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martedì 18 gennaio 2011

Gli gnocchi vanno in frigo

Noi italiani non ce ne curiamo. Produciamo le nostre eccellenze e le mandiamo nel mondo, cerchiamo importatori cinesi che se ne occupino e si ripresentino di tanto in tanto con quel modesto rendimento che ci permetta di vantare una presenza in Cina. Ma quali sono le implicazioni di questa attitudine da “terzisti” comune alla maggior parte delle nostre PMI?
In cerca di ispirazione per una “cena all’italiana”, cedo alla tentazione di spingermi fino al più grande supermercato per “expats” (espatriati) di Shanghai e mi aggiro tra gli scaffali colmi di costose specialità d’oltremare, tra cui scorgo dei pacchi di gnocchi freschi accatastati in un angolo. Incuriosita domando al personale dove intendano collocarli e, anche qui, come mi era già capitato di vedere altrove, il ragazzo si dirige con passo sicuro verso la mensola dedicata alla pasta italiana e simil.
Che sapore avranno quegli gnocchi (ammesso che chi li compra abbia un’idea di come cucinarli)? Il sapore amaro di chi ha rinunciato a seguire il proprio prodotto fino all’ultimo stadio della catena del valore e ora si vede privato del controllo delle politiche di pricing e posizionamento, per non menzionare la rinuncia ai margini di distribuzione e alla comunicazione vincente del proprio brand.
Finchè le nostre aziende in prima persona non si convinceranno della necessità di investimenti diretti nel commerciale e nel presidio stabile del proprio business cinese, l’aggettivo “Italiano” continuerà a essere una semplice leva di marketing sfruttata da chiunque, che non trova giustificazione nella qualità del prodotto. Certo le dimensioni costituiscono un ostacolo non da nulla, ma le alternative non sono poi molte. Le nostre aziende si trovano a un bivio. Crescere per conquistare l’Oriente o bearsi del “piccolo e (è) bello” e rimanere incastrate nella propria nicchia? Non esiste una risposta migliore, si tratta di una scelta strategica, un diverbio che solo un’azione concertata delle piccole, supportate dalle istituzioni, potrebbe essere in grado di ricomporre.
A cura di Marta Caccamo

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