Dal 2012 al governo attuale succederanno nuovi leader politici che rimarranno in carica fino al 2022: il profilo della nuova dirigenza, caratterizzata da un gruppo di ex rivoluzionari, condizionerà il futuro della Cina e del mondo intero.
Il Dragone si trova in una fase di transizione politica molto delicata: da un lato, il Paese si sta avvicinando al cambio della guardia nella dirigenza, e dall’altro, sta attraversano un clima di tensione inaugurato dalla modesta “rivoluzione dei gelsomini” delle ultime settimane.
Per quanto riguarda i nuovi leader politici, è ormai confermato che i futuri presidente e premier saranno, rispettivamente, Xi Jinping e Li Keqiang. Il primo, laureato in economia e legge, ha la fama di un uomo duro e volitivo ed è un ex capo delle guardie rosse; Keqiang, giurista, è cresciuto nella gioventù comunista e tra spiriti liberali. Il profilo dei due politici, di impronta rivoluzionaria, evidenzia già un forte cambiamento rispetto alla dirigenza attuale, invece molto più tecnico. Terzo dirigente supremo sarà Li Yuanchao, capo del dipartimento organizzazione del partito; si tratta di uno dei pochi politici cinesi che parla correttamente l’inglese, anch’egli ex militante nella gioventù comunista. Infine, altro esponente sarà Bo Xilai, forse la figura più occidentale del gruppo: agile nelle relazioni politiche e nel rapporto con la stampa ed il pubblico è un uomo schietto e attivo politicamente.
La futura dirigenza del Partito dovrà probabilmente fare i conti con una società cinese in continuo mutamento. Sebbene la maggior parte della popolazione rimanga filogovernativa, si affacciano anche in Cina i primi segnali di una rivoluzione che molto gradualmente potrà cambiare il Paese. Le ultime due domeniche di febbraio, infatti, sono state organizzate alcune manifestazioni nelle piazze di alcune città della Cina, ispirate alle sommosse del mondo arabo. L’adesione all’appello è stata a dir poco modesta, con poche centinaia di partecipanti, ma è stata sufficiente per scatenare le forze dell’ordine, che hanno attirato l’attenzione internazionale per la durezza e l’eccesso con cui hanno reagito nei confronti della popolazione. La piccola rivoluzione è forse il segnale che la Repubblica Popolare nei prossimi anni, con la stabilità economica ed il benessere diffuso, vedrà sorgere nuove esigenze da parte dei cittadini: crescenti aspettative politiche ma, soprattutto, maggiore libertà.
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