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lunedì 4 luglio 2011

Più spazio alle joint-venture in Cina

Tra i diversi strumenti che si presentano oggi agli operatori stranieri interessati alla Cina, la joint-venture è tra le strategie più indicate, sia in termini di vantaggi che di riduzione dei rischi per entrambi i partner.

Investire in Cina oggi significa avviare una presenza complessa e articolata sul mercato, che si allontana sempre più dalla semplice delocalizzazione a basso costo, con cui i primi stranieri si affacciarono al Paese asiatico vent’anni fa. Oggi che l’obiettivo principale è produrre in loco per il mercato locale, o comunque vendere un prodotto di qualità realizzato all’estero, sono diverse le strategie che si presentano dinnanzi agli operatori esteri.
Tuttavia, la tendenza verso cui ci si sta orientando attualmente è quella della diminuzione delle acquisizioni per puntare maggiormente sulle joint-venture. Le prime, infatti, sono in netto calo tra le aziende europee, in quanto le imprese cinesi sono iper valutate, tanto da tenere lontane perfino le banche, e comunque non sempre in vendita da parte degli imprenditori che in pochi anni hanno avuto successo partendo da zero.
La soluzione migliore è quella, quindi, di creare una società terza per perseguire un progetto definito che porti vantaggi ad entrambi i contraenti. Da un lato, le aziende straniere hanno bisogno della produttività, e in qualche caso della liquidità delle imprese cinesi, e dall’altro, i cinesi vogliono il know-how e la qualità delle aziende estere. Sebbene fino a qualche anno fa le jv non erano le benvenute in Cina e il rischio di fallimento era quasi una certezza, ora la Repubblica Popolare ha fatto qualche passo in avanti per tutelare questa forma di collaborazione, introducendo una legislazione più efficace e attenta ai patti parasociali. I rischi di una società mista sono minori rispetto all’acquisizione, e anche gli stessi investitori stranieri hanno più spirito critico e investono nelle proprie risorse umane anziché affidarsi completamente ai cinesi.
Per quanto riguarda gli italiani, però, permane ancora una forte reticenza nel fondare una jv sino-italiana; molti imprenditori non si fidano sufficientemente dei partner cinesi e preferiscono fare di testa propria, con conseguenti fallimenti.

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