La Banca centrale cinese alza la riserva obbligatoria per le banche a causa dell’aumento dell’inflazione, che è ai massimi degli ultimi tre anni.
Lo scorso maggio, come preannunciato dagli analisti, Pechino ha segnato il maggiore incremento dell'indice dei prezzi al consumo dal luglio 2008, con un aumento anno su anno del 5,5%. Il Governo cinese è particolarmente allarmato dal dilagare dell’inflazione: l’aumento del costo della vita costituisce una grande minaccia per la stabilità sociale del Paese.
Ancora una volta, la crescita dell’inflazione cinese è ascrivibile alla corsa dei prezzi dei generi alimentari, sempre più volatili. I prezzi della verdura, che nella prima metà di maggio erano scesi sensibilmente, verso la fine del mese sono tornati a crescere a dismisura a causa della grave siccità che ha colpito il Paese; inoltre, hanno segnato un rialzo improvviso e inaspettato anche i costi della carne di maiale, aumentati di oltre il 40%. I rincari delle derrate alimentari, tuttavia, costituiscono solo un aspetto del problema: nel mese di maggio, infatti, anche i prezzi degli altri beni sono cresciuti più del previsto, arrivando a quota +2,9% e segnando l'incremento più elevato degli ultimi nove anni.
La People's Bank of China, in seguito all’annuncio della variazione mensile dell'indice dei prezzi al consumo, ha subito stretto “i rubinetti del credito”: a partire da lunedì 20 giugno, le principali banche del Dragone dovranno tenere congelata in bilancio una quota pari al 21,5% dei loro depositi, un livello record che giunge in seguito ai sei rialzi già operati dalla Pboc dall'inizio del 2011. Come ha affermato Dong Tao, economista di Credit Suisse, “aumentando immediatamente la riserva obbligatoria di 50 punti base, la Pboc ha voluto dimostrare la sua massima determinazione nell'arginare la corsa dei prezzi”.
Sebbene quest’ultima stretta creditizia drenerà 384 miliardi di yuan (circa 41 miliardi di euro) dal mercato interbancario, considerando la siccità e le alluvioni che si sono abbattute sulla Cina prima del previsto quest’anno – situazione che, durante l’estate, potrebbe peggiorare – e i probabili danni che, di conseguenza, subirà la produzione agricola, l'inflazione potrebbe salire anche oltre il 6%, costringendo così la Banca centrale a operare un’ulteriore stretta creditizia.
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