dell’intermediario locale, figura che può trovare il punto di incontro tra il prodotto e il consumatore finale. Ulteriore segnale del cambio di tendenza è rappresentato dalla nascita delle facoltà di architettura nella Repubblica Popolare, che fino a qualche anno fa non esistevano, ma che ora stanno immettendo sul mercato giovani designer locali che contribuiranno a far accrescere il settore.
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