I beni di lusso importati in Cina potrebbero vedere una riduzione delle tasse ad essi applicate, con conseguente incremento del commercio nel settore.
E’ in corso la trattativa per mettere in atto una nuova manovra che agevolerà il già proficuo settore del lusso in Cina: il portavoce del ministro del Commercio cinese Yao Jian ha affermato che è in vaglio la proposta di ridurre le tasse sui beni di lusso importati nel Paese asiatico. La riduzione riguarderebbe beni di lusso in generale oltre a cosmetici, alcool e sigarette e dovrà ora essere sottoposta al Consiglio di Stato per l’eventuale approvazione
La scelta di avvantaggiare ulteriormente il luxury nel Dragone è dettata dall’andamento positivo di questo comparto: entro il 2012, infatti, la Repubblica Popolare sarà il più grande consumatore al mondo di beni di lusso, con un mercato dal valore di 14,6 miliardi di dollari. Tuttavia, si è constatato che l’acquisto di questi prodotti da parte dei consumatori è effettuato in misura maggiore all’estero piuttosto che all’interno dei confini nazionali. Questo fenomeno dipende dalle elevate tariffe doganali e dalle tasse che sono applicate in Cina sui beni di lusso, che ne aumentano il costo di una percentuale che oscilla tra il 45% e il 72% a seconda del tipo di articolo.
In constatazione di ciò, la proposta di riduzione delle tasse va incontro alla necessità di stimolare la domanda interna del Paese e di spingere i consumatori ad acquistare in Cina anziché all’estero. La manovra, inoltre, incrementerebbe le importazioni, con buona possibilità che queste raddoppino entro il 2020 come prefissato. A ciò si aggiunge il fatto che i beni di lusso non hanno mai avuto una riduzione delle tariffe doganali dall’entrata della Cina nella WTO nel 2001, contrariamente ad altre merci, e perciò, questa scelta farebbe si che la Repubblica Popolare possa rispettare le regole dell’organizzazione internazionale.
Non mancano, comunque, le polemiche, dal momento che si tratta di articoli acquistabili da una minoranza della popolazione, mentre i beni di prima necessità sono ancora penalizzati dall’inflazione.
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