Segnali di crisi per l’economia cinese: l’inflazione dilaga, l’industria nazionale è in calo e nel Guangdong riprendono nuove ondate di scioperi.
L’economia cinese manifesta i primi segnali di un rallentamento, dovuto a diversi fattori interni che si sono verificati negli ultimi mesi e alla debolezza dei mercati esteri. L’attività manifatturiera, nel mese di giugno, ha registrato il livello più basso da luglio dall’anno scorso, con un punteggio di 50,1 punti secondo il Purchasing Managers Index (contro i 51,6 di maggio). Dall’altra parte, per contrastare l’inflazione galoppante, il governo di Pechino ha varato una serie di misure che hanno avuto come diretta conseguenza la diminuzione della domanda, mentre la banca centrale ha aumentato per quattro volte i tassi di interesse e per sei volte le riserve minime obbligatorie dall’inizio dell’anno. I prezzi, infatti, continuano a salire, tanto che nel mese di maggio sono cresciuti del 5,5%, il livello più alto dal 2008, a fronte di un PIL che sembra in diminuzione con una crescita del 9,7% nei primi tre mesi del 2011, contro il 10,3% del 2010.
Tali fenomeni non fanno altro che accrescere il malcontento sociale, che inizia a farsi sentire nuovamente nelle fabbriche di una delle province più industrializzate della Cina: il Guangdong. Nei giorni scorsi 4.000 dipendenti della Simone Limited, fabbrica di borse sudcoreane che produce anche per marchi quali Burberry, DKNY, Michael Kors e Coach, hanno iniziato a scioperare contro le condizioni di lavoro e per chiedere salari più alti. I lavoratori in questione denunciano di dover lavorare 12 ore al giorno, con solo tre pause giornaliere, per uno stipendio di 1.100 yuan (circa 100 euro) al mese, che può arrivare a 1.900 yuan (circa 200 euro) con gli straordinari, da cui comunque vengono detratti 200 yuan per la previdenza sociale e 100 yuan per la mensa. L’episodio non è, però, isolato: altri casi simili si sono verificati, a Dongguan, in una fabbrica di orologi di Chang’an, a Xitang, vicino a Canton, e a Chaozhou, nella regione orientale del Guangdong. Le denunce sono sempre le stesse: condizioni di lavoro invivibili, con episodi di violenza, e salari troppo bassi.
Il Guangdong non è nuovo a queste ondate di scioperi, dato che solo l’anno scorso era stato teatro di manifestazioni analoghe. Il perpetuarsi di questi fenomeni sociali dimostrano ancora una volta come la Cina non possa più considerarsi la “fabbrica del mondo” low cost.
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