Non si placa il fenomeno inflattivo cinese: il tasso ha stabilito un nuovo record arrivando al 6,4%, il più elevato negli ultimi tre anni.
Anche il mese di giugno 2011 è stato caratterizzato dalla continua ascesa dell’inflazione cinese che ha toccato un nuovo record negativo, attestandosi al 6,4% in più rispetto allo stesso periodo del 2010, il più alto degli ultimi tre anni. L’impennata dei prezzi sta colpendo maggiormente i generi alimentari di prima necessità; tra questi, la carne di maiale, uno dei principali alimenti della cucina cinese, che ha visto alzare i prezzi del 57,1% rispetto al giugno dell’anno scorso, favorendo gli agricoltori da un lato, ma minacciando i consumatori dall’altro. I costi di riso e soia, inoltre, sono saliti a causa delle frequenti inondazioni dei mesi precedenti.
Questo nuovo aumento del costo della vita potrebbe avere delle ripercussioni sociali che preoccupano non poco le autorità cinesi. Perciò, il governo ha messo come priorità assoluta la riduzione del fenomeno inflattivo, nonostante diverse misure siano già state intraprese negli ultimi mesi, senza però risultati concreti. Dall’inizio dell’anno, infatti, i tassi di interesse sono stati alzati ben tre volte e numerosi sono stati i freni ai crediti bancari. Anche il premier cinese Wen Jiabao, ha ribadito, attraverso un recente comunicato, che la politica macroeconomica del Paese deve avere come obiettivo principale la stabilità dei prezzi.
L’inflazione che sta colpendo il Dragone è per molti economisti un chiaro segno della debolezza dell’economia nazionale: il fenomeno nasce come reazione al rallentamento della crescita, per non ricorrere ad un irrigidimento della politica monetaria. Attualmente, oltre ai generi alimentari, sono anche altri i settori colpiti e, se non si troverà un piano adeguato, probabilmente il fenomeno si estenderà a molti altri ambiti. Tuttavia, secondo alcuni analisti una speranza c’è: nella seconda parte del 2011, infatti, l’inflazione potrebbe scendere con la diminuzione del costo del petrolio.
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