Per il primo semestre 2011 il Ministro del Commercio Cinese Che Deming ha annunciato una nuova riduzione delle terre rare, contraddicendo così le rassicurazioni fatte nei mesi scorsi.
Nuova riduzione dell’export da parte della Cina: anche nel 2011 si proseguirà con un drastico taglio delle terre rare che saranno ridotte a 14.508 tonnellate (il 35% in meno dello stesso periodo dell’anno scorso) contro il limite di 30.000 che era stato deciso nel 2010. A fronte di questa riduzione, però, la domanda mondiale non cala, anzi nel 2010, secondo le stime della Industrial Minerals Company of Australia, è stata di 48.000 tonnellate e attualmente ammonta a 110.000 con un aumento previsto entro il 2015 a 250.000 tonnellate. La Cina trattiene per il consumo interno il 75% della produzione, che è pari al 90% delle risorse globali.
Per questo motivo, la reazione di molti Paesi, tra cui in primis gli stati Uniti, è stata di grande preoccupazione ed in alcuni casi, infatti, si sta cercando di diversificare le fonti di approvvigionamento, come si sta già facendo in Australia e in California. L’accusa rivolta alla Repubblica Popolare è di forte protezionismo ingiustificato, denuncia già espressa precedentemente dall’Unione Europea per l’esportazione di bauxite e magnesio. Per questo motivo il Paese asiatico dovrà rispondere sulla riduzione delle terre rare all’Organizzazione Mondiale del Commercio il prossimo aprile.
Il Dragone, a sua difesa, ha giocato la carta dell’ecologia, sostenendo che la riduzione dell’export è una misura necessaria per contrastare l’esaurimento delle materie prime. Inoltre, le autorità cinesi hanno dichiarato che a determinare il flusso di terre rare esportabili per la seconda metà dell’anno saranno fattori come l’andamento dei consumi, il mercato interno ed estero e i livelli di produzione.
Nuova riduzione dell’export da parte della Cina: anche nel 2011 si proseguirà con un drastico taglio delle terre rare che saranno ridotte a 14.508 tonnellate (il 35% in meno dello stesso periodo dell’anno scorso) contro il limite di 30.000 che era stato deciso nel 2010. A fronte di questa riduzione, però, la domanda mondiale non cala, anzi nel 2010, secondo le stime della Industrial Minerals Company of Australia, è stata di 48.000 tonnellate e attualmente ammonta a 110.000 con un aumento previsto entro il 2015 a 250.000 tonnellate. La Cina trattiene per il consumo interno il 75% della produzione, che è pari al 90% delle risorse globali.
Per questo motivo, la reazione di molti Paesi, tra cui in primis gli stati Uniti, è stata di grande preoccupazione ed in alcuni casi, infatti, si sta cercando di diversificare le fonti di approvvigionamento, come si sta già facendo in Australia e in California. L’accusa rivolta alla Repubblica Popolare è di forte protezionismo ingiustificato, denuncia già espressa precedentemente dall’Unione Europea per l’esportazione di bauxite e magnesio. Per questo motivo il Paese asiatico dovrà rispondere sulla riduzione delle terre rare all’Organizzazione Mondiale del Commercio il prossimo aprile.
Il Dragone, a sua difesa, ha giocato la carta dell’ecologia, sostenendo che la riduzione dell’export è una misura necessaria per contrastare l’esaurimento delle materie prime. Inoltre, le autorità cinesi hanno dichiarato che a determinare il flusso di terre rare esportabili per la seconda metà dell’anno saranno fattori come l’andamento dei consumi, il mercato interno ed estero e i livelli di produzione.
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