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martedì 30 agosto 2011

La Cina controlla i porti mondiali

La supremazia della Cina nel traffico navale è ormai consolidata: sono cinesi i principali porti marittimi mondiali e le flotte mercantili.

La Repubblica Popolare detiene un primato assoluto nel controllo dei principali scali marittimi mondiali e delle flotte mercantili. Il paese asiatico, infatti, ha avviato un sistema portuale molto efficiente che permette di gestire l’intero iter logistico, dall’imbarco delle merci alla loro consegna a destinazione; il tutto riducendo rischi e costi e svolgendo lo smistamento in modo rapido. Il volume di traffici via mare della Cina è il 40% del tonnellaggio totale mondiale; 10 dei primi 14 porti mondiali per movimentazione di merci generiche sono cinesi, così come 7 dei primi 11 specializzati in container (con Shanghai al primo posto in entrambe le classifiche).
La forza cinese si manifesta anche nelle strategie alternative che negli anni il Paese ha elaborato per evitare la congestione del traffico navale e aggirare i rischi dei punti critici denominati chokepoints (“colli di bottiglia”). Per l’esportazione di beni verso l’Europa, il Dragone ha ipotizzato, dunque, la possibilità di trasferimento via ferrovia lungo la linea transiberiana, che farebbe risparmiare ad ogni container circa 5-7 giorni di viaggio. Inoltre, per garantire la sicurezza dei propri traffici la Repubblica Popolare detiene alcune basi navali ad uso sia civile che militare lungo le coste dell’Oceano Indiano in Birmania, Tailandia, Bangladesh, Sri Lanka e Pakistan. Non mancano, poi, numerosi porti internazionali che sono controllati dalla Cina: Aden, Porto Said, Pireo e il canale di Panama (grazie al controllo effettivo dei porti di Balboa e Colon che vi sia affacciano).
Infine, la Repubblica Popolare ha in cantiere alcuni progetti molto ambiziosi per incrementare e facilitare ulteriormente gli scambi commerciali: nel febbraio scorso, infatti, il Dragone presentò la proposta di costruire una ferrovia in Colombia tra Cartagena e la costa del Pacifico come alternativa al canale di Panama.

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