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lunedì 10 gennaio 2011

K-MGMT shi shen me? Che cos’è il K-MGMT?

Per “K-MGMT”, o per meglio dire Knowledge Management, si intende la capacità di un’azienda di ritenere il capitale intellettuale generato dai propri dipendenti una volta terminato l’impiego. Esiste un’ulteriore distinzione tra “capitale umano” e “capitale strutturale”, il primo legato all’inventiva e le conoscenze delle persone, il secondo ai processi e alle strutture organizzative che animano l’azienda e le permettono di generare knowledge e realizzare il proprio vantaggio competitivo. Manco a dirlo né le sussidiarie cinesi delle grandi multinazionali, né tanto meno delle PMI Italiane hanno mai prestato troppa attenzione alla questione sottostimandone il potenziale e coinvolgendole in maniera limitata nei processi di new product development. Ciò è dovuto principalmente al fatto che benché l’export cinese manifesti un’alta componente di prodotti ad alta intensità tecnologica, è controbilanciato da un import consistente di “intermediate goods” (semiconduttori, microprocessori,..): Cina-piattaforma d’assemblaggio, questa l’accezione più comune. Ma ha ancora senso ragionare in questi termini? No. Prima di tutto perché l’innovazione rientra tra le priorità della nuova strategia cinese; non ci si può più riferire all’R&D cinese come Receive and Duplicate laddove quest’anno è avvenuto il sorpasso sulla Germania per numero di brevetti e gli investimenti governativi preventivati per l’anno prossimo sono più alti che in Giappone. In secondo luogo le strategie aziendali stanno, e devono, cambiare per rispondere alla crescita della domanda interna e lo sviluppo dei mercati del consumo; la Cina è ancora il miglior posto dove produrre in termini di costo del lavoro e infrastrutture, ma lo sarà ancora per quanto? E con la crescita delle regolamentazioni, la delicata questione-exchange e la distanza geografica che rimane alta, ma affiancata da bassa protezione legale, i vantaggi di una delocalizzazione volta alla ricerca del cost-advantage non sussistono più in una gran parte dei casi. In terza istanza esiste la possibilità di beneficiare di quelle esternalità di network sorte di conseguenza all’agglomerazione di aziende dello stesso settore (per esempio i distretti IT delle multinazionali Taiwanesi) che possono diventare risorsa esterna di knowledge.
E’ importante, dunque, essere preparati al futuro e iniziare ora a mettere in moto il cambiamento. Le aree di criticità da tenere in considerazione per un’efficace implementazione delle pratiche di KM nella sussidiaria cinese sono una struttura organizzativa e di incentivi capace di riconoscere e apprezzare il contributo dei propri impiegati e sistemi di supporto IT sofisticati, ma più user friendly, spostando l’attenzione dalle classiche operazioni di data storage a un minor numero di transazioni con un’alta interazione umana. Banale quanto può sembrare la lingua e la distanza culturale costituiscono ancora ostacoli importanti su cui è strettamente necessario investire perché, con un maggior coinvolgimento dei dipendenti cinesi, da “local-to-local” l’innovazione possa diventare key success factor da replicare altrove nell’azienda.
I 4 passi fondamentali di un approccio vincente al KM
Step 1: Identificare l’impatto del knowledge sul successo aziendale
Step 2: Svolgere un’audit interna sul knowledge generato
Step 3: Mettere in moto il cambiamento top-down
Step 4: Diffondere una nuova cultura di knowledge sharing all’interno dell’organizzazione perché si generi un circolo virtuoso e l’innovazione sia stimolata anche bottom-up

A cura di Marta Caccamo

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